Eleonora d'Arborea
Stefania Carletti e Momo Zucca
Viola Gesmundo
Agli inizi dell’ XI secolo, dopo la dominazione bizantina, la Sardegna era divisa in quattro Giudicati o Regni autonomi: Torres, Arborea, Gallura e Cagliari. Ciascuno di essi era retto da proprie leggi e da un “Giudice” la cui figura era simile a quella di un sovrano dell’alto Medioevo. Una volta vinti i Saraceni, i Giudicati si trovarono inseriti nelle politiche delle città marinare di Pisa e Genova. Dopo anni di lotte tra Genova e Pisa e tra gli stessi Giudicati rimase in piedi solo il Regno d’Arborea, governato dalla dinastia dei Lacon-Serra, visconti di Bas, legati fortemente al regno d’Aragona. Correva l’anno 1347, quando Timbora di Roccabertì, catalana, diede alla luce a Molins de Rei in Catalogna una bambina di nome Eleonora, figlia del famoso giudice Mariano IV, sovrano illuminato del Giudicato d’Arborea, noto per il suo sogno di una Sardegna unita e libera. Eleonora aveva un fratello, Ugone III, e una sorella, Beatrice, con i quali, durante una serata d’estate, in tenera età, partì dal porto di Barcellona alla volta della Sardegna accompagnata dai genitori. Arrivarono al castello giudicale di Oristano e ad accogliere con grandi onori Mariano e la sua famiglia trovarono tutta la Corte. Eleonora è felice. Mossa da curiosità giovanile, attendeva di conoscere quella nuova isola e il Regno d’Arborea, terra di cui suo padre le aveva raccontato la storia e le vicende di un popolo coraggioso e orgoglioso, alleato con la Corona d’Aragona ma anche timoroso delle velleità del dominio catalano. Intorno al 1362, Eleonora ha 15 anni e talvolta la notte si sveglia all’improvviso, impaurita dalle campane di Santa Chiara che suonano a morto. I loro rintocchi si confondono con quelli provenienti da San Francesco e dalla Cattedrale di Santa Maria dove i morti e i moribondi arrivano a centinaia: ancora una volta la peste, la “morte nera” è tornata ad Oristano. Fortunatamente l’ombra oscura non varca la soglia del palazzo di Porta Mari dove l’adolescente Eleonora vive. Nel Regno di Arborea intanto la vita procede tranquilla per Eleonora e la sorella, protette dai genitori dentro le mura cittadine. Le merci locali (orzo, grano, formaggio, carne) raggiungevano i mercati lontani ed Eleonora e il padre Mariano erano amministratori previdenti, sapevano che il denaro avrebbe permesso loro di sostenere una lunga guerra contro gli Aragonesi, un tempo alleati. Mariano e il figlio Ugone rientravano dalle battaglie coperti di polvere e sangue, per abbracciare i loro affetti più cari. Ma tanti successi furono avvelenati da una profonda tragedia, la morte di Timbora, mamma di Eleonora e moglie di Mariano, che quasi rifiutava di tornare alle abitudini della vita quotidiana ora che non c’era più l’amata moglie.
La piena giovinezza di Eleonora trascorre in un’atmosfera di guerra. Il Giudicato d’Arborea ha conquistato tutta la Sardegna tranne Cagliari e Alghero, le due roccaforti aragonesi. Nel frattempo Mariano ha necessità di allearsi ai Doria di Genova e favorisce il legame che si tradurrà in matrimonio tra Eleonora e Brancaleone. L’unione tra i due è chiaramente l’esito di una volontà di alleanza politica. Mariano intanto è attratto da una forte religiosità e si impegna con fra Jacopo da Piacenza a partire di persona per le crociate in Terrasanta con un esercito per 10 anni. Mariano arriva a Cagliari e assedia la città poco prima di partire per la Terrasanta, ma viene colpito e trasportato ad Oristano in fin di vita. Morirà da grande re col suo sogno di indipendenza lasciando la città in una coltre di desolazione e tristezza. Ugone succedette al padre e, come era naturale, Eleonora si sposò nel 1376 con Brancaleone Doria. La nobildonna in Sardegna si divide tra Castelgenovese, Casteldoria e la rocca di Monteleone, ma è ben informata su ciò che accade in Italia, in particolare riguardo alla guerra tra Genova e Venezia, e in Europa. Trepida Eleonora, teme suo fratello Ugone che, privo del carisma paterno, è troppo severo con le sue leggi, troppo accentratore e poco propenso al contatto cordiale col popolo. Nel frattempo continua la sua amicizia con Sibilla, la regina sposa del re d’Aragona Pietro IV, tanto da essere invitata alla sua cerimonia di incoronazione nel 1381. Eleonora non è la semplice moglie di un nobilotto di provincia ma dimostra una personalità di grande prestigio; è lei nella coppia l’elemento di maggiore rilevanza politica, tanto che le viene concesso di risiedere anche a Genova, libera da oneri e imposte. A dimostrazione della fama e dell'autorevolezza di Eleonora, vi è la notizia che è lei a far fidanzare il figlio Federico, ancora infante, con l’ultima figlia del doge Nicolò Blanchina. Ugone intanto continua ad amministrare il Giudicato con crudeltà ed è avido di denaro. È il 1383, Eleonora vive ora a Genova con suo figlio Federico, è notte e teme l’arrivo di una nave amica con i messaggeri di suo marito Brancaleone, ombre scure appaiono nella sua stanza. Perché Brancaleone ha fatto partire la nave con questa tempesta? La risposta giunge la notte stessa, due messaggeri da Oristano vestiti a lutto la informano che suo fratello Ugone e la figlia Benedetta sono stati assassinati da mani ignote. Senza esitare, Eleonora si fa preparare una imbarcazione robusta e quella notte stessa di bufera, con suo figlio, parte alla volta della Sardegna. Senza più discendenza da parte di Ugone, è Federico, suo figlio, a ereditare il regno di Arborea. Sbarcano in porto di primo mattino, si distinguono la macchia mediterranea, i suoni, i profumi della sua terra. La nave genovese è arrivata a destinazione ma ad accogliere la nuova sovrana vi è solo il suo amministratore: Franceschini Delbarbo. Questi racconta alla sua Signora di una Sardegna in cui regna una calma apparente, vige infatti l’anarchia e alcuni centri sono in mano alle fazioni locali.
Monumento ad Eleonora d'Arborea, Museo di Oristano. | Eleonora d'Arborea Storia di una regina guerriera. |
Nel frattempo Brancaleone parte per la Catalogna a riferire al re Pietro IV della situazione in Sardegna ed a rinnovare la sua fedeltà di vassallo, ma dovrà restare prigioniero sette lunghi anni prima di riabbracciare la moglie. In Sardegna Eleonora inizia a compiere atti da sovrana: il fidanzamento di suo figlio con la figlia del doge evidenzia una potenziale alleanza con Genova e rende difficile la posizione di Brancadoria. Eleonora invia due lettere: la prima diretta al re Pietro IV, in cui si firma Eleonora iudicissa Arboree, lamentando la ribellione di alcuni sardi “traditori” per i quali ha percorso a cavallo l’isola, sottomettendo e impadronendosi di tutto il territorio: terre e castelli già appartenuti al fratello, come le spettava per diritto ereditario. La seconda diretta alla moglie del sovrano, Sibilla, in cui la implora di intercedere col re per riportare la pace in Sardegna. Eleonora blocca la circolazione dei cittadini sardi e catalani, vuole il possesso dei tre porti di Oristano, Bosa e Castelgenovese. È un braccio di ferro con la Catalogna ma Eleonora sa che il suo esercito è molto più potente; non pare aver bisogno del consiglio del marito, si muove libera e autodeterminata; rientra poi ad Oristano nel suo palazzo giudicale. Elenora alterna il compimento di azioni guerresche, spogliandosi degli abiti femminili e indossando corazza e schinieri, galoppando di terra in terra, per costringere le popolazioni ribelli sarde e aragonesi a sottomettersi, al compimento di azioni diplomatiche, trattando con i capitani dei vari eserciti e con i castellani. In tal modo il governo provvisorio di Oristano cedette, le aprì le porte ed elesse Federico Doria nuovo giudice. Brancaleone volle condurre Eleonora a trattare e in accordo col re avrebbe voluto essere mandato in Sardegna, ma non ad Oristano bensì a Cagliari, territorio aragonese. Finalmente nel 1384 a Brancaleone viene concesso di partire per la Sardegna come ostaggio, così vuole il re Pietro, da scambiare con il molto più prezioso Federico, piccolo giudice d’Arborea. Eleonora tuttavia rifiutò: aveva solo Federico, simbolo dell’indipendenza della “nacion sardesca” e non intendeva cederlo al re d’Aragona; inviò allora due messi in Catalogna con una proposta di pace che prevedeva, oltre al rilascio del marito, il predominio degli Arborea sull’isola ma la rinuncia a tutto ciò che in 30 anni di guerra vittoriosa gli Arborensi avevano strappato al nemico. In realtà l’assenza prolungata di Brancaleone anziché indebolire Eleonora, l'aveva rafforzata. Il re Pietro IV morirà e ogni legame tra gli Aragona e gli Arborea si spezzerà; gli succederà re Joan, la pace non sarà firmata e la prigionia di Brancadoria sarà molto dura. Ma Eleonora vuole la pace ed infine la pace viene firmata dai rappresentanti del popolo sardo (Eleonora e il giovane Federico) e dai Catalani, davanti ai giurati nella chiesa di San Francesco d’Oristano nel 1388. I Catalani attesero la consegna di tutte le terre conquistate da Mariano e l’umiliazione della consegna degli ostaggi prima di liberare nel 1390 Brancaleone Doria, il quale riuscì a far ritornare in mano arborense quasi tutti i territori ceduti da Eleonora col Trattato del 1388. Eleonora rinnovò la Carta del regno d’Arborea, già redatta ai tempi di Mariano IV; scelse per la scrittura della Carta de Logu il volgare arborense, come aveva già fatto il padre. Con questo testo la giudicessa fu all’avanguardia con i tempi in difesa dei diritti delle donne, dei bambini e delle bambine. Centosessantatre articoli in cui, con dovizia di particolari ma soprattutto con la diligenza tipica della “buona madre di famiglia”, Eleonora pensa al suo popolo e, nel disciplinarne gli aspetti della vita quotidiana, lo tutela: disciplina l’agricoltura, la pastorizia, il commercio delle pelli animali, il commercio dei cavalli, la caccia e la gestione della selvaggina, la caccia con il falcone. Regola inoltre le offese e le ingiurie, i gesti sconvenienti prevedendo le relative sanzioni.
Siamo nel 1392, Eleonora tutela tutti e tutte, non è crudele come suo fratello Ugone, non discrimina alcuna persona, protegge i deboli, le donne, bambini/e. Tra i maleficios erano previsti, tra gli altri, lo stupro, l’adulterio e il concubinaggio. Eleonora predispose che, per il reato di adulterio, se il marito lo tollerava, la donna sposata poteva andare a convivere con un altro senza essere perseguita d’ufficio. Per lo stupro, l’articolo 21 stabiliva due principi straordinariamente avanzati anche rispetto alla nostra legislazione moderna. Il primo afferma che «il matrimonio viene considerato riparatore solo se è di gradimento della donna offesa» e comunque non estingue completamente il reato perché il colpevole deve ugualmente pagare allo Stato una multa di 200 lire (pari a 20 cavalli da battaglia), oppure subire il taglio di un piede. Se invece la donna non lo gradisce come marito, lo stupratore deve provvedere al suo futuro, facendola sposare ad un altro che le piaccia, il che comunque non gli evita il taglio del piede che in una comunità a vocazione agricola significava non essere più abile al lavoro, invalido per sempre. Le donne decidevano personalmente il proprio destino. Il secondo principio riguarda la verginità femminile cui non si attribuisce un’importanza fondamentale. Infatti la pena è identica sia che il colpevole abbia preso con la forza una nubile, una zitella o una fidanzata. Lo stupro di una donna maritata costava ben 500 lire di multa o il taglio del piede. Per il reato di omicidio di un suddito qualsiasi la Carta prevede la pena di morte e non potrà essere evitata pagando una somma. Pena di morte che è contemplata anche per il reato di lesa maestà e danneggiamento del giudice o dei suoi familiari. L’Europa, in questo scorcio di secolo XIV, venne illuminata da una grande donna, sovrana d’Arborea, una giudicessa che riunì sotto un'unica bandiera le diverse popolazioni sarde che si riconobbero come nazione lottando contro il dominio aragonese. Il suo codice di leggi rimase in vigore per 435 anni fino al 1827.
Traduzione francese
Joelle Rampacci
Au début du XIe siècle, après la domination byzantine, la Sardaigne est divisée en quatre Judicats ou royaumes autonomes: Torres, Arborea, Gallura et Cagliari. Chacun d'eux est régi par ses propres lois et par un «juge» dont la figure ressemble à celle d'un souverain du début du Moyen Âge. Une fois les Sarrasins vaincus, les Judicats se retrouvent insérés dans la politique des Républiques maritimes de Pise et de Gênes. Après des années de lutte entre Gênes et Pise et entre les Judicats, seul le Royaume d'Arborée reste debout, gouverné par la dynastie Lacon-Serra, vicomtes de Bas, fortement lié au royaume d'Aragon. En 1347, lorsque Timbora di Roccabertì, catalane, donne naissance à Molins de Rei en Catalogne, une fille nommée Éléonore fille du célèbre juge Mariano IV, souverain éclairé du Judicat d'Arborée, connu pour son rêve d'une Sardaigne unie et libre. Éléonore a un frère, Ugone III, et une sœur, Béatrice, avec qui, lors d'une soirée d'été, encore enfant, elle quitte le port de Barcelone pour la Sardaigne accompagnée de ses parents. Ils arrivent au château du Judicat d'Oristano et pour accueillir Mariano et sa famille avec les plus grands honneurs, ils y trouvent toute la Cour. Éléonore est heureuse. Poussée par la curiosité juvénile, elle attend de connaître cette nouvelle île et le royaume d'Arborée, une terre dont son père lui a raconté l'histoire et les événements d'un peuple courageux et fier, allié à la Couronne d'Aragon mais aussi effrayé des ambitions de la domination catalane. Vers 1362, Éléonore a 15 ans et parfois elle se réveille soudainement la nuit, apeurée les cloches de Santa Chiara qui sonnent le glas. Le son des cloches se mêle à ceux venant de San Francesco et de la cathédrale de Santa Maria où les morts et les mourants arrivent par centaines: une fois de plus la peste, la «mort noire» est revenue à Oristano. Heureusement, l'ombre sombre ne franchit pas le seuil du palais Porta Mari où habite l'adolescente Éléonore. Pendant ce temps, dans le royaume d'Arborea, la vie se déroule tranquillement pour Éléonore et sa sœur, protégées par leurs parents dans les remparts de la ville. Les produits locaux (orge, blé, fromage, viande) atteignent des marchés lointains et Éléonore et son père Mariano sont des administrateurs prévoyants, ils savent que l'argent leur permettra de soutenir une longue guerre contre les Aragonais, autrefois alliés. Mariano et son fils Ugone reviennent des batailles couverts de poussière et de sang, pour embrasser leurs proches. Mais leurs nombreux succès sont empoisonnés par une tragédie profonde, la mort de Timbora, la mère d'Éléonore et la femme de Mariano, ce dernier se refuse presque de revenir aux habitudes de la vie quotidienne maintenant que sa femme bien-aimée n’est plus.
Éléonore passera sa jeunesse dans une atmosphère de guerre. Le Judicat d’Arborée a conquis toute la Sardaigne à l’exception de Cagliari et d’Alghero, les deux bastions aragonais. Pendant ce temps, Mariano doit s'allier avec les Doria de Gênes et favorise le lien qui aboutira un mariage, celui entre Éléonore et Brancaleone. L'union entre les deux est clairement le résultat d'une volonté d'alliance politique. Pendant ce temps, Mariano est attiré par une forte religiosité et s'engage avec fra Jacopo da Piacenza à partir, en personne, pour les croisades en Terre Sainte avec une armée pendant 10 ans. Mariano arrive à Cagliari et assiège la ville peu de temps avant de partir pour la Terre Sainte, mais il est blessé et transporté à Oristano mourant. Il meurt comme un grand roi avec son rêve d'indépendance laissant la ville dans une sentiment de désolation et de tristesse. Ugone succéde naturellement à son père et Éléonore se marie en 1376 avec Brancaleone Doria. La noble dame de Sardaigne est partagée entre Castelgenovese, Casteldoria et la forteresse de Monteleone, mais elle est bien informée sur ce qui se passe en Italie, en particulier en ce qui concerne la guerre entre Gênes et Venise, et en Europe. Éléonore anxieuse, craint pour son frère Ugone qui, dépourvu du charisme paternel, est trop sévère avec ses lois, trop centralisateur et peu disposé à entrer en un contact chaleureux avec le peuple. En attendant, son amitié avec Sibylle se poursuit, la reine épouse du roi d'Aragon Pierre IV, à tel point qu'elle est invitée à sa cérémonie de couronnement en 1381. Éléonore n'est pas la simple épouse d'un noble de province mais fait preuve d'une personnalité de grand prestige; c’est elle l’élément politique plus grand et plus important du couple, à tel point qu'elle est également autorisée à résider à Gênes, sans charges ni impôts. Preuve de la renommée et de l'autorité d'Éléonore, on dit que c’est elle qui oeuvre pour les fiançailles de son fils Federico, encore enfant, avec la dernière fille du Doge Nicolò Blanchina. Pendant ce temps, Ugone continue d'administrer le Judicat avec cruauté et se démontre avide d’argent. Nous sommes en 1383, Éléonore vit maintenant à Gênes avec son fils Federico, il fait nuit et elle craint l'arrivée d'un navire ami avec les messagers de son mari Brancaleone, des ombres sombres apparaissent dans sa chambre. Pourquoi Brancaleone a-t-il fait partir le navire avec cette tempête? La réponse arrive le soir même, deux messagers d'Oristano vêtus de deuil l'informent que son frère Ugone et sa fille Benedetta ont été assassinés par des mains inconnues. Sans hésitation, Éléonore prépare un bateau robuste et durant cette même nuit orageuse, avec son fils, part pour la Sardaigne. N'ayant plus de descendants d'Ugone, Federico, son fils, hérite du royaume d'Arborea. Ils débarquent dans le port au petit matin et elle revoit le maquis méditerranéen, les bruits, les senteurs de sa terre. Le navire génois est arrivé à destination mais seul son administrateur, Franceschini Delbarbo, accueille le nouveau souverain. Il raconte à sa Dame d’une Sardaigne où règne un calme apparent, en réalité l'anarchie prévaut et certaines cités sont aux mains de factions locales.
Monument à Eleonora d'Arborea, Musée d'Oristano. | Eleonora d'Arborea Histoire d'une reine guerrière. |
Entre-temps, Brancaleone part en Catalogne pour rapporter la situation de la Sardaigne au roi Pierre IV et renouveler sa loyauté de vassal, mais il devra rester prisonnier pendant sept longues années avant de serrer à nouveau sa femme dans ses bras. En Sardaigne, Éléonore commence à accomplir des actes de souveraine: l'engagement de son fils avec la fille du doge met en évidence une alliance potentielle avec Gênes et rend la position de Brancadoria difficile. Éléonore envoie deux lettres: la première adressée au roi Pierre IV, dans laquelle Eleonora iudicissa Arboree est signée, déplorant la rébellion de certains «traîtres» sardes pour lesquels elle a parcouru l'île à cheval, soumettant et prenant possession de tout le territoire: des terres et des châteaux appartenant déjà à son frère, lui revenant donc par droit héréditaire. La seconde s'adressait à l'épouse du souverain, Sibylle, dans laquelle elle la supplie d'intercéder auprès du roi pour rétablir la paix en Sardaigne. Éléonore bloque la circulation des citoyens sardes et catalans, elle veut la possession des trois ports d'Oristano, Bosa et Castelgenovese. C'est un bras de fer avec la Catalogne mais Eleonora sait que son armée est beaucoup plus puissante; elle ne semble pas avoir besoin des conseils de son mari, elle se déplace libre et autodéterminée; elle retourne ensuite à Oristano dans son palais du Judicat. Éléonore alterne la conduite d'actions guerrières, se déshabillant des habits féminins et portant l’armure et des cretons, galopant de terre en terre, pour forcer les populations rebelles sardes et aragonaises à se soumettre, à l'accomplissement d’actions diplomatiques, en négociant avec les capitaines des différentes armées et avec les châtelains. À tel point que le gouvernement provisoire d'Oristano cède, ouvre ses portes et élit Federico Doria comme nouveau juge. Brancaleone veut amener Éléonore à négocier et en accord avec le roi, il aimerait être envoyé en Sardaigne, non pas à Oristano mais à Cagliari, un territoire aragonais. Enfin, en 1384, Brancaleone est autorisé à partir pour la Sardaigne en otage, comme le veut le roi Pierre, pour être échangé avec le beaucoup plus précieux Federico, le petit juge d’Arborée. Mais Éléonore refuse: elle n'a que Federico, symbole de l'indépendance de la «nacion sardesca» et n'entend pas le vendre au roi d'Aragon; alors elle envoie deux messagers en Catalogne avec une proposition de paix qui comprend, en plus de la libération de son mari, la domination de l'Arborée sur l'île mais aussi le renoncement à tout ce qu'en 30 ans de guerre victorieuse les Arboréens avaient arraché à l'ennemi. En réalité, l'absence prolongée de Brancaleone, plutôt qu’affaiblir Éléonore la renforce. Le roi Pietro IV meurt et tout lien entre l'Aragon et l'Arborée est rompu; Le roi Joan lui succédera, la paix ne sera pas signée et l'emprisonnement de Brancadoria sera très dur. Mais Éléonore veut la paix et enfin la paix est signée par les représentants du peuple sarde (Éléonore et le jeune Federico) et par les Catalans, devant les jurés de l'église de San Francesco d'Oristano en 1388. Les Catalans attendent la remise de toutes les terres conquises par Mariano et l'humiliation de la livraison des otages avant de libérer Brancaleone Doria en 1390, qui réussira à reprendre presque tous les territoires cédés par Éléonore avec le traité de 1388 pour les Arboréens. Éléonore renouvelle la Charte du royaume d'Arborea déjà rédigé à l'époque de Marian IV; elle choisit la langue autochtone d’Arborée pour écrire la Carta de Logu, comme son père l'avait déjà fait. Avec ce texte, la Juge est à l'avant-garde sur les temps pour la défense des droits des femmes, des enfants. Cent soixante-trois articles dans lesquels, avec beaucoup de détails mais surtout avec le zèle typique d’une «bonne mère de famille», Éléonore pense à son peuple et, en discipline les aspects de la vie quotidienne, le protège: elle discipline l'agriculture, l'élevage, le commerce de peaux d'animaux, le commerce des chevaux, la chasse et la gestion du gibier, la chasse aux faucons. Elle réglemente également les offenses et les outrages, les gestes inappropriés en prévoyant les sanctions relatives.
Nous sommes en 1392, Éléonore protège tous et toutes, elle n'est pas cruelle comme son frère Ugone, elle ne discrimine personne, elle protège les faibles, les femmes, les enfants. Parmi les maleficios, étaient prévus, entre autres, le viol, l'adultère et le concubinage. Éléonore a fait en sorte que, pour le crime d'adultère, si son mari le tolére, l'épouse puisse aller vivre avec un autre sans être poursuivie d'office. Pour le viol, l'article 21 établit deux principes extraordinairement avancés, même en ce qui concerne notre législation moderne. La première stipule que “le mariage n'est considéré comme réparateur que si la femme offensée le consent ” et toutefois, le crime ne s’éteint pas complètement car le coupable doit également payer à l'État une amende de 200 lires (soit 20 chevaux de bataille), ou subir la coupe d'un pied. Si, au contraire, la femme ne l’accepte pas comme mari, le violeur doit pourvoir à son avenir, l’aider à épouser quelqu'un d'autre qu'elle approuve, ce qui n’empêche pas, en aucun cas, la coupe du pied, ce qui dans une communauté agricole signifie ne plus pouvoir travailler, invalide pour toujours. Les femmes décident elles-mêmes de leur propre sort. Le deuxième principe concerne la virginité féminine à laquelle on n’attribue pas vraiment une importance fondamentale. En fait, la punition est la même que le coupable ait pris par la force une jeune fille vierge, une femme mariée ou pas. Le viol d'une femme mariée coûte 500 lires d'amende ou la coupure du pied. Pour le crime d'assassiner un sujet quelconque, la Charte prévoit la peine de mort et ne peut être évitée en payant une somme. Peine de mort qui est également envisagée pour le crime de trahison et de préjudice au juge ou à sa famille. L'Europe, en cette fin du XIVe siècle, est illuminée par une grande femme, la souveraine d'Arborée, juge qui réunit sous un même drapeau les différentes populations sardes qui se reconnaissent comme une nation luttant contre la domination aragonaise. Son code de lois est resté en vigueur pendant 435 ans jusqu'en 1827.
Traduzione inglese
Syd Stapleton
At the beginning of the 11th century, after the Byzantine domination, Sardinia was divided into four Giudicati or autonomous juridictions: Torres, Arborea, Gallura and Cagliari. Each of them was governed by its own laws and by a "Judge" whose powers were similar to those of a ruler in the early Middle Ages. Once the Saracens were defeated, the Giudicati found themselves enmeshed in the politics of the maritime cities of Pisa and Genoa. After years of struggles between Genoa and Pisa and among the Giudicati, only the Kingdom of Arborea remained standing, governed by the Lacon-Serra dynasty, viscounts of Bas, strongly linked to the kingdom of Aragon. It was the year 1347 in Molins de Rei in Catalonia when Timbora di Roccabertì, a Catalan, gave birth to a girl named Eleonora, daughter of the famous Judge Mariano IV. He was the enlightened ruler of the Giudicato of Arborea, known for his dream of a free and united Sardinia. Eleonora had a brother, Ugone III, and a sister, Beatrice. She was at an early age when, one summer evening, she left the port of Barcelona for Sardinia, accompanied by her parents and her siblings. When they arrived at the Giudicale castle of Oristano they found the entire court turned out to welcome Mariano and his family with great honors. Eleonora was delighted. Moved by youthful curiosity, she was anxious to get to know the new island and the Kingdom of Arborea. Her father had told her many stories about the courageous and proud people, allied with the Crown of Aragon, but who were also fearful of the ambitions of the Aragonese reign. In 1362, when Eleonora was 15 years old, she sometimes suddenly woke up at night, frightened by the tolling of the bells of Santa Chiara. Their ringing mingled with the sounds of bells in San Francesco and the Cathedral of Santa Maria where the dead and dying were arriving by the hundreds. The bubonic plague, the "black death", had returned to Oristano. Fortunately, the dark shadow does not cross the threshold of the Porta Mari building where the teenage Eleonora lived. Life proceeded quietly in the Kingdom of Arborea for Eleonora and her sister, protected by their parents within the city walls. Local goods (barley, wheat, cheese, and meat) reached distant markets and Eleonora and her father Mariano were capable administrators. They knew that money would allow them to sustain a long war against the Aragonese, who once had been allies. Mariano and his son Ugone returned from battles covered in dust and blood, to embrace their beloved family. But their many successes were poisoned by a profound tragedy, the death of Timbora, Eleonora's mother and Mariano's wife. Mariano almost refused to return to the habits of daily life now that his beloved wife was gone.
Eleonora's entire youth passed in an atmosphere of war. The Giudicato d’Arborea conquered all of Sardinia except Cagliari and Alghero, the two Aragonese strongholds. Meanwhile Mariano allied himself with the Dorias of Genoa and fostered the bond that resulted in the marriage between Eleonora and Brancaleone. The union between the two was clearly the result of a desire for political alliance. Meanwhile, Mariano was motivated by a strong religiosity, to commit himself, with Fra Jacopo da Piacenza, to leave with an army for the crusades in the Holy Land for 10 years. Mariano arrived in Cagliari and besieged the city shortly before he intended to leave for the Holy Land, but he was wounded and transported to Oristano dying. He died as a great king, with his dream of independence, and left the city in a miasma of desolation and sadness. Ugone succeeded his father and, as was natural in that time, Eleonora married in 1376, to Brancaleone Doria. As a noblewoman in Sardinia, she was divided between Castelgenovese, Casteldoria and the fortress of Monteleone, but she was also well informed about what was happening in Italy, in particular regarding the war between Genoa and Venice, and in Europe. Eleonora anxiously feared that her brother Ugone who, lacking the paternal charisma, was too severe with his laws, too centralizing and unwilling to maintain cordial contact with the people. In the meantime, her friendship with Sibyl, the queen wife of the King of Aragon, Pedro IV, continued - so much so that she was invited to his coronation ceremony in 1381. Eleonora was not the simple wife of a provincial noble but demonstrated a personality of great force. In her marriage, she was the element of greatest political importance, so much so that she was also allowed to reside in Genoa, free from burdens and taxes. As evidence of Eleonora's fame and authority, there was also the fact that she was the one to arrange for her son Federico, still an infant, to be engaged to the last daughter of Doge Nicolò Blanchina. Meanwhile, Ugone continued to administer the Giudicato with cruelty and monetary greed. In 1383, Eleonora lived in Genoa with her son Federico. One night she was frightened by the arrival of a friendly ship with her husband Brancaleone's messengers, and dark shadows appeared in her room. Why had Brancaleone sent the ship in that storm? The answer came that night. Two messengers from Oristano dressed in mourning informed her that her brother Ugone and his daughter Benedetta had been murdered by unknown hands. Without hesitation, Eleonora got a sturdy boat prepared, and that same stormy night, with her son, left for Sardinia. With no surviving descendants of Ugone, it was left for Federico, her son, to inherit the kingdom of Arborea. As they disembarked in the port in the early morning, the Mediterranean scrub, the sounds, the scents of its land stood out. The Genoese ship arrived at its destination but only an administrator, Franceschini Delbarbo, was there to welcome the new sovereign. He told his apparently calm Lady of a Sardinia that anarchy had broken out and some centers were in the hands of local factions.
Monumento ad Eleonora d'Arborea, Museo di Oristano. | Eleonora d'Arborea Storia di una regina guerriera. |
In the meantime, Brancaleone left for Catalonia to report the situation in Sardinia to King Pedro IV and to renew his loyalty as a vassal. But he was forced to remain a prisoner for seven long years before able to hug his wife again. In Sardinia Eleonora began to perform acts as a sovereign. The engagement of her son with the doge's daughter pointed to a potential alliance with Genoa and made Brancadoria's position difficult. Eleonora sent two letters. The first, addressed to King Pedro IV, was signed by Eleonora Giudicissa Arboree, lamenting the rebellion of some Sardinian "traitors", because of whom she had had to travel the island on horseback, subduing and retaking the entire territory. The lands and castles had already belonged to her brother, and were due to her by hereditary right. The second letter was directed to the king's wife, Sibilla, in which she begged her to intercede with the king to restore peace to Sardinia. Eleonora blocked the movement of Sardinian and Catalan citizens, and she wanted the possession of the three ports of Oristano, Bosa and Castelgenovese. It was a power struggle with Catalonia but Eleonora knew that her army was much more powerful. She did not seem to need the advice of her husband, she moved freely and self-determinedly. She returned to Oristano, entering in her Giudicale palace. Elenora alternated her roles, continuing to carry out of warlike actions, stripping off women's clothes and wearing armor and greaves, galloping from region to region, forcing the rebel Sardinian and Aragonese populations to submit, carrying out diplomatic actions, and negotiating with the captains of the various armies and with the local lords. In this way the provisional government of Oristano yielded, opened its doors and elected Federico Doria as new Judge. Brancaleone wanted to lead Eleonora to negotiate. In agreement with the king he wanted to be sent to Sardinia - not to Oristano but to Cagliari, an Aragonese territory. Finally, in 1384, Brancaleone was allowed to leave for Sardinia as a hostage, as King Peter wanted, to be exchanged with the much more precious Federico, the little judge of Arborea. Eleonora, however, refused. She had only Federico, the symbol of the independence of the "Sardinian nation" and did not intend to cede him to the King of Aragon. She then sent two envoys to Catalonia with a peace proposal which included, in addition to the release of her husband, the dominance of the Arborea on the island. But the proposal also required renunciation of everything that in 30 years of victorious war the Arboreans had snatched from the enemy. In fact, the prolonged absence of Brancaleone, rather than weaken Eleonora, had strengthened her. King Pedro IV then died and the links between Aragon and Arborea began to break. Pedro’s son succeeded him and became King John I. Peace was not signed and Brancadoria's imprisonment became very hard. But Eleonora wanted peace and finally peace was signed in 1388 by the representatives of the Sardinian people (Eleonora and the young Federico) and by the Catalans, before the jurors in the church of San Francesco d'Oristano. The Catalans delayed the handover of all the lands conquered by Mariano and humiliatingly held off on the delivery of hostages before finally freeing Brancaleone Doria in 1390. But Doria managed to return with almost all the territories cited by Eleonora in the Treaty of 1388 in Arborean hands. Eleonora renewed the Charter of the Kingdom of Arborea, already drawn up at the time of Mariano IV. She chose to write the Charter of Logu in common Arborean language, as did her father. With this text, the Giudicessa Eleonora was ahead of the times regarding the defense of the rights of women and children. The Charter included one hundred and sixty-three articles in which, with great attention to detail, but above all with the diligence typical of the "good mother of a family", Eleonora thought of her people and, in regard to the aspects of daily life, protected them. She prescribed rules for agriculture, farming, trade in animal skins, trade in horses, hunting and game management, and falcon hunting. The Charter also regulated offenses, insults and improper gestures by providing for sanctions.
In 1392, Eleonora protected everyone and everything. She was not cruel like her brother Ugone, she did not discriminate against any person, she protected the weak, women, and children. Among the acts specified as crimes were, among others, rape, adultery and concubinage. Eleonora arranged that, for the crime of adultery, if her husband was guilty of it, the married woman could go and live with another without being prosecuted. For rape, Article 21 established two extraordinarily advanced principles even compared to our modern legislation. The first states that "marriage is considered remedial only if it is to the liking of the offended woman" and in any case does not completely extinguish the crime because the guilty party must also pay the State a fine of 200 lire (equal to 20 battle horses), or suffer the amputation of a foot. If, on the other hand, the woman does not want the accused rapist as a husband, the rapist has to provide for her future, make it possible for her to marry someone else she likes, which in any case does not protect him from amputation of his foot - which in an agricultural economy meant no longer being able to work. Women personally decided their own fate. The second principle concerns female virginity to which fundamental importance is not attributed. In fact, the punishment for rape was to be the same whether the guilty party has victimized a maiden, a spinster or a fiancée by force. The rape of a married woman imposed a fine 500 lire or the amputation of a foot. For the crime of murdering any subject, the Charter provided for the death penalty, which could not be avoided by paying of a sum of money. The death penalty was also to be imposed for the crime of treason and for damage to the Judge or the Judge’s family. Europe, at the end of the fourteenth century, was illuminated by a great woman, the ruler of Arborea, a Judge who united under a single flag the different Sardinian populations, who recognized themselves as a nation in the process of fighting against the Aragonese domination. Her code of laws remained in effect for 435 years, until 1827.