Ángeles Alvariño González
Laura Candiani



Anastasia Usinger

 

C'era una volta una bambina molto precoce, sveglia e intelligente; era nata all'estremo nord della Spagna, in una famiglia di persone colte e appassionate di lettura. Il suo cammino fu indirizzato verso gli studi, in piena libertà; visti i suoi molteplici interessi, era facile prevedere per lei un futuro luminoso. Tanto luminoso da aver lasciato di sé una meravigliosa scia di conoscenze e di scoperte. Quella bambina ero io.

Ho sempre avuto chiaro un concetto che dovrebbe essere condiviso universalmente, a mio parere: la scienza è un'arte; come per l'artista sono indispensabili creatività e immaginazione, così lo sono per chi pratica la ricerca scientifica a qualsiasi livello, di qualunque genere. Credo senza falsa modestia di esserne la prova vivente. Sono nata a Serantes il 3 ottobre 1916. A tre anni sapevo leggere e studiavo il pianoforte, di lì a poco mi immergevo nei tanti libri della mamma pianista, Maria del Carmen, e del babbo Antonio, un medico appassionato di zoologia e storia naturale. A 15 anni ho concluso il liceo a Ferrol, in Galizia, e mi sono iscritta all'Università di Santiago di Compostela. Visto che già amavo ogni campo del sapere, frequentai due corsi contemporaneamente: quello di scienze e quello di letteratura, in barba a chi pensa che l'uno debba escludere l'altro. A me piacevano e sono piaciuti tutta la vita entrambi; le mie due tesi riguardarono, da una parte, gli insetti sociali, dall'altra le presenze femminili nel Don Chisciotte di Cervantes. Era il 1933. L'anno dopo entrai all'Università di Madrid perché volevo approfondire gli studi di scienze sociali, ma la Guerra civile che dilaniò il mio Paese interruppe tutto. Ritornai a casa e mi dedicai allo studio delle lingue, il francese e l'inglese in particolare. Nel 1940 la mia vita privata ebbe una svolta perché mi sposai con Eugenio Leira Manso, capitano della Marina Militare. Nel 1941 finalmente potei concludere il percorso intrapreso e laurearmi; l'anno seguente nacque mia figlia Maria, poi divenuta architetta e urbanista di successo. Per circa sette anni insegnai nelle scuole e in istituti universitari della mia regione d'origine, ma il 1948 portò grandi novità nel mio futuro di scienziata. Iniziai infatti a lavorare al Dipartimento di pesca marittima dell'Instituto Español de Oceanografia di Madrid, ma era come se non esistessi: c'ero ma non potevo avere alcun incarico ufficiale.

Sembra incredibile, ma allora era sempre in vigore una legge che vietava alle donne di accedere all'Ieo, sia come studenti sia come docenti e ricercatrici, meno che mai come membri di spedizioni sul mare. Tuttavia mi fu "concesso", visto che mi stimavano, di proseguire le ricerche e di seguire corsi per approfondire le conoscenze nel campo della oceanografia, che poi sarebbe diventato il mio. Tanto per non abbandonare i vari settori del sapere, frequentavo l'università in tre diversi ambiti: chimica analitica, ecologia delle piante, psicologia sperimentale. Nel 1951 raggiunsi i tre obiettivi, l'uno di seguito all'altro, con tre tesi e tre lauree. L'anno dopo qualcosa si mosse, la legge cambiò e finalmente fui ammessa in maniera ufficiale all'Ieo, ma nella sede di Vigo, nella mia terra; mi appassionai subito a una ricerca che in breve fu resa nota e pubblicata: le incrostazioni dei minuscoli organismi marini sugli scafi di barche e navi. Sempre nel 1952 un altro passo avanti e un altro tassello professionale: vinsi una borsa di studio del British Council che mi portò a Playmouth, in Gran Bretagna, a collaborare con la Marine Biological Association. Nel 1953 il mio record personale, quello che mi ha fatto entrare nella storia dei primati femminili: sono stata infatti la prima donna a imbarcarmi su una nave oceanografica, la "Sarsia", per svolgere ricerche in mare aperto. Campi di azione furono essenzialmente il canale della Manica e il golfo di Biscaglia, dove mi concentrai su studi sperimentali, del tutto nuovi, sul plancton e su tre specie di organismi marini: i chetognati, i sifonofori e le meduse. Possono apparire animali meno affascinanti di altri, anche meno belli, se vogliamo, quasi invisibili gli uni, sgradevoli le altre, eppure aiutano a sapere tanto sulla condizione delle acque, sulle caratteristiche delle aree in cui vivono e si riproducono, sulla temperatura oceanica. Io devo essere loro molto grata perché mi hanno dato il massimo onore per una scienziata: un chetognato e una medusa che ho scoperto e studiato hanno infatti preso il mio nome! Si tratta dell'Aidanosagitta alvarinoae e della Lizzia alvarinoae. Nel 1954, conclusa la parentesi inglese, ritornai a Vigo dove riuscii a coinvolgere la comunità locale e i pescatori per portare avanti le attività di campionamento delle specie marine. Dopo due anni la Commissione Fulbright mi inviò con una borsa di studio a Cape Cod, nel Massachusetts, presso la Woods Hole Oceanographic Institution. Lì feci un incontro importante: conobbi una eccellente ricercatrice, Mary Sears, che mi mise in contatto con l'oceanografo Roger Revelle, direttore della Scripps Institution of Oceanography di La Jolla, in California. Fra noi ci fu subito una grande sintonia, tanto che vi rimasi a lavorare fino al 1969, indagando sugli oceani Atlantico e Pacifico, ma anche su quello Indiano e sulle acque lungo le coste americane. Studiando i microrganismi e il plancton, sono arrivata a scoprire la medusa Lizzia, nove specie di sifonofori e dodici specie di chetognati, fra cui l'Aidanosagitta. Ventidue in totale, e non è poco.

Nel frattempo ho conseguito il dottorato in biologia, all'Università di Madrid, mentre tenevo corsi di biologia marina e oceanografia in varie sedi e in varie parti del mondo. Dal 1970, sempre negli Usa, sono entrata nel Southwest Fisheries Science Center che si occupa, per conto del Governo, di ricerche sugli oceani e l'atmosfera. Ho insegnato per alcuni periodi in università americane: dal Messico al Brasile, ma non ho mai abbandonato le indagini sul campo, partecipando fra l'altro a spedizioni lungo le coste dell'America Meridionale, fino all'Antartide, finanziate da Fao e Unesco, e ho proseguito anche dopo il pensionamento, avvenuto nel 1987. Nel 1993 i sovrani spagnoli mi hanno insignito della Medaglia d'argento della Galizia come riconoscimento alla mia lunga e brillante carriera. Quando ho dovuto diradare un certo tipo di avventure per il passare degli anni, una nuova passione mi ha conquistato: la storia delle esplorazioni scientifiche, un campo affascinante su cui c'è molto ancora da lavorare e indagare. Mi sono occupata fra gli altri di un navigatore italiano, poco noto nel suo Paese, Alessandro Malaspina, che fu al servizio del re di Spagna a fine Settecento e svolse ricerche significative nel Pacifico e nell'Atlantico; il risultato dei miei studi è stato pubblicato nel 2002 nel libro España y la primera expedición científica oceánica, 1789-1794: Malaspina y Bustamante con las corbetas Descubierta y Atrevida che si è aggiunto ai tanti articoli e volumi già editi. Nello stesso anno della mia morte, avvenuta a San Diego il 29 maggio 2005, l'Università di La Coruña mi ha dedicato la Settimana della scienza e una stele in pietra, mentre a Ferrol è stata apposta una targa in mio ricordo nel Campus di Esteiro. Nel 2015 la Reale Accademia delle scienze gallega per la prima volta ha dedicato il Giorno della scienza in Galizia, celebrato il 1° giugno, a una donna, ovvero a me; dal 2018 sono stata inserita nella Tavola periodica delle scienziate e compaio nel Women Tech World. Lascio per ultimo l'onore più grande, che però fa onore a tutte le donne: una nave oceanografica spagnola, varata ufficialmente da mia figlia Maria nel 2012, ha preso il mio nome, così in qualche modo continuo a viaggiare per mare grazie alla "Ángeles Alvariño".

 

Traduzione francese
Guenoah Mroue

 

Il était une fois une petite fille très précoce, éveillée et intelligente; elle est née à l’extrême nord de l’Espagne, dans une famille de personnes cultivées et passionnées de lecture. Son chemin fut orienté vers les études, en toute liberté; vu ses multiples intérêts, il était facile de prévoir pour elle un avenir lumineux. Si brillant qu’elle a laissé derrière elle une merveilleuse traînée de connaissances et de découvertes. Cette petite fille, c’était moi.

J’ai toujours eu un concept clair qui devrait être partagé universellement, à mon avis : la science est un art; comme pour l’artiste, la créativité et l’imagination sont indispensables, de même pour ceux qui pratiquent la recherche scientifique à tous les niveaux, de toutes sortes. Je crois sans fausse modestie en être la preuve vivante. Je suis née à Serantes le 3 octobre 1916. À trois ans, je savais lire et j’étudiais le piano, et peu à peu je me plongeais dans les nombreux livres de la mère pianiste, Maria del Carmen, et du père Antonio, un médecin passionné de zoologie et d’histoire naturelle. A 15 ans, j’ai terminé le lycée à Ferrol, en Galice, et je me suis inscrite à l’Université de Saint-Jacques-de- Compostelle. Comme j’aimais déjà tous les domaines du savoir, j’ai suivi deux cours à la fois : celui de sciences et celui de littérature, au mépris de ceux qui pensent que l’un doit exclure l’autre. J’ai aimé les deux à vie; mes deux thèses concernaient, d’une part, les insectes sociaux, d’autre part, la présence féminine dans le Don Quichotte de Cervantes. C’était en 1933. L’année suivante, je suis entré à l’Université de Madrid parce que je voulais approfondir mes études en sciences sociales, mais la guerre civile qui a ravagé mon pays a tout arrêté. Je suis revenu à la maison et je me suis consacré à l’étude des langues, le français et l’anglais en particulier. En 1940, ma vie privée a pris un autre tournant parce que j’ai épousé Eugenio Leira Manso, capitaine de la marine. En 1941, j’ai finalement pu terminer le parcours entrepris et obtenir mon diplôme; l’année suivante, ma fille Maria est née, puis elle est devenue architecte et urbaniste avec succès. Pendant environ sept ans, j’ai enseigné dans des écoles et des universités de ma région d’origine, mais 1948 a apporté de grandes nouveautés dans mon avenir de scientifique. J’ai commencé à travailler au Département de la pêche maritime de l’Instituto Español de Oceanografia de Madrid, mais c’était comme si je n’existais pas : j’étais là mais je ne pouvais pas avoir de mission officielle.

Cela semble incroyable, mais à l’époque, il y avait toujours une loi qui interdisait aux femmes d’accéder à l’IEO, à la fois en tant qu’étudiants et en tant que professeurs et chercheurs, moins que jamais en tant que membres d’expéditions maritimes. Cependant, il m’a été "accordé", parce qu’ils m’estimaient, de poursuivre les recherches et de suivre des cours pour approfondir les connaissances dans le domaine de l’océanographie, qui allait devenir le mien. Afin de ne pas abandonner les différents domaines du savoir, j’ai fréquenté l’université dans trois domaines différents : chimie analytique, écologie des plantes, psychologie expérimentale. En 1951, j’ai atteint les trois objectifs, l’un après l’autre, avec trois thèses et trois diplômes. L’année suivante, quelque chose a bougé, la loi a changé et j’ai finalement été admise officiellement à l’IEO, mais au siège de Vigo, sur ma terre; j’ai tout de suite été passionnée par une recherche qui a été rapidement rendue publique et publiée : l’encrassement des minuscules organismes marins sur les coques des bateaux et des navires. Toujours en 1952, un autre pas en avant et un projet professionnel : j’ai gagné une bourse du British Council qui m’a conduit à Playmouth, en Grande-Bretagne, pour collaborer avec la Marine Biological Association. En 1953, mon record personnel, celui qui m’a fait entrer dans l’histoire des primates féminins : j’ai en effet été la première femme à m’embarquer sur un navire océanographique, le "Sarsia", pour effectuer des recherches en haute mer. Les champs d’action étaient essentiellement la Manche et le golfe de Gascogne, où je me suis concentré sur des études expérimentales, tout à fait nouvelles, sur le plancton et sur trois espèces d’organismes marins : les cétones, les siphonophores et les méduses. Les animaux peuvent sembler moins fascinants que les autres, même moins beaux, si vous voulez, presque invisibles les uns, désagréables les autres, mais ils aident à en savoir beaucoup sur l’état des eaux, sur les caractéristiques des zones où ils vivent et se reproduisent, et sur la température océanique. Je dois leur être très reconnaissante parce qu’ils m’ont donné le plus grand honneur pour une scientifique : un cétonite et une méduse que j’ai découverts et étudiés ont en effet pris mon nom ! Il s’agit de l’Aidanosagitta alvarinoae et de la Lizzia alvarinoae. En 1954, la parenthèse anglaise terminée, je suis retourné à Vigo où j’ai réussi à impliquer la communauté locale et les pêcheurs pour poursuivre les activités d’échantillonnage des espèces marines. Après deux ans, la Commission Fulbright m’a envoyé avec une bourse à Cape Cod, dans le Massachusetts, à la Woods Hole Oceanographic Institution. J’y ai rencontré une excellente chercheuse, Mary Sears, qui m’a mis en contact avec l’océanographe Roger Revelle, directeur de la Scripps Institution of Oceanography à La Jolla, en Californie. Nous nous entendions si bien que je restai jusqu’en 1969, enquêtant sur les océans Atlantique et Pacifique, mais aussi sur les océans Indien et les eaux le long des côtes américaines. En étudiant les micro-organismes et le plancton, j’en suis arrivée à découvrir la méduse Lizzia, neuf espèces de siphonophores et douze espèces de cétones, dont l’Aidanosagitta. Vingt-deux au total, et ce n’est pas rien. Vingt-deux au total, et ce n’est pas rien.

Entre-temps, j’ai obtenu mon doctorat en biologie, à l’Université de Madrid, tout en donnant des cours de biologie marine et d’océanographie à différents endroits et dans différentes parties du monde. Depuis 1970, toujours aux États-Unis, j’ai rejoint le Southwest Fisheries Science Center qui s’occupe, pour le compte du gouvernement, de recherches sur les océans et l’atmosphère. J’ai enseigné pendant quelques temps dans des universités américaines : du Mexique au Brésil, mais je n’ai jamais abandonné les enquêtes sur le terrain, en participant notamment à des expéditions le long des côtes de l’Amérique du Sud, jusqu’à l’Antarctique, financées par la FAO et l’Unesco, J’ai continué après ma retraite en 1987. En 1993, les souverains espagnols m’ont décerné la médaille d’argent de Galice en reconnaissance de ma longue et brillante carrière. Quand j’ai dû lancer un certain type d’aventures au fil des ans, une nouvelle passion m’a conquis : l’histoire de l’exploration scientifique, un domaine fascinant sur lequel il y a encore beaucoup à travailler et à enquêter. Je me suis occupée entre autres d’un navigateur italien, peu connu dans son pays, Alessandro Malaspina, qui fut au service du roi d’Espagne à la fin du XVIIIe siècle et effectua des recherches significatives dans le Pacifique et l’Atlantique; le résultat de mes études a été publié en 2002 dans le livre España y la primera expedición Científica oceánica, 1789-1794 : Malaspina y Bustamante con las corbetas Descubierta y Atrevida qui s’est ajouté aux nombreux articles et volumes déjà publiés. La même année de ma mort à San Diego, le 29 mai 2005, l’Université de La Corogne m’a consacré la Semaine de la science et une stèle en pierre, tandis que Ferrol a reçu une plaque en ma mémoire sur le campus d’Esteiro. En 2015, l’Académie Royale des Sciences de Galice a consacré pour la première fois la Journée de la Science en Galice, célébrée le 1 juin, à une femme, plutôt à moi; depuis 2018, j’ai été insérée dans le Tableau périodique des Scientifiques et apparaissant dans le Women Tech World. Je laisse pour finir le plus grand honneur, mais qui fait honneur à toutes les femmes : un navire océanographique espagnol, officiellement lancé par ma fille Maria en 2012, a pris mon nom, donc je continue en quelque sorte à voyager en mer grâce à "Ángeles Alvariño".

 

Traduzione inglese
Guenoah Mroue

 

Once upon a time, there was a very precocious awake and intelligent child; She was born in the far north of Spain, in a family of educated people and passionate about reading. Her path was directed towards studies, in complete freedom; Given her multiple interests, it was easy to predict a bright future for her. So bright that she left behind a wonderful trail of knowledge and discoveries. That little girl was me.

I have always had a clear concept that should be universally shared, in my opinion: science is an art; As for the artist, creativity and imagination are indispensable, so they are for those who practice scientific research at any level, of any kind. I believe without false modesty to be the living proof. I was born in Serantes on October 3, 1916. When I was three years old I could read and study the piano, soon I was immersed in the many books of the mother pianist, Maria del Carmen, and Father Antonio, a doctor passionate about zoology and natural history. At the age of 15 I finished high school in Ferrol, Galicia, and I enrolled at the University of Santiago de Compostela. Since I already loved every field of knowledge, I attended two courses simultaneously: that of science and that of literature, in spite of those who think that one should exclude the other. I liked them both for life; My two theses dealt, on the one hand, with social insects and, on the other, with the presence of women in the Don Quixote of Cervantes. It was in 1933. The following year I entered the University of Madrid because I wanted to deepen my studies in social sciences, but the Civil War that spread in my country interrupted everything. I returned home and devoted myself to the study of languages, French and English in particular. In 1940 my private life had a turning point because I married Eugenio Leira Manso, captain of the Navy. In 1941 I was finally able to complete the journey undertaken and graduate; The following year my daughter Maria was born, then became a successful architect and urban planner. For about seven years I taught in schools and colleges in my home region, but 1948 brought great news to my future as a scientist. I started working at the Maritime Fisheries Department of the Instituto Español de Oceanografia in Madrid, but it was as if I did not exist: I was there but I could not have any official assignment.

It seems incredible, but then there was always in force a law that prohibited women to access the IEO, both as students and as teachers and researchers, least of all as members of expeditions on the sea. However, I was "allowed", since they esteemed me, to continue the research and take courses to deepen the knowledge in the field of oceanography, which would later become mine. So as not to abandon the various fields of knowledge, I attended university in three different fields: analytical chemistry and plant ecology and experimental psychology. In 1951 I achieved the three goals, one after the other, with three theses and three degrees. The next year something moved, the law changed and I was finally officially admitted to the IEO, but in the seat of Vigo, in my land; I was immediately fascinated by a research that was soon made known and published: the incrustations of tiny marine organisms on the hulls of boats and ships. Also in 1952 another step forward and another professional project: I won a British Council scholarship that led me to Playmouth, Great Britain, to collaborate with the Marine Biological Association. In 1953 my personal record, the one that made me enter the history of women’s records: I was in fact the first woman to embark on an oceanographic ship, the "Sarsia", to carry out research in the open sea. The areas of action were essentially the English Channel and the Bay of Biscay, where I concentrated on entirely new experimental studies of plankton and three species of marine organisms: ketognates, syphonophores and jellyfish. Animals may appear less fascinating than others, even less beautiful, if you like, almost invisible, unpleasant each other, yet they help to know so much about the condition of the water, the characteristics of the areas in which they live and reproduce, the ocean temperature. I must be very grateful to them because they gave me the greatest honor for a scientist: a ketognato and a jellyfish that I discovered and studied have in fact taken my name! It is the Aidanosagitta alvarinoae and the Lizzia alvarinoae. In 1954, when the English parenthesis ended, I returned to Vigo where I managed to involve the local community and fishermen to carry out the activities of sampling marine species. After two years, the Fulbright Commission sent me on a scholarship to Cape Cod, Massachusetts, at the Woods Hole Oceanographic Institution. I met an excellent researcher, Mary Sears, who put me in touch with oceanographer Roger Revelle, director of the Scripps Institution of Oceanography in La Jolla, California. There was a great harmony between us, so much so that I worked there until 1969, investigating the Atlantic and Pacific oceans, but also the Indian one and the waters along the American coasts. Studying microorganisms and plankton, I came to discover the jellyfish Lizzia, nine species of syphonophores and twelve species of ketognates, including Aidanosagitta. Twenty-two in total, and that’s not small.

In the meantime I obtained my PhD in biology at the University of Madrid, while I was teaching marine biology and oceanography courses in various locations and in various parts of the world. Since 1970, also in the United States, I have entered the Southwest Fisheries Science Center that deals, on behalf of the Government, with research on the oceans and the atmosphere. I have taught for some periods in American universities: from Mexico to Brazil, but I have never abandoned the field investigations, participating, among other things, in expeditions along the coasts of South America, up to Antarctica, funded by FAO and UNESCO, I continued after my retirement in 1987. In 1993 the Spanish sovereigns awarded me the Silver Medal of Galicia in recognition of my long and brilliant career. When I had to thin out a certain type of adventures for the passing of the years, a new passion conquered me: the history of scientific explorations, a fascinating field on which there is still much to work and investigate. I dealt among others with an Italian navigator, little known in his country, Alessandro Malaspina, who was in the service of the king of Spain at the end of the eighteenth century and carried out significant research in the Pacific and the Atlantic; the result of my studies was published in 2002 in the book España y la primera expedición Científica oceánica, 1789-1794: Malaspina y Bustamante con las corbetas Descubierta y Atrevida which was added to the many articles and volumes already published. In the same year of my death, which occurred in San Diego on May 29, 2005, the University of La Coruña dedicated to me the Science Week and a stone stele, while Ferrol was affixed a plaque in memory of me on the Esteiro Campus. In 2015 the Royal Academy of Sciences of Galicia for the first time dedicated the Science Day in Galicia, celebrated on June 1, to a woman, I mean me; since 2018 I have been included in the Periodic Table of women scientists and I appear in the Women Tech World. I leave for last the greatest honor, but it does honor to all women: a Spanish oceanographic ship, officially launched by my daughter Maria in 2012, took my name, so somehow I continue to travel by sea thanks to the "Ángeles Alvariño".

 

Traduzione spagnola
Maria Carreras i Goicoechea

 

Erase una vez un niña muy madura, despierta e inteligente; había nacido en el noroeste de España, en una familia de personas cultas y con pasión por la lectura. Su camino se orientó hacia los estudios, con la máxima libertad; vistos sus numerosos intereses, era fácil prever para ella un futuro luminoso. Tan luminoso que dejó tras de sí un maravilloso surco de conocimientos y de descubrimientos. Esa niña era yo.

Siempre tuve claro un concepto que en mi opinión debería ser universal: la ciencia es un arte; como para el o la artista son indispensables creatividad e imaginación, también lo son para quienes se dedican a la investigación científica de cualquier tipo y a cualquier nivel. Creo, sin falsa modestia, que yo soy la prueba viviente de ello. Nací en Serantes el 3 de octubre de 1916. A los tres años sabía leer y estudiaba piano, al poco me sumergía en los muchos libros de mi madre pianista, María del Carmen, y de mi padre Antonio, un médico apasionado de zoología y de historia natural. Con 15 años terminé el instituto en Ferrol (Galicia) y me matriculé en la Universidad de Santiago de Compostela. Puesto que ya me encantaban todos los campos del saber, me matriculé al mismo tiempo en ciencias y en letras, desafiando a quienes piensan que lo uno excluye lo otro. A mí me gustaban, y siempre me han gustado, ambos; las dos tesis que defendí eran una sobre los insectos sociales y la otra sobre las figuras femeninas en el Quijote. Era el año 1933, al año siguiente entré en la Universidad de Madrid porque quería profundizar los estudios de ciencias sociales, pero la guerra civil lo interrumpió todo. Volví a casa y me dediqué al estudio de los idiomas, el francés y el inglés en especial. En 1940 mi vida privada dio un cambio importante porque me casé con Eugenio Leira Manso, capitán de la Marina Militar. En 1941 finalmente pude terminar los estudios y licenciarme otra vez; al año siguiente nació mi hija María, que más tarde se convirtió en una arquitecta y urbanista de fama. Durante casi siete años enseñé en escuelas y centros universitarios de mi región, pero 1948 trajo grandes novedades a mi futuro de científica puesto que empecé a trabajar en el departamento de pesca marítima del Instituto Español de Oceanografía (Madrid), aunque era como si yo no existiera: estaba pero no podía tener ningún cargo oficial.

Parece increíble, pero en aquel entonces había una ley en vigor que impedía que las mujeres accedieran al IEO, ya sea como estudiantes que como docentes o investigadoras, aún menos como componentes de expediciones en el mar. Sin embargo, dado que se me apreciaba, se me permitió seguir con mis investigaciones y asistir a cursos para profundizar mis conocimientos en el campo de la oceanografía, que más tarde se convertiría en mi campo. Para no abandonar los demás sectores del saber, estudiaba en la universidad en tres ámbitos distintos: química analítica, ecología de las plantas y psicología experimental. En 1951 alcancé los tres objetivos, uno tras otro, las tres tesis y las tres licenciaturas. Al año siguiente algo se movió, la ley cambió, y por fin me admitieron oficialmente en el IEO, en la sede de mi tierra, en Vigo. Me apasioné inmediatamente por el estudio de las incrustaciones de minúsculos organismos marinos en las quillas de los barcos y navíos. Ese mismo año, 1952, otro paso adelante y otra tesela profesional: obtuve una beca del British Council que me llevó a Playmouth, Gran Bretaña, a colaborar con la Marine Biological Assocation. En 1953 logré mi récord personal, el que me hizo entrar en la historia de los récords femeninos: fui la primera mujer en embarcarse en una nave oceanográfica, la “Sarsia”, para llevar a cabo estudios en alta mar. Los campos de acción fueron esencialmente el canal de la Mancha y el golfo de Vizcaya, donde me concentré en estudios experimentales, completamente nuevos, del plancton y de tres especies de organismos marinos: los quetognatos, los sifonóforos y las medusas. Pueden parecer animales menos fascinantes que otros, incluso menos hermosos, si queremos, casi invisibles los unos, desagradables las últimas, y sin embargo son muy útiles para conocer las condiciones del agua, las características de las zonas en las que viven y se reproducen, así como la temperatura oceánica. Les debo mucho porque me dieron los máximos honores para una científica: ¡un quetognato y una medusa que descubrí y estudié llevan mi nombre! Son la Aidanosagitta alvarinoae y la Lizzia alvarinoae. En 1954, terminado el paréntesis inglés, volví a Vigo donde logré implicar a la comunidad local y a los pescadores para llevar a cabo el muestreo de las especies marinas. Dos años más tarde, la Comisión Fulbright me concedió una beca para ir a la Woods Hole Oceanographic Institution de Cape Code (Massachusetts), donde tuve la suerte de conocer a una excelente investigadora, Mary Sears, que me puso en contacto con el oceanógrafo Roger Revelle, director de la Scripps Institution of Oceanography de La Jolla (California). Entre nosotros enseguida hubo una gran sintonía, de modo que me quedé allí hasta 1969, indagando sobre el océano Atlántico y el Pacífico, pero también sobre el Índico y sobre las aguas a lo largo de las costas americanas. Estudiando los microorganismos y el plancton descubrí la ya citada medusa Lizzia, nueve especies de sifonóforos y doce especies de quetognatos, entre los cuales la ya citada Aidanosagitta. Veintidós especies en total, no es poco.

Mientras tanto me doctoré en biología en la Universidad de Madrid, al tiempo que impartía clases de biología marina y oceanografía en distintas sedes y en varias partes del mundo. En 1970 entré a formar parte del Southwest Fisheries Science Center (EEUU), que se encarga, por cuenta del gobierno, de estudios sobre los océanos y la atmósfera. Durante algunas etapas enseñé en algunas universidades americanas, desde México hasta Brasil, sin abandonar jamás los estudios de campo, participando entre otras cosas en expediciones a lo largo de las costas de América del Sur, hasta la Antártida, financiadas por la FAO y la UNESCO; a las que tampoco dejé de participar tras jubilarme en 1987. En 1993 Sus Majestades los Reyes de España me otorgaron la Medalla de plata de Galicia como reconocimiento a mi larga y brillante carrera. Cuando tuve que empezar a reducir mis expediciones con la edad que avanzaba, me conquistó una nueva pasión: la historia de las exploraciones científicas, un campo fascinante sobre el que todavía hay mucho que trabajar e indagar. Entre otros, me ocupé de un investigador italiano, poco conocido en su país, Alessandro Malaspina, que estuvo al servicio del rey de España a finales de 1700 y llevó a cabo investigaciones importantes en el Pacífico y en el Atlántico; el resultado de mis estudios, que se añadió a muchos otros artículos y volúmenes ya publicados, apareció en 2002 bajo el título España y la primera expedición científica oceánica, 1789-1794: Malaspina y Bustamante con las corbetas Descubierta y Atrevida. El mismo año de mi muerte, que tuvo lugar en San Diego el 29 de mayo de 2005, la Universidad de La Coruña me dedicó la Semana das Ciencias y una estela de piedra y el ayuntamiento del Ferrol descubrió una placa conmemorativa en recuerdo mío en el Campus de Esteiro. En 2015 la Real Academia Gallega de Ciencias por primera vez dedicó el Día de la Ciencia en Galicia (1 de junio) a una mujer, es decir a mí. En 2018 me añadieron en la Tabla Periódica de las Científicas así como en el Women Tech World. Dejo por último el mayor honor, que honra a todas las mujeres: un buque oceanográfico español, botado oficialmente en 2012 por mi hija María, recibió mi nombre; así de algún modo sigo viajando gracias al “Ángeles Alvariño”.