Ester Børgesen Boserup
Valeria Pilone



Alessia Tzimas

 

L’economia è una disciplina che subisce da sempre lo stesso destino delle discipline STEM, ovvero essere considerata una materia a esclusivo appannaggio degli uomini. Sono tante, invece, le economiste che hanno dato importanti contributi alle teorie dello sviluppo economico. Tra queste ricordiamo il nome di Ester Børgesen, nata nel 1910 a Copenaghen, figlia unica di un ingegnere danese che morì quando lei aveva appena due anni, lasciando la famiglia in difficoltà economiche. Ester fortunatamente aveva una madre che la incoraggiava allo studio, unico ascensore sociale in quegli anni per una ragazza di umili condizioni come lei. Così, nel 1935 aveva conseguito la laurea in Economia teorica e aveva poi lavorato come responsabile dell’ufficio di programmazione del Governo danese durante l’occupazione nazista nella Seconda guerra mondiale, concentrandosi, tra le altre cose, sul commercio. Si era sposata a ventuno anni con il coetaneo Mogens Boserup, la cui famiglia benestante li aveva aiutati nei primi anni del matrimonio, coincidenti con l'ultima fase di studio di Ester all’università. Dal matrimonio erano nati una figlia e due figli. Trasferitisi a Ginevra, nel 1957 lei e il marito avevano fatto un’esperienza di lavoro per un progetto di ricerca in India. Aveva poi lavorato tra Copenaghen e Ginevra fino alla morte del marito nel 1980. Lei morirà a Ginevra il 24 settembre di 19 anni dopo. Il ruolo e la presenza delle donne in ambiti economici e tecnologici è veramente importante per una lettura globale e maggiormente inclusiva delle dinamiche che regolano le nostre società complesse. Ester Boserup si inserisce pienamente in questa storia di contributi dal mondo delle donne, in passato il più delle volte ignorati, ma oggi più che mai necessari, perché presentano una visione del mondo alternativa a quella machista e secolarizzata, il cui fallimento è sotto gli occhi di tutti, perché esclude da sempre il mondo e la sensibilità femminile, le sue esigenze e le attenzioni in termini di cura che solo le donne hanno saputo affinare in ogni ambito di studio, di ricerca e di azione per il cambiamento di paradigmi economici e culturali ormai stantii.

 

Boserup aveva indagato un aspetto dell’economia molto interessante in termini di parità di genere, ovvero la distribuzione ed i ruoli all’interno della famiglia e l’integrazione del lavoro produttivo e riproduttivo delle donne, in modo particolare nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo. Le donne del Sud del mondo, infatti, erano sempre state studiate e indagate da un punto di vista prettamente antropologico, in relazione all’ambiente, al matrimonio, ai rapporti familiari e ai ruoli sessuali. I ruoli produttivi femminili e la loro importanza in termini economici, sociali e politici nelle società pre-coloniali e post-coloniali non erano quasi per nulla presi in considerazione. Ester Boserup è stata la prima economista a mettere in luce l’importanza del ruolo attivo e non passivo svolto dalle donne nei processi di sviluppo, ma non solo: l’economista ha analizzato anche in che modo i processi di modernizzazione abbiano influito sulla posizione subordinata delle donne in molte società. Nel 1970 Ester pubblicò il suo saggio Woman’s role in economic development, che influenzò enormemente il dibattito sul ruolo femminile nel mercato del lavoro e nello sviluppo, e sulla possibilità di migliori opportunità educative e lavorative per le donne, dando vita successivamente al programma Wid (Women in Development) delle Nazioni Unite. L’economista partiva da un confronto tra due tipologie di sistemi agricoli: la coltivazione intensiva, basata sull’uso dell’aratro, e la coltivazione a rotazione, e osservava che il ruolo della donna in società agricole tradizionali cambiava notevolmente in base al tipo di regime agricolo prevalente. Boserup descrive, in un'ottica di genere in ambito economico sorprendentemente pionieristica, come nei Paesi in via di sviluppo si è passati da un sistema di produzione agricolo in cui le donne si autogestivano ed erano economicamente indipendenti, ad un sistema europeo in cui diventano dipendenti dai coniugi, perdendo autodeterminazione e retribuzione. La responsabilità di questa subalternità in cui sono state relegate è attribuita dunque ai colonizzatori europei, artefici del degrado della condizione femminile nei settori agricoli dei Paesi in via di sviluppo, poiché hanno via via trascurato il ruolo della forza lavoro femminile e incentivato intensivamente la produttività del lavoro maschile. In Uganda, per esempio, nelle zone in cui le donne coltivavano il cotone, i coloni europei imposero lavoratori uomini: così, nel giro di un decennio, la maggior parte degli uomini coltivava cotone e caffè, importando lavoro da altre tribù, e anche laddove il cotone era ancora coltivato dalle donne, gli europei insegnavano i nuovi metodi agricoli solo agli uomini, emarginando le lavoratrici potenziali. Anche lo storico francese Fernand Braudel (Memorie del Mediterraneo, 1998) aveva scritto riguardo alla Mesopotamia preistorica che le donne si occupavano tout court dei campi, dalla piantagione alla raccolta, ma nel momento in cui gli uomini avevano introdotto l’uso dell’aratro si erano riservati pure il diritto di usarlo: da questo era derivata la dominazione dell’uomo nella società. La coltivazione con l'aratro, infatti, richiede forza muscolare non indifferente per controllarlo o per controllare l’animale che lo traina: questo, unitamente al fatto che la coltivazione a rotazione era maggiormente compatibile con il ruolo di cura della prole, ha comportato che gli uomini soppiantassero le donne nel momento in cui tale pratica agricola è divenuta prevalente e permanente.

 

 

Le tesi di Ester sono riprese quasi vent’anni dopo dalla filosofa statunitense, di origine bengalese, Gayatri Chakravorty Spivak, che nel suo saggio del 1988 intitolato Can the subaltern speak, spiega che se il soggetto subalterno è cancellato dalla storia coloniale, la traccia della differenza sessuale è cancellata doppiamente. Se nell’ambito del colonialismo il subalterno non ha storia e non può parlare, la subalterna in quanto donna è ancora più profondamente posta nell’ombra. Spivak si chiede, dunque, se la donna subalterna possa parlare ed essere ascoltata, o se deve subire sempre da parte di qualcun altro la narrazione distorta di sé (oggi diremmo che è costretta a subire un costante mansplaining). Ester Boserup ha dunque mostrato che anche una scienza tecnica come l’economia può essere al servizio della lotta contro le disparità e le disuguaglianze, tracciando il sentiero per un miglioramento collettivo delle nostre società. Questa economista “non allineata” (come l’ha definita la toponomasta e collega prof.ssa Sara Marsico) non ha mai accettato la matematizzazione dell’economia, in quanto la sua visione prospettava un futuro in crescita, soprattutto grazie alle maggiori opportunità di istruzione per le donne, volano necessario dello sviluppo e dell’innovazione. Da donna a cui fu detto sin da piccola di dover studiare e rimboccarsi le maniche per sperare di conquistare e occupare il suo posto nel mondo, Ester non si è mai piegata alla crescente sterilità tecnica delle discipline economiche, privilegiando nelle sue ricerche i temi legati allo sviluppo e ai diritti civili, in modo particolare la distribuzione della ricchezza e del potere tra persone, generi e società in modo egualitario. Un grande esempio, una via maestra che auspicabilmente andrebbe percorsa in tempi di ricostruzione, Recovery Plan e Next Generation Eu, programmazioni troppo economiche e poco sociali, che ci sembrano ancora ben lontane dagli obiettivi di vera parità ed uguaglianza tra popoli e persone.

 

Per ulteriori approfondimenti:

https://vitaminevaganti.com/2019/09/21/ester-borgesen-boserup-uneconomista-non-allineata/

https://www.ingenere.it/articoli/pioniere-ester-boserup-ruolo-donne-agricoltura

https://www.clio92.org/2021/03/04/genere-sviluppo-malsviluppo/

https://jan.ucc.nau.edu/~sj6/Spivak%20CanTheSubalternSpeak.pdf

https://www.affaritaliani.it/costume/disuguaglianza-di-genere-aratro-in-agricoltura-origine-del-sessimo-700899.html

 

Traduzione francese
Piera Negri

 

L'économie est une discipline qui a toujours subi le même sort que les disciplines STEM, c'est-à-dire être considérée comme une matière exclusivement réservée aux hommes. D'autre part, de nombreuses économistes ont apporté d'importantes contributions aux théories du développement économique. Parmi celles-ci, on retiendra le nom d'Ester Børgesen, née en 1910 à Copenhague, fille unique d'un ingénieur danois décédé alors qu'elle n'avait que deux ans, laissant sa famille dans des difficultés financières. Heureusement, Ester avait une mère qui l'a encouragée à étudier, le seul ascenseur social de ces années-là pour une fille aux conditions humbles comme elle. Ainsi, en 1935, elle obtient son diplôme en Economie théorique, puis travaille comme chef du bureau de programmation du Gouvernement danois pendant l'occupation nazie de la Seconde Guerre mondiale, se concentrant, entre autres choses, sur le commerce. Elle s'est mariée à l'âge de vingt et un ans avec un garçon de son même âge Mogens Boserup, dont la riche famille les avait aidés dans les premières années de leur mariage, coïncidant avec la dernière phase d'études d'Ester à l'université. Une fille et deux fils sont nés du mariage. Après avoir déménagé à Genève, en 1957, Ester et son mari avaient eu une expérience de travail pour un projet de recherche en Inde. Elle a ensuite travaillé entre Copenhague et Genève jusqu'à la mort de son mari en 1980. Elle mourra à Genève le 24 septembre,19 ans plus tard. Le rôle et la présence des femmes dans les domaines économiques et technologiques est véritablement important pour une lecture globale et plus inclusive des dynamiques qui régissent nos sociétés complexes. Ester Boserup s’inscrit pleinement dans cette histoire des contributions du monde des femmes, dans le passé le plus souvent ignorées, mais aujourd’hui plus que jamais nécessaires, car elles présentent une vision du monde alternative à celle machiste et sécularisée, dont l’échec est sous les yeux de tous, car il exclut depuis toujours le monde et la sensibilité féminine, ses exigences et les attentions en termes de soins que seules les femmes ont su affiner dans tous les domaines d’études, de recherche et d’action pour le changement des paradigmes économiques et culturels depassés.

 

 

Boserup avait étudié un aspect très intéressant de l'économie en termes d'égalité des genres, à savoir la répartition et les rôles au sein de la famille et l'intégration du travail productif et reproductif des femmes, en particulier dans les Pays dits du Tiers Monde. En effet, les femmes du Sud ont toujours été étudiées et investiguées d'un point de vue purement anthropologique, en relation avec l'environnement, le mariage, les relations familiales et les rôles sexuels. Le rôle productif des femmes et leur importance en termes économiques, sociaux et politiques dans les sociétés précoloniales et postcoloniales n'étaient guère pris en considération. Ester Boserup a été la première économiste à souligner l'importance du rôle actif et non passif joué par les femmes dans les processus de développement, mais pas seulement : l'économiste a également analysé comment les processus de modernisation ont influencé la position subordonnée des femmes dans nombreuses sociétés. En 1970, Ester a publié son essai Le rôle de la femme dans le développement économique, qui a grandement influencé le débat sur le rôle des femmes sur le marché du travail et dans le développement, et sur la possibilité de meilleures opportunités d'éducation et de travail pour les femmes, donnant ensuite vie au Wid ( Women In Development) des Nations Unies. L'économiste partait d'une comparaison entre deux types de systèmes agricoles : la culture intensive, basée sur l'utilisation de la charrue, et la culture en rotation, et a observé que le rôle des femmes dans les sociétés agricoles traditionnelles changeait considérablement selon le type de régime agricole en vigueur. Boserup décrit, à partir d'une perspective de genre étonnamment pionnière dans la sphère économique, comment dans les pays en développement on est passé d'un système de production agricole dans lequel les femmes s'autogéraient et étaient économiquement indépendantes, à un système européen dans lequel elles devenaient dépendantes de ses époux, perdant autodétermination et rémunération. La responsabilité de cette subordination à laquelle elles ont été reléguées est donc attribuée aux colonisateurs européens, responsables de la dégradation de la condition des femmes dans les secteurs agricoles des pays en développement, puisqu'ils ont progressivement négligé le rôle de la main-d'œuvre féminine et encouragé intensivement la productivité du travail masculin. En Ouganda, par exemple, dans les régions où les femmes cultivaient le coton, les colons européens ont imposé des travailleurs masculins : ainsi, dans une décennie, la plupart des hommes cultivaient le coton et le café, importaient du travail d'autres tribus, et même là où le coton était encore cultivé par les femmes, les Européens n’enseignèrent les nouvelles méthodes agricoles qu'aux hommes, marginalisant les travailleuses potentielles. Même l'historien français Fernand Braudel (Mémoires de la Méditerranée, 1998) avait écrit sur la Mésopotamie préhistorique que les femmes s'occupaient des champs tout court, de la plantation à la récolte, mais quand les hommes avaient introduit l'usage de la charrue ils s’étaient réservée aussi le droit de l'utiliser : de là découlait la domination de l'homme dans la société. La culture avec la charrue, en effet, demande une force musculaire considérable pour la contrôler ou pour contrôler l'animal qui la tire : cela, ajouté au fait que la rotation de la culture était plus compatible avec le rôle de soin de la progéniture, a fait que les hommes ont supplanté les femmes lorsque cette pratique agricole est devenue courante et permanente.

 

 

Les thèses d'Esther ont été reprises près de vingt ans plus tard par le philosophe américain, d'origine bengali, Gayatri Chakravorty Spivak, qui dans son essai de 1988 intitulé Can the subaltern speak explique que si le sujet subordonné est effacé de l'histoire coloniale, la trace de la différence sexuelle est doublement annulée. Si dans le contexte du colonialisme le subordonné n'a pas d'histoire et ne peut pas parler, le subordonné en tant que femme est encore plus profondément placé dans l'ombre. Spivak se demande donc si la femme subordonnée peut parler et être entendue, ou si elle doit toujours souffrir de la narration déformée d'elle-même par quelqu'un d'autre (on dirait aujourd'hui qu'elle est forcée de subir un constant mansplaining). Ester Boserup a ainsi montré que même une science technique comme l'économie peut être au service de la lutte contre les disparités et les inégalités, traçant la voie d'une amélioration collective de nos sociétés. Cette économiste "non alignée" (comme l’experte de Toponomastique et collègue Prof. Sara Marsico) n'a jamais accepté la mathématisation de l'économie, tant sa vision prévoyait un avenir grandissant, surtout grâce à de plus grandes opportunités d'éducation pour les femmes, volant nécessaire au développement et innovation. Femme à qui on a dit dès son plus jeune âge qu'elle devait étudier et se retrousser les manches pour espérer conquérir et occuper sa place dans le monde, Ester n'a jamais cédé à la stérilité technique croissante des disciplines économiques, privilégiant dans ses problématiques de recherche liés au développement et aux droits civils, en particulier la répartition des richesses et du pouvoir entre les personnes, les sexes et la société de manière égalitaire. Un bel exemple, une grande route qui, espérons-le, devrait être suivie en périodes de reconstruction, Recovery Plan e Next Generation Eu, des programmations trop économiques et peu sociales, qui semblent encore loin des objectifs de véritable parité et égalité entre les peuples et les gens.

 

pour de plus amples informations:

https://vitaminevaganti.com/2019/09/21/ester-borgesen-boserup-uneconomista-non-allineata/

https://www.ingenere.it/articoli/pioniere-ester-boserup-ruolo-donne-agricoltura

https://www.clio92.org/2021/03/04/genere-sviluppo-malsviluppo/

https://jan.ucc.nau.edu/~sj6/Spivak%20CanTheSubalternSpeak.pdf

https://www.affaritaliani.it/costume/disuguaglianza-di-genere-aratro-in-agricoltura-origine-del-sessimo-700899.html

 

Traduzione inglese
Syd Stapleton

 

Economics is a discipline that has always suffered the same fate as the STEM disciplines, that is, being considered a subject exclusively reserved for men. On the other hand, there are many female economists who have made important contributions to the theories of economic development. Among these we remember the name of Ester Børgesen, born in 1910 in Copenhagen, the only daughter of a Danish engineer who died when she was just two years old, leaving her family in financial difficulties. Fortunately, Ester had a mother who encouraged her to study, education being the only social elevator in those years for a girl of humble conditions like her. Thus, in 1935 she graduated in theoretical economics and then worked as the head of the Danish government's programming office during the Nazi occupation in World War II, focusing, among other things, on trade. She was married at the age of twenty-one to a man of the same age, Mogens Boserup, whose wealthy family helped them in the first years of their marriage, coinciding with Ester's last phase of study at university. A daughter and two sons were born of the marriage. Having moved to Geneva, in 1957 she and her husband had a work experience together through a research project in India. She then worked between Copenhagen and Geneva until her husband died in 1980. She died 19 years later, in Geneva, on September 24, 1999. The role and presence of women in economic and technological fields is truly important for a global and more inclusive reading of the dynamics that govern our complex societies. Ester Boserup fits fully into this story of contributions from the world of women, in the past more often than not ignored, but today more than ever necessary, because they present an alternative worldview to the macho and secularized one, whose failure is plain for all to see, because it has always excluded the world and sensitivity of women, needs and attentions in terms of care that only women have been able to refine in every field of study, research and action for the change of economic and cultural paradigms that are now stale.

 

 

Boserup had investigated a very interesting aspect of the economy in terms of gender equality, namely the distribution and roles within the family and the integration of women's productive and reproductive work, especially in the so-called Third World countries. In fact, the women of the southern hemisphere had always been studied and investigated from a purely anthropological point of view, in relation to the environment, marriage, family relationships and gender roles. The productive roles of women and their importance in economic, social and political terms in pre-colonial and post-colonial societies were hardly taken into consideration. Ester Boserup was the first economist to highlight the importance of the active and not passive role played by women in development processes. But not only that - the economist also analyzed how modernization processes have influenced the subordinate position of women in many societies. In 1970 Ester published her essay Woman's Role in Economic Development, which greatly influenced the debate on the role of women in the labor market and development, and on the possibility of better educational and work opportunities for women, subsequently giving life to the WID (Women in Development) of the United Nations. The economist started from a comparison between two types of agricultural systems: intensive cultivation, based on the use of the plow, and rotation cultivation, and observed that the role of women in traditional agricultural societies changed considerably according to the type of prevailing agricultural regime. Boserup describes, from a surprisingly pioneering gender perspective in the economic sphere, how in developing countries there has been a shift from an agricultural production system in which women self-managed and were economically independent, to a European system in which they become dependent on spouses, losing self-determination and remuneration. The responsibility for this subordination to which they have been relegated is therefore attributed to the European colonizers, architects of the degradation of the female condition in the agricultural sectors of developing countries, since they have neglected the role of the female workforce and intensively encouraged the productivity of male work. In Uganda, for example, in areas where women grew cotton, European settlers imposed male workers: thus, within a decade, mostly men were growing cotton and coffee, importing workers from other tribes, and even where cotton was still grown by women, Europeans taught the new agricultural methods only to men, marginalizing potential female workers. Even the French historian Fernand Braudel (Memories of the Mediterranean, 1998) had written that in prehistoric Mesopotamia women took care of the fields tout court, from planting to harvesting, but when men had introduced the use of the plow, they reserved the right to themselves. From this came the domination of men in society. Cultivation with the plow, in fact, requires considerable muscular strength to control it or to control the animal that pulls it. This, together with the fact that the rotation cultivation was more compatible with the role of care for the offspring, meant that men supplanted women when this agricultural practice became prevalent and permanent.

 

 

Esther's theses were taken up almost twenty years later by the American philosopher, of Bengali origin, Gayatri Chakravorty Spivak, who in her 1988 essay entitled Can the Subaltern Speak, explains that if the subordinate subject is erased from colonial history, the traces of the gender differences are doubly canceled. If in the context of colonialism the subordinate has no history and cannot speak, the subordinate, as a woman, is even more deeply placed in the shadows. Spivak wonders, therefore, if the subordinate woman can speak and be heard, or if she must always suffer from someone else's distorted narration of her story (today we would say that she is forced to undergo constant mansplaining). Ester Boserup therefore showed that even a technical science such as economics can be at the service of the fight against disparities and inequalities, tracing the path for a collective improvement of our societies. This "non-aligned" economist (as the toponymast and colleague Prof. Sara Marsico defined her) has never accepted the mathematization of the economy, as her vision promised a growing future, especially thanks to greater educational opportunities for women, seeing them as a necessary driver of development and innovation. As a woman who was told from an early age that she had to study and roll up her sleeves to hope to conquer and occupy her place in the world, Ester never yielded to the growing technical sterility of economic disciplines, favoring in her research issues related to development and civil rights, especially the distribution of wealth and power between people, genders and society in an egalitarian way. A great example, a high road that hopefully should be followed in times of reconstruction, Recovery Plan and Next Generation Eu, too economic and not very social programs, which still seem far from the objectives of true parity and equality between peoples and persons.

 

For further information:

https://vitaminevaganti.com/2019/09/21/ester-borgesen-boserup-uneconomista-non-allineata/

https://www.ingenere.it/articoli/pioniere-ester-boserup-ruolo-donne-agricoltura

https://www.clio92.org/2021/03/04/genere-sviluppo-malsviluppo/

https://jan.ucc.nau.edu/~sj6/Spivak%20CanTheSubalternSpeak.pdf

https://www.affaritaliani.it/costume/disuguaglianza-di-genere-aratro-in-agricoltura-origine-del-sessimo-700899.html

 

Traduzione spagnola
Syd Federica Agosta

 

La economía es una disciplina que sufre, desde siempre, la misma suerte que las disciplinas STEM, es decir ser considerada una materia exclusivamente masculina. Sin embargo, muchas son las economistas que han aportado contribuciones significativas con respecto a las teorías del desarrollo económico. Entre ellas cabe recordar el nombre de Ester Børgesen, nacida en 1910 en Copenaghe, hija única de un ingeniero danés, cuya muerte, ocurrida casi a los dos años de Ester, había dejado a su familia en dificultades económicas. Afortunadamente, Ester tenía una madre que la animaba al estudio, el único ascensor social de la época para una joven de humildes condiciones como ella. De este modo, en 1935, Ester había logrado licenciarse en Economía teórica y luego empezado a trabajar como responsablede la oficina de programación del Gobierno Danés durante la ocupación nazi en la Segunda Guerra Mundial, centrándose, entre otras cosas, en el comercio. A los veintiuno se había casado con su coetáneo Mogens Boserup, cuya acomodada familia les había ayudado durante los primeros años del matrimonio, coincidentes con la última etapa de estudio de Ester en la universidad. Del matrimonio nacieron una hija y dos hijos. Tras desplazarse a Ginebra, en 1957 Ester y su marido tuvieron una experiencia laboral para un proyecto de investigación en la India. Luego, Ester trabajó entre Copenaghe y Ginebra hasta la muerte de su marido en 1980. Diecinueve años después, ella muere en Ginebra el 24 de septiembre. El papel y la presencia de las mujeres en los ámbitos económicos y tecnológicos es verdaderamente importante para una lectura global y mayormente inclusiva de las dinámicas que regulan nuestras complejas sociedades. Ester Boserup se inscribe perfectamente en esta historia de contribuciones desde el mundo de las mujeres, casi siempre ignoradas en el pasado, pero hoy más necesarias que nunca, dado que presentan una visión del mundo alternativa a la machista y secularizada, visión cuyo fracaso está a la vista de todo el mundo, porque excluye desde siempre el mundo y la sensibilidad femeninas, su exigencias y atenciones en términos de cuidado, cuidado que solamente las mujeres han logrado aguzar en cada ámbito de estudio, investigación y acción para el cambio de los paradigmas económicos y culturales ya anticuados.

 

 

Boserup había indagado un aspecto de la economía muy interesante con respecto a la igualdad de género, es decir la distribución y los roles dentro de la familia y la integración del trabajo productivo y reproductivo de las mujeres, en particular en los países tercermundistas. Las mujeres del Sur del mundo, en efecto, siempre habían sido indagadas y estudiadas desde un punto de vista estrictamente antropológico, en relación con el ambiente, el matrimonio, los lazos familiares y los roles sexuales. Los papeles productivos femeninos y su relevancia en términos económicos, sociales y políticos en las sociedades pre y poscoloniales apenas se tomaban en cuenta. Ester Boserup fue la primera economista en poner de manifiesto la importancia del rol activo y no pasivo llevado a cabo por las mujeres en los procesos de desarrollo, pero no solo: esta economista también examinó la influencia de los procesos de modernización en la posición de subordinación de las mujeres en muchas sociedades. En 1970 Ester publicó su ensayo Woman’s role in economic development, ensayo que animó enormemente el debate acerca del rol femenino en el mercado del trabajo y en el desarrollo, y sobre la posibilidad de mejores oportunidades educativas y laborales para las mujeres, dando lugar, posteriormente, al programa Wid (Women in Development) de las Naciones Unidas. La economista se basaba en una comparación entre dos tipologías de sistemas de cultivo: el cultivo intensivo, basado en el empleo del arado, y el de rotación, y observaba que el papel de la mujer en las sociedades agrícolas tradicionales cambiaba considerablemente en función del régimen agrícola prevalente. Boserup describe, en una óptica de género de ámbito económico increíblemente pionera, el paso, en los países en vías de desarrollo, de un sistema de producción agrícola en el cual las mujeres se autogestionaban y eran económicamente independientes a un sistema europeo en el cual las mujeres se volvían dependientes de sus cónyuges, perdiendo así autodeterminación y retribución. La responsabilidad de dicha subalternidad en la cual las mujeres quedaron relegadas se atribuye, por lo tanto, a los colonizadores europeos, artífices de la degradación de la condición femenina en los sectores agrícolas de los países en vías de desarrollo, dado que ignoraban gradualmente el rol de la fuerza viva femenina incentivado intensivamente la productividad del trabajo masculino. En Uganda, por ejemplo, en las zonas donde las mujeres cultivaban el algodón, los colonizadores europeos impusieron trabajadores masculinos: de esta forma, en una década, la mayor parte de los hombres cultivaba algodón y café, importando fuerza viva de otras tribus, e incluso donde eran las mujeres quienes cultivaban el algodón, los europeos solamente enseñaban los nuevos métodos agrícolas a los hombres, marginando, así, a las potenciales trabajadoras. El historiador francés Fernand Braudel (Memorie del Mediterraneo, 1998) también había escrito, acerca de la Mesopotamia prehistórica, que las mujeres se ocupaban tout court de los campos, desde la plantación hasta la cosecha pero, en el momento en que los hombres habían introducido el empleo del arado, se reservaron también su derecho de uso: a eso se debía la dominacióm del hombre en la sociedad. El cultivo con el arado, en efecto, requiere una fuerza muscular no indiferente para su control, o para el control del animal de tiro: esto último junto al hecho de que la rotación de cultivo resultaba mayormente compatible con el papel de cuidadora de la prole, significó el reemplazo de las mujeres por los hombres en el momento en que dicha práctica agrícola se volvió prevalente y permamente.

 

Las tesis de Ester fueron retomadas casi veinte años más tarde por la filósofa estadounidense, de origen bengalí, Gayatri Chakravorty Spivak, que en su ensayo de 1998, titulado Can the subaltern speak, explica que si el sujeto subalterno se ve borrado por la historia colonial, la huella de diferencia sexual se ve borrada dos veces. Si en el ámbito del colonialismo el subalterno no tiene historia y no puede hablar, la subalterna, en cuanto mujer aún se encuentra más escondida. Spivak se pregunta si la mujer subalterna puede hablar y ser escuchada, o si tiene que sufrir, siempre por parte de alguién más, la narración deforme y deformante de sí misma (hoy en día diríamos que se ve obligada a sufrir un constante mansplaining). Ester Boserup, por lo tanto, ha demostrado que también una ciencia técnica como la economía puede estar al servicio de la lucha contro las disparidades y desigualdades, marcando así el rumbo para una mejora colectiva de nuestras sociedades. Esta economista “no alineada” (definida así por la experta de toponimia y colega, la Profesora Sara Marsico), nunca aceptó la matematización de la economía, dado que su visión planteaba un futuro en desarrollo, sobre todo gracias a las mayores oportunidades de instrucción para las mujeres, motor necesario del desarrollo y de la innovación. En cuanto a mujer a la cual desde pequeña le habían dicho que tenía que estudiar y remangarse con la esperanza de conquistar y ocupar su lugar en el mundo, Ester nunca se dobló frente a la creciente esterilidad técnica de las disciplinas económicas, privilegiando, en sus investigaciones, asuntos en relación con el desarrollo y los derechos civiles, en particular la distribución de la riqueza y el poder entre personas, géneros y sociedad de manera igualitaria. Un gran ejemplo, una vía maestra que, con suerte, tendría que ser recorrida, en tiempos de reconstrucción, Recovery Plan y Next Generation Eu, programaciones demasiado económicas y poco sociales, que nos parecen aún lejos de los objetivos de una verdadera paridad e igualdad entre poblaciones y personas.

 

Para mayores profundizaciones:

https://www.ingenere.it/articoli/pioniere-ester-boserup-ruolo-donne-agricoltura

https://www.clio92.org/2021/03/04/genere-sviluppo-malsviluppo/

https://jan.ucc.nau.edu/~sj6/Spivak%20CanTheSubalternSpeak.pdf

https://www.affaritaliani.it/costume/disuguaglianza-di-genere-aratro-in-agricoltura-origine-del-sessimo-700899.html