Qualche tempo fa Facebook mi notificava un messaggio della fondatrice e referente nazionale di Toponomastica femminile, che riportava proprio queste tre parole in lettere maiuscole. Non ne capivo subito il senso. Ma poco dopo, attraverso lo stesso social network, venivo a sapere che a fine marzo Maria Pia Ercolini, insieme al suo gruppo, avrebbe ricevuto il premio “Donne che ce l’hanno fatta”, a Milano, nella sede della Regione Lombardia, in occasione del Convegno mondiale delle donne latinoamericane. Isa Maggi, fondatrice di “Stati generali delle donne” e ideatrice del Premio, ha scritto nel comunicato stampa che si tratta di “un importante riconoscimento a donne intraprendenti, decise, piene di iniziativa, che hanno rotto il tetto di cristallo, stanno resistendo e ce l’hanno fatta a sopravvivere alla crisi e a raggiungere posizioni apicali nelle loro carriere.
Ci vuole coraggio a prendere in mano la propria biografia. Donne che ce l’hanno fatta raccontano le loro esperienze professionali e di vita, in un confronto di generazioni. Racconti diversi ma con un filo comune: il credere in se stesse, l’entusiasmo a continuare, l’apprendimento continuo per rimettere in gioco non solo il proprio sapere, ma anche la propria vita. Il Premio è una iniziativa di Sportello Donna in collaborazione con Fondazione Gaia, avviato per la prima volta presso l’ Università di Pavia il 4 marzo 2014.”
Sono stata a Milano, mercoledì 31 marzo, per affiancare Maria Pia in questo evento importante per lei e per tutte le persone che collaborano al suo progetto. Una cerimonia che ha visto anche momenti di autentica commozione, e ha permesso a chi era presente di cogliere lo spessore e l’intensità umana di donne, italiane e latinoamericane, provenienti da ambienti diversi, che hanno alle spalle storie diverse, ma in comune una chiara volontà di perseguire e realizzare gli obiettivi in cui credono.
Una giornata significativa per tutto il gruppo di Toponomastica femminile, per il riconoscimento della quantità e qualità del lavoro svolto in poco più di quattro anni: il censimento toponomastico di tutti i Comuni italiani, quattro convegni nazionali, decine di mostre fotografiche allestite in tutta Italia, una presenza costante sulla stampa soprattutto on line ma anche cartacea (tante ormai sono le nostre “voci”), un’intensa collaborazione con le /gli insegnanti nelle scuole di ogni ordine e grado, ricerche storiche per ritrovare biografie dimenticate, rapporti allacciati con donne che operano nelle istituzioni e in altre associazioni per arricchire la toponomastica delle città italiane di intitolazioni a letterate, pedagogiste, educatrici, pittrici, scultrici, musiciste, cantanti, attrici, politiche, patriote risorgimentali, attiviste femministe, partigiane, storiche, ambientaliste, mediche, ricercatrici, filosofe, scienziate, filantrope, teologhe, imprenditrici, lavoratrici e altro ancora…
È veramente grande la mole di lavoro che il gruppo ha alle spalle, ma anche quella che ancora trova davanti a sé, perché enorme è il compito di riscoprire le tracce dimenticate dell’azione femminile nella storia del nostro Paese e di rimuovere gli stereotipi che ne hanno reso possibile, e ancora operano per renderne possibile la cancellazione. Stereotipi che vogliono le donne occupate prima di tutto, quando non esclusivamente, nella funzione di mogli e madri, e che tendono a trascurarne la presenza, che invece c’è e c’è stata, in ruoli diversi da quello di “angelo del focolare” o di “riposo del guerriero”, talora con la connivenza, più o meno consapevole, ma spesso ambiguamente masochistica e rancorosa, delle donne stesse.
E allora buon lavoro, Maria Pia Ercolini, e buon lavoro a tutte le volontarie e a tutti i volontari di Toponomastica femminile. La nostra opera, che mira a liberare donne e uomini dai ruoli imposti e precostituiti che ci incatenano tutte e tutti, va nella direzione giusta.
No, non era un pesce d’aprile, la notizia è proprio vera.
In seguito a una “riorganizzazione” interna all’Istat, Linda Laura Sabbadini, direttrice del Dipartimento per le statistiche sociali e ambientali, dal 16 aprile sarà privata del suo incarico perché l’organismo che dirigeva è stato soppresso.
Linda Laura Sabbadini, romana, 60 anni, è la pioniera delle statistiche sociali in Italia, tanto da essere nominata commendatore della Repubblica dal Presidente Ciampi nel 2006. Il dipartimento da lei guidato con passione e competenza ha fornito statistiche significative sulla condizione delle donne in Italia e sulla violenza di genere, ma anche dati sulla qualità della vita di anziani, immigrati, disabili, omosessuali, senzatetto. “Nostra signora dei numeri”, così è stata chiamata questa studiosa di fama internazionale, si è prefissa lo scopo di “rendere visibili gli invisibili” ed è stata autrice di rapporti come il BES (Benessere equo e sostenibile), in cui il progresso della società è stato considerato dal punto di vista non solo economico, ma anche sociale e ambientale, e corredato da misure di disuguaglianza e di sostenibilità.
Il fatto che una persona così competente non solo non abbia visto un avanzamento di carriera, ma addirittura, con la scusa della “riorganizzazione”, sia stata declassata , spiega la rivolta che da due giorni si sta verificando sui social network e la protesta, sulla stampa nazionale, di scrittrici, di giornaliste e giornalisti, di personaggi del mondo sindacale e politico, da Mara Carfagna a Valeria Fedeli vicepresidente del Senato: l’indignazione, per una volta, è bipartisan.