Charlotte Perriand
Donatella Caione



Rita Mota

 

Architetta, pioniera della modernità e della sostenibilità, innovatrice degli spazi urbani, personalità di spicco nel design del XX secolo, Charlotte Perriand è nata a Parigi, figlia di due sarti savoiardi con atelier in Place du Marché Saint-Honoré, il 24 ottobre 1903 ed a Parigi è morta il 27 ottobre 1999. Charlotte infatti ha vissuto pienamente i grandi eventi dello scorso secolo e ha partecipato in prima persona alla rivoluzione del design e dell'architettura d'interni immaginando un nuovo modo di vivere la quotidianità all'interno della quale anche la donna avesse un nuovo ruolo. Pur essendo stata una persona libera ha pagato però il costo di essere donna in un ambito ed in un tempo in cui le donne avevano poco spazio e soprattutto poca visibilità. L'aver promosso un profondo rinnovamento dei valori estetici e aver dato vita a una sensibilità moderna dell'esistenza quotidiana a partire dagli spazi dell’architettura d’interni da lei concepiti come motore di un nuovo modo di abitare la rendono perfetta per rappresentare su Calendaria 2022 l'obiettivo 11 dell'Agenda 2030: città e comunità sostenibili. Per lei sicuramente i mobili dovevano avere un ruolo estetico dato dalla loro semplicità: contenere poco più del necessario per adempiere al loro scopo, ma al contempo riuscire ad evocare la profondità della funzione sociale per la quale erano stati creati, pur avendo una loro utilità. Sosteneva che i designer fossero degli artisti e fu tra i primi promotori della loro responsabilità di far progredire la cultura, anticipando l’inevitabile necessità di cambiamento.

Charlotte Perriand si diploma all’École de l'Union Centrale des Arts Décoratifs di Parigi nel 1925 e in quello stesso anno presenta una prima collezione di oggetti e arredi all’Esposizione parigina di Arti Decorative. Nel 1927 entra nello studio di Le Corbusier dove si occupa della ricerca e dello sviluppo sugli interni. Con il famoso architetto e con Pierre Jeanneret condivide la visione dell’arredo come parte di un sistema che sfrutta le grandi potenzialità di nuovi materiali e tecniche di lavorazione e produzione in serie. Tale collaborazione è perfettamente rappresentata dai pezzi realizzati per il Salon d’Automne del 1929, tra cui spiccano la celebre chaise-longue basculante, la sedia a schienale basculante e la poltrona grand comfort, tutte con struttura in tubolare d’acciaio inossidabile. La loro collaborazione intensiva durerà fino al 1937. Nel frattempo comincia a viaggiare e ad allargare i suoi orizzonti. Il primo viaggio importante è a Mosca ma è la permanenza in Giappone, per alcuni anni, oltre che in Vietnam, che è determinante nello sviluppo della sua creatività. Partita per l'Asia per tenere un seminario sul nuovo design mentre la Germania stava invadendo la Francia, vi ebbe occasione di realizzare prototipi con un gruppo di studenti e, successivamente, un'importante esposizione. Dopo l'entrata in guerra del Giappone con gli Stati Uniti, vi rimase bloccata ma con avventurose vicende, raccontate nella sua autobiografia, riuscì a sopravvivere al catastrofico conflitto e ritornò in Francia nel 1946, con il secondo marito Jacques Martin (il primo era stato Percy Scholefield, un inglese flemmatico e più vecchio di lei, mercante di tessuti e amico dei genitori, da lei sposato giovanissima per uscire di casa ed essere libera) e la figlia Pernette avuta in quegli anni (che porta il cognome della madre).

La cultura e la produzione artigianale giapponese influenzarono moltissimo il suo lavoro soprattutto attraverso l'uso dei materiali tradizionali quali bambù, legno, lacca, ceramica, ferro che unì ad altri materiali che aveva cominciato ad apprezzare ed utilizzare in Francia: acciaio, alluminio, vetro. Negli anni Cinquanta torna a lavorare con Le Corbusier per progettare gli interni dell’Unité d’Habitation di Marsiglia; qui introdusse una cucina integrata nel soggiorno, separata solo da un alto bancone, che, come scrisse nell'autobiografia, era rivoluzionaria perché «permetteva alla padrona di casa di stare con la famiglia e gli amici mentre cucinava. Sono finiti i tempi in cui una donna era completamente isolata come una schiava all'estremità settentrionale di un corridoio». Con altri due grandi nomi per gli arredi progetta due edifici presso la Cité Universitaire di Parigi: la Maison du Brésil, con Lucio Costa, e la Maison de la Tunisie, con Jean Prouvé. Riceve molteplici commesse, private e pubbliche, tra cui gli uffici di Air France nel mondo, le residenze diplomatiche franco-nipponiche, la riprogettazione degli interni del Palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra nel 1961. Il suo amore per la montagna si riflette nelle residenze turistiche da lei progettate in Alta Savoia. Una delle sue ultime opere è la Maison du Thé realizzata nel 1993 all’interno del Festival Culturale del Giappone organizzato a Parigi dall’Unesco. Nella parte finale della vita rallentò l'attività ma mantenne sempre aperto il suo atelier. Ricevette molteplici onorificenze e le furono dedicate diverse mostre retrospettive, fino all'età di 96 anni.

Ma nonostante il contributo che ha dato al design moderno sia stato enorme, non si può non riflettere sul fatto che in quanto donna sia stata in qualche modo relegata al design d'interni, proprio da Le Corbusier. L'architetto infatti, seppure immediatamente colpito dal suo essere una visionaria tanto da sceglierla, solo ventiquattrenne, come collaboratrice per il proprio studio dopo aver visto il suo Bar sous le toit esposto al Salon d’Automne, interamente costruito in rame nichelato e alluminio anodizzato, poi non la coinvolse nella progettazione di edifici considerando il design d'interni più adatto ad una donna! Allo stesso tempo però, proprio perché lui riteneva di doversi occupare di ben altro che progettare mobili, pochi sanno che la vera autrice del divano LC3 e dell'ancor più celebre chaise-longue LC4 è lei! Insomma Le Corbusier da una parte considerava meno rilevante progettare arredi ma dall'altra non ha esitato a far passare alla storia del design questi capolavori con il suo nome. E non solo, dai racconti della figlia Pernette scopriamo il motivo per cui Charlotte si allontanò dal celebre architetto negli anni Trenta, quando si unì all'Association des Ecrivains et Artistes Révolutionnaires: la simpatia di Le Corbusier per il fascismo e l'antisemitismo, mentre lei si avvicinava ai gruppi di intellettuali antifascisti. Comunque, nel panorama della storia del design e dell’architettura Charlotte Perriand è una figura femminile che si è potuta emancipare ed affermare tanto come professionista quanto come personalità individuale, in un ambiente all’epoca quasi esclusivamente maschile, come lei stessa racconta nell' autobiografia: Une vie de création, del 1998, uscita in Italia come Io Charlotte, tra Le Corbusier, Léger e Jeanneret. Le sue scelte e il suo stile di vita hanno sempre accompagnato l'attività progettuale, includendo provocazioni come i capelli tagliati a zero e i gioielli di cuscinetti a sfera così come la passione per lo sport e i viaggi; la mansarda-studio realizzata per sé a Montparnasse nel 1937, con gli anelli da ginnastica al centro di un living multifunzionale, parla di lei nella concretezza di uno spazio abitato.

È bello immaginarla come una ragazza dal sorriso contagioso, occhi azzurri impertinenti, capelli biondi cortissimi, stampati sulla testa alla maschietta, che andava in giro vestita in stile Charleston con abitini a disegni geometrici. Una ragazza che non faceva altro che disegnare e che un bel giorno portò i suoi schizzi da un artigiano di genio con laboratorio al Faubourg Saint-Antoine, dal quale apprese la meccanica dei congegni più strani. Fu da lui che si farà montare un girocollo con biglie di rame cromate, il Collier roulement à billes ispirato a una natura morta di Fernand Léger (Le Mouvement à billes, 1926), che diventerà il manifesto della sua libertà e di quella delle donne della sua generazione, oltre che «un simbolo e una provocazione che segnavano la mia appartenenza all’epoca meccanica del XX secolo», come lei stessa scriverà. In una cosa forse si sbagliava, infatti affermò che «Tutto cambia molto velocemente, e ciò che è arte oggi, non lo sarà domani. L’adattamento deve essere un processo costante, è qualcosa che dobbiamo riconoscere ed accettare. Viviamo in un tempo di transizione». Si sbagliava perché invece, sebbene sia passato quasi un secolo, i mobili da lei progettati sono ancora oggi arte e lo saranno a lungo, essendo diventati delle icone. La sua affermazione, peraltro corretta in generale, trova l'eccezione nelle creazioni delle menti geniali.

 

Traduzione francese
Joelle Rampacci

 

Architecte, pionnière de la modernité et de la soutenabilité, innovatrice des espaces urbains, figure de proue du design du XXe siècle, Charlotte Perriand naît à Paris le 24 octobre 1903, fille de deux tailleurs savoyards ayant un atelier place du Marché Saint-Honoré, et meurt à Paris le 27 octobre 1999. Charlotte vit les grands événements du siècle dernier et participe à la révolution du design et de l'architecture d'intérieur, imaginant une nouvelle façon de vivre le quotidien dans laquelle les femmes ont également un nouveau rôle. Bien qu'elle soit une personne libre, elle paye le prix d'être une femme dans un domaine et à une époque où les femmes ont peu d'espace et surtout peu de visibilité. Le fait qu'elle soutienne un profond renouvellement des valeurs esthétiques et crée une sensibilité moderne de la vie quotidienne à partir des espaces de l'architecture intérieure, qu'elle conçoit comme le moteur d'un nouveau mode de vie, fait d'elle la personne idéale pour représenter dans le cadre de Calendaria 2022, l’objectif 11 de l'Agenda 2030 : Villes et communautés durables. Pour elle, les meubles doivent certainement avoir un rôle esthétique grâce à leur simplicité : ils ne doivent pas contenir plus que ce qui est nécessaire pour remplir leur fonction, mais doivent en même temps être capables d'évoquer la profondeur de la fonction sociale pour laquelle ils ont été créés, tout en gardant leur propre utilité. Elle fait valoir que les designers sont des artistes et est l'une des premières à promouvoir leur responsabilité dans l'avancement de la culture en anticipant l'inévitable nécessité de changement.

Charlotte Perriand s’est diplômée de l'École de l'Union Centrale des Arts Décoratifs de Paris en 1925 et présente la même année sa première collection d'objets et de meubles à l'Exposition des Arts Décoratifs de Paris. En 1927, elle rejoint l'atelier de Le Corbusier où elle s’occupe de la recherche et du développement des intérieurs. Avec le célèbre architecte Pierre Jeanneret, elle partage une vision du mobilier comme élément d'un système exploitant le grand potentiel des nouveaux matériaux et des nouvelles techniques de fabrication et de production en série. Cette collaboration est parfaitement représentée par les pièces créées pour le Salon d'Automne de 1929, dont la célèbre chaise-longue basculante, le fauteuil à dossier basculant et le fauteuil grand confort, tous dotés d'une structure tubulaire en acier inoxydable. Leur collaboration intensive dure jusqu'en 1937. Entre-temps, elle commence à voyager et à élargir ses horizons. Son premier voyage important est à Moscou, mais c'est son séjour au Japon pendant quelques années, ainsi qu'au Vietnam, qui est décisif dans le développement de sa créativité. Elle part en Asie pour tenir un séminaire sur le nouveau design alors que l'Allemagne envahit la France, où elle a l'occasion de réaliser des prototypes avec un groupe d'étudiants et, par la suite, une importante exposition. Après l'entrée en guerre du Japon contre les États-Unis, elle y est bloquée, mais grâce à des péripéties, racontées dans son autobiographie, elle parvient à survivre à ce conflit catastrophique et rentre en France en 1946, avec son second mari Jacques Martin (le premier était Percy Scholefield, un Anglais flegmatique, plus âgé qu'elle, marchand de tissus et ami de ses parents, qu'elle a épousé très jeune pour sortir de la maison et être libre) et sa fille Pernette, née dans ces années-là (qui porte le nom de famille de sa mère).

La culture et l'artisanat japonais influencent fortement son travail, notamment par l'utilisation de matériaux traditionnels tels que le bambou, le bois, la laque, la céramique et le fer, qu'elle combine avec d'autres matériaux qu’elle commence à apprécier et à utiliser en France : l'acier, l'aluminium et le verre. Dans les années 1950, elle retourne travailler avec Le Corbusier pour concevoir l'intérieur de l'Unité d'Habitation de Marseille ; elle y introduit une cuisine intégrée au salon, séparée seulement par un haut comptoir, qui, comme elle l'écrit dans son autobiographie, est révolutionnaire car "elle permet à la maîtresse de maison d'être avec sa famille et ses amis pendant qu'elle cuisine". Fini le temps où une femme était complètement isolée comme une esclave à l'extrémité nord d'un couloir". Avec deux autres grands noms du mobilier, elle conçoit deux bâtiments à la Cité universitaire de Paris : la Maison du Brésil, avec Lucio Costa, et la Maison de la Tunisie, avec Jean Prouvé. Elle reçoit de nombreuses commandes privées et publiques, notamment les bureaux d'Air France dans le monde entier, les résidences diplomatiques franco-japonaises et le réaménagement de l'intérieur du bâtiment des Nations unies à Genève en 1961. Son amour de la montagne se reflète dans les résidences de tourisme conçues par elle en Haute-Savoie. L'une de ses dernières œuvres est la Maison du Thé, créée en 1993 dans le cadre du Festival culturel du Japon organisé par l'UNESCO à Paris. Vers la fin de sa vie, elle ralentit son activité mais garde toujours son studio ouvert. Elle reçoit de nombreux honneurs et plusieurs expositions rétrospectives lui sont consacrées jusqu'à l'âge de 96 ans.

Mais bien que sa contribution au design moderne soit énorme, on ne peut s'empêcher de réfléchir au fait qu'en tant que femme, elle est en quelque sorte reléguée à la décoration intérieure, par Le Corbusier lui-même. Si l'architecte est immédiatement frappé par son caractère visionnaire et la choisit, à 24 ans seulement, pour travailler avec lui dans son atelier après avoir vu son Bar sous le toit exposé au Salon d'Automne, entièrement réalisé en cuivre nickelé et en aluminium anodisé, il ne l' associe pas à la conception des bâtiments, estimant que la décoration intérieure convenait mieux à une femme ! En même temps, cependant, précisément parce qu'elle estime devoir faire beaucoup plus que concevoir des meubles, peu de gens savent qu'elle est le véritable auteur du canapé LC3 et de la chaise-longue LC4, encore plus célèbre ! En bref, Le Corbusier considére d'une part qu'il est moins important de concevoir des meubles, mais d'autre part il n'hésite pas à laisser ces chefs-d'œuvre entrer dans l'histoire du design sous son nom. Et ce n'est pas tout, les récits de sa fille Pernette nous font découvrir la raison pour laquelle Charlotte s'éloigne du célèbre architecte dans les années 1930, lorsqu'elle rejoint l'Association des Écrivains et Artistes Révolutionnaires : la sympathie de Le Corbusier pour le fascisme et l'antisémitisme, alors qu'elle se rapproche de groupes intellectuels antifascistes. Cependant, dans le panorama de l'histoire du design et de l'architecture, Charlotte Perriand est une figure féminine qui a su s'émanciper et s'affirmer à la fois comme professionnelle et comme personnalité individuelle, dans un milieu alors presque exclusivement masculin, comme elle le raconte elle-même dans son autobiographie : Une vie de création (1998), publiée en Italie sous le titre Io Charlotte, tra Le Corbusier, Léger et Jeanneret. Ses choix et son style de vie ont toujours accompagné son travail de conception, y compris les provocations telles que ses cheveux coupés à zéro et ses bijoux à roulements à billes, ainsi que sa passion pour le sport et les voyages. Le grenier-atelier qu'elle s'est construit à Montparnasse en 1937, avec des anneaux de gymnastique au centre d'un salon multifonctionnel, parle d'elle dans le concret d'un espace habité.

Il est bon de l'imaginer comme une jeune fille au sourire contagieux, aux yeux bleus effrontés, aux cheveux blonds très courts, imprimés sur une tête de garçon, qui se promène habillée à la Charleston avec des robes à motifs géométriques. Une fille qui ne fait que dessiner et qui, un beau jour, apporte ses croquis à un artisan de génie dont l'atelier se trouve dans le Faubourg Saint-Antoine et qui lui apprend la mécanique des appareils les plus étranges. C'est à lui qu'elle doit un collier composé de boules de cuivre chromé, le Collier roulement à billes inspiré d'une nature morte de Fernand Léger (Le Mouvement à billes, 1926), qui deviendra le manifeste de sa liberté et de celle des femmes de sa génération, ainsi qu'"un symbole et une provocation marquant mon appartenance à l'âge mécanique du XXe siècle", comme elle l'écrira elle-même. Elle s'est peut-être trompée sur un point : "Tout change très vite, et ce qui est de l'art aujourd'hui ne le sera plus demain. L'adaptation doit être un processus constant, c'est quelque chose que nous devons reconnaître et accepter. Nous vivons une période de transition. Elle avait tort car, bien que près d'un siècle se soit écoulé, les meubles qu'elle a conçus sont encore de l'art aujourd'hui et le seront encore longtemps, étant devenus des icônes. Son affirmation, qui est correcte en général, trouve une exception dans les créations des esprits brillants.

 

Traduzione inglese
Syd Stapleton

 

Architect, pioneer of modernity and sustainability, innovator of urban spaces, leading personality in 20th century design, Charlotte Perriand was born in Paris on October 24, 1903, the daughter of two Savoyard tailors with atelier in Place du Marché Saint-Honoré. She died in Paris on October 27, 1999. Charlotte fully experienced the great events of the last century and directly participated in the revolution of interior design and architecture, imagining a new way of living everyday life in which women had a new role. Despite her having been a free person, she paid the price of being a woman in time and place where women had little space and above all little visibility. Charlotte Perriand is a perfect fit for the goals of the 2030 agenda for the Calendaria 2022 – especially Goal 11- Sustainable Cities and Communities. She promoted a profound renewal of aesthetic values, giving life to a modern sensibility of everyday existence. This started from the interior architecture spaces she conceived as the engine of a new way of living. For her, for example, furnishings had to have an aesthetic role based on simplicity. They should contain little more than that necessary to fulfill their purpose, but at the same time they should be able to evoke the depth of the social function for which they were created. She asserted that designers were artists, and she was among the first promoters of their responsibility to advance culture, anticipating the inevitable need for change.

She graduated from the École de l'Union Centrale des Arts Décoratifs in Paris in 1925, and that same year presented a first collection of objects and furnishings at the Parisian Exhibition of Decorative Arts. In 1927 she joined Le Corbusier's studio where she was in charge of interior research and development. She shared the vision of the famous architect and Pierre Jeanneret, of furnishings as part of a system to exploit the great potential of new materials and new techniques of processing and mass production. This collaboration was perfectly represented by the pieces created for the 1929 Salon d’Automne, among which are the famous tilting chaise-longue, the tilting backrest chair and the grand comfort armchair, all with a stainless steel tubular structure. Their intensive collaboration lasted until 1937. In the following period, she began to travel and to broaden her horizons. Her first important trip was to Moscow, but it was her years-long stay in Japan, as well as in Vietnam, which was decisive in the development of her creativity. She left for Asia during the German invasion of France, to give a seminar on new design. She had the opportunity to make prototypes with a group of students and, subsequently, an important exhibition. After Japan entered the war with the United States, she was unable to leave during the fighting. As told in her autobiography, she and her second husband Jacques Martin had some dramatic adventures, but managed to survive the catastrophic conflict and finally returned to France in 1946 with her young daughter Pernette, who bears her mother's surname. (Charlotte’s first husband had been Percy Scholefield, a phlegmatic Englishman, older than her and a textile merchant and friend of her parents, whom she married very young to be able to leave home and be free.)

Japanese culture and craftsmanship greatly influenced her work, especially through the use of traditional materials such as bamboo, wood, lacquer, ceramic, and iron which she combined with other materials that she had begun to appreciate and use in France: steel, aluminum, and glass. In the 1950s she returned to work with Le Corbusier to design the interiors of the Unité d’Habitation in Marseille. There she introduced a kitchen integrated into the living room, separated only by a high counter, which, as she wrote in her autobiography, was revolutionary because it “…allowed the hostess to be with her family and friends while she cooked. Gone are the days when a woman was completely isolated like a slave at the north end of a corridor.” With two other big names in interior design, she designed two buildings at the Cité Universitaire in Paris - the Maison du Brésil, with Lucio Costa, and the Maison de la Tunisie, with Jean Prouvé. She was awarded many contracts, private and public, including Air France offices around the world, the Franco-Japanese diplomatic residences, and the redesign of the interiors of the United Nations Building in Geneva in 1961. Her love of the mountains is reflected in the tourist residences designed by her in Haute-Savoie. One of her later works is the Maison du Thé created in 1993 as part of the Japan Cultural Festival organized in Paris by UNESCO. In the final years of her life her activity slowed, but she always kept her atelier open. Up to the age of 96 she continued to receive many honors, and several retrospective exhibitions were dedicated to her and her work.

But despite the enormous contribution she has made to modern design, one cannot fail to reflect on the fact that, as a woman, she was somehow relegated to interior design only. Even Le Corbusier, the architect, although he was immediately struck by her being a visionary, enough to choose her, only twenty-four, as a collaborator, then didn't involve her in the design of buildings - considering interior design the most suitable for a woman! This was despite his seeing her Bar sous le toit exhibited at the Salon d'Automne, entirely built in nickel-plated copper and anodized aluminum. Few people know that the true author of the “LC3” sofa and the even more famous “LC4” chaise-longue was Charlotte Perriand! On one hand, Le Corbusier considered designing furniture less worthy, but on the other hand he didn’t hesitate to have these masterpieces go down in the history of design with his name on them. And not only that, from the stories of her daughter Pernette we discover why Charlotte moved away from the famous architect in the 1930s, when she joined the Association des Ecrivains et Artistes Révolutionnaires. The reason was Le Corbusier's growing sympathy for fascism and anti-Semitism, while she was drawn towards groups of anti-fascist intellectuals. However, in the panorama of the history of design and architecture Charlotte Perriand is a female figure who was able to emancipate and affirm herself both as a professional and as an individual personality. And this was in an environment that was almost exclusively male, as she relates in her autobiography, Une vie de création, 1998, released in Italy as Io Charlotte tra Le Corbusier, Léger e Jeanneret. Her choices and her lifestyle were as innovative and independent as her design work, including provocations such as her buzz-cut hair and ball-bearing jewelry, as well as her passion for sports and travel. The attic-studio she built for herself in Montparnasse in 1937, with gymnastic rings in the center of a multifunctional living room, speaks of her with the concreteness of an inhabited space.

It's a pleasure to imagine her as a young woman with a contagious smile, sassy blue eyes, very short blond hair - “tomboyish” - who went around in Charleston style with dresses with geometric designs. That she drew and drew, and that one day she took her sketches to a genius craftsman with a laboratory at the Faubourg Saint-Antoine, from whom she learned the workings of the strangest devices. It was she who had a choker with chromed copper marbles assembled, the Collier roulement à billes inspired by a still life by Fernand Léger (Le Mouvement à billes, 1926), which became the manifesto of her freedom and that of the women of her generation, as well as "a symbol and a provocation that marked my belonging to the mechanistic era of the twentieth century", as she herself will write. Perhaps she was wrong in one thing, when she stated that, “Everything changes very quickly, and what is art today will not be tomorrow. Adaptation must be a constant process - it is something we must recognize and accept. We live in a time of transition.” She was wrong because, instead, although almost a century has passed, the furniture she designed is still art today and will be so for a long time. It has become iconic. Her statement, however correct in general, finds the exception in the creations of brilliant minds.

 

Traduzione spagnola
Daniela Leonardi

 

Arquitecta, pionera de la modernidad y de la sostenibilidad, innovadora de los espacios urbanos, personalidad destacada en el diseño del siglo XX, Charlotte Perriand nació en París, hija de dos sastres saboyardos con atelier en la Place du Marché Saint-Honoré, el 24 de octubre de 1903 y en París murió el 27 de octubre de 1999. En efecto, Charlotte vivió plenamente los grandes acontecimientos del siglo pasado y participó en primera persona en la revolución del diseño y de la arquitectura de interiores imaginando una nueva forma de vivir la vida cotidiana en la que también la mujer tuviera un nuevo papel. A pesar de haber sido una persona libre, pagó el coste de ser mujer en un ámbito y en un tiempo en que las mujeres tenían poco espacio y sobre todo poca visibilidad. El haber promovido una profunda renovación de los valores estéticos y haber dado vida a una sensibilidad moderna de la existencia cotidiana a partir de los espacios de la arquitectura de interiores concebidos por ella como motor de una nueva forma de vivir la hacen perfecta para representar en Calendaria 2022 el objetivo 11 de la Agenda 2030: ciudades y comunidades sostenibles. Para ella sin duda alguna los muebles debían tener un papel estético dado por su sencillez: contener poco más de lo necesario para cumplir su objetivo, pero al mismo tiempo tenían que evocar la profundidad de la función social para la cual fueron creados, a pesar de su utilidad. Afirmaba que los diseñadores eran artistas y fue una de las primeras promotoras de su responsabilidad en hacer avanzar la cultura, anticipando la inevitable necesidad de cambio.

Charlotte Perriand se gradúa en la École de l’unión Centrale des Arts Décoratifs de París en 1925 y en ese mismo año presenta una primera colección de objetos y muebles en la Exposición parisina de Artes Decorativas. En 1927 entra en el estudio de Le Corbusier donde se ocupa de la investigación y del desarrollo de los interiores. Con el famoso arquitecto y con Pierre Jeanneret comparte la visión del mobiliario como parte de un sistema que aprovecha las grandes potencialidades de nuevos materiales y técnicas de elaboración y producción en serie. Esta colaboración está perfectamente representada por las piezas realizadas para el Salon d'Automne de 1929, entre las que destacan la célebre chaise-longue basculante, la silla de respaldo basculante y el sillón gran confort, todas ellas con estructura en tubular de acero inoxidable. La cooperación entre ellos durará hasta 1937. Mientras tanto, empieza a viajar y a expandir sus horizontes. El primer viaje importante es a Moscú, pero su permanencia en Japón durante algunos años, y también en Vietnam, es determinante en el desarrollo de su creatividad. Partida hacia Asia para celebrar un seminario sobre el nuevo diseño mientras Alemania estaba invadiendo Francia, allí tuvo la ocasión de realizar prototipos con un grupo de estudiantes y, sucesivamente, una importante exposición. Después de la entrada en guerra de Japón con los Estados Unidos, se quedó bloqueada allí aunque con una serie de peripecias , relatadas en su autobiografía, logró sobrevivir al catastrófico conflicto y regresó a Francia en 1946, con su segundo marido Jacques Martin (el primer había sido Percy Scholefield, un inglés flemático y mayor que ella, comerciante de tejidos y amigo de sus padres, con el que se casó en la adolescencia para salir de casa y ser libre) y su hija Pernette nacida en aquellos años (y que lleva el apellido de la madre).

La cultura y la producción artesanal japonesa influyeron mucho en su trabajo sobre todo mediante el uso de materiales tradicionales como bambú, madera, laca, cerámica, hierro que unió a otros materiales que había empezado a apreciar y a utilizar en Francia: acero, aluminio, vidrio. En los años cincuenta vuelve a trabajar con Le Corbusier para diseñar los interiores de la Unité d'Habitation de Marsella; aquí introdujo una cocina integrada en el salón, separada sólo por un alto mostrador, que, como escribió en su autobiografía, era revolucionaria porque «permitía a la señora de la casa estar con la familia y los amigos mientras cocinaba. Se acabaron los tiempos en que una mujer estaba completamente aislada como una esclava en el extremo norte de un pasillo». Con otros dos grandes nombres para los muebles proyecta dos edificios en la Cité Universitaire de París: la Maison du Brésil, con Lucio Costa, y la Maison de la Tunisie, con Jean Prouvé. Recibe múltiples pedidos, privados y públicos, entre ellos las oficinas de Air France en el mundo, las residencias diplomáticas franco-japonesas, el diseño del interior del Palacio de las Naciones Unidas en Ginebra en 1961. Su amor por la montaña se refleja en las residencias turísticas diseñadas por ella en Alta Saboya. Una de sus últimas obras es la Maison du Thé realizada en 1993 dentro del Festival Cultural de Japón organizado en París por la Unesco. En la parte final de su vida redujo la actividad pero mantuvo siempre abierto su taller. Recibió múltiples honores y sobre ella se hicieron varias exposiciones retrospectivas, hasta los 96 años de edad.

A pesar de su enorme contribución al diseño moderno, no se puede dejar de pensar en que, como mujer, fue relegada de algún modo al diseño de interiores, justamente por Le Corbusier. El arquitecto,en efecto, aunque inmediatamente impresionado por su ser una visionaria hasta el punto de elegirla, con solo veinticuatro años, como colaboradora para su estudio después de haber visto su Bar sous le toit expuesto en el Salon d'Automne, totalmente construido en cobre niquelado y aluminio anodizado, ¡luego no la implicó en el diseño de edificios considerando el diseño de interiores más adecuado para una mujer! Pero al mismo tiempo, precisamente porque él creía que debía ocuparse de algo más que diseñar muebles, ¡pocos saben que la verdadera autora del sofá LC3 y de la aún más famosa chaise-longue LC4 es ella! En resumen, Le Corbusier, por un lado, consideraba menos relevante diseñar muebles pero, por otro, no dudó en hacer pasar a la historia del diseño estas obras maestras con su nombre. Y no sólo , gracias a los relatos de su hija Pernette descubrimos por qué Charlotte se alejó del famoso arquitecto en los años treinta, cuando se unió a la Association des Ecrivains et Artistes Révolutionnaires: la simpatía de Le Corbusier por el fascismo y el antisemitismo, mientras ella se acercaba a los grupos de intelectuales antifascistas. Sin embargo, en el panorama de la historia del diseño y la arquitectura Charlotte Perriand es una figura femenina que se ha podido emancipar y afirmar tanto como profesional como en cuanto personalidad individual, en un ambiente en esa época casi exclusivamente masculino, como ella misma cuenta en su autobiografía: Una vida de creación, de 1998. Sus opciones y su estilo de vida siempre acompañaron la actividad de diseño, incluyendo provocaciones como el pelo cortado a cero y las joyas de rodamientos de bolas, así como su pasión por el deporte y los viajes; el ático-estudio realizado para sí misma en Montparnasse en 1937, con los anillos de gimnasia en el centro de un salón multifuncional, habla de ella en la concreción de un espacio habitado.

Es bonito imaginarla como una chica con una sonrisa contagiosa, ojos azules impertinentes, pelo rubio muy corto, pegado a la cabeza en un estilo masculino, que iba por ahí vestida al estilo Charleston con vestiditos de dibujos geométricos. Una chica que no hacía más que dibujar y que un día llevó sus bocetos a un artesano ingenioso con taller en Faubourg Saint-Antoine, del que aprendió la mecánica de los aparatos más extraños. Fue por él que se hizo montar un collar con canicas de cobre cromadas, el Collier roulement à billes inspirado en una naturaleza muerta de Fernand Léger (Le Mouvement à billes, 1926), que se convirtió en el manifiesto de su libertad y de la de las mujeres de su generación, además de ser «un símbolo y una provocación que marcaban mi pertenencia a la época mecánica del siglo XX», como ella misma escribió. En una cosa quizás se equivocaba, en efecto afirmó que «Todo cambia muy rápidamente, y lo que es arte hoy, no lo será mañana. La adaptación debe ser un proceso constante, es algo que debemos reconocer y aceptar. Vivimos en un tiempo de transición». Se equivocaba porque, a pesar de que haya pasado casi un siglo, los muebles diseñados por ella siguen siendo arte y lo serán durante mucho tiempo, ya que se han convertido en iconos. Su afirmación, por otra parte correcta en general, encuentra la excepción en las creaciones de las mentes brillantes.