Elizaveta Karamihailova
Marlene Ursini
Anastasia Usinger
«Proprio ora che i termini di sicurezza ambientale, ecologica e radioecologica sono pieni di significato reale e le persone hanno capito meglio il loro significato, dobbiamo esprimere il nostro apprezzamento per le attività nobili e umane della Prof.a E. Karamihailova. È una delle pioniere della nostra fisica nucleare [è la prima fisica nucleare bulgara] e una delle pioniere della radioecologia bulgara».
Con questo messaggio lo studioso B. Amov non lascia trapelare dubbi sull’importanza e sulla modernità degli studi della scienziata Elizaveta Karamihailova. Tante, alla sua maniera, hanno contribuito a scoperte da Nobel, senza averlo ricevuto, e sono state dimenticate, quasi come se il loro successo fosse stato rubato a uomini. Elizaveta nacque nel 1897 a Vienna, in un ambiente multiculturale, a metà fra l’arte e la scienza. La madre, inglese, studiava musica all’università, mentre il padre, bulgaro, frequentava la facoltà di Medicina. Trascorse, così, gran parte delle sue infanzia e adolescenza nella capitale austriaca, finché nel 1909 la famiglia si trasferì a Sofia, capitale della Bulgaria, dove Ivan Mikhaylov, il padre, sarebbe diventato uno dei chirurghi più famosi del Paese, anche grazie alla costruzione dell’Ospedale della Croce Rossa, del quale si promosse direttore a titolo gratuito; Elizaveta, nella sua vita, prese spesso spunto da questo gesto di solidarietà. Decise di tornare a Vienna per gli studi universitari in Fisica e Matematica, grazie ai quali ottenne il dottorato. In ambito della fisica atomica, lavorò come ricercatrice tra Vienna e Sofia. Nel 1931, attraverso un’osservazione di uno specifico tipo di radiazione emessa dal polonio, si avvicinò di molto alla scoperta dei neutroni, avvenuta poi un anno dopo per opera di James Chadwick. La passione per il suo lavoro andava oltre qualsiasi barriera: non essendo austriaca, fu assunta a tempo determinato ma, alla scadenza del contratto, continuò a lavorare in laboratorio senza retribuzione, arrotondando con qualche lezione privata, fin quando nel 1935 il premio di una borsa di ricerca al Girton College di Cambridge come “scienziata di talento”, non la ripagò di tutti i sacrifici. Quattro anni dopo fu nominata, per la prima volta in quanto donna, docente di Atomistica Sperimentale e Radioattività presso l’Università di Sofia. Lì diede la possibilità ai suoi studenti (maschi per lo più) di farsi amare sia dal lato professionale che da quello umano.
Con l’invasione sovietica della Bulgaria nel 1944, la sua posizione dichiaratamente anticomunista fece sì che il suo nome apparisse in una lista di “scienziati inaffidabili”. Nel dopoguerra, cambiata la situazione politica, fu designata Capo della sezione Radioattività dell'Accademia bulgara delle scienze, carica che le permise presto di indicare gli obiettivi principali nell'organizzazione dei problemi legati alla radioattività: si parla, infatti, di un periodo in cui le fonti di rischio radioattivo in Bulgaria erano cospicue e preoccupanti. Immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale, in Bulgaria era infatti iniziata l'attività di estrazione dell’uranio, che presto necessitò di un impianto per concentrare il minerale, prendendo così forma vicino al villaggio di Buhovo nel 1947, e in poco tempo trasformandosi in una vera e propria fabbrica di idrometallurgia. A distanza di settant’anni, proprio grazie a personalità coraggiose e previdenti come Karamihailova, diamo per scontate la gravità e l’estensione di una contaminazione da uranio nociva, ma, a quel tempo, la sua era solo una “scomoda” ipotesi, per la quale però valeva la pena lottare, anche a costo di rischiare la vita. I suoi studi infatti, compiuti negli anni Cinquanta insieme ad una valida squadra di esperti, dimostrarono, senza ombra di dubbio, un inquinamento da Radium-226 (un isotopo radiattivo) e, allo stesso tempo, fu notata la presenza di nefrite balcanica endemica in gran parte della popolazione bulgara, una malattia dei reni e del tratto urinario di cui purtroppo ancora oggi si conosce poco. La stessa Karamihailova non riuscì a dimostrare la dipendenza diretta della malattia dalle radiazioni.
Vale la pena ricordare Elizaveta Karamihailova anche per le analisi delle acque minerali bulgare e il trattamento del fango, avendo indagato, con successo, la relazione tra le loro capacità di guarigione e la radioattività e per la misurazione della spettroscopia di massa degli isotopi del piombo al fine di definire la stabilità della loro presenza nei diversi minerali. Una fonte diretta ci consegna un riscontro alternativo e interessante su questa scienziata: lo studioso N. Balabanov. Dal suo contributo nel saggio Prof. Elizaveta Karamihailova – the first lady of the bulgarian physics (the contributions of Prof. E. Karamihailova in radioactive studies) sappiamo che lui, in qualità di rappresentante della Bulgaria durante la conferenza internazionale Applicazione pacifica dell'energia nucleare e dei giovani,tenutasi a Mosca nell’agosto 1958, ebbe la possibilità, poco prima dell’evento, di trascorrere un certo periodo di tempo nel suo laboratorio. Dichiarò di essere rimasto estremamente sorpreso dalla sua disponibilità e dal suo brillante modo di lavorare. I due ragionarono insieme anche sul senso civile da dare al discorso di Balabanov durante il convegno; portando, così, su quel palco, un messaggio comune al popolo bulgaro, o meglio, della sua giovane generazione, di cui lui, ventisettenne, faceva parte. Erano accomunati dal potente desiderio della cessazione immediata dei test e dell'uso delle armi nucleari. I timori sugli effetti nocivi delle radiazioni si dimostrarono fondati e lei, come molti colleghi, ne subirono le conseguenze. Elizaveta Karamihailova morì, nel 1968, di cancro.
Traduzione francese
«Aujourd’hui à l'heure où les termes de sécurité environnementale, écologique et radio écologique ont un sens réel et les gens ont mieux compris leur signification, nous devons exprimer notre appréciation pour les activités nobles et humaines de la Professeure E. Karamihailova. Elle est l'une des pionnières de notre physique nucléaire [la première physique nucléaire bulgare] et l'une des pionnières de la radioécologie bulgare».
Avec ce message, le savant B. Amov ne laisse aucun doute sur l'importance et la modernité des études de la scientifique Elizaveta Karamihailova. Beaucoup de femmes, chacune à sa manière, ont contribué à des découvertes de la valeur du Nobel, sans l'avoir reçu, et ont été oubliées, presque comme si leur succès avait été volé aux hommes. Elizaveta est née en 1897 à Vienne, dans un environnement multiculturel, à mi-chemin entre l'art et la science. La mère, originaire d'Angleterre, a étudié la musique à l'université, tandis que le père, originaire de Bulgarie, a fréquenté la faculté de médecine. Elle a ainsi passé la majeure partie de son enfance et de son adolescence dans la capitale autrichienne, jusqu'au 1909 quand la famille déménage à Sofia, la capitale de la Bulgarie, où Ivan Mikhaylov, le père, deviendra l'un des chirurgiens les plus célèbres du Pays, grâce aussi à la construction de l'hôpital de la Croix-Rouge, dont il devint directeur à titre gratuit ; dans sa vie, Elizaveta s'est souvent inspirée de ce geste de solidarité. Elle décide de retourner à Vienne pour les études universitaires en physique et mathématiques, grâce auxquelles elle obtient son doctorat. Dans le domaine de la physique atomique, elle a travaillé comme chercheuse entre Vienne et Sofia. En 1931, grâce à une observation d'un type spécifique de rayonnement émis par le polonium, elle s’approche beaucoup à la découverte des neutrons, qui aura lieu un an plus tard par James Chadwick. La passion pour son travail dépassait toute barrière : n'étant pas autrichienne, elle fut engagée à durée déterminée mais, à l'expiration du contrat, elle a continué à travailler au laboratoire sans rémunération, arrondissant avec quelques leçons privées, jusqu'au 1935, quand le prix d'une bourse de recherche au Girton College de Cambridge en tant que "scientifique de talent" ne la remboursa pas pour tous ses sacrifices. Quatre ans plus tard, elle est nommée, pour la première fois en tant que femme, professeure d'Atomistique Expérimentale et de Radioactivité à l'Université de Sofia. Là, elle donna à ses étudiants (principalement des hommes) l'opportunité d'être aimée à la fois du côté professionnel et humain.
Avec l'invasion soviétique de la Bulgarie en 1944, sa position ouvertement anti-communiste fit apparaître son nom sur une liste de "scientifiques indignes de confiance". Après la guerre, la situation politique a changé, elle a été désignée Chef de la section Radioactivité de l'Académie bulgare des sciences, poste qui lui a rapidement permis d'indiquer les principaux objectifs dans l'organisation des problèmes liés à la radioactivité : on parle en effet, d’une période au cours de laquelle les sources de risque radioactif en Bulgarie étaient manifestes et préoccupantes. Immédiatement après la Seconde Guerre mondiale, l’exploitation de l’uranium avait en effet commencé en Bulgarie, qui eut bientôt besoin d’une usine pour concentrer le minéral, prenant forme près du village de Buhovo en 1947, et en peu de temps, se transforma en une véritable usine d’hydrométallurgie. Soixante-dix ans plus tard, grâce à des personnalités courageuses et prévoyantes comme Karamihailova, nous prenons pour acquis la gravité et l'étendue d'une contamination nocive à l'uranium, mais, à l'époque-là, la sienne n'était qu'une hypothèse "dérangeante", pour laquelle, cependant, valait la peine de battre, même au risque de sa vie. En effet, ses études, menées dans les années 1950 avec une équipe d'experts valables, ont mis en évidence, sans l'ombre d'un doute, une pollution par Radium-226 (un isotope radioactif) et, en même temps, la présence de la néphrite balkanique endémique a été notée dans une grande partie de la population bulgare, une maladie des reins et des voies urinaires dont, malheureusement, on sait encore peu aujourd'hui. Karamihailova elle-même n'a pas pu prouver la dépendance directe de la maladie aux radiations.
Elizaveta Karamihailova mérite également d'être mentionnée pour ses analyses des eaux minérales bulgares et du traitement de la boue, ayant étudié avec succès la relation entre leurs capacités de guérison et la radioactivité et pour la mesure de la spectroscopie de masse des isotopes du plomb afin de définir la stabilité de leur présence dans les différents minéraux Une source directe nous donne un retour alternatif et intéressant sur cette scientifique : le chercheur N. Balabanov. De sa contribution dans l'essai Prof. Elizaveta Karamihailova - la première dame de la physique bulgare (les contributions de laProf. E. Karamihailova dans les études radioactives) nous savons que lui, en tant que représentant de la Bulgarie lors de la conférence internationale Application pacifique de l'énergie nucléaire et des jeunes, qui eut lieu à Moscou le mois d’août 1958, il eut l'occasion, peu avant l'événement, de passer un certain temps dans son laboratoire. Il s'est dit extrêmement surpris par sa disponibilité et sa brillante façon de travailler. Les deux ont également raisonné ensemble sur le sens civil à donner au discours de Balabanov lors de la conférence ; apportant ainsi sur cette scène un message commun au peuple bulgare, ou plutôt à sa jeune génération, dont lui, âgé de 27 ans, faisait partie. Ils partageaient un puissant désir d'une cessation immédiate des essais et de l'utilisation des armes nucléaires. Les craintes concernant les effets nocifs des radiations se sont avérées fondées et elle, comme de nombreux collègues, en a subi les conséquences. Elizaveta Karamihailova est decedé en 1968 d'un cancer.
Traduzione inglese
Chiara Celeste Ryan
«But right now when the terms environmental safety, ecology and radioecology are filled with real meaning and people better realized their meaning, we need to give our appreciation for the noble and humane activities of Prof. E. Karamihailova. She is one of the pioneers of our nuclear physics (she is the first Bulgarian nuclear physicist) and one of the pioneers of Bulgarian radioecology.»
With this message the scholar B. Amov leaves no doubt as to the importance and contemporaneity of the studies Elizaveta Karamihailova. Many female scientists, like her, have contributed to Nobel Prize-winning discoveries, without having received ever received the prize, and have then been forgotten, almost as if their success had been stolen by men. Born into a multicultural environment in Vienna in 1897, Elizaveta was brought up surrounded by art and science. Her English mother studied music at the university, while her Bulgarian father attended medical school. She spent much of her childhood and adolescence in the Austrian capital. In 1909 her family moved to Sofia, the capital of Bulgaria, where Ivan Mikhaylov, her father, became one of the country’s most famous surgeons, thanks in part to the construction of the Red Cross Hospital, of which he became unpaid director. This gesture of solidarity was later often drawn upon by Elizaveta. She then decided to return to Vienna to study physics and mathematics at university, where she obtained a doctorate. She worked as a researcher in the field of atomic physics both in Vienna and Sofia. In 1931, in experiments observing a specific type of radiation emitted by the element polonium, she came very close to the discovery of neutrons, which was achieved just a year later by James Chadwick. Her passion for her work transcended all barriers. As she was not Austrian, she was hired on a temporary basis and, when her contract expired, she continued to work, unpaid, in the laboratory, supporting herself by giving private lessons. In 1935 the award of a “talented scientist”research grant by Girton College, Cambridge, rewarded Karamihailova for all her sacrifices. Four years later she was appointed Professor of Experimental Atomistics and Radioactivity at Sofia University, the first woman ever to hold this position. There she was respected and loved by her students (mostly male) both professionally and on a personal level.
With the Soviet invasion of Bulgaria in 1944, her openly anti-Communist stance meant that her name appeared on an “unreliable scientists” list. After the war, the political situation having changed, she was appointed Head of the Radioactivity Section of the Bulgarian Academy of Sciences, a position that soon enabled her to set the organization’s main objectives related to problems of radioactivity. This was a period in which radioactive related risks in Bulgaria were significant and worrying. Immediately after the Second World War uranium mines were opened in Bulgaria, requiring refining plants to concentrate the uranium ore. These were established near the village of Buhovo in 1947, which soon turned into a full-fledged hydrometallurgical factory. Seventy years later, thanks to courageous and farsighted people like Karamihailova, we understand the seriousness and magnitude of harmful uranium contamination, but at the time it was only an “uncomfortable” hypothesis, but one she considered worth fighting for, even at the cost of risking her life. Elizaveta’s studies, carried out with a team of experts in the 1950s , proved beyond doubt that the area was polluted with Radium-226 (a radioactive isotope). At the same time a large part of the Bulgarian population was suffering from endemic Balkan nephritis, a disease of the kidneys and urinary tract about which, unfortunately, little is known even today. Unfortunately, Karamihailova was unable to prove the direct link between the disease and radiation.
Included in Karamihailova’s areas of research is her analysis of Bulgarian mineral waters and therapeutic mud-curing, investigating the relationship between their healing properties and radioactivity. She also used mass spectroscopy on lead isotopes ascertaining their stability in various minerals. A direct source, the scholar N. Balabanov, provides us with an alternative and interesting account of this scientist. From his essay Prof. Elizaveta Karamihailova - the first lady of the Bulgarian physics (the contributions of Prof. E. Karamihailova in radioactive studies) we know that he, as Bulgaria’s representative at the International Conference on the Peaceful Uses of Nuclear Energy, held in Moscow in August 1958, had the opportunity, shortly before the event, to spend some time in her laboratory. He stated that he was surprised by her enthusiasm and her brilliant method of working. They also discussed the social aspects of the speech Balabanov was to present during the conference, giving a message to the Bulgarian people, or rather to its young generation, of which he, at 27 years of age, was a part. They were united by a powerful desire for an immediate end to nuclear testing and weapons use. Fears about the harmful effects of radiation proved to be well-founded and she, like many of her colleagues, suffered the consequences. Elizaveta Karamihailova died of cancer in 1968.
Traduzione spagnola
Arianna Calabretta
«Justo ahora que los términos de seguridad medioambiental, ecológica y radioecológica están llenos de significado real y la gente comprendió mejor su significado, tenemos que expresar nuestro agradecimiento hacia las actividades nobles y humanas de la profesora E. Karamihailova. Es una de las pioneras de nuestra física nuclear [la primera física nuclear búlgara] y una de las pioneras de radioecología búlgara».
Con este mensaje, el estudioso B. Amov no dejó entrever ninguna duda sobre la importancia y sobre la modernidad de los estudios de la científica Elizaveta Karamihailova. Muchas, a su manera, contribuyeron a los descubrimientos dignos de Nobel, sin haberlo obtenido, y fueron olvidadas, casi como si su éxito hubiera sido robado a los hombres. Elizaveta nació en 1897 en Viena, en un contexto multicultural, a caballo entre el arte y la ciencia. Su madre, inglesa, estudiaba música en la universidad, en cambio, el padre, búlgaro, estudiaba en la facultad de Medicina. Así, pasó gran parte de su infancia y adolescencia en la capital austriaca, hasta que en 1909 la familia se mudó a Sofía, capital de Bulgaria, donde Ivan Mikhaylov, su padre, se convirtió en uno de los cirujanos más famosos del país, también gracias a la construcción del Hospital de la Cruz Roja, del que se hizo ofreció ser director a título gratuito; Elizaveta, en su vida, muy a menudo se inspiró en este gesto de solidaridad. Decidió regresar a Viena por los estudios universitarios en física y matemática, gracias a los cuales obtuvo un doctorado. En el ámbito de la física atómica, trabajó como investigadora entre Viena y Sofía. En 1931, mediante una observación de un tipo específico de radiación emitida por el polonio, se acercó mucho al descubrimiento de los neutrones, que tuvo lugar un año después gracias a James Chadwick. La pasión por su trabajo, superó todo tipo de barrera: como no era austriaca, la contrataron a plazo fijo, pero cuando terminó el contrato siguió trabajando en el laboratorio sin retribución, compensando con algunas clases particulares, hasta que en 1935 la asignación de una beca de investigación en el Girton College de Cambridge como “científica de talento”, le reconoció todos los sacrificios. Cuatro años después la nombraron, por primera vez como mujer, catedrática de Atomística Experimental y de Radioactividad en la Universidad de Sofía. Allí, dio a sus estudiantes (hombres en su mayoría) la posibilidad de ser apreciada tanto a nivel profesional como humano.
En 1944, con la invasión soviética de Bulgaria, su posición declaradamente anticomunista hizo que su nombre figurase en una lista de “científicos poco fiables”. Durante la posguerra, al cambiar la situación política, la nombraron Jefa del departamento de Radioactividad de la Academia búlgara de las ciencias, cargo que pronto le permitió establecer los objetivos principales en la organización de los problemas radioactivos: de hecho, se trató de un periodo donde las fuentes de riesgo radioactivo en Bulgaria eran numerosas y preocupantes. Inmediatamente tras la Segunda Guerra Mundial, en Bulgaria había empezado la actividad de extracción de uranio que prontamente necesitó una instalación para concentrar el mineral, así, en 1947 se realizó cerca del pueblo de Buhovo y, en poco tiempo se convirtió en una verdadera fábrica de hidrometalurgia. 70 años despúes, precisamente gracias a personalidades valientes y previsoras como Karamihailova, damos por descontada la gravedad y la extensión de una contaminación nociva de uranio, pero, en aquella época, la suya era solo una hipótesis “incómoda”, por la cual sin embargo valía la pena luchar, incluso a costa de arriesgar la vida. En efecto, sus estudios, realizados en los años 50 junto con un válido equipo de expertos, demostraron, sin la mínima duda , una contaminación por Radium-226 (un isótopo radioactivo) al mismo tiempo que se observaba la presencia de nefritis balcánica endémica en gran parte de la población búlgara, una enfermedad de los riñones y del tracto urinario del que lamentablemente se conoce poco aún hoy. La misma Karamihailova no pudo demostrar que la enfermedad dependiera directamente de las radiaciones.
También vale la pena mencionar a Elizaveta Karamihailova por los análisis de las aguas minerales búlgaras y del tratamiento del barro, pues investigó con éxito sobre la relación entre sus capacidades curativas y la radioactividad así como por la medición de la espectroscopia de masa de los isótopos de plomo para definir la estabilidad de su presencia en diferentes minerales. Una fuente directa nos aporta un alternativa e interesante noticia sobre esta científica: el estudioso N. Balabanov. Gracias a su contribución en el ensayo Prof. Elizaveta Karamihailova – the first lady of the bulgarian physics (the contributions of Prof. E. Karamihailova in radioactive studies) sabemos que él, en calidad de representante de Bulgaria durante la conferencia internacional Aplicación pacífica de la energía nuclear y de los jóvenes, que se celebró en Moscú en agosto de 1958, tuvo la posibilidad, poco antes del evento, de pasar algún tiempo en su laboratorio. Declaró que se había quedado extremamente sorprendido por su amabilidad y por su brillante forma de trabajar. Además, razonaron juntos sobre el sentido civil que debía darse al discurso de Balabanov durante el congreso; llevando así, a ese escenario, un mensaje común al pueblo búlgaro o, mejor dicho, a su joven generación, a la cual, con 27 años, él pertenecía. Les unía un poderoso deseo de poner fin inmediatamente a las pruebas y al uso de armas nucleares. Los temores sobre los efectos nocivos de las radiaciones resultaron fundados y ella, como muchos compañeros de trabajo, sufrió las consecuencias. Elizaveta Karamihailova murió de cáncer en 1968.