Esther Duflo
Sara Marsico
Giada Ionà
Motivazione del Premio Nobel per l'Economia:«Perché i suoi studi hanno sensibilmente migliorato la nostra capacità di combattere la povertà nella pratica e per il suo approccio sperimentale a ridurre la povertà globale».
Esther Duflo, economista franco-americana, nasce a Parigi il 25 ottobre del 1972 da madre pediatra, impegnata nel volontariato per l’aiuto all'infanzia vittima di guerra, e padre professore di matematica. Attratta fin da piccola dalle figure di madre Teresa di Calcutta e Albert Schweitzer, si interroga assai presto sulle ragioni della sua fortuna di ragazza che può dedicarsi a sviluppare i propri talenti, mentre a molte altre persone nel mondo, comprese alcune a lei vicine, il sistema economico non dà le stesse opportunità. Studia storia ed economia alla École Normale Superieure di Parigi, completando il dottorato in Economia al Mit nel 1999, dopo averne conseguito uno a Parigi e avere insegnato all’Università di Princeton. Il suo curriculum è ricchissimo di pubblicazioni, relazioni e dottorati honoris causa presso le più prestigiose università, tra cui Oxford, Yale, Harvard e London School of Economics. È la più giovane vincitrice, a 46 anni, nel 2019, del Premio Nobel per l'Economia e la seconda donna, dopo Elinor Ostrom, a riceverlo, anche se condiviso con il marito e collega universitario Abhijit Banerjee e con Michael Kremer. Dopo il Master al Mit decide di rimanere nel tempio dell’economia statunitense, dove oggi ricopre l’incarico di professoressa di Economia dello sviluppo e per la riduzione della povertà nella facoltà intitolata a Abdul Latif Jameel, a coronamento di una carriera iniziata come associata a soli 29 anni.
Il merito più grande di Esther Duflo e del suo gruppo di ricerca è di avere fatto apprezzare al Mit l’importanza di un tema, considerato per molto tempo marginale: la riduzione della povertà in una facoltà di Economia. Questo è potuto avvenire, oltre che per la grande determinazione e autorevolezza di Duflo, definita da Forbes nel 2007 una delle dieci persone in grado di cambiare il mondo e dall’Economist una delle più influenti, per l’approccio nuovo della studiosa e del suo movimento diretto a ottenere risposte affidabili, perché riferite a temi e casi specifici, sulle vie migliori per combattere la povertà globale. L’economista che parla l’americano con un gradevolissimo accento francese e che da piccola era considerata un maschiaccio ha lanciato un nuovo modello per la ricerca economica, applicando un rigoroso metodo scientifico ai progetti di sviluppo nei Paesi poveri, metodo fondato sulle indagini del Pal, Poverty Action Lab, di cui è stata cofondatrice ed è tuttora Presidente, una rete internazionale di ricerca per combattere la povertà. Come lei stessa ha affermato: «La povertà si può combattere, ma i modelli teorici non bastano. Non abbiamo bisogno di previsioni oracolari. Lavoriamo sul campo». E Duflo sul campo c’è stata davvero, soprattutto in Africa e in India. «Cerchiamo di creare un legame tra scienza e azione – continua – e abbiamo preso in prestito dalla medicina il metodo di valutazione random, confrontando gli effetti di iniziative contro la povertà su un gruppo sperimentale e su un gruppo di controllo». Si tratta di un «laboratorio di esperimenti empirici», che adotta un approccio pragmatico volto a testare su basi concrete l'impatto delle strategie elaborate attraverso l’analisi controfattuale (randomized controlled trial), per andare a fondo ed individuare i meccanismi che generano la povertà, il sottosviluppo e le disuguaglianze economiche.
Donna di grande semplicità, dotata di un notevole senso dell’umorismo e di umiltà, emersa anche nel suo discorso in occasione dell’assegnazione del Premio Nobel, in cui ha riconosciuto che i suoi studi sono il frutto di uno sforzo collettivo a cui hanno preso parte moltissime persone, dice di sé di essere stata una studente “tuttofare” e senza inclinazioni particolari. Quando ha scoperto l’economia ha compreso che poteva rappresentare la chance di fare qualcosa per i temi che le stavano a cuore. Una volta approdata al Mit ha seguito i seminari di quello che sarebbe diventato suo marito e in due decenni ha trasformato insieme a lui e ad altri/e l’Economia dello sviluppo, che oggi è un fiorente campo di ricerca. Secondo Duflo gli studi di Economia dello sviluppo si sono fatti sfuggire negli anni passati alcuni dettagli e gli interventi proposti non sono stati sempre in grado di raggiungere i risultati sperati, con grande dispendio di risorse e investimenti e politiche economiche sbagliate. Il metodo di Duflo si differenzia sia da quello di chi propone imponenti trasferimenti alle Nazioni povere, sia da quello di chi rifiuta tale aiuto ritenendolo una forma di paternalismo del mondo ricco e si applica a molte tematiche all’interno della povertà globale, come la sanità, l’istruzione, l’agricoltura e le questioni di genere. Il metodo si basa su una sperimentazione molto simile a quella clinica usata per testare un nuovo farmaco. Quando si sperimenta un nuovo farmaco, il campione è scelto a caso, somministrando a un certo numero di persone dei placebo e ad altre il farmaco sperimentale con i suoi principi attivi. La valutazione aleatoria utilizzata da Duflo funziona esattamente nello stesso modo.
Tra i tanti esempi di nuove politiche per la mitigazione della povertà è da ricordare quello adottato per superare le difficoltà di vaccinazione di bambini e bambine nel Rajasthan secondo il programma governativo. «I genitori avevano l’impressione che non si trattasse di qualcosa di urgente. Il vaccino era una prevenzione, non una risposta ad una crisi immediata. Questione di mentalità». Di qui la proposta, estremamente semplice: regalare un chilogrammo di lenticchie a chi si presentava per effettuare i vaccini. Dai risultati è emerso che il gruppo a cui era stato assegnato un chilo di lenticchie aveva triplicato il tasso di vaccinazione. Nel gruppo a cui l’incentivo non era stato dato il tasso di vaccinazione era rimasto invariato. L’approccio innovativo di Duflo e di colleghi e colleghe consiste nel suddividere la povertà globale in questioni più piccole, affrontabili più facilmente, come ad esempio escogitare interventi più efficaci per migliorare i risultati dell’istruzione della gioventù o la sua igiene, come combattere la malaria o come ridurre la dispersione scolastica in alcuni Paesi.
Debellare i vermi e quindi migliorare la salute dei bambini e delle bambine può essere un approccio vincente per aumentare la partecipazione alla didattica, come acquistare un’uniforme scolastica per le e gli studenti che non frequentano perché non se la possono permettere. Essere sul campo, raccogliere dati, cercare di capire direttamente per essere utili nell’immediato, questo lo spirito del nuovo modo di affrontare le «trappole di povertà», toccando i tasti giusti, smontando il luogo comune, sperimentato sul campo, che le persone povere sarebbero indolenti. Duflo si rammarica della scarsa presenza delle donne in tutte le professioni, ma soprattutto in campo economico e ne ravvisa la causa nei temi troppo aridi e tecnici affrontati da economisti maschi e bianchi, che rendono l’economia poco interessante. L’economia deve essere umana e mettersi al servizio della collettività, individuando strumenti in grado di affrontare le sfide di oggi: riscaldamento globale, lavoro e giustizia sociale. E le donne devono essere incoraggiate a effettuare questi studi, anche seguendo il suo esempio.
Tra i libri scritti da Duflo, oltre alle numerose pubblicazioni, ricordiamo Poor Economics: A Radical Rethinking of the Way to Fight Global Poverty, con Abhijit V. Banerjee e nel 2019, sempre con il marito, Una buona economia per tempi difficili, edito in Italia da Laterza. Tra i tanti riconoscimenti vanno citati quello di Commendatrice dell'ordine della Legion d'onore (2020-Francia) e Ufficiale dell’Ordine nazionale al Merito (2013- Francia). Come Marie Curie anche Esther Duflo ha destinato la somma ricevuta per il Premio Nobel alla ricerca.
Traduzione francese
Guenoah Mroue
Motivation du Prix Nobel d’économie : «Parce que ses études ont sensiblement amélioré notre capacité à combattre la pauvreté dans la pratique et son approche expérimentale pour réduire la pauvreté globale».
Esther Duflo, économiste franco-américaine, est née à Paris le 25 octobre 1972 en tant que mère pédiatre, bénévole dans l’aide aux enfants victimes de la guerre, et père professeur de mathématiques. Attirée dès son plus jeune âge par les figures de Mère Teresa de Calcutta et Albert Schweitzer, elle s’interroge très tôt sur les raisons de sa fortune de jeune fille qui peut se consacrer à développer ses talents, tandis que de nombreuses autres personnes dans le monde, y compris certaines proches d’elle, le système économique ne donne pas les mêmes chances. Elle étudie l’histoire et l’économie à l’École supérieure de Paris, obtenant son doctorat en économie au MIT en 1999, après en avoir obtenu un à Paris et avoir enseigné à l’université de Princeton. Son parcours est riche en publications, rapports et doctorats honoris dans les universités les plus prestigieuses, y compris Oxford, Yale, Harvard et London School of Economics. Elle est la plus jeune lauréate, à 46 ans, du Prix Nobel d’économie et la deuxième femme, après Elinor Ostrom, à le recevoir, bien qu’elle ait été partagée avec son mari et collègue universitaire Abhijit Banerjee et avec Michael Kremer. Après sa maîtrise au MIT, elle décide de rester dans le temple de l’économie américaine, où elle occupe aujourd’hui le poste de professeur d’économie du développement et de réduction de la pauvreté dans la faculté intitulée à Abdul Latif Jameel, elle a terminé sa carrière comme associée à seulement 29 ans.
Le plus grand mérite d’Esther Duflo et de son groupe de recherche est d’avoir fait apprécier au MIT l’importance d’un thème longtemps considéré comme marginal : la réduction de la pauvreté dans une faculté d’économie. Ceci a pu se produire, en plus de la grande détermination et autorité de Duflo, définie par Forbes en 2007 comme l’une des dix personnes capables de changer le monde et par The Economist l’une des plus influentes, pour la nouvelle approche de la chercheuse et de son mouvement visant à obtenir des réponses fiables, parce qu’elles se réfèrent à des thèmes et des cas spécifiques, sur les meilleures voies pour combattre la pauvreté mondiale. L’économiste qui parle l’américain avec un accent français très agréable et qui était considéré comme un garçon manqué a lancé un nouveau modèle pour la recherche économique, en appliquant une méthode scientifique rigoureuse aux projets de développement dans les pays pauvres, La méthode fondée sur les enquêtes du Pal, Poverty Action Lab, dont elle a été cofondatrice et est toujours présidente, un réseau international de recherche pour combattre la pauvreté. Comme elle l’a dit elle-même : «La pauvreté peut être combattue, mais les modèles théoriques ne suffisent pas. Nous n’avons pas besoin de prévisions oraculaires. Nous travaillons sur le terrain ». Et Duflo sur le terrain a vraiment existé, surtout en Afrique et en Inde. «Nous essayons de créer un lien entre science et action - poursuit-elle - et nous avons emprunté à la médecine la méthode d’évaluation aléatoire, en comparant les effets d’initiatives contre la pauvreté sur un groupe expérimental et sur un groupe témoin». Il s’agit d’un «laboratoire d’expériences empiriques» qui adopte une approche pragmatique visant à tester sur des bases concrètes l’impact des stratégies élaborées à travers l’analyse contre-factuelle (randomisé controlled trial) pour aller au fond et identifier les mécanismes qui engendrent la pauvreté, le sous-développement et les inégalités économiques.
Femme d’une grande simplicité, dotée d’un remarquable sens de l’humour et d’humilité, qui a également émergé dans son discours lors de l’attribution du Prix Nobel, dans lequel elle a reconnu que ses études sont le fruit d’un effort collectif auquel ont participé de très nombreuses personnes, elle dit qu’elle a été une élève "polyvalente" et sans inclination particulière. Quand elle a découvert l’économie, elle a compris qu’elle pouvait être l’occasion de faire quelque chose pour les sujets qui lui tenaient à cœur. Une fois arrivée au MIT, elle a suivi les séminaires de ce qui allait devenir son mari et en deux décennies, elle a transformé avec lui et d’autres l’économie du développement, qui est aujourd’hui un domaine de recherche florissant. Selon Duflo, les études d’économie du développement ont échappé dans les années passées à quelques détails et les interventions proposées n’ont pas toujours été en mesure d’atteindre les résultats escomptés, avec une grande dépense de ressources et d’investissements et de politiques économiques erronées. La méthode de Duflo diffère à la fois de celle de ceux qui proposent d’importants transferts aux nations pauvres et de ceux qui refusent cette aide en la considérant comme une forme de paternalisme du monde riche et s’applique à de nombreux thèmes au sein de la pauvreté mondiale, comme la santé, l’éducation, l’agriculture et les questions de genre. La méthode est basée sur un essai très similaire à celui clinique utilisé pour tester un nouveau médicament. Lors de l’essai d’un nouveau médicament, l’échantillon est choisi au hasard, en administrant à un certain nombre de personnes un placebo et à d’autres le médicament expérimental avec ses principes actifs. L’évaluation aléatoire utilisée par Duflo fonctionne exactement de la même manière.
Parmi les nombreux exemples de nouvelles politiques d’atténuation de la pauvreté figure celui adopté pour surmonter les difficultés de vaccination des enfants au Rajasthan selon le programme gouvernemental. «Les parents avaient l’impression que ce n’était pas urgent. Le vaccin était une prévention, pas une réponse à une crise immédiate. Question de mentalité». D’où la proposition, extrêmement simple : donner un kilogramme de lentilles à ceux qui se présentaient pour effectuer les vaccins. Les résultats ont montré que le groupe ayant reçu un kilo de lentilles avait triplé le taux de vaccination. Le taux de vaccination est resté inchangé dans le groupe auquel l’incitation n’a pas été accordée. L’approche novatrice de Duflo et de ses collègues consiste à diviser la pauvreté mondiale en des questions plus petites et plus faciles à traiter, comme par exemple concevoir des interventions plus efficaces pour améliorer les résultats de l’éducation de la jeunesse ou son hygiène, comment lutter contre le paludisme ou comment réduire le décrochage scolaire dans certains pays.
Éradiquer les vers et améliorer ainsi la santé des garçons et des filles peut être une approche gagnante pour augmenter la participation à l’enseignement, comme acheter un uniforme scolaire pour les étudiants qui ne fréquentent pas parce qu’ils ne peuvent pas se le permettre. Être sur le terrain, recueillir des données, essayer de comprendre directement pour être utile dans l’immédiat, c’est l’esprit de la nouvelle façon d’affronter les « pièges de pauvreté », en touchant les bons boutons, en démontant le cliché, expérimenté sur le terrain, les pauvres seraient paresseux. Duflo regrette la faible présence des femmes dans toutes les professions, mais surtout dans le domaine économique et en voit la cause dans les thèmes trop arides et techniques affrontés par des économistes masculins et blancs, qui rendent l’économie peu intéressante. L’économie doit être humaine et se mettre au service de la collectivité, en identifiant des instruments capables de relever les défis d’aujourd’hui: réchauffement climatique, travail et justice sociale. Et les femmes doivent être encouragées à mener ces études, même en suivant son exemple.
Parmi les livres écrits par Duflo, en plus des nombreuses publications, citons Poor Economics: A Radical Rethinking of the Way to Fight Global Poverty, avec Abhijit V. Banerjee et en 2019, toujours avec son mari, Une bonne économie pour les temps difficiles, édité en Italie par Laterza. Parmi les nombreuses distinctions, il faut citer celle de Commandeuse de l’ordre de la Légion d’honneur (2020-France) et Officier de l’Ordre national du Mérite (2013-France). Comme Marie Curie, Esther Duflo a consacré la somme reçue pour le prix Nobel à la recherche.
Traduzione inglese
Syd Stapleton
Awarded the Nobel Prize in Economics, «Because her studies have significantly improved our ability to fight poverty in practice and for her experimental approach to reducing global poverty».
Esther Duflo, a French-American economist, was born in Paris on Oct. 25, 1972, to a pediatrician mother, involved in volunteer work to help war-affected children, and a mathematics professor father. Drawn as a child to the figures of Mother Teresa of Calcutta and Albert Schweitzer, at a very early age she questioned the reasons for her good fortune as a girl who could devote herself to developing her talents, while many other people in the world, including some close to her, were not given the same opportunities by the economic system. She studied history and economics at the École Normale Superieure in Paris, completing her Ph.D. in economics at MIT in 1999, and has been a professor at MIT ever since, aside from one year at Princeton University, and time at the Paris School of Economics. Her resume is replete with publications, reports and honorary doctorates from the most prestigious universities, including Oxford, Yale, Harvard and the London School of Economics. She is the youngest winner, at age 46, in 2019, of the Nobel Prize in Economics and the second woman, after Elinor Ostrom, to receive it, although she shared it with her husband (and thesis advisor) Abhijit Banerjee and with Michael Kremer. After her Ph.D. degree at MIT, she decided to remain there, where she now holds the position of professor of Development and Poverty Reduction Economics, crowning a career that began as a tenured associate professor at only 29 years old.
One of the greatest accomplishments of Esther Duflo and her research team is that they have made MIT appreciate the importance to an economics faculty of a topic long considered marginal, namely poverty reduction. This was been able to happen not only because of the great determination and authority of Duflo, named by Forbes in 2007 as one of the ten people who can change the world and by the Economist as one of the most influential, but also because of her fresh approach as a scholar. Her work has been directed at obtaining reliable answers, relating to specific issues and cases, on the best ways to combat global poverty. The economist, who speaks American English with a pleasant French accent, she was considered a tomboy as a child. She has launched a new model for economic research, applying a rigorous scientific method to development projects in poor countries, a method based on the investigations of PAL (Poverty Action Lab), of which she was co-founder and is still president, an international research network to combat poverty. As she put it, «Poverty can be fought, but theoretical models are not enough. We don't need oracular predictions. We need work in the field». And Duflo has indeed been in the field, especially in Africa and India. "We try to create a link between science and action," she continued, «and we borrowed the random evaluation method from medicine, comparing the effects of anti-poverty initiatives on an experimental group and a control group.» It has been a «laboratory of empirical experiments», adopting a pragmatic approach aimed at testing the impact of strategies developed through randomized controlled trials on a practical basis, to get to the bottom of and identify the mechanisms that generate poverty, underdevelopment and economic inequality.
A woman of great simplicity, endowed with a remarkable sense of humor and humility, which emerged in her speech at the awarding of the Nobel Prize, when she acknowledged that her studies were the result of a collective effort in which many people took part. She says of herself that she was an "all-hands-on-deck" student with no particular inclinations. When she discovered economics, she realized that it could represent a chance to do something about the issues she cared about. Once she landed at MIT, she attended the seminars of Banerjee, would become her husband, and in two decades she and he and others transformed Development Economics, which is now a thriving field of research. According to Duflo, Development Economics studies missed some critical details in past years, and its proposed interventions have not always been able to achieve the desired results, resulting in a waste of resources and investment and misguided economic policies. Duflo's method differs both from those who propose massive transfers to poor nations and from those who reject such aid, deeming it a form of paternalism by the rich world, and applies to many issues within global poverty, such as health, education, agriculture and gender issues. The method is based on a trial very similar to the clinical trial used to test a new drug. When testing a new drug, the sample is evaluated by randomly giving some people placebos and others the experimental drug with its active ingredients. The random evaluations used by Duflo work in exactly the same way.
Among the many examples of new policies for poverty mitigation is the one adopted to overcome difficulties in vaccinating boys and girls in Rajasthan under a government program. «Parents were under the impression that this was not something urgent. The vaccine was a prevention, not a response to an immediate crisis. It was a matter of mindset». Hence an extremely simple proposal was made - to give a kilogram of lentils to those who showed up for vaccines. The results showed that the group given a kilogram of lentils had tripled the vaccination rate. In the group that was not given the incentive, the vaccination rate had remained unchanged. Duflo and her colleagues' innovative approach is to break down global poverty into smaller, more easily addressed issues, such as devising more effective interventions to improve youth education outcomes or hygiene, or ways to combat malaria or to reduce school dropout rates.
Eradicating worms and thus improving the health of boys and girls can be a winning approach to increasing participation in education, as can buying a school uniform for the students who do not attend because they cannot afford one. Being in the field, collecting data, trying to understand directly in order to be useful in the immediate, that is the spirit of the new way of addressing "poverty traps," touching the right buttons, dismantling the cliché that poor people are indolent. Duflo regrets the underrepresentation of women in all professions, but especially in the field of economics, and sees the cause in the too dry and technical topics addressed by male and white economists, which make economics uninteresting. Economics must be humane and put itself at the service of the community, identifying tools that can address today's challenges: global warming, jobs and social justice. And women must be encouraged to carry out these studies, including following her example.
Books written by Duflo, in addition to numerous publications, include Poor Economics: A Radical Rethinking of the Way to Fight Global Poverty, with Abhijit V. Banerjee, and in 2019, again with her husband, Good Economics for Hard Times: Better Answers to Our Biggest Problems. Among her many awards are those of Commander of the French Legion of Honor (2020) and Officer of the French National Order of Merit (2013). Like Marie Curie, Esther Duflo earmarked the sum she received for the Nobel Prize for research.
Traduzione spagnola
Francesco Rapisarda
Motivación del Premio Nobel de Economía: «Porque sus estudios han mejorado considerablemente nuestra capacidad para combatir la pobreza en la práctica y por su enfoque experimental para aliviar la pobreza global».
Esther Duflo, economista franco-estadounidense, nació en París el 25 de octubre de 1972 de madre pediatra, dedicada al voluntariado para la ayuda a la infancia víctima de guerra, y de padre profesor de matemáticas. Atraída desde pequeña por las figuras de madre Teresa de Calcuta y Albert Schweitzer, se cuestiona muy pronto por qué tiene la suerte de poder desarrollar sus talentos, cuando, a muchas otras personas en el mundo –incluidas algunas cercanas a ella–, el sistema económico no les ofrece las mismas oportunidades. Estudia historia y economía en la École Normale Superieure de París, completando su doctorado en Economía en el MIT en 1999, después de obtener uno en París y haber enseñado en la Universidad de Princeton. Su currículum es rico en publicaciones, informes y doctorados honoris causa en las universidades más prestigiosas, como Oxford, Yale, Harvard y la London School of Economics. Es la ganadora más joven, a los 46 años, en 2019, del Premio Nobel de Economía y la segunda mujer, después de Elinor Ostrom, en recibirlo, aunque compartido con su esposo y colega universitario Abhijit Banerjee y con Michael Kremer. Después de su máster en el MIT, decide permanecer en el templo de la economía estadounidense, donde hoy ocupa el cargo de profesora de Economía del Desarrollo y Reducción de la Pobreza en la facultad que lleva el nombre de Abdul Latif Jameel, coronando una carrera que comenzó como profesora con solo 29 años.
El mayor mérito de Esther Duflo y su grupo de investigación es haber hecho apreciar al MIT la importancia de un tema que durante mucho tiempo se había considerado marginal: la reducción de la pobreza en una facultad de Economía. Esto pudo ocurrir, más allá de su gran determinación y la estimación del entorno –definida por Forbes en 2007 como una de las diez personas capaces de cambiar el mundo y por el Economist como una de las más influyentes–, gracias al nuevo enfoque de la estudiosa y su movimiento dirigido a obtener respuestas confiables, porque se refieren a temas y casos específicos, sobre las mejores vías para combatir la pobreza global. La economista lanzó un nuevo modelo para la investigación económica, aplicando un riguroso método científico a los proyectos de desarrollo en los países pobres, método basado en las investigaciones del PAL, Poverty Action Lab, que cofundó y cuya presidenta sigue siendo, una red internacional de investigación para combatir la pobreza. Como ella misma dijo: «La pobreza se puede encarar, pero los modelos teóricos no son suficientes. No necesitamos predicciones oraculares. Trabajamos sobre el terreno». Y Duflo realmente conoce el terreno, especialmente el de África e India. «Intentamos crear un vínculo entre la ciencia y la acción –continúa– y hemos tomado prestado de la medicina el método de evaluación aleatoria, comparando los efectos de las iniciativas contra la pobreza en un grupo experimental y en un grupo de control». Se trata de un “laboratorio de experimentos empíricos”, que adopta un enfoque pragmático destinado a probar sobre una base concreta el impacto de las estrategias elaboradas a través del análisis contrafáctico (randomized controlled trial), para profundizar e identificar los mecanismos que generan la pobreza, el subdesarrollo y las desigualdades económicas.
Mujer de gran sencillez, dotada de un notable sentido del humor, su gran humildad se pudo apreciar durante su discurso al recibir el Premio Nobel, donde reconoció que sus estudios son el fruto de un esfuerzo colectivo en el que participaron muchas personas; dice de sí misma que fue una estudiante “todoterreno” y sin inclinaciones particulares. Cuando descubrió la economía, se dio cuenta de que podía representar la oportunidad de hacer algo por los temas que la preocupaban. Una vez que llegó al MIT, siguió los seminarios de quien se convertiría en su marido y en dos décadas transformó, junto con él y su equipo, la Economía del Desarrollo, que hoy es un próspero campo de investigación. Según Duflo, los estudios de Economía del Desarrollo se han dejado escapar en los últimos años algunos detalles y las intervenciones propuestas no siempre han sido capaces de lograr los resultados esperados, con un gran dispendio de recursos e inversiones y con políticas económicas equivocadas. El método de Duflo se diferencia tanto del de quienes proponen imponentes transferencias a las naciones pobres, como del de quienes rechazan dicha ayuda considerándola una forma de paternalismo del mundo rico y se aplica a muchos temas dentro de la pobreza global, como la salud, la educación, la agricultura y las cuestiones de género. El método se basa en una experimentación muy similar a la clínica utilizada para probar un nuevo fármaco. Cuando se experimenta un nuevo fármaco, la muestra se elige al azar, administrando a varias personas placebos y a otras el fármaco experimental con sus principios activos. La evaluación aleatoria utilizada por Duflo funciona exactamente de la misma forma.
Entre los muchos ejemplos de nuevas políticas de mitigación de la pobreza, cabe recordar la adoptada para superar las dificultades de vacunación de niños y niñas según el programa gubernamental de Rajastán. «Los padres tenían la impresión de que no era algo urgente. La vacuna era una prevención, no una respuesta a una crisis inmediata. Cuestión de mentalidad». De ahí la propuesta, extremadamente sencilla: regalar un kilo de lentejas a los que se presentaban para vacunarse. Los resultados mostraron que el grupo al que se le había asignado un kilo de lentejas había triplicado la tasa de vacunación. En el grupo al que no se le había dado el incentivo, la tasa de vacunación se había mantenido inalterada. El enfoque innovador de Duflo y sus colegas consiste en dividir la pobreza global en cuestiones más pequeñas, más fáciles de abordar, como idear intervenciones más efectivas para mejorar los resultados de la educación de la juventud o su higiene, como combatir la malaria o como reducir el abandono escolar en algunos países.
Erradicar los gusanos y así mejorar la salud de niños y niñas puede ser una estrategia fructuosa para aumentar la participación en la enseñanza, como comprar un uniforme escolar para aquellos/as estudiantes que no asisten porque no se lo pueden permitir. Conocer el contexto, recoger datos, tratar de entender directamente para ser útil en lo inmediato, este es el espíritu de la nueva forma de lidiar con las “trampas de la pobreza”, tocando las teclas correctas, desmontando el tópico, experimentado realmente, de que los pobres son indolentes. Duflo lamenta la escasa presencia de mujeres en todas las profesiones, pero sobre todo en el ámbito económico, y reconoce la causa en los temas demasiado áridos y técnicos abordados por economistas varones y blancos, que hacen que la economía sea poco interesante. La economía debe ser humana y ponerse al servicio de la colectividad, identificando herramientas capaces de afrontar los retos de hoy: calentamiento global, trabajo y justicia social. Y hay que animar a las mujeres a realizar dichos estudios, incluso siguiendo su ejemplo.
Entre los libros escritos por Duflo, además de las numerosas publicaciones, recordamos Poor Economics: A Radical Rethinking of the Way to Fight Global Poverty, con Abhijit V. Banerjee (2011) y en 2019, otra vez con su esposo, La buena economía para tiempos difíciles, publicado en España por Taurus (2020). Entre los muchos reconocimientos recibidos cabe mencionar el de Comendadora de la Orden de la Legión de Honor (2020- Francia) y el de Oficial de la Orden Nacional al Mérito (2013- Francia). Al igual que Marie Curie, Esther Duflo también destinó la suma recibida por el Premio Nobel a la investigación.