Ethel Leginska
Elisa Pasqualotto
Carola Pignati
Il riconoscimento del merito e dell’importanza artistica della musicista e direttrice d’orchestra Ethel Leginska si è sviluppato soprattutto negli anni successivi alla sua morte. Nel corso della vita la sua reputazione non rimase sempre alta, anzi fu spesso oggetto di forti critiche e venne relegata in un ruolo minore, anche per il suo essere donna in un ambito fino a quel momento destinato e dominato solo dagli uomini. Oggi, più di cinquant’anni dopo la sua dipartita, la sua storia è quasi dimenticata. Tuttavia, grazie al lavoro di appassionate, appassionati, e di altre e altri musicisti sta ricevendo il successo che in vita non ha potuto sperimentare completamente. Tra le più talentuose musiciste del XX secolo, Ethel Liggins nacque a Hull, nello Yorkshire, il 13 aprile 1886. La sua passione per la musica si incanalò nello studio del pianoforte, della composizione e della direzione d’orchestra. Il debutto pubblico avvenne all’età di soli dieci anni, quando arrivò a esibirsi al pianoforte sul palco della Queen’s Hall a Londra. Grazie all’aiuto economico della moglie di un ricco mercante e proprietario di navi, rimasta impressionata dalla bambina prodigio, Ethel frequentò il Conservatorio Hoch di Francoforte, dove studiò con i maestri più importanti di quel periodo: pianoforte con James Kwast, composizione con Bernhard Sekles e Iwan Knorr. A Vienna studiò con il pianista polacco Theodor Leschetizky, altrettanto significativo come esecutore e docente.
Nel 1906 assunse lo pseudonimo di Ehel Leginska per le sue performance in Europa, sotto consiglio di lady Maud Warrender, perché – in un’era in cui i migliori musicisti del mondo erano russi o polacchi – un nome del genere sarebbe risultato più accattivante e avrebbe portato vantaggi allo sviluppo della sua carriera; infatti tenne questo cognome per tutto il suo percorso artistico. L’associazione con il mondo della musica polacca e russa è evidente anche nel soprannome che le venne dato da parte della stampa in occasione del debutto negli Stati Uniti, “la Paderewski delle pianiste”. Anche questo però testimonia la poca presenza di figure femminili nell’ambiente e il continuo paragone con esecutori uomini. In quegli anni sposò Emerson Whithorne, un musicista che aveva conosciuto e frequentato a Vienna, durante i suoi studi. Con lui si esibì diverse volte, soprattutto in pezzi a quattro mani per il pianoforte composti da lei stessa. La storia tra i due non durò molto, tanto che nel 1910 si separarono e divorziarono ufficialmente nel 1916. In seguito, Leginska intraprese una lunga lotta per la custodia del figlio Cedric, che la portò a impegnarsi ancora di più nell’attivismo femminista. Si pronunciò sulle opportunità inadeguate date alle donne, che sacrificavano sé stesse e le proprie carriere per il «bene della famiglia», pronte ad arrendersi «con il corpo e con l’anima» al marito e ai figli. Osservò inoltre come gli uomini apprezzassero le donne di successo nell’ambito delle performance artistiche ma allo stesso tempo ripudiassero quelle stesse donne nel ruolo di mogli. Secondo Leginska, quindi, una donna non può realmente conciliare il ruolo di madre e moglie con una carriera, in quanto colei che svolge un’attività lavorativa e artistica non può essere «altruista» (unselfish in originale).
Fu soprattutto negli Stati Uniti che il suo successo e la sua popolarità raggiunsero livelli assai alti, anche grazie alla spettacolarità delle esibizioni. Il palco veniva allestito con molta cura e con una forte dose di creatività: le luci e le decorazioni erano poste e direzionate in modo da concentrare l’attenzione del pubblico sull’artista. Inoltre, a interessare ancora di più spettatori e spettatrici era l’anticonformismo di Leginska negli abiti, che preferiva di foggia maschile e che ben presto vennero emulati dalle sue fan più giovani. Il suo modo di vestire “eccentrico” per l’epoca era accentuato dalla sua apparenza minuta e giovanile, che contribuiva a impressionare pubblico e critica. Il suo obiettivo e il suo desiderio, dichiarò lei, erano quelli di farsi spazio in un mondo su misura per gli uomini. Indossando vestiti maschili, le donne in quel periodo modificavano le aspettative verso il ruolo che in teoria sarebbe stato loro assegnato. Questo si poneva in pieno contrasto con l’abbigliamento tipico delle artiste virtuose degli anni precedenti, che preferivano una moda che enfatizzava la loro femminilità. Invece Leginska fece sue le scelte di vestire di nero, quasi come se fosse un prolungamento del proprio strumento musicale, e di utilizzare abiti da uomo, come parte integrante dello spettacolo.
Il suo aspetto ovviamente non suscitò solo reazioni positive. Per esempio, nel 1915 sul New York Press venne pubblicato un articolo il cui titolo recitava Energetic English Pianiste Tries Hard as She Can to Be Like a Man; Wears Short Hair, Mannish Suite with Long Sleeves. Nello stesso periodo il neurologo viennese Krafft-Ebing si pronunciò contrario a un tale comportamento, ritenendolo anormale e addirittura sintomo di un disordine mentale, paragonandolo, come versione femminile, ai cosiddetti “uomini effeminati”, definizione che descriveva in modo dispregiativo quei maschi che avevano atteggiamenti non propriamente in linea con le caratteristiche virili. Le idee di Leginska su capelli, vestiti e soprattutto sulla carriera riflettevano l’immagine tipica della “nuova donna” degli anni Dieci e Venti: una donna che preferiva alle regole imposte dalla moda la praticità e la comodità, che si batteva per l’indipendenza economica dai parenti uomini, che iniziava ad assumere comportamenti “non consoni alla figura femminile”, per esempio fumando o usando un linguaggio disinibito. Si espose su diverse questioni con opinioni apertamente femministe. A differenza di Fannie Bloomfield-Ziesler (pianista austriaca, naturalizzata statunitense), la quale “rassicurò” il pubblico che l’attività di musicista non avrebbe interferito con i suoi obblighi domestici di moglie, Ethel Leginska criticò fortemente l’educazione delle bambine, sempre costrette a dover rispettare il ruolo precostituito. Era invece necessario che già da piccole esse fossero spronate a seguire le proprie strade, con coraggio e audacia, in modo da abbandonare “i cammini già percorsi”, in cui le donne erano sempre rimaste in disparte.
La popolarità di Ethel Leginska era dunque legata non solo alle sue capacità di musicista e compositrice, ma pure alla sua personalità magnetica e affascinante. Anche come direttrice d’orchestra attirò molte attenzioni. I suoi studi in questo campo, iniziati nel 1923, vennero affrontati con Eugen Goossens e con Robert Heger, direttore della Bavarian State Opera a Monaco. Leginska iniziò a dirigere alcune tra le più grandi e importanti orchestre d’Europa: da Monaco a Parigi, da Londra a Berlino. Il debutto negli Stati Uniti avvenne nel 1925 con la New York Symphony Orchestra, alla Carnegie Hall. Già dal 1909, tuttavia, aveva iniziato a soffrire di crolli nervosi, tanto che nel 1926 prese la decisione di ritirarsi dai concerti come esecutrice e di concentrarsi invece solo sull’insegnamento, sulla composizione e sulla direzione.
Si distinse anche nel ruolo di organizzatrice: con energia e determinazione fondò la Boston Phillarmonic Orchestra, occupandosi sia della parte musicale, reclutando gli/le artisti/e, sia della parte economico-finanziaria, che rappresentò la fonte degli ostacoli più importanti alla sopravvivenza dell’orchestra. In quello stesso periodo, la Massachusetts State Federation of Women’s Club aveva fondato la Boston Women’s Symphony, un ensemble di musiciste tra i 14 e i 65 anni, che Ethel diresse. Dal 1926 e per tutti gli anni Trenta si occupò della direzione di molte orchestre, anche nel caso di opere liriche, come Madama Butterfly e Rigoletto. Il 23 novembre 1935 produsse e diresse una sua opera, Gale. Nelle carriere delle direttrici d’orchestra questa scelta di dedicarsi a un certo punto alle opere liriche è in realtà piuttosto comune: Judith Somogi ironicamente disse che il motivo era che in quel modo non venivano viste dal pubblico e non venivano giudicate.
Alla fine degli anni Trenta le sue opportunità di direzione iniziarono a diminuire. Decise quindi di tornare in Europa dove impartì lezioni di pianoforte a Londra e Parigi. Nel 1939 si trasferì a Los Angeles, in cui aprì una scuola di pianoforte e divenne un’insegnante affermata. Nel 1957 diresse di nuovo un’orchestra, che eseguì la sua prima opera lirica: The Rose and the Ring, scritta nel 1932. Continuò a insegnare pianoforte per tutto il resto della sua vita, fino al 26 febbraio 1970, quando morì a Los Angeles.
Traduzione inglese
Syd Stapleton
Recognition of the artistic merit and importance of musician and conductor Ethel Leginska developed mainly in the years following her death. In the course of her life, her reputation did not always remain high. On the contrary, she was often the subject of strong criticism and was relegated to a minor role, partly because of her being a woman in a field hitherto intended for and dominated only by men. Today, more than fifty years after her death, her story is almost forgotten. However, thanks to the work of female fans, enthusiasts, and other musicians she is achieving the success she was unable to fully experience in life. Among the most talented female musicians of the 20th century, Ethel Liggins was born in Hull, Yorkshire, on April 13, 1886. Her passion for music was channeled into the study of piano, composition and conducting. Her public debut came at the age of only ten, when she got to perform on the piano stage at Queen's Hall in London. Thanks to the financial help of the wife of a wealthy merchant and ship owner, who was impressed by the child prodigy, Ethel attended the Hoch Conservatory in Frankfurt, where she studied with the leading masters of that period: piano with James Kwast, composition with Bernhard Sekles and Iwan Knorr. In Vienna she studied with Polish pianist Theodor Leschetizky, who was equally significant as a performer and teacher.
In 1906 she assumed the pseudonym Ethel Leginska for her performances in Europe, on the advice of Lady Maud Warrender, because-in an era when the world's best musicians were Russian or Polish - a name like that would have been more appealing and would have benefited the development of her career. She kept this surname throughout her artistic career. The association with the world of Polish and Russian music is also evident in the nickname she was given by the press on the occasion of her debut in the United States, "the Paderewski of pianists." Even this, however, testifies to the small presence of female figures in the milieu and the constant comparison with male performers. In those years she married Emerson Whithorne, a musician she had met and frequented in Vienna during her studies. She performed with him several times, mostly in four-handed pieces for the piano composed by herself. The affair between the two did not last long, so much so that they separated in 1910 and officially divorced in 1916. Thereafter, Leginska waged a long struggle for custody of her son Cedric, which led her to become even more involved in feminist activism. She spoke out on the inadequate opportunities given to women, who sacrificed themselves and their careers for the "good of the family," ready to surrender "with body and soul" to their husbands and children. She also observed how men valued successful women in the sphere of artistic performance but at the same time repudiated those same women in the role of wives. According to Leginska, therefore, a woman cannot really reconcile the role of mother and wife with a career, as the one who performs work and art cannot be “unselfish”.
It was especially in the United States that her success and popularity reached very high levels, partly due to the spectacular nature of her performances. The stage was set up with great care and a strong dose of creativity. Lights and decorations were placed and directed in such a way as to focus the audience's attention on the performer. Of even greater interest to spectators and onlookers was Leginska's nonconformity in her clothes, which she preferred to be masculine in style and were soon emulated by her younger fans. Her "eccentric" way of dressing for the time was accentuated by her petite, youthful appearance, which helped to impress audiences and critics alike. Her goal and desire, she declared, was to make room for herself in a world tailored for men. By wearing men's clothes, women at that time were altering expectations toward the role that would theoretically be assigned to them. This stood in complete contrast to the typical attire of the virtuoso female artists of earlier years, who preferred fashion that emphasized their femininity. Instead, Leginska made her choices to dress in black, almost as if it were an extension of her musical instrument, and to use men's clothing as an integral part of the performance.
Her appearance obviously did not elicit only positive reactions. For example, in 1915 an article was published in the New York press whose headline read, “Energetic English Pianist Tries Hard as She Can to Be Like a Man; Wears Short Hair, Mannish Suite with Long Sleeves.” At the same time, the Viennese neurologist Krafft-Ebing spoke out against such behavior, deeming it abnormal and even a symptom of a mental disorder, comparing it, as a female version, to so-called "effeminate men," a definition that derogatorily described those males who had attitudes not quite in keeping with “manly” characteristics. Leginska's ideas about hair, clothes, and especially career reflected the typical image of the "new woman" of the 1910s and 1920s - women who preferred practicality and comfort to the rules imposed by fashion, who fought for economic independence from male relatives, and who began to engage in behaviors "not in keeping with the feminine figure," for example, smoking or using uninhibited language. She expounded on several issues with openly feminist views. Unlike Fannie Bloomfield-Ziesler (Austrian pianist, naturalized U.S. citizen), who "reassured" the public that her activity as a musician would not interfere with her domestic obligations as a wife, Ethel Leginska strongly criticized the upbringing of little girls, who were always forced to have to comply with the pre-established role. Instead, it was necessary that from an early age they be spurred on to follow their own paths, with courage and boldness, so as to abandon "the paths already taken," in which women had always remained on the sidelines.
Ethel Leginska's popularity was thus linked not only to her skills as a musician and composer, but also to her magnetic and charming personality. As a conductor, too, she attracted much attention. Her studies in this field, which began in 1923, were tackled with Eugen Goossens and Robert Heger, conductor of the Bavarian State Opera in Munich. Leginska began conducting some of the largest and most important orchestras in Europe: from Munich to Paris, from London to Berlin. Her U.S. debut came in 1925 with the New York Symphony Orchestra, at Carnegie Hall. As early as 1909, however, she had begun to suffer from nervous breakdowns, so much so that in 1926 she made the decision to retire from concerts as a performer and to concentrate instead only on teaching, composing and conducting. She also distinguished herself in the role of organizer: with energy and determination she founded the Boston Philharmonic Orchestra, dealing with both the musical side, recruiting the performers, and the financial side, which was the source of the most important obstacles to the orchestra's survival. At that same time, the Massachusetts State Federation of Women's Clubs had founded the Boston Women's Symphony, an ensemble of female musicians between the ages of 14 and 65, which Ethel directed. From 1926 and throughout the 1930s she was responsible for conducting many orchestras, including in the case of operas such as Madama Butterfly and Rigoletto. On November 23, 1935, she produced and conducted her own opera, Gale. In the careers of female conductors, her choice to devote herself at some point to operas was actually quite common - Judith Somogi ironically said the reason was that in that way they were not seen by the public and were not judged.
In the late 1930s her directing opportunities began to diminish. She then decided to return to Europe where she gave piano lessons in London and Paris. In 1939 she moved to Los Angeles, where she opened a piano school and became an established teacher. In 1957 she again directed an orchestra, which performed her first opera, The Rose and the Ring, written in 1932. She continued to teach piano throughout the rest of her life, until February 26, 1970, when she died in Los Angeles.
Traduzione spagnola
Erika Incatasciato
El reconocimiento que merece y la importancia artística de la música y directora de orquesta Ethel Leginska creció principalmente tras su muerte. Durante su vida, su reputación no siempre se mantuvo alta, de hecho, fue objeto de fuertes críticas y fue relegada a un papel secundario, por ser mujer en un ámbito hasta entonces asignado a los hombres y dominado por ellos. Hoy, más de cincuenta años tras su muerte, su historia resulta casi olvidada. Sin embargo, gracias al trabajo de apasionadas y apasionados y de otras músicas y otros músicos, está cosechando el éxito que no pudo disfrutar plenamente en vida. Entre las más talentosas músicas del siglo XX, Ethel Liggins nació en Hull, en Yorkshire el 13 de abril de 1886. Su pasión por la música se canalizó en el estudio del piano, de la composición y la dirección de orquesta. Debutó públicamente a la temprana edad de diez años, cuando se exhibió con el piano en el escenario de Queen’s Hall en Londres. Gracias a la ayuda económica de la esposa de un magnate naviero, que se quedó impresionada por la niña prodigio, Ethel asistió al conservatorio Hoch en Frankfurt, donde estudió con los maestros más destacados de aquella época: estudió piano con James Kwast y composición con Bernard Sekles y Iwan Knorr. También estudió en Viena con el pianista polaco Theodor Leschetizky, igual de importante como intérprete y maestro.
En 1906 asumió el seudónimo Ethel Leginska en sus actuaciones en Europa, por sugerencia de Lady Maud Warrender, ya que –en la época donde los mejores músicos del mundo eran rusos o polacos– se creía que dicho nombre sería más atractivo y beneficiaría su carrera; por lo tanto, mantuvo este apellido a lo largo de su carrera artística. La asociación con el mundo de la música polaca y rusa también resulta claro con el apodo que la prensa le dio cuando debutó en los Estados Unidos «La Paderewski de las pianistas». Sin embargo, esto también testimonia la escasa presencia de figuras femeninas en el ámbito y la continua comparación con los intérpretes masculinos. En aquellos años se casó con Emerson Whithorne, un músico que conoció en Viena mientras estudiaba. A veces actuaban juntos y, sobre todo, interpretaban piezas para dos pianos compuestas por ella misma. Su relación no duró mucho, tanto que se separaron en 1910 y oficializaron su divorcio en 1916. Más tarde, Leginska llevó a cabo una larga lucha por la custodia de su hijo Cedric, lo que la llevó a involucrarse aún más en el activismo feminista. Se pronunció contra las oportunidades inadecuadas de las mujeres que se sacrificaban a sí mismas y sus carreras por el «bien de la familia» y que estaban dispuestas a entregarse con «cuerpo y alma» a sus esposos e hijos. También observó que los hombres apreciaban las mujeres exitosas en el ambiente de las artes escénicas, pero al mismo tiempo repudiaban a las mismas en el papel de esposas. Entonces, según Leginska, una mujer no puede realmente conciliar el papel de madre y esposa con su carrera, ya que quien ejerce una actividad laboral y artística no puede ser «abnegada».
Fue principalmente en los Estados Unidos donde su éxito y su popularidad alcanzaron niveles muy altos, también gracias a la espectacularidad de sus interpretaciones. El escenario se preparaba con mucho esmero y con una gran dosis de creatividad: las luces y las decoraciones se colocaban y dirigían de manera que focalizaban la atención del público en la artista. Además, lo que también atrajo público fue el inconformismo de Leginska que vestía con un estilo masculino que pronto fue imitado por sus seguidoras más jóvenes. Su modo de vestir «excéntrico» para la época fue marcado por su apariencia pequeña y juvenil, que contribuía a impresionar tanto al público como a la crítica. Ella afirmó que su propósito y su deseo era hacerse un hueco en un mundo adaptado a los hombres. Al vestir ropa masculina, las mujeres en aquella época desafiaban las expectativas del papel que teóricamente se les asignaba. Esto contrastaba fuertemente con el vestuario habitual de las virtuosas artistas de décadas anteriores, que preferían una moda que enfatizara la feminidad. En cambio, Leginska adoptó la decisión de vestir de negro, casi como si fuera una extensión de su proprio instrumento musical, y usar trajes de varón como parte integrante del espectáculo.
Claramente su aspecto no generó solo reacciones positivas. Por ejemplo, en 1915, en el New York Press se publicó un artículo titulado “Energetic English Pianiste Tries Hard as She Can to Be Like a Man; Wears Short Hair, Mannish Suite with Long Sleeves” (Una Pianista inglesa enérgica intenta con todas sus fuerzas parecerse a un hombre; lleva el pelo corto, traje masculino con manga larga). En la misma época, el neurólogo de Viena Krafft-Ebing se manifestó en contra de semejante conducta, que consideraba anormal e incluso como síntoma de un trastorno mental comparado, en su versión femenina, con los «hombres afeminados», cuyo término describía de forma denigrante a quienes tenían costumbres no del todo acordes con la virilidad. Lo que Leginska pensaba del pelo, de la ropa y, sobre todo, de la carrera reflejaba la imagen típica de «la mujer moderna» de los años Diez y Veinte: una mujer que prefería la comodidad a las reglas impuestas por la moda, que luchaba por la independencia económica de sus familiares varones, que empezaba a adoptar conductas “no adecuadas para la figura femenina”, como fumar o usar un lenguaje desinhibido. Se expuso en distintas cuestiones con sus opiniones abiertamente feministas; al contrario de Fannie Bloomfield-Ziesler (pianista de Austria, estadounidense de origen), quien “garantizó” al público que su actividad de música no interferiría con sus obligaciones domésticas. Ethel Leginska criticó fuertemente la educación de las niñas, quienes siempre estaban obligadas a respetar roles predefinidos. En cambio, consideraba crucial que desde la temprana edad se las animara a seguir su propio camino con valentía y audacia para abandonar «las sendas ya trilladas», en las que las mujeres siempre habían quedado al margen.
Así pues, la popularidad de Ethel Leginska fue vinculada no solo a sus habilidades como música y compositora, sino también a una personalidad magnética y fascinante. También como directora de orquesta atrajo mucha atención. Sus estudios en este campo, iniciados en 1923, fueron realizados con Eugen Goossens y Robert Heger, director de la Bavarian State Opera en Múnich. Leginska empezó a dirigir algunas de las orquestas más grandes e importantes de Europa: de Múnich a París, de Londres a Berlín. Debutó en los Estados Unidos en 1925 con la orquesta New York Symphony en la Carnagie Hall. Sin embargo, desde 1909 comenzó a sufrir de crisis nerviosas, así que tomó la decisión de retirarse de los conciertos como intérprete y concentrarse únicamente en la enseñanza, la composición y la dirección.También destacó en el papel de organizadora: con energía y determinación fundó la Orquesta Boston Phillarmonic, en la que se encargó tanto de la parte musical, al reclutar a los artistas, como de la parte financiera, que representaba la fuente principal de los obstáculos para la supervivencia de la orquesta. Al mismo tiempo, la Massachussetts State Federation of Women’s Club había fundado la Boston Women’s Symphony, un conjunto de músicas entre 14 y 65 años que Ethel dirigió. Desde 1926 hasta todos los años Treinta se ocupó de la dirección de muchas orquestas, incluso en el caso de óperas líricas como Madama Butterfly y Rigoletto. El 23 de noviembre de 1935, produjo y dirigió su ópera Gale. En realidad, era bastante común que, en algún punto de sus carreras, las directoras de orquestas se dedicaran a la ópera: Judith Somogi dijo irónicamente que de esa manera el público no podía verlas y no las juzgaba.
A finales de los años Treinta, su oportunidades de dirección comenzaban a reducirse. Por lo tanto, decidió regresar a Europa, donde impartió clases de piano en Londres y en París. En 1939 se trasladó a Los Ángeles donde abrió una escuela de piano y se convirtió en profesora ilustre. En 1957 dirigió nuevamente una orquesta que interpretó su primera ópera, escrita en 1932: The Rose and the Ring. Siguió enseñando piano durante el resto de su vida hasta el 26 de febrero de 1970, cuando murió en Los Ángeles.