Margarete Schütte Lihotzky
Barbara Belotti
Juliette Bonvallet
Margarete Schütte Lihotzky è una delle madri nobili dell’architettura moderna. Comincia il suo percorso di formazione nel 1916, iscrivendosi alla più importante scuola di arti applicate di Vienna, città dove è nata nel 1897. La facoltà di architettura e l’accademia sono interdette a lei e a tutte le altre donne e la scuola di arti applicate appare l’unico modo per inseguire il sogno di diventare architetta. Il desiderio si realizza due anni dopo, quando Margarete conclude gli studi e si diploma. Diventerà la prima donna progettista dell’Austria. Ancora molto giovane accetta di far parte dell’equipe dell’ufficio urbanistico dell’amministrazione comunale di Francoforte, guidato dall’architetto Ernst May: è il 1926, Margarete Lihotzky si trasferisce in Germania. La sua figura di progettista è ancora poco nota in Italia, pur essendo a tutti gli effetti una delle protagoniste dell’architettura del XX secolo. Poche persone, se non addette ai lavori, sanno che ogni volta che entriamo in cucina per preparare i pasti o, più piacevolmente, per goderci un buon caffè caldo, ci muoviamo in uno spazio domestico e quotidiano che deve moltissimo alla rivoluzionaria architetta austriaca.
Nell’ambito della casa, la cucina era considerata lo spazio “femminile” per eccellenza, nel quale la donna ‒ “angelo” o “regina del focolare” ‒ svolgeva alcune delle principali mansioni di cura della famiglia. Grande, con mobilio e spazi di cottura scomodi e non ergonomici, la cucina tradizionale era il suo “regno” ma soprattutto il simbolo della sua subordinazione nel sistema familiare patriarcale. Il nuovo modello di cucina ‒ la cosiddetta “cucina di Francoforte” ‒ che Margarete Lihotzky progetta nel 1926 nasce, al contrario, da una nuova concezione della donna, proiettata nell’ambito lavorativo, emancipata, non necessariamente legata a un uomo e a una famiglia tradizionale, desiderosa di infrangere gli stereotipi che la imprigionano. L’idea della cucina di Francoforte è stata innovativa e di successo, destinata a rimodulare lo spazio domestico fino ai nostri giorni, con le sue proposte lungimiranti come il piano di lavoro continuo e complanare, i pensili disposti ad un’altezza proporzionata al corpo, la possibilità di lavorare in posizione seduta, con tutti gli oggetti a portata di mano. Un’idea di spazio abitativo che facilita la vita delle donne e degli uomini. Dopo il primo prototipo del 1926, vengono progettate altre cinque varianti di questo nuovo modello di cucina razionale, se ne realizzano diecimila esemplari che vengono inseriti nelle unità abitative dei nuovi quartieri di Francoforte.
Nel 1927 comincia anche a ripensare lo spazio domestico secondo le richieste e le necessità di nuovi nuclei familiari, quelli formati da giovani donne lavoratrici o in cerca di lavoro, da donne anziane sole, da vedove con prole. Nella Germania del primo dopoguerra sono questi alcuni dei soggetti urbani emergenti. Alla loro ricerca e richiesta di un alloggio, l’architetta austriaca pone nuove sfide e cerca nuove risposte, prima di tutto quella di superare la condizione del subaffitto o della coabitazione che, per le donne sole, spesso era l’unico modo per avere un tetto sopra la testa. La sfida è coniugare la riservatezza di un alloggio con la necessità di socializzare con altre persone. Pensa quindi a piccole unità abitative, poste nei piani alti degli edifici, con bagni e cucine in comune; nel quartiere prevede lavanderie centralizzate, scuole per l’apprendimento della nuova economia domestica, asili, strutture sportive e ricreative per l’infanzia, tutte proposte per realtà urbane pensate a misura di persona. Margarete ha una concezione democratica ed etica dell’architettura. Progetta pensando al valore politico e sociale che il suo lavoro può avere, cerca soluzioni utili alle esigenze della classe operaia, della media e piccola borghesia, realizza progetti per enti e amministrazioni pubbliche. È «una donna progettista per l'architettura sociale», come ricorda il titolo di una rassegna organizzata alla fine degli anni Novanta a Milano, dove l’architetta, ormai quasi centenaria, partecipa in prima persona. Tutta la vita, oltre all’architettura, deve però fondarsi su principi etici. Questo la spinge ad abbandonare la Germania nazista e a trasferirsi in Unione Sovietica insieme ad altri tecnici, tra i quali il marito Wilhelm Schütte, per progettare la creazione di nuovi centri urbani. È nominata responsabile per la realizzazione di strutture per l’infanzia, dagli asili alle scuole, dalle aree ricreative a quelle sportive. Lo fa seguendo i moderni principi pedagogici e mirando al benessere dei/delle bambini/e e delle loro famiglie. Sono anni di continui viaggi nelle diverse zone dell’Unione Sovietica, ma anche di viaggi studio in Cina e in Giappone. Tra il 1938 e il 1940, in un clima politico internazionale molto difficile, progetta edifici scolastici per conto del Ministero dell’istruzione della Turchia, l’unico Paese che le consente, negli anni bui che precedono il secondo conflitto mondiale, di lavorare ed esprimersi nella sua professione.
La forza del nazionalsocialismo fa sempre più paura, i venti di guerra travolgono l’Europa, non si può più solo stare a guardare, Margarete Lihotzky si avvicina a gruppi di resistenza al nazismo.
Durante una missione a Vienna viene arrestata e per lei inizia un periodo durissimo. Processata e giudicata colpevole, viene condannata a morte, pena poi commutata in detenzione nel carcere di massima disciplina di Aichach in Baviera; saranno cinque anni terribili, fino al 1945 quando è liberata, insieme alle altre detenute, dall’esercito americano. La fase postbellica non è per Margarete un periodo di importanti incarichi pubblici: qualche edificio scolastico e due costruzioni residenziali; più attivo è invece il suo impegno nel dibattito teorico sull’architettura e sul ruolo che questa arte deve avere nel panorama mondiale. Il vero riconoscimento al valore di Margarete Lihotzky arriva tardivamente, tra gli anni Ottanta e Novanta, quando vengono organizzate rassegne, mostre pubbliche e convegni sul suo lavoro; riceve onorificenze e, post mortem, intitolazioni pubbliche come quella di un parco pubblico nella città di Vienna, dove è morta nel 2000.
Traduzione francese
Giuliana Gaudenzi
Margarete Schütte Lihotzky est l'une des nobles mères de l'architecture moderne. Elle commence sa formation en 1916 en s'inscrivant à la plus importante école d'arts appliqués de Vienne, ville où elle est née en 1897. La faculté d'architecture et l'académie lui sont interdites ainsi qu'à toutes les autres femmes et l'école des arts appliqués semble être le seul moyen de poursuivre le rêve de devenir architecte. Le souhait se réalise deux ans plus tard, lorsque Margarete termine ses études et obtient son diplôme. Elle deviendra la première femme designer d'Autriche. Encore très jeune elle accepte de faire partie de l'équipe du bureau d'urbanisme de l'administration municipale de Francfort, dirigé par l'architecte Ernst May: c'est en 1926, Margarete Lihotzky s'installe en Allemagne. Sa figure de designer est encore peu connue en Italie, alors qu'elle est en effet l'une des protagonistes de l'architecture du XXe siècle. Peu de gens, sinon des experts, savent qu'à chaque fois que l'on entre dans la cuisine pour préparer des repas ou, plus agréablement, pour déguster un bon café chaud, on entre dans un espace domestique et quotidien qui doit beaucoup à l'architecte autrichienne révolutionnaire.
Au sein de la maison, la cuisine était considérée comme l'espace "féminin" par excellence, dans lequel la femme - "ange" ou "reine du foyer" - effectuait certaines des principales tâches familiales. Vaste, avec des meubles et des espaces de cuisson inconfortables et non ergonomiques, la cuisine traditionnelle était son «royaume» mais surtout le symbole de sa subordination dans le système familial patriarcal. Le nouveau modèle de cuisine - dite "cuisine de Francfort" - que Margarete Lihotzky conçoit en 1926 nait, au contraire, d'une nouvelle conception de la femme, projetée sur le lieu de travail, émancipée, pas forcément liée à un homme et à une famille traditionnelle, désireuse de briser les stéréotypes qui l'emprisonnent. L'idée de la cuisine de Francfort a été innovante et réussie, destinée à remodeler l'espace domestique jusqu'à nos jours, avec ses propositions tournées vers l'avenir telles que le plan de travail continu et coplanaire, les éléments hauts disposés à une hauteur proportionnée au corps, la possibilité de travailler en position assise, avec tous les objets à portée de main. Une idée d'espace de vie qui facilite la vie des femmes et des hommes. Après le premier prototype en 1926, cinq autres variantes de ce nouveau modèle de cuisine rationnelle sont conçues, dix mille exemplaires sont créés et placés dans les logements des nouveaux quartiers de Francfort.
En 1927, elle commence également à repenser l'espace domestique en fonction des demandes et des besoins des nouvelles familles, celles composées de jeunes femmes qui travaillent ou en recherche d'emploi, de femmes âgées seules, de veuves avec enfants. Dans l'Allemagne du premier après-guerre, ce sont quelques-uns des sujets urbains émergents. A leur recherche et leur demande de logement, l'architecte autrichien pose de nouveaux défis et cherche de nouvelles réponses, tout d'abord celle de dépasser la condition de sous-location ou de cohabitation qui, pour les femmes célibataires, était souvent le seul moyen d'avoir un toit au-dessus de la tête. Le défi consiste à combiner l'intimité d'un logement avec le besoin de socialiser avec d'autres personnes. Elle pense donc aux petits logements, situés aux étages supérieurs des immeubles, avec salles de bains et cuisines communes ; dans le quartier elle prévoit des laveries centralisées, des écoles pour l'apprentissage de la nouvelle économie domestique, des jardins d'enfants, des installations sportives et récréatives pour les enfants, toutes propositions de réalités urbaines conçues pour les personnes. Margarete a une conception démocratique et éthique de l'architecture. Elle conçoit en pensant à la valeur politique et sociale que peut avoir son travail, elle cherche des solutions utiles aux besoins de la classe ouvrière, de la moyenne et petite bourgeoisie, réalise des projets pour les organismes publics et les administrations. Elle est "une femme designer pour l'architecture sociale", comme le rappelle le titre d'une exposition organisée à la fin des années 90 à Milan, où l'architecte, presque centenaire, participe en personne. Cependant, toute vie, en plus de l'architecture, doit être basée sur des principes éthiques. Cela la pousse à quitter l'Allemagne nazie et à s'installer en Union soviétique avec d'autres techniciens, dont son mari Wilhelm Schütte, pour planifier la création de nouveaux centres urbains. Elle est nommée responsable de la construction d'installations pour les enfants, des jardins d'enfants aux écoles, des aires de loisirs aux aires sportives. Elle le fait en suivant les principes pédagogiques modernes et en visant le bien-être des enfants et de leurs familles. Ce sont des années de voyages continus dans différentes régions de l'Union soviétique, mais aussi des voyages d'études en Chine et au Japon. Entre 1938 et 1940, dans un climat politique international très difficile, elle conçoit des bâtiments scolaires pour le compte du ministère de l'Education de la Turquie, le seul pays qui lui permette, dans les années sombres précédant la Seconde Guerre mondiale, de travailler et de s'exprimer dans son métier.
La force du national-socialisme est de plus en plus effrayante, les vents de la guerre submergent l'Europe, on ne peut plus rester à regarder, Margarete Lihotzky se rapproche des groupes de résistance au nazisme.
Lors d'une mission à Vienne, elle est arrêtée et une période très difficile commence pour elle. Jugée et reconnue coupable, elle est condamnée à mort, peine ensuite commuée en détention dans la prison de discipline maximale d'Aichach en Bavière ; ce seront cinq années horribles, jusqu'en 1945 où elle est libérée, avec les autres détenues, par l'armée américaine. La phase d'après-guerre n'est pas pour Margarete une période de charges publiques importants : quelques bâtiments scolaires et deux immeubles résidentiels ; au contraire, son engagement dans le débat théorique sur l'architecture et le rôle que cet art doit avoir sur la scène mondiale est plus actif. La véritable reconnaissance de la valeur de Margarete Lihotzky vient tardivement, entre les années 80 et 90, lorsque des revues, des expositions publiques et des conférences sur son travail sont organisées ; elle reçoit des honneurs et, post mortem, des titres publics comme celui de parc public de la ville de Vienne, où elle est décédée en 2000.
Traduzione inglese
Syd Stapleton
Margarete Schütte Lihotzky was one of the noble mothers of modern architecture. She began her training in 1916, enrolling in the most important school of applied arts in Vienna, the city where she was born in 1897. The faculty of architecture and the academy were closed to her and to all other women, and the school of applied arts appeared to be the only way to pursue the dream of becoming an architect. The dream came true two years later, when Margarete finished her studies and graduated. She became Austria's first female building planner and designer. She was still very young when, in 1926, she agreed to be part of the team making up the urban planning office of the city administration of Frankfurt, led by the architect Ernst May. Margarete Lihotzky moved to Germany. Her stature as a designer is still little recognized in Italy, even though she is one of the central figures in twentieth-century architecture. Few people, if not experts, know that every time we enter the kitchen to prepare meals or, more pleasantly, to enjoy a good hot coffee, we move into a domestic and everyday space that owes a lot to the revolutionary Austrian architect.
Within the home, the kitchen was considered the "feminine" space par excellence, in which the woman - "angel" or "queen of the hearth" - performed some of the main family care tasks. Large, with uncomfortable and non-ergonomic furniture and cooking spaces, the traditional kitchen was her "kingdom" but above all the symbol of her subordination in the patriarchal family system. The new kitchen model - the so-called "Frankfurt kitchen" - that Margarete Lihotzky designed in 1926 was born, on the contrary, from a new conception of women, projected into the workplace, emancipated, not necessarily linked to a man and a traditional family – a woman eager to break the stereotypes that imprison her. The idea of the Frankfurt kitchen was innovative and a success, destined to remodel the domestic space up to the present day, with its forward-looking proposals such as the continuous and coplanar worktop, the wall units arranged at a height proportionate to the body, the ability to work in a sitting position, with all objects within easy reach. An idea of living space that facilitates the life of women and men. After the first prototype in 1926, five other variants of this new rational kitchen model were designed, ten thousand examples were created and as part of the housing units of the new Frankfurt districts.
In 1927 she also began to rethink domestic space according to the requests and needs of new families, those made up of young women, working or looking for work, single elderly women, and widows with children. In post-war Germany, these were part of the emerging urban population. In their search and needs for accommodation, the Austrian architect recognized new challenges and sought new answers, the first of which was that of overcoming the condition of subletting or cohabitation which, for single women, was often the only way to have a roof over their heads. The challenge was to combine the privacy of an accommodations with the need to socialize with other people. So, she imagined small housing units, located on the upper floors of buildings, with shared bathrooms and kitchens. In the neighborhood, centralized laundries were to be provided, schools for learning the new domestic economy, kindergartens, sports and recreational facilities for children - all proposals for urban realities designed for people. Margarete had a democratic and ethical conception of architecture. She designed while thinking about the political and social value that her work can have, and she looked for useful solutions to the needs of the working class, the middle class and petty bourgeoisie. She carried out projects for public bodies and administrations. She was "a female designer for social architecture", as she was remembered in the title of an exhibition organized in the late nineties in Milan, where the architect, then almost 100 years old, herself participated. However, all life, in addition to architecture, must be based on ethical principles. This pushed her to leave Nazi Germany and move to the Soviet Union together with other specialists, including her husband Wilhelm Schütte, to plan the creation of new urban centers. She was appointed responsible for the construction of facilities for children, from kindergartens to schools, from recreational areas to sports facilities. She did so by following modern pedagogical principles and aiming at the well-being of the children and their families. These were years of continuous travel to the various areas of the Soviet Union, but also of study trips to China and Japan. Between 1938 and 1940, in a very difficult international political climate, she designed school buildings on behalf of the Ministry of Education of Turkey, the only country that allowed her, in the dark years preceding the Second World War, to work and express herself in her profession.
The strength of National Socialism was increasingly frightening, the winds of war were overwhelming Europe, and no one could longer just stand by and watch. Margarete Lihotzky approached groups resisting Nazism.
During a mission in Vienna she was arrested and a very hard period began for her. She was tried and found guilty, she was sentenced to death, which was then commuted to detention in the maximum security Aichach prison in Bavaria. She had a terrible five years, until 1945 when she was freed, along with the other inmates, by the American army. The post-war phase was not for Margarete a period of important public duties. She did a few school buildings and two residential buildings, but her commitment to the theoretical debate on architecture and the role of this art must in the modern world was still very active. The real recognition of Margarete Lihotzky's value comes belatedly, between the 1980s and 1990s, when reviews, public exhibitions and conferences on her work were organized. She received awards and, post mortem, public honors such as having a public park named after her in the city of Vienna, where she died in 2000.
Traduzione spagnola
Federica Agosta
Margarete Schütte Lihotzky es una de las madres nobles de la arquitectura moderna. Comienza su camino de formación en 1916, cuando se matricula en una de las más importantes escuelas de artes aplicadas de Viena, ciudad donde nace en 1897. Dado que Margarete, como las demás mujeres, no puede acceder a la facultad de arquitectura ni a la academia, la escuela de artes aplicadas parece ser la única forma para perseguir el sueño de llegar a ser una arquitecta. Dicho deseo se materializa dos años después, cuando Margarete termina sus estudios y se diploma convirtiéndose en la primera mujer proyectista de Austria. Aún muy joven acepta formar parte del equipo de la oficina urbanística de la administración municipal de Francfort, dirigida por el arquitecto Ernst May: es el año 1926, Margarete Lihotzky se muda a Alemania. Su figura en cuanto proyectista resulta aún poco conocida en Italia, aun siendo, de pleno derecho, una de las protagonistas de la arquitectura del siglo XX. Pocas personas, si no los entendidos, saben que, cada vez que entramos en la cocina para preparar la comida o, más agradablemente, para saborear un buen café caliente, nos movemos en un espacio doméstico y cotidiano que debe mucho a la revolucionaria arquitecta austriaca.
En el ámbito doméstico, la cocina se consideraba como el espacio “femenino” por antonomasia, espacio en el cual la mujer –“ángel” o “reina del hogar”– llevaba a cabo algunas de las principales tareas de cuidado de la familia. Grande, con mobiliario y espacios para cocinar incómodos y poco ergonómicos, la cocina tradicional era su “reino”, pero sobre todo el símbolo de su subordinación dentro del sistema familiar patriarcal. El nuevo modelo de cocina –la llamada “cocina de Francfort”– ideada por Margarete Lihotzky en 1926 nace, al contrario, a partir de una nueva concepción de la mujer, proyectada en el ámbito laboral, emancipada, no necesariamente vinculada a un hombre y a una familia tradicional, deseosa de quebrantar los estereotipos que la tienen prisionera. La idea de la cocina de Francfort fue innovadora y de éxito, destinada a remodular el espacio doméstico hasta nuestros días, con sus propuestas clarividentes como la superficie de trabajo coplanaria continua, las unidades de pared colocadas a un altura proporcionada al cuerpo, la posibilidad de cocinar en posición sentada, con todos los objetos al alcance de la mano. Una idea de espacio vital que alivia la vida de s mujeres y hombres. Tras el primer prototipo en 1926, se proyectan otras cinco variantes de este último modelo de cocina racional y se realizan diez mil ejemplares que se insertan en las unidades residenciales de los nuevos barrios de Francfort.
En 1927, Margarete Lihotzky también vuelve a reconsiderar el espacio doméstico a partir de las exigencias y necesidades de los nuevos núcleos familiares, los compuestos por jóvenes mujeres que ya trabajan o en busca de trabajo, por mujeres ancianas y solas o por viudas con prole. En la Alemania de la primera posguerra, estos últimos sono algunos de los sujetos urbanos emergentes. Frente a su búsqueda y exigencia de un alojamiento, la arquitecta austriaca se plantea nuevos retos y busca nuevas soluciones, ante todo la de superar la condición del subarriendo o de la cohabitación, condiciones que, para las mujeres solas, representaban, a menudo, la única manera para tener un techo sobre la cabeza. El reto consiste en querer combinar la discreción de un alojamiento con la necesidad de socializar con los demás. Por lo tanto, la proyectista piensa en pequeñas unidades de alojamientos, colocadas en los pisos superiores de los edificios, con baños y cocinas en común; asimismo, en el barrio prevé lavanderías centralizadas, escuelas para el aprendizaje de la nueva economía doméstica, jardines de infancia, instalaciones deportivas y recreativas para la infancia, todas ellas propuestas para realidades urbanas a medida de las personas. Margarete tiene una concepción democrática y ética de la arquitectura. Proyecta pensando en el potencial valor político y social de su trabajo, busca soluciones útiles a las exigencias de la clase obrera, de la media y pequeña burguesía, realiza proyectos para entes y administraciones públicas. Es «una mujer proyectista para la arquitectura social», como recuerda el título de una reseña organizada a finales de los años Noventa en Milán, donde la arquitecta, ya casi centenaria, toma personalmente parte. Toda la vida, además de la arquitectura, debe fundarse en principios éticos. Esta es la razón que la empuja a abandonar la Alemania nazista para mudarse a la Unión Soviética junto a otros técnicos, entre cuales su marido Wilhelm Schütte, para proyectar la creación de nuevos centros urbanos. Margarete será designada jefa para la realización de guarderías infantiles, desde los jardines de infancia hasta las escuelas, pasando por las áreas recreativas y las deportivas. Lo hace siguiendo los modernos principios pedagógicos y apuntando al bienestar de la infancia y de sus familias. Son años de constantes viajes por las diferentes zonas de la Unión Soviética, pero también son viajes de estudio a China y Japón. Entre 1938 y 1940, en un clima político internacional bastante complicado, proyecta edificios escolares por cuenta del Ministerio de la Educación de Turquía, el único país que le permite, durante los años oscuros que preceden la Segunda Guerra Mundial, trabajar y expresarse en su profesión.
La fuerza del nacionalsocialismo da cada vez más miedo, los vientos de guerra azotan también el continente europeo, no hay tiempo para quedarse con los brazos cruzados, Margarete Lihotzky se aproxima a los grupos de resistencia al nazismo.
Durante una misión en Viena, es detenida y para Margarete comienza un momento muy difícil. Procesada y juzgada culpable, será condenada a muerte, pena conmutada en detención en la cárcel de máxima seguridad de Aichach en Baviera; serán cinco años aterradores, hasta 1945, año en que sale en libertad, junto a las otras presas, gracias a la intervención del ejército estadounidense. La fase posbélica no es para Margarete una época de importantes cargos públicos: algún edificio escolar y dos construcciones residenciales; más activo es, en cambio, su compromiso con respecto al debate teórico acerca de la arquitectura y del rol que dicha arte tiene que poseer en el panorama mundial. El verdadero reconocimiento al valor de Margarete Lihotzky llega tardíamente, entre los años Ochenta y Noventa, cuando se organizan reseñas, exposiciones públicas y congresos sobre su trabajo; recibe condecoraciones y, post mortem, titulaciones públicas como la de un parque público en Viena, ciudad donde muere en 2000.