Ivana Kobilka
Alessandra Paci
Silvia dell'Orco
«Volevo vedere tutto e guardare dietro ogni tenda.
E oggi non ho rimpianti.
Ho visto il mondo e la vita, è stato bello e pieno di sole.
Non ho rimpianti»
Questa citazione ben rappresenta la pittrice slovena più famosa di tutti i tempi, donna cosmopolita e libera. Non è facile per una artista affermarsi a fine Ottocento, in un contesto culturale ancora dominato da preconcetti e preclusioni alle donne, ma Ivana Kobilca ci riesce. Dotata di un talento che coltiva sin dalla scuola elementare e di grande apertura mentale, viaggia, studia, dipinge e si afferma nel panorama artistico e culturale a cavallo tra XIX e XX secolo. Pittrice realista, incontra e si confronta con i più grandi pittori – uomini – della sua epoca, tesse sodalizi con altre artiste, si forma presso varie scuole, evolve nella sua ricerca artistica e fa parlare di sé in mezza Europa. Non ha ancora 30 anni quando il suo talento è ufficialmente riconosciuto ed Ivana diventa rapidamente una figura chiave dello sviluppo artistico e culturale del proprio Paese. Lubiana, la città in cui nasce il 20 dicembre 1861, era allora il capoluogo della Carniola, una delle regioni dell’immenso Impero asburgico che si estendeva dal mare Adriatico alle steppe caucasiche. Era un centro commerciale e amministrativo molto dinamico, anche culturalmente. Ivana nasce in una famiglia di ricchi artigiani, che vogliono quindi offrire alla figlia una educazione all’altezza della loro posizione sociale. La giovane frequenta le scuole elementare e media presso le Orsoline ed impara due delle lingue più culturalmente rilevanti per l’epoca – italiano e francese – ed anche il disegno. Ma la scoperta dell’arte avviene grazie ad un viaggio a Vienna, con il padre, all’età di sedici anni. La capitale dell’Impero asburgico è una metropoli cosmopolita e Kobilca viene ammessa alla prestigiosa Akademie der bildenden Künste (Accademia delle Belle Arti). Vi rimane un paio di anni, durante i quali si dedica soprattutto a copiare le grandi opere lì esposte. Si trasferisce poi a Monaco, anch’essa città vivace e punto d’incontro degli artisti dell’epoca, dove frequenta una scuola di pittura per ragazze sotto la guida di Alois Erdtelt e un corso di disegno anatomico con lo scultore Christoph Roth. Disegnare un corpo umano nudo era proibito alle donne a causa della morale del tempo, e questo era anche il motivo per il quale non era loro consentito frequentare accademie di Stato! Erdelt insegna la pittura alla maniera dei pittori olandesi del XVII secolo, sottolineando l’importanza di ogni piccolo dettaglio: Ivana diventa così una grande ritrattista e comincia a vivere grazie a commissioni da parte di funzionari e di ricchi borghesi. In occasione della prima mostra collettiva a cui partecipa con un paio di opere nel 1888, viene notata da Richard Muther, uno dei maggiori critici d’arte del tempo, e l’anno seguente, nella sua Lubiana, realizza la prima mostra personale. A causa del clamore sollevato per il ritratto di sua sorella Fanny a spalle scoperte, deve per un po’ piegarsi alla "moralità" ancora molto rigida nel suo Paese, ma le sue sperimentazioni continuano. Nella prima fase della sua produzione le palette scure e terrose predominano: all’interno di una concezione di arte essa stessa in evoluzione, che inizia ad accogliere eventi di vita reale e quotidianità, Ivana Kobilca ritrae in particolare figure femminili, come la celebre Kofetarica (La bevitrice di caffè) (1888). È uno dei suoi ritratti più ammirati, conservato nella Galleria Nazionale della Slovenia, a Lubiana, che accoglie molte opere della sua pittrice: ritratti di familiari e membri della società borghese dell’epoca, ma anche scene di vita quotidiana, fiori e nature morte.
La svolta e la consacrazione definitiva di Kobilca arrivano con il trasferimento a Parigi, cuore pulsante della vita culturale e artistica di fine secolo. Qui l’artista continua a studiare, presso la scuola di Henri Gervex, uno dei più apprezzati pittori del periodo e amico, tra gli altri, di Rodin e Monet. Espone ben tre volte nel prestigioso Salon des Arts (1891, 1892 e 1897) e diventa membro onorario della Société Nationale des Beaux-Arts. Gli anni del soggiorno parigino sono i più fertili: la capitale francese è socialmente molto stratificata e Ivana sceglie per i suoi quadri i soggetti più disparati: dalle venditrici del mercato alle borghesi raffinatamente vestite. Vive in una specie di Comune bohémienne insieme anche ad altre donne artiste, tra cui Rosa Pfäffinger che così la definisce nel suo Parigi Bohémien (1889-1895), sottotitolato Rapporto autobiografico di Rose Pfäffinger: «pittrice di temperamento, che sapeva essere così meravigliosamente ubriaca e quando irritata, mostrava i suoi denti come un lupo mannaro dei Carpazi». A seguito di un clima sociale poco sereno Ivana si ritira con altre artiste ed altri artisti a Barbizon – a sud della capitale, ai margini della foresta di Fontainebleau - nell’immediata periferia di Parigi e comincia a dipingere en plein air ma non alla maniera impressionista. Qui le nuove tendenze e l’arte francese influenzano il suo stile e l’uso di alcuni colori, come l’inserimento della palette del blu e del verde.
Qualche anno dopo la troviamo in Italia, a Firenze, per un soggiorno studio e nel 1897 è la prima donna slovena ad esporre alla Biennale di Venezia con tre opere. Lo stesso anno si trasferisce a Sarajevo, dove vive agiatamente realizzando numerosi ritratti su commissione. Insieme ad un gruppo di artisti ed artiste di lingua tedesca fonda il Gruppo dei Pittori di Sarajevo e la rivista "Nada". A questo periodo appartengono i numerosi autoritratti, che realizza anche attraverso l’uso di modelli fotografici. Berlino è l’ultima capitale in cui soggiorna, prima di rientrare definitivamente a Lubiana allo scoppio della Prima guerra mondiale. Anche questa città "lascia un segno" nell’opera della pittrice, con l’inserimento dell’utilizzo del bianco e la realizzazione di nature morte. Muore a Lubiana il 4 dicembre 1926, ed è già considerata come la più grande pittrice jugoslava di tutti i tempi. Tale riconoscimento vede la sua consacrazione nel 1993 quando il volto dell’artista compare sulla banconota da 5000 talleri sloveni (la seconda, per valore), rimasta in circolazione fino all’introduzione dell’euro nel 2007.
La Galleria Nazionale della Slovenia, in occasione del centenario della sua fondazione, le ha consacrato una retrospettiva che ha visto esposte, tra giugno 2018 e febbraio 2019, circa 140 opere dell’artista, con dipinti provenienti anche da collezioni private fino ad allora sconosciute al grande pubblico. È stata la direttrice della Galleria, Barbara Jaki, a preparare con estrema cura questa esposizione, recuperando opere di privati raramente presentate in pubblico, bozzetti preparatori, fotografie e corrispondenze: un percorso articolato in dodici momenti che hanno esplorato tutta la creazione di Kobilca, la grande artista che tra le prime donne dell’era moderna è riuscita ad affermarsi in una professione prevalentemente maschile e ancora in buona parte da scoprire e studiare.
Traduzione francese
Joelle Rampacci
"Je voulais tout voir et regarder derrière chaque rideau.
Et aujourd'hui, je ne regrette rien.
J'ai vu le monde et la vie, c'était beau et plein de soleil.
Je ne regrette rien."
Cette citation représente bien la peintre slovène la plus célèbre de tous les temps, une femme cosmopolite et libre. Il n'est pas facile pour une artiste de s'affirmer à la fin du XIXe siècle, dans un contexte culturel encore dominé par des préjugés et des exclusions à l'égard des femmes, mais Ivana Kobilca y parvient. Dotée d'un talent qu'elle cultive depuis l'école primaire et d'une grande ouverture d'esprit, elle voyage, étudie, peint et s'affirme dans le panorama artistique et culturel au tournant des XIXe et XXe siècles. Peintre réaliste, elle rencontre et échange avec les plus grands peintres masculins de son temps, noué des partenariats avec d'autres femmes artistes, se formée dans différentes écoles, développe sa recherche artistique et se fait connaître dans toute l'Europe. Elle n’a pas encore 30 ans lorsque son talent est officiellement reconnu et Ivana devient rapidement une figure clé du développement artistique et culturel de son pays.Ljubljana, la ville où elle est née le 20 décembre 1861, était alors la capitale de la Carniole, l'une des régions de l'immense empire des Habsbourg qui s'étendait de la mer Adriatique aux steppes du Caucase. C'était un centre commercial et administratif très dynamique, également sur le plan culturel. Ivana naît dans une famille d'artisans aisés, qui souhaitent offrir à leur fille une éducation digne de leur position sociale. La jeune fille fréquente l'école primaire et le collège des Ursulines et apprend deux des langues les plus importantes sur le plan culturel à l'époque - l'italien et le français - ainsi que le dessin. Mais la découverte de l'art se fait grâce à un voyage à Vienne avec son père à l'âge de seize ans. La capitale de l'empire des Habsbourg est une métropole cosmopolite et Kobilca est admise à la prestigieuse Akademie der bildenden Künste (Académie des beaux-arts). Elle y reste quelques années, pendant lesquelles elle se consacre surtout à copier les grandes œuvres qui y sont exposées. Elle s'installe ensuite à Munich, ville également animée et lieu de rencontre des artistes de l'époque, où elle fréquente une école de peinture pour filles sous la direction d'Alois Erdtelt et un cours de dessin anatomique avec le sculpteur Christoph Roth. Dessiner un corps humain nu était interdit aux femmes en raison des mœurs de l'époque, ce qui explique aussi pourquoi elles n'étaient pas autorisées à fréquenter les académies d'État! Erdelt enseigne la peinture à la manière des peintres hollandais du XVIIe siècle, en insistant sur l'importance de chaque petit détail : Ivana devient ainsi une grande portraitiste et commence à gagner sa vie grâce à des commandes de fonctionnaires et de riches bourgeois. Lors de la première exposition collective à laquelle elle participe avec quelques œuvres en 1888, elle est remarquée par Richard Muther, l'un des plus grands critiques d'art de l'époque, et l'année suivante, dans sa ville natale de Ljubljana, elle organise sa première exposition personnelle. En raison du tollé provoqué par le portrait de sa sœur Fanny aux épaules nues, elle doit se plier pour un temps à la "moralité" encore très rigide de son pays, mais ses expériences se poursuivent. Dans la première phase de sa production, les palettes sombres et terreuses prédominent : dans le cadre d'une conception de l'art elle aussi en évolution, et qui commence à accueillir les événements réels et la vie quotidienne, Ivana Kobilca représente en particulier des figures féminines, comme la célèbre Kofetarica (La buveuse de café) (1888). Il s'agit de l'un de ses portraits les plus admirés, conservé à la Galerie nationale de Slovénie à Ljubljana, qui abrite un grand nombre de ses œuvres: des portraits de membres de sa famille et de la société bourgeoise de l'époque, mais aussi des scènes de la vie quotidienne, des fleurs et des natures mortes.
Le tournant et la consécration définitive de Kobilca se produisent lorsqu'elle s'installe à Paris, cœur battant de la vie culturelle et artistique de cette fin de siècle. L'artiste y poursuit ses études à l'école d'Henri Gervex, l'un des peintres les plus appréciés de l'époque, ami de Rodin et de Monet, entre autres. Elle expose à trois reprises au prestigieux Salon des Arts (1891, 1892 et 1897) et devient membre honoraire de la Société Nationale des Beaux-Arts. Les années de son séjour à Paris sont les plus fertiles : la capitale française est socialement très stratifiée et Ivana choisit les sujets les plus variés pour ses peintures : des vendeuses de marché aux femmes bourgeoises élégamment vêtues. Elle vit dans une sorte de commune bohème avec d'autres femmes artistes, dont Rosa Pfäffinger, qui la décrit comme suit dans sa Bohème parisienne (1889-1895), sous-titrée Rapport autobiographique de Rose Pfäffinger : "un peintre de tempérament, qui pouvait être si merveilleusement ivre et qui, lorsqu'elle était irritée, montrait les dents comme un loup-garou des Carpates". En raison d'un climat social moins serein, Ivana se retire avec d'autres artistes à Barbizon - au sud de la capitale, à l'orée de la forêt de Fontainebleau - aux abords immédiats de Paris et commence à peindre en plein air, mais pas à la manière impressionniste. Les nouvelles tendances et l'art français ont influencé son style et l'utilisation de certaines couleurs, comme l'inclusion sur la palette du bleu et du vert.
Quelques années plus tard, nous la retrouvons en Italie, à Florence, pour un séjour d'études et en 1897, elle est la première femme slovène à exposer à la Biennale de Venise avec trois œuvres. La même année, elle s'installe à Sarajevo, où elle vit confortablement, réalisant de nombreux portraits sur commande. Avec un groupe d'artistes germanophones, elle fonde le groupe de peintres de Sarajevo et le magazine "Nada". C'est à cette période qu'appartiennent les nombreux autoportraits, qu'elle réalise également à l'aide de modèles photographiques. Berlin est la dernière capitale où elle séjourne, avant de retourner définitivement à Ljubljana au début de la Première Guerre mondiale. Cette ville aussi "marque" l'œuvre du peintre, avec l'inclusion de l'utilisation du blanc et la réalisation de natures mortes. Elle meurt à Ljubljana le 4 décembre 1926. Elle est déjà considérée comme le plus grand peintre yougoslave de tous les temps. Cette reconnaissance a été consacrée en 1993 lorsque le visage de l'artiste est apparu sur le billet de 5000 thalers slovènes (la deuxième valeur la plus élevée), qui est resté en circulation jusqu'à l'introduction de l'euro en 2007.
La Galerie nationale de Slovénie, à l'occasion du centenaire de sa fondation, lui consacre une exposition rétrospective qui a vu, entre juin 2018 et février 2019, environ 140 œuvres de l'artiste, avec des peintures également issues de collections privées jusqu'alors inconnues du grand public. C'est la directrice de la galerie, Barbara Jaki, qui prépare cette exposition avec un soin extrême, récupérant des œuvres de particuliers rarement présentées en public, des croquis préparatoires, des photographies et des correspondances : un parcours articulé en douze moments qui explore toute la création de Kobilca, la grande artiste qui, parmi les premières femmes de l'ère moderne, a réussi à s'imposer dans une profession essentiellement masculine et qui reste encore largement à découvrir et à étudier.
Traduzione inglese
Riccardo Vallarano
«All the world I wanted to see, and I wanted to take view behind every curtains.
And today I have no regrets.
All the world and life I saw, it was beautiful and sunny.
I have no regrets.»
This quote is quite representative of the all-time most famous Slovenian painter, a free and cosmopolitan woman. Ivana Kobilca succeeds as an artist despite being a woman at the end of the XIXth century, a time filled with prejudices and misconceptions about women in the arts. She was very talented and open-minded, travelling, studying and painting until she got quite a reputation in the cultural and artistic landscape between XIX and XX centuries. She was a realist painter, always meeting and discussing with the great – men – painters of her age, but also developing friendships with other women in arts and constantly evolving her craft through a wide and diverse education in many arts’ schools. Already publicly acclaimed before her ’30, Ivana rapidly became a key figure in the artistic and cultural development of Slovenia.She was born in Lubiana the 20th December of 1861. Lubiana was at the time the capital of Carniola, one of the many regions composing the vast Hapsburg Empire, stretching from the Adriatic Sea to the Caucasian Steppes. The city was a very dynamic hub, in terms of trade, bureaucracy and culture. Ivana was born in a petite-bourgeoise family of rich craftsman, having the opportunity to get an education matching her privileged social conditions. Young Ivana attended Orsoline’s elementary and middle schools, learning two culturally relevant languages for that time – Italian and French – and also drawing. But Ivana’s love for art was discovered through a journey to Vienna, with her father, at sixteen years old. Kobilca was admitted to the prestigious Akademie der bildenden Künste (Academy of Arts) located in the cosmopolitan capital of the Hapsburg Empire. She studied there for a couple of years, focussing on copying the great works of art exposed in the Academy. Then she moves to Munich, another culturally fuzzy hub for the artists of her time, where she attended a School for Painting under the guide Alois Erdtelt and a course on anatomic drawing taught by the sculptor Cristoph Roth. Even though, for a woman to draw a naked body was forbidden – given the customs of the time -, also for this reason women were not allowed to attend State Academy of Arts. Erdelt teaches painting following the style of dutch painters from the XVII century, thus stressing the importance of every single detail: Ivana became a gifted portraitist, living off upper-class generous commissions. In her first exposition, along with other artists, in 1888, Richard Muther, an important art critic, noticed and appreciated Ivana’s works, so that the following year she achieved to make the first personal exposition of her work, in Lubiana. Although Ivana’s work triggered a scandal for the portrait of her sister Fanny with naked shoulders, forcing Ivana to bend to the moral customs of her time, she keeps experimenting. The first phase of Ivana’s artistic production is characterised by a dark and earthy colour range: within a dynamic and ever-changing conception of art, everyday and real life events come at the center of her paintings, Ivana Kobilca portrays female figures especially, such as the famous Kofetarica (the coffee-drinker) (1888). It is one of her most appreciated and admired portaits, exposed in the Slovenia’s National Gallery, Lubiana, where there are exposed also many other works by Kobilca: family portarits and bourgeouis figures from her time, but also everyday life scenes, flowers and still-life paintings.
The definitive international fame begun with Kobilca’s moving to Paris, the cultural and artistic hub of Europe’s belle epoque. In Paris, Ivana keeps studying, attending Henri Gervex’s school, one of the major painters of that period, a friend of Rodin and Monet. She exposes three times in the prestigious Salon des Arts (1891, 1892 e 1897), also acquiring the honorary membership of the Société Nationale des Beaux-Arts. In Paris she lived extremely fertile years: the complex social stratification of the city enables her to indulge in a widespread range of peculiar human types and situations, from the markets to the palaces. She lived in a bohemienne commune along with other women artists, like Rosa Pfäffinger that defines Ivana in her book Paris Bohemien (1889-1895), subtitled An Auto-biographical report by Rose Pfäffinger: « painter with a very strong character, she knew when to be marvelously happy and when to be angry, she bared her teeth like a Carpatian were-wolf». Following a nefarious social climate towards her commune, Ivana moves with the other artists to Barbizon – south of Paris, near the Fointainblueau forest – in the outskirts of Paris and she starts to paint en plein air but without following the impressionist style. In Barbizon, the French art and the new trends influenced her style and selection of some colours, like the new usage of blue and green.
After some years she went to Florence, in Italy, for a study sojourn and in 1897 she is the first Slovenian woman to expose at the Biennale di Venezia with three works of art. The same year Ivana moves to Sarajevo, where she lives comfortly while working on many new portraits. Together with a group of german-speaking artists (men and women) she founds the Painters Group of Sarajevo and the art magazine “Nada”. In this period she made a lot of self-portraits, using photographic models as a reference. Berlin is the last European capital where Iavan Kobilca stays, before coming back for good to Lubiana when the First World War breaks out. Also this city “leaves a mark” on Kobilca’s work, through the usage of white and the presence of still-life. She died in Lubiana the 4th of December 1926, already one of the greatest jugoslavian painters of all-time. This kind of acknowledgment was consecrated in 1993 when her face appeared on the 5000 slovenian tallers banknote (the second most valued banknote), in circulation until the introduction of euro in 2007.
The National Gallery of Slovenia, in celebration for the One Houndreth anniversary from its foundation, consecrated to her an exposition where around 140 works of art by Ivana Kobilca were in place, from June 2018 to February 2019, even with unknown-to-the-public paintings coming from private collections. Barbara Jaki, head director of the National Gallery, prepared with care and love this important exposition, also recuperating work drafts, photographs and letters: articulating a complex path built around twelve moments, to explore the creative processes of Kobilca, that was one of the first great women in arts, in the modern age, to succeed in a dominantly male profession. An artist much to be studied and to be uncovered.
Traduzione slovena
Klara Luznik
“ Vse sem hotela videti, pogledati za vsako zaveso.
Danes nič ne obžalujem.
Videla sem svet in življenje, lepo in obsijano s soncem.
Nič ne obžalujem.”
Tale navedba dobro predstavlja najpomembnejšo slovensko slikarko vseh časov, svobodno svetovljanko. Ženski kot umetnici, se konec 19. Stoletja, ni bilo lahko potrditi. Ivani Kobilci je to uspelo. Velik talent, ki ga je razvijala že iz osnovne šole naprej in njena odprtost, jo vodita preko študija, potovanj in slikanja do potrditve kot profesionalna slikarka med prehodom iz 19.v 20.stoletje. Slikarka realizma se sreča in primerja z največjimi slikarji njenega časa, vzpostavi povezave z drugimi umetnicami, razvija njeno znanje in razgledanost v raznih šolah in tako njeno ime začne krožiti po Evropi. Že pri rosnih 30.letih postane uradno potrjena umetnica in ključna figura za umetniški in kulturni razvoj njene dežele. Ljubljana, mesto njenega rojstva 20.decembra leta 1861, je bila v času Avstro-Ogrske trgovsko in kulturno zelo dinamična. Ivana se je rodila v bogati obrtniški družini. Mladenka je obiskovala osnovno in meščansko šolo pri Uršulinkah, pri katerih se je učila tudi italijanščine in francoščine, pa tudi slikanje. Pri 16.letih jo je potovanje z očetom na Dunaj vzpodbudilo do odločitve njenega poklica. Tja se je po nekaj letih vrnila, kjer je v galeriji dunajske akademije kopirala slike starih mojstrov. Po dveh letih je svoje šolanje nadaljevala v Münchnu, kjer je vstopila v umetnoobrtno šolo in bila učenka Aloisa Erdelta v damski zasebni šoli. Obiskovala je tudi tečaj anatomskega risanja pri kiparju Christophu Rothu, kjer so risali tudi po golih modelih, tako moških kot ženskih. V tistem času je bila to izjema, saj se je večini zdelo nedopustno, da bi dekleta v ateljejih gledala gole moške. To je bil tudi vzrok zaradi katerega ženske v tistem času niso smele obiskovati državne Umetnostne akademije. Ivana pod vodstvom učitelja Erdelta, ki je učil tehniko nizozemskih slikarjev 17.stoletja, osredotočena na najmanjši detajl, postane slikarka portretov in se začne preživljati s prodajo njenih del. Leta 1888 je sodelovala na prvi kolektivni razstavi, kjer je njeno delo opazil Richard Muther, eden izmed najpomembnejših umetniških kritikov tistega časa. Naslednje leto je prvič samostojno razstavljala v Ljubljani. Njen Portret sestre Fani je bil kritiziran zaradi gole roke portretirane, češ da se to res ne spodobi in da bi morala imeti obleko z dolgimi rokavi. V prvi fazi njene ustvarjalnosti prevladajo temne barve. Ivana Kobilca se posveti ženskim figuram, kot zelo poznana Kofetarica (1888), ki je njen najbolj občudovan portret shranjen v Narodni Galeriji v Ljubljani skupaj s preostalimi deli s težiščem na portretu in žanrskih upodobitvah iz kmečkega in meščanskega življenja.
Henri je bil tudi prijatelj Rodina in Moneta. Svoja dela razstavi kar trikrat v Salon des Arts (1891, 1892 in 1897) in postane častni član Societe Nationale des Beaux-Arts. Pariška leta so bila zelo plodna. Za svoja dela Ivana izbere raznolike modele med katerimi najdemo vse, od prodajalk na tržnici pa do elegantnih bogatih meščank. Živi v takoimenovani bohemijanski skupnosti, ki združuje ženske umetnice, med katerim je tudi Rosa Pfäffinger, poznana kot slikarka temperamentov brez meja. Zaradi slabe socialne klime se Ivana v družbi drugih umetnic umakne na jug Pariza, v periferijo, kjer začne slikati en plein air. Nove tendence in francoska umetnost postaneta močan vpliv na njen slog in barv, kot uporaba modrih in zelenih odtenkov.
Kakšno leto kasneje jo srečamo v Firencah, kjer se leta 1897 udeleži kot prva Slovenka na Beneškem bienalu. Še isto leto se preseli v Sarajevo, kjer se ugodno preživlja z neštetimi naročili. Postane članica Sarajevskega slikarskega kluba, naredi tri cerkvene freske, številne avtoportrete z uporabo fotografije ter sodeluje pri reviji Nada. Berlin je predzadnja postaja v njenem življenju, potem pa se ob zacčetku prve svetovne vojne dokoncčno vrne v Ljubljano. Uporaba bele barve in risanje cvetličnega tihožitja, dekleta v narodni noši, otroke v zelenju, staro mamico ob ognjišču, branjevko z rožami, dekleta pri likanju itd. so berlinske umetniške sledi. 4 decembra leta 1926 umre v Ljubljani, že takrat poznana kot ena najpomembnejših jugoslovanskih slikark vseh časov. Njen obraz je bil natisnjen na bankovec 5000 slovenskih tolarjev leta 1993, ki je bil v uporabi do leta 2007.
Ob stoletnici Narodne galerije so postavili na ogled razstavo Ivane Kobilce, slikarke, katere dela so med obiskovalci najbolj priljubljena. Razstavljenih je 140 del, med njimi so nekatera, pridobljena iz zasebnih zbirk in tujine, na ogled prvič. Kakšna ženska je bila Ivana Kobilca, ki se je že v času življenja v neprizanesljivem 19.stoletju uspela postaviti ob bok moškim - izrazito moškem poklicu –? Edinstvena profesionalna slikarka!