Aletta Jacobs
Ester Rizzo



Viola Gesmundo

 

Aletta Henriette Jacobs si rese protagonista, insieme a Jane Addams, di un’impresa compiuta nel lontano 1915 e quasi cancellata dalla storia. Nell’aprile di quell’anno si svolse a L’Aja il Congresso Internazionale delle donne in cui si riunirono 1136 delegate di dodici diverse nazionalità ed altre migliaia di donne provenienti da tutta Europa. Fu una manifestazione imponente se consideriamo costi e difficoltà oggettive degli spostamenti in quei tempi. Il Congresso era incentrato su due punti focali: il suffragio femminile e l’uso di arbitrati neutrali per risolvere le controversie internazionali. Aletta e Jane bussarono alle porte di tutti i capi di Stato e ministri europei per proporre la costituzione di una commissione di esperti con lo scopo primario di far cessare la Prima guerra mondiale non per armistizio ma per mutuo accordo. La storia ci ha poi raccontato come questa saggia richiesta non venne accolta. Aletta venne alla luce in una piccola cittadina dei Paesi Bassi, Sappeneer, il 9 febbraio del 1854, in seno ad una famiglia ebraica e fu l’ottava di ben undici tra figli e figlie. Fino a tredici anni frequentò la scuola del villaggio e, subito dopo, le fu imposto di apprendere l’arte del cucito e di iniziare a lavorare come apprendista sarta. Obbedì, ma dopo pochi giorni si rifiutò categoricamente affermando che lei non voleva frequentare una “scuola per signorine” ma voleva continuare a studiare al pari dei suoi coetanei maschi. Pur a malincuore i genitori acconsentirono a farle proseguire gli studi ma rigorosamente a casa. Sua madre le insegnò il francese ed il tedesco ed il padre il greco ed il latino. Fu proprio la professione medica paterna che le fece accendere la passione e l’interesse per la medicina. Il suo carattere indipendente le procurò molti fastidi anche nella quotidianità della vita: ad esempio era considerata scandalosa perché amava pattinare e questa era un’attività ritenuta inadatta ad una donna perché le permetteva di muoversi, da sola, in giro per la città. Un giorno fu molestata da un uomo, riuscì a fuggire e subito chiese aiuto al primo poliziotto incontrato: fu liquidata con l’ammonimento di rimanere a casa per evitare tali inconvenienti.

Nel 1870 conseguì un diploma in Farmacia e poi, contro il parere di tutti e di tutte, si iscrisse all’Università di Groningen, ovviamente nella facoltà di Medicina. Con questa scelta sfidò le convenzioni sociali dell’epoca. Proseguì il suo percorso universitario fino ad arrivare, nel 1878, alla laurea con la tesi Sulla locazione dei sintomi fisiologici e patologici del cervello. Non fu facile perché l’intero ambiente universitario le era ostile non accettandola in quanto donna ma Aletta diventò una “donna da primato”: fu infatti la prima olandese a laurearsi in Medicina. Lavorò in diversi ospedali di Londra dove incontrò un’altra prima donna: Elizabeth Garrett Anderson, la prima medica d’Inghilterra. Affrontando vari sacrifici riuscì ad aprire una propria clinica medica iniziando a curare le donne povere e bisognose di Amsterdam, le operaie ed in particolare le prostitute. Il contatto con quest’ultime le permise di conoscere e studiare le malattie a trasmissione sessuale e, al contempo, si sviluppò in lei una feroce avversione contro tale attività, che definiva una vergogna legalizzata. Quando i suoi colleghi medici sostenevano che le prostitute erano necessarie alla “salute fisica degli uomini”, lei prontamente ribatteva che allora avrebbero dovuto destinare le loro figlie a questa professione data la nobiltà del ruolo di custodi della salute maschile. Aletta si occupò del problema del controllo delle nascite distribuendo il ”mensinga pessary”, una sorta di diaframma per evitare le gravidanze indesiderate. Ovviamente la accusarono di interferire con “i piani di Dio” e di incoraggiare il sesso al di fuori del matrimonio ma lei non se ne curò. Nel 1903 abbandonò la professione medica per dedicarsi alla causa del diritto di voto alle donne, diventando presidente dell’Associazione delle suffragette olandesi. Fu una delle fondatrici della Women’s International League for Peace and Freedom ed una delle organizzatrici del Congresso internazionale del 1915.



Tra le sue pubblicazioni ricordiamo un testo che per la prima volta descriveva l’anatomia femminile e il suo apparato riproduttivo con tavole esplicative ed un altro in cui affrontava il tema dell’indipendenza economica delle donne e della pianificazione familiare Lottò anche contro le molestie e gli abusi sessuali che le lavoratrici subivano svolgendo le loro mansioni. Con pazienza certosina, durante la vita raccolse libri, pamphlet e giornali riguardanti il movimento femminista ed ancora oggi questa raccolta è considerata la più ricca ed interessante esistente su tale tematica. Pare di vederla raccogliere e assembleare con cura ed amore tutto quel materiale che rappresentava, passo dopo passo, il percorso dell’emancipazione femminile: la lotta di tutta la sua esistenza Venne a mancare a Baarn, nella provincia di Utrecht, il 10 agosto del 1929 quando in Olanda le donne avevano già ottenuto il diritto di voto da dieci anni. Porta il suo nome l’asteroide 69231 ed una targa apposta nella casa di Amsterdam dove visse la ricorda. Oggi, in Olanda, ogni due anni viene assegnato il premio Aletta Jacobs dall’Università di Groningen ad una donna contemporanea che abbia compiuto sforzi significativi per l’emancipazione femminile. «Sono sicura che non abbiamo vissuto per niente. Abbiamo svolto il nostro compito e possiamo andarcene da questo mondo nella convinzione che lo lasceremo in una forma migliore di quella in cui l’abbiamo trovato».

 

Traduzione francese
Joelle Rampacci

Avec Jane Addams, Aletta Henriette Jacobs a réalisé en 1915 un exploit qui a presque été effacé de l'histoire. En avril de cette année-là, le Congrès international des femmes s'est tenu à La Haye, réunissant 1136 déléguées de douze nationalités différentes et des milliers d'autres femmes de toute l'Europe. C'était un événement impressionnant si l'on considère les coûts et les difficultés objectives du voyage à l'époque. Le congrès s'est concentré sur deux questions principales : le suffrage des femmes et le recours à l'arbitrage neutre pour résoudre les conflits internationaux. Aletta et Jane frappent à la porte de tous les chefs d'État et ministres européens pour proposer la création d'une commission d'experts dont le but premier est de mettre fin à la Première Guerre mondiale non pas par un armistice mais par un accord mutuel. L'histoire nous raconte comment cette sage requête n'a pas été accordée. Aletta est née dans une famille juive le 9 février 1854 à Sappeneer, une petite ville des Pays-Bas, et était la huitième de onze fils et filles. Jusqu'à l'âge de treize ans, elle a fréquenté l'école du village et, peu après, elle a dû apprendre l'art de la couture et commencer à travailler comme apprentie couturière. Elle a obéi, mais après quelques jours, elle a refusé catégoriquement, déclarant qu'elle ne voulait pas fréquenter une "école pour jeunes filles", mais voulait continuer à étudier comme ses camarades masculins. À contrecœur, ses parents ont accepté qu'elle poursuive ses études, mais strictement à la maison. Sa mère lui a enseigné le français et l'allemand et son père le grec et le latin. C'est la profession médicale de son père qui a éveillé sa passion et son intérêt pour la médecine. Son caractère indépendant lui a valu de nombreux désagréments, même dans la vie de tous les jours : par exemple, elle était considérée comme scandaleuse parce qu'elle aimait le patinage, une activité jugée inadaptée pour une femme car elle lui permettait de se déplacer seule dans la ville. Un jour, elle a été harcelée par un homme, a réussi à s'échapper et a immédiatement demandé de l'aide au premier policier qu'elle a rencontré : elle a été renvoyée avec un avertissement de rester à la maison pour éviter de tels désagréments.

En 1870, elle obtient un diplôme de pharmacie puis, contre l'avis de tous, s'inscrit à l'université de Groningue, à la faculté de médecine bien sûr. Par ce choix, elle a défié les conventions sociales de l'époque. Elle poursuit ses études jusqu'à l'obtention de son diplôme en 1878 avec sa thèse sur la localisation des symptômes physiologiques et pathologiques du cerveau. Ce n'était pas facile, car tout l'environnement universitaire lui était hostile et ne l'acceptait pas en tant que femme, mais Aletta est devenue une "femme à records" : elle a été la première Néerlandaise à obtenir un diplôme de médecine. Elle a travaillé dans plusieurs hôpitaux de Londres où elle a rencontré une autre première femme : Elizabeth Garrett Anderson, la première femme médecin d’Angleterre. Au prix de nombreux sacrifices, elle parvient à ouvrir sa propre clinique médicale et commence à soigner les femmes pauvres et nécessiteuses d'Amsterdam, les ouvrières et, en particulier, les prostituées. Son contact avec les prostituées lui a permis de connaître et d'étudier les maladies sexuellement transmissibles, tout en développant une aversion farouche pour cette activité, qu'elle qualifie de honte légalisée. Lorsque ses collègues médecins soutenaient que les prostituées étaient nécessaires à la "santé physique des hommes", elle s'empressait de rétorquer qu'ils devaient affecter leurs filles à cette profession en raison de leur noble rôle de gardiennes de la santé masculine. Aletta a abordé la question du contrôle des naissances en distribuant le "mensinga pessary", une sorte de diaphragme pour prévenir les grossesses non désirées. Naturellement, on l'a accusée d'interférer avec les "plans de Dieu" et d'encourager les relations sexuelles hors mariage, mais elle s'en moque. En 1903, elle abandonne son cabinet médical pour se consacrer à la cause du droit de vote des femmes et devient présidente de l'association néerlandaise des suffragettes. Elle est l'une des fondatrices de la Ligue internationale des femmes pour la paix et la liberté et l'une des organisatrices du Congrès international de 1915.

Ses publications comprennent un texte qui décrit pour la première fois l'anatomie féminine et le système reproducteur avec des tableaux explicatifs et un autre qui aborde la question de l'indépendance économique des femmes et du planning familial. Elle a également lutté contre le harcèlement et les abus sexuels dont sont victimes les travailleuses dans le cadre de leur travail. Avec une patience minutieuse, elle a rassemblé des livres, des brochures et des journaux sur le mouvement féministe au cours de sa vie, et aujourd'hui encore, cette collection est considérée comme la plus riche et la plus intéressante sur le sujet. C'est comme si on pouvait la voir collecter et assembler avec soin et amour tout le matériel qui représente, étape par étape, le chemin de l'émancipation des femmes : le combat de toute sa vie. Elle est morte à Baarn, dans la province d'Utrecht, le 10 août 1929, à une époque où les femmes aux Pays-Bas avaient déjà le droit de vote depuis dix ans. L'astéroïde 69231 porte son nom et une plaque dans la maison d'Amsterdam où elle a vécu la commémore. Aujourd'hui, tous les deux ans aux Pays-Bas, le prix Aletta Jacobs est décerné par l'université de Groningue à une femme contemporaine qui a fait des efforts significatifs pour l'émancipation des femmes. "Je suis sûre que nous n'avons pas vécu pour rien. Nous avons fait notre devoir et nous pouvons quitter ce monde avec la conviction que nous le laisserons dans un meilleur état que nous l'avons trouvé."

 

Traduzione inglese
Chiara Celeste Ryan

In 1915, Aletta Henriette Jacobs, together with Jane Addams, was responsible for a feat that has now almost been erased from history. In April of that year, the International Women's Congress was held in The Hague, bringing together 1,136 delegates of twelve different nationalities and thousands of women from all over Europe. It was an impressive event considering the costs and the difficulties of travelling at the time. The Congress focussed on two issues: women’s suffrage and the use of neutral arbitration to resolve international disputes. Aletta and Jane knocked at the doors of all the European heads of state and ministers proposing the establishment of a commission of experts with the primary aim of ending the First World War, not with an armistice but by mutual agreement. Through the annals of history we know that this wise request was not granted. Aletta, the eighth of eleven children, was born into a Jewish family on 9 February 1854 in Sappeneer, a small town in the Netherlands. Until the age of thirteen she attended the village school and was then required to learn the art of needlework and to begin working as an apprentice seamstress. She obeyed, but after just a few days she categorically refused, stating that she did not want to attend a “school for young women”, but wanted to continue studying on an equal footing with her male peers. Reluctantly, her parents agreed to let her continue her studies, but strictly at home. Her mother taught her French and German and her father Greek and Latin. Her passion and interest in medicine had been sparked by her father’s profession as a doctor. Her independent character led to many inconveniences in her daily life: for example, the fact that she loved to skate was considered scandalous as this was an activity considered unsuitable for a woman and because it allowed her to move around the city on her own. One day a man harassed her, but she managed to escape. She immediately asked the first policeman she met for help, but was sent away with a warning to stay at home to avoid such troubles.

In 1870, she obtained a diploma in Pharmacy and then, against everyone’s advice, enrolled at the University of Groningen, in the Faculty of Medicine naturally. With this choice she defied the social conventions of the time. She continued her studies until she graduated in 1878 with her thesis On the Localization of Physiological and Pathological Symptoms in the Cerebrum. It was not easy because the entire university environment was hostile and did not accept her because she was female, but Aletta became a “record-breaking woman”: she was the first Dutch woman to graduate in medicine. She worked in several hospitals in London where she met another first lady: Elizabeth Garrett Anderson, England’s first female doctor. Overcoming many hurdles, she managed to open her own medical practice and began treating poor and needy women in Amsterdam, assisting workers and, in particular, prostitutes. Through her contact with the latter she learnt about and then studied sexually transmitted diseases. She developed a fierce aversion to this activity, which she called a legalised disgrace. When her medical colleagues argued that prostitutes were necessary for “men’s physical health”, she was quick to retort that they should have their daughters practice this profession given its noble role in protecting male health. Aletta addressed the issue of birth control by distributing the “Dutch pessary”, a kind of diaphragm, to prevent unwanted pregnancies. Naturally, she was accused of interfering with “God's plans” and of encouraging extramarital sex, but she did not take heed. In 1903 she gave up the medical profession to dedicate herself to the cause of women’s right to vote, becoming president of the Dutch Suffragette Association. She was one of the founders of the Women's International League for Peace and Freedom and one of the organisers of the 1915 International Congress.

Her publications include a book that, for the first time, described the female anatomy and reproductive system with illustrative plates and explanatory texts, and another in which she addressed the issue of women’s economic independence and family planning. She also fought against the sexual harassment and abuse women suffered while working. Throughout her life, she collected books, pamphlets and newspapers on the feminist movement with painstaking patience. Even today this collection is considered to be the richest and most interesting on the subject. It is as if one could see her carefully and lovingly collect and assemble all the material that represented, step by step, the path of women’s emancipation: her entire life’s struggle. She died in Baarn, in the province of Utrecht, on 10 August 1929, when women in the Netherlands had already had the right to vote for ten years. Asteroid 69231 is named after her and she is commemorated by a plaque in the house where she lived in Amsterdam. The Aletta Jacobs Prize is now awarded every two years by the Dutch University of Groningen to a contemporary woman who has made significant efforts for female emancipation. “I'm sure we did not live for nothing. We have accomplished our task and we can leave the world in the belief that we will leave it in better shape than we have found it”.

 

Traduzione spagnola
Anastasia Grasso

Aletta Henriette Jacobs se convirtió en la protagonista, junto con Jane Addams, de una hazaña realizada en el lejano 1915 y casi borrada de la historia. En abril del mismo año se celebró en La Haya el Congreso Internacional de las Mujeres en el que se reunieron 1136 delegadas de doce nacionalidades distintas y miles de mujeres procedentes de toda Europa. Fue un evento impresionante si tenemos en cuenta los costes y las dificultades objetivas de viajar en aquellos tiempos. El Congreso se centró en dos puntos focales: el sufragio femenino y el uso del arbitraje neutral para resolver disputas internacionales. Aletta y Jane llamaron a las puertas de todos los Jefes de Estado y ministros europeos para proponer la constitución de una comisión de expertos con el objetivo primordial de poner fin a la Primera Guerra Mundial, no por armisticio sino por mutuo acuerdo. La historia nos ha demostrado cómo esta sabia solicitud no fue atendida. Aletta Jacobs nació en la pequeña localidad de Sappemer, al norte de los Países Bajos, el 9 de febrero de 1854, en el seno de una familia judía, y fue la octava de once entre hijos e hijas. Asistió a la escuela del pueblo hasta los trece años y todo seguido se le impuso que aprendiera el arte de coser y que empezara a trabajar como aprendiz de costurera. Ella obedeció, pero al cabo de pocos días se negó rotundamente, afirmando que no quería asistir a una "escuela para señoritas" sino que quería seguir estudiando como sus compañeros varones. Si bien a regañadientes, sus padres aceptaron que siguiera estudiando, pero estrictamente en casa. Su madre le enseñó francés y alemán y su padre latín y griego. Fue precisamente la profesión médica de su padre la que jugó un papel muy importante en su interés por la medicina. Su carácter independiente le causó muchas molestias incluso en la vida cotidiana: a saber, se la consideraba escandalosa porque le encantaba patinar y esta era una actividad considerada inadecuada para una mujer ya que le permitía moverse sola por la ciudad. Un día fue acosada por un hombre, logró escapar e inmediatamente pidió ayuda al primer policía que encontró: la liquidaron con la advertencia de que se quedara en casa para evitar semejantes inconvenientes.

En 1870 obtuvo un diploma en Farmacia y luego, contra la opinión de todas y todos, se matriculó en la Universidad de Groningen, obviamente en la Facultad de Medicina, desafiando las convenciones sociales de la época. Continuó su carrera universitaria hasta que, en 1878, se graduó con una tesis Sobre la localización de apariciones fisiológicas y patológicas del cerebro. No fue fácil porque todo el contexto universitario se mostró hostil con ella por ser mujer, pero Aletta se convirtió en una "mujer récord": de hecho, fue la primera holandesa en graduarse en medicina. Trabajó en varios hospitales de Londres, donde conoció a otra primera mujer: Elizabeth Garrett Anderson, la primera médica de Inglaterra. Tras muchos sacrificios, consiguió abrir su propia clínica médica donde empezó a atender a las mujeres pobres y necesitadas de Ámsterdam, a las trabajadoras y, sobre todo, a las prostitutas. El contacto con las prostitutas la llevó a conocer y estudiar las enfermedades de transmisión sexual y, al mismo tiempo, desarrolló una feroz aversión contra esa actividad, que calificó de vergüenza legalizada. Cuando sus colegas médicos argumentaban que las prostitutas eran necesarias para la "salud física de los hombres", ella se apresuraba a replicar rápidamente que entonces debían destinar a sus hijas a esta profesión por su noble papel de guardianas de la salud masculina. Aletta se encargó del problema del control de la natalidad distribuyendo el "mensinga pessary", una especie de diafragma para evitar los embarazos no deseados. Por supuesto, la acusaron de interferir en los "planes de Dios" y fomentar el sexo fuera del matrimonio, pero no le importó. En 1903 abandonó la profesión médica para dedicarse a la causa del derecho al voto de las mujeres, convirtiéndose en presidenta de la Asociación Sufragista Holandesa. Fue una de las fundadoras de la Liga Internacional de Mujeres por la Paz y la Libertad y una de las organizadoras del Congreso Internacional de 1915.

Entre sus publicaciones cabe destacar un texto que describe por primera vez la anatomía y el aparato reproductor femenino con tablas explicativas y otro que aborda la cuestión de la independencia económica de la mujer y la planificación familiar. También luchó contra el acoso y el abuso sexual que sufrían las trabajadoras en sus lugares de trabajo. Con muchísima paciencia, durante toda su vida recopiló libros, folletos y periódicos sobre el movimiento feminista, colección que se sigue considerando la más rica e interesante acerca de este tema. Casi la podemos ver recopilar y ensamblar con mimo y amor todo ese material que representó, paso a paso, el camino de la emancipación de la mujer: la lucha de toda su existencia. Murió en Baarn, en la provincia de Utrecht, el 10 de agosto de 1929, cuando las mujeres de los Países Bajos ya tenían derecho al voto desde hacía diez años. El asteroide 69231 lleva su nombre y una placa colocada en la casa donde vivía en Ámsterdam la recuerda. En la actualidad, en los Países Bajos, la Universidad de Groningen otorga el Premio Aletta Jacobs cada dos años a una mujer contemporánea que haya realizado importantes esfuerzos por la emancipación de las mujeres. «Estoy segura de que no vivimos en vano. Hemos conseguido nuestra tarea y podemos marcharnos de este mundo con la certeza de que lo dejamos mejor de como lo encontramos».