Violeta Parra
Sasy Spinelli
Giada Ionà
«Io canto alla chillaneja, se devo dire qualcosa. Io non prendo la chitarra per conseguire un applauso. Io canto la differenza che c'è tra il vero e il falso. Altrimenti, non canto».
Violeta del Carmen Parra Sandoval, artista poliedrica, è nata a San Carlos, un paesino agricolo del sud del Cile, il 4 ottobre 1917, terza di dieci fra figli e figlie di Clarisa del Carmen Sandoval Navarrete, modista di origini contadine, e di Nicanor Parra Alarcón, professore di musica. L’infanzia di Violeta è caratterizzata da ristrettezze economiche e dalla necessità di trovare sempre un modo per aiutare la famiglia. Mentre il fratello maggiore e futuro “antipoeta”, Nicanor Parra, dà lezioni private, i\le più piccole formano un gruppo unito e guadagnano qualche soldo come lavapiatti o finanche con le pulizie delle tombe al cimitero. E poi c’è il canto. Violeta un giorno scopre il nascondiglio dove sua madre tiene nascosta la chitarra e, da autodidatta, impara a suonarla. Lei e sua sorella Hilda iniziano così a esibirsi ovunque in cambio di pochi spiccioli. Nel 1934 la famiglia Parra è tutta a Santiago: i quattro fratelli cantano nei locali i generi popolari dell’epoca. In uno di questi locali Violeta conosce il suo primo marito, Luis Cereceda, macchinista e militante comunista. Al momento dell’incontro Luis ha diciotto anni e lei diciannove: una sera, lui va a sentirla cantare a Curacavì, quartiere popolare e malfamato. Poco dopo vanno a vivere insieme, nascono Ángel e Isabel, che in seguito seguiranno le orme della madre, diventando anche loro cantanti.
Violeta, in questi anni, resta affascinata dalla musica dei\delle rifugiate spagnole: partecipa al concorso organizzato dalla loro comunità, vincendolo. La situazione politica e sociale in Cile, però, dopo la Seconda guerra mondiale, è piuttosto complicata e inquieta. Violeta partecipa a cortei e manifestazioni in favore del candidato Gabriel González Videla, appoggiato anche dal Partido comunista, ed eletto Presidente nel 1946. Con l’inizio della Guerra fredda, però, Videla promulga la Ley de defensa de la democracia che rende fuorilegge gli/le aderenti al Partito comunista: arriveranno presto persecuzioni, fughe, il campo di concentramento di Pisagua e il celebre discorso Yo acuso del senatore Pablo Neruda. L’aria in casa già assai tesa esplode quando Violeta scopre relazioni extraconiugali di Luis. Nel 1948 decide di chiudere il suo primo matrimonio e anche con la musica spagnola: capisce, infatti, che fino ad allora cantava canzonette commerciali, opere leggere tanto quanto ciò che ascoltava in Cile. È qui che nasce in lei la voglia di esplorare le sue radici, la Terra in cui è nata. Desiderio che si consolida quando conosce “la Pelusita”, nonna del suo secondo marito, Luis Arce, con cui avrà altre due figlie, Carmen Luisa e Rosita Clara, morta dopo ventotto giorni e per la quale scriverà Versos para la niña muerta.
Questa donna, vissuta nei piccolissimi paesi di campagna, è pregna di tutte le tradizioni di quei luoghi: sarà un faro luminoso per la sua ricerca. Con i ricordi della donna che, nonostante l’età, riporta alla memoria versi e canti, Violeta ricostruisce miracolosamente armonie e ballate perse nel tempo: da questo lavoro verrà fuori Casamiento de negros, canzone sulle ingiustizie sociali, che diventerà uno dei suoi primi successi.
Nel frattempo anche il fratello maggiore Nicanor sta svolgendo uno studio sulla poesia popolare cilena e la spinge ad andare oltre il folklore commerciale. Iniziano così i viaggi che la porteranno, per la sua ricerca antropologica, nei luoghi più sperduti del Cile, lì dove la cultura originaria si poteva ritrovare parlando con le persone anziane, nel racconto dei loro ricordi, delle leggende, delle ricorrenze contadine, dei canti di festa e per i funerali. Violeta lascia il duo formato con la sorella Hilda e va avanti da sola. Viene ingaggiata dalle stazioni radio per diffondere la vera tradizione cilena e continua a percorrere il Paese e a raccogliere storie di tanta gente, soprattutto donne, forgiando il suo grido a favore dei più deboli, dell’uguaglianza e della giustizia sociale. Di ritorno da una tournée, nel 1959, si ammala di epatite; durante il periodo di degenza ricama arazzi e dipinge opere in cui racconta le vicende del popolo cileno, «come canzoni dipinte». Nello stesso anno partecipa alla Fiera delle Arti Plastiche e, nel 1964, diverrà la prima donna latinoamericana a esporre in una mostra individuale al Museo delle arti decorative del Louvre. Nel frattempo entra nell’immaginario culturale cileno, tanto che Neruda le dedica la famosa Elegìa para cantar. Riprende il suo viaggio, stavolta verso l’Europa: resta per un po’ in Polonia per poi trasferirsi a Parigi, dove viene apprezzata da diversi intellettuali francesi, in particolare da Paul Rivet, antropologo e direttore del Musée de l’Homme, col quale registrerà, nella Fonoteca Nazionale della Sorbonne, il disco Cantos del Chile. Nel 1960 incontra il musicologo e antropologo svizzero Gilbert Favre, che diventerà l'ultimo e più grande amore della sua vita e al quale dedica centinaia di canzoni. Nel 1961, accompagnata dai figli Isabel e Ángel per una lunga tournée, si esibisce anche in Italia.
Tornata in Cile decide di installare un grande tendone alle porte della capitale, con l’intenzione di farlo diventare un centro culturale dedicato alla ricerca sul folclore cileno. Sono gli anni, infatti, di un nuovo fermento e della nascita del movimento musicale denominato Nueva canción chilena: artisti come Víctor Jara, fondatore del gruppo Quilapayún, di Rolando Alarcón, del duo Isabel e Ángel Parra, che costruiscono repertori di denuncia e di impegno sociale. La Carpa de la Reina, impresa per cui Violeta impegna tutte le sue forze e le sue precarie risorse economiche, viene inaugurata a dicembre del 1965. Lo stesso mese Gilbert parte definitivamente per la Bolivia, evento che le lascia un grande dolore ed ispira la bellissima Run run se fue pa ’l norte. Nonostante la storia finita e l’avvio stentato del progetto, dalla sofferenza personale Violeta tira fuori canzoni straordinarie ancora per il Cile, incise nel suo ultimo disco: Las últimas composiciones de Violeta Parra. Nell’album si trovano testi d’amore, di lotta, di dolore, ironici e rabbiosi: tra tutti Maldigo del alto del cielo, che sembra presagire il futuro che di lì a poco avrebbe colpito il suo Paese con il golpe di Pinochet, e Mazúrquica modérnica. Si ascolta il grido di un’artista che, forse, ha già in mente la sua fine. C’è pure la celeberrima Gracias a la vida, considerata il suo testamento spirituale e artistico. Sarà Mercedes Sosa tra le prime a lanciarla, seguita da interpreti quali Joan Baez e, in Italia, Gabriella Ferri.
Domenica 5 febbraio 1967 Violeta del Carmen Parra Sandoval decide di terminare il suo viaggio: con un colpo di pistola, nel suo umile monolocale, mette fine alla sua vita. Uno sparo che rimbomba come il frastuono di un fulmine che porterà il Cile verso un futuro più oscuro. Perché Violeta è figlia cilena ma è anche la donna che ha ripartorito il Cile: viaggiando nelle sue viscere, ne ha rimesso al mondo l’anima e le radici. Piccolina, con abiti semplici, senza trucco e con i segni del vaiolo che l’aveva colpita da bambina, con i suoi lunghi capelli, è rimasta fino alla fine donna indomita, indipendente, piena di amore e di dolore. Alla chillaneja, unica, “la Violeta”.
Traduzione francese
Ibtisam Zaazoua
«Je chante à la Chillaneja quand j’ai quelque chose à dire. Je ne prends pas la guitare pour recevoir des applaudissements. Je chante la différence entre le vrai et le faux. Sinon, je ne chante pas.»
Violeta del Carmen Parra Sandoval, artiste polyvalente, née à San Carlos, un petit village agricole du sud du Chili, le 4 octobre 1917, troisième de dix enfants de Clarisa del Carmen Sandoval Navarrete, modiste d’origine paysanne, et de Nicanor Parra Alarcón, professeur de musique. L’enfance de Violeta est marquée par des difficultés économiques et par la nécessité de toujours trouver un moyen d’aider sa famille. Alors que son frère aîné, le futur "anti-poète" Nicanor Parra, donne des cours particuliers, les plus jeunes forment un groupe soudé et gagnent un peu d’argent en lavant la vaisselle ou même en nettoyant des tombes au cimetière. Et puis il y a le chant. Un jour, Violeta découvre la cachette où sa mère dissimule la guitare et, en autodidacte, apprend à en jouer. Elle et sa sœur Hilda commencent à se produire partout en échange de quelques pièces. En 1934, toute la famille Parra se retrouve à Santiago : les quatre frères et sœurs chantent dans les locaux, interprétant les genres populaires de l’époque. Dans l’un de ces locaux, Violeta rencontre son premier mari, Luis Cereceda, machiniste et militant communiste. Au moment de leur rencontre, Luis a dix-huit ans et elle en a dix-neuf : un soir, il vient l’écouter chanter à Curacaví, un quartier populaire et malfamé. Peu de temps après, ils commencent à vivre ensemble et naissent Ángel et Isabel, qui suivront ensuite les traces de leur mère en devenant chanteurs.
Pendant ces années, Violeta est fascinée par la musique des réfugiés espagnols : elle participe au concours organisé par leur communauté et le remporte. Cependant, la situation politique et sociale au Chili après la Seconde Guerre mondiale est plutôt compliquée et inquiétante. Violeta participe à des cortèges et manifestations en faveur du candidat Gabriel González Videla, également soutenu par le Parti communiste, et élu président en 1946. Mais avec le début de la Guerre froide, Videla promulgue la Ley de defensa de la democracia (Loi pour la Défense de la Démocratie), qui rend illégaux les membres du Parti communiste : s’ensuivent bientôt des persécutions, des fuites, le camp de concentration de Pisagua et le célèbre discours “Yo acuso” (J’accuse) du sénateur Pablo Neruda. L’atmosphère déjà tendue à la maison explose lorsque Violeta découvre les relations extraconjugales de Luis. En 1948, elle décide de mettre fin à son premier mariage ainsi qu’à sa relation avec la musique espagnole : elle comprend qu’elle chantait jusqu’alors des chansonnettes commerciales, œuvres légères autant que ce qu’on écoutait au Chili. C’est ici que naît en elle le désir d’explorer ses racines, la Terre où elle est née. Désir qui se consolide lorsqu’elle rencontre “la Pelusita”, grand-mère de son second mari, Luis Arce, avec qui elle a deux autres filles, Carmen Luisa et Rosita Clara, décédée après vingt-huit jours et pour laquelle elle écrit Versos para la niña muerta.
Cette femme, ayant vécu dans de tout petits villages de campagne, est imprégnée de toutes les traditions de ces lieux : elle devient un phare lumineux pour sa recherche. Avec les souvenirs de cette femme qui, malgré son âge, se souvient des vers et des chants, Violeta reconstruit miraculeusement des harmonies et des ballades perdues dans le temps : de ce travail naît Casamiento de negros, chanson sur les injustices sociales, qui devient l’un de ses premiers succès.
Pendant ce temps, son frère aîné Nicanor mène également une étude sur la poésie populaire chilienne et l’encourage à aller au-delà du folklore commercial. Commencent alors les voyages qui la mènent, pour ses recherches anthropologiques, dans les endroits les plus reculés du Chili, là où la culture originelle se retrouve en parlant avec les personnes âgées, dans le récit de leurs souvenirs, des légendes, des coutumes rurales, des chants de fête et des chants funéraires. Violeta quitte le duo formé avec sa sœur Hilda et continue seule. Elle est engagée par les stations de radio pour diffuser la véritable tradition chilienne et continue à parcourir le pays et à recueillir les histoires de nombreuses personnes, surtout des femmes, forgeant ainsi son cri en faveur des plus faibles, de l’égalité et de la justice sociale. De retour d’une tournée en 1959, elle tombe malade de l’hépatite ; pendant sa convalescence, elle brode des tapisseries et peint des œuvres qui racontent les histoires du peuple chilien, « comme des chansons peintes ». La même année, elle participe à la Foire des Arts Plastiques et, en 1964, elle devient la première femme latino-américaine à exposer dans une exposition individuelle au Musée des Arts Décoratifs du Louvre. Entre-temps, elle entre dans l’imaginaire culturel chilien, au point que Neruda lui dédie la célèbre Elegía para cantar. Elle reprend son voyage, cette fois vers l’Europe : elle reste quelque temps en Pologne avant de s’installer à Paris, où elle est appréciée par plusieurs intellectuels français, notamment par Paul Rivet, anthropologue et directeur du Musée de l’Homme, avec qui elle enregistre l’album Cantos del Chile dans la Phonothèque Nationale de la Sorbonne. En 1960, elle rencontre le musicologue et anthropologue suisse Gilbert Favre, qui devient le dernier et plus grand amour de sa vie, à qui elle dédie des centaines de chansons. En 1961, accompagnée de ses enfants Isabel et Ángel lors d’une longue tournée, elle se produit également en Italie.
De retour au Chili, elle décide d’installer une grande tente aux portes de la capitale, avec l’intention d’en faire un centre culturel dédié à la recherche sur le folklore chilien. Ce sont les années d’un nouveau dynamisme et de la naissance du mouvement musical appelé Nueva canción chilena : des artistes comme Víctor Jara, fondateur du groupe Quilapayún, Rolando Alarcón, et le duo Isabel et Ángel Parra, qui construisent des répertoires de dénonciation sociale et d’engagement. La Carpa de la Reina, entreprise pour laquelle Violeta engage toutes ses forces et ses ressources économiques précaires, est inaugurée en décembre 1965. Ce même mois, Gilbert part définitivement pour la Bolivie, événement qui lui cause une grande douleur et inspire la magnifique Run run se fue pa’l norte. Malgré la rupture et le démarrage difficile du projet, Violeta tire de sa souffrance personnelle des chansons extraordinaires encore pour le Chili, enregistrées dans son dernier album : Las últimas composiciones de Violeta Parra. Dans cet album se trouvent des textes d’amour, de lutte, de douleur, ironiques et colériques : parmi eux, Maldigo del alto del cielo, qui semble présager l’avenir qui frappera bientôt son pays avec le coup d’État de Pinochet, et Mazúrquica modérnica. On entend le cri d’une artiste qui, peut-être, a déjà en tête sa fin. On y trouve également la célèbre Gracias a la vida, considérée comme son testament spirituel et artistique. Mercedes Sosa sera parmi les premières à la populariser, suivie d’interprètes tels que Joan Baez et, en Italie, Gabriella Ferri.
Le dimanche 5 février 1967, Violeta del Carmen Parra Sandoval décide de mettre fin à son voyage : d’un coup de pistolet, dans sa modeste chambre, elle met fin à sa vie. Un coup qui résonne comme le fracas d’un éclair qui mènera le Chili vers un avenir plus sombre. Car Violeta est une fille chilienne, mais elle est aussi la femme qui a donné une nouvelle naissance au Chili : en voyageant dans ses entrailles, elle a ramené à la vie l’âme et les racines de ce pays. Petite, vêtue simplement, sans maquillage, marquée par les traces de la variole qui l’avait frappée enfant, avec ses longs cheveux, elle est restée jusqu’à la fin une femme indomptable, indépendante, pleine d’amour et de douleur. À la Chillaneja, unique, “la Violeta”.
Traduzione inglese
Syd Stapleton
"I sing chillaneja, if I have to say something. I don't take up the guitar to receive applause. I sing the difference between the true and the false. Otherwise, I don't sing."
Violeta del Carmen Parra Sandoval, a multifaceted artist, was born in San Carlos, an agricultural town in southern Chile, on October 4, 1917, the third of ten sons and daughters of Clarisa del Carmen Sandoval Navarrete, a milliner of peasant origins, and Nicanor Parra Alarcón, a music professor. Violeta's childhood was marked by economic hardship and the need to always find a way to help the family. While her older brother and future "anti-poet," Nicanor Parra, gave private lessons, the smaller ones formed a united group and earn some money as dishwashers or even by cleaning graves at the cemetery. And then there was singing. Violeta one day discovered the hiding place where her mother kept her guitar hidden and, self-taught, learned to play it. She and her sister Hilda thus began to perform everywhere in exchange for a few pennies. In 1934 the Parra family was all in Santiago - the four siblings sang the popular genres of the time in clubs. In one of these clubs Violeta met her first husband, Luis Cereceda, a machinist and militant communist. At the time of their meeting Luis was eighteen years old and she was nineteen. One evening, he went to hear her sing in Curacavì, a popular and infamous neighborhood. Soon after they moved in together, Ángel and Isabel are born, who later followed in their mother's footsteps, also becoming singers.
Violeta, during those years, became fascinated by the music of the Spanish refugees: she participated in a competition organized by their community, and won. The political and social situation in Chile, however, after World War II, was quite complicated and restless. Violeta participated in marches and demonstrations in favor of candidate Gabriel González Videla, also supported by the Partido Communista, and elected President in 1946. With the onset of the Cold War, however, Videla enacted the Ley de defensa de la democracia, which outlawed Communist Party adherents: persecution, disappearances, the Pisagua concentration camp, and Senator Pablo Neruda's famous Yo acuso speech soon arrived. The already very tense air at home exploded when Violeta discovered Luis's extramarital affairs. In 1948 she decided to end her first marriage and also to finish with music from Spain. She realized, that until then she had been singing commercial ditties, works as light as what she heard in Chile. It was here that a desire arose in her to explore her roots, the land where she was born. A desire that was consolidated when she met "la Pelusita," the grandmother of her second husband, Luis Arce, with whom she would have two more daughters, Carmen Luisa and Rosita Clara, who died after twenty-eight days and for whom she would write Versos para la niña muerta.
This woman, the grandmother, who lived in very small country towns, was steeped in all the traditions of those places. She would be a shining beacon for her research. With the memories of the woman who, despite her age, brought back verses and songs, Violeta miraculously reconstructed harmonies and ballads lost in time: out of this work would come Casamiento de negros, a song about social injustices, which will become one of her first hits.
Meanwhile, her older brother Nicanor was also conducting a study of Chilean folk poetry and urged her to go beyond commercial folklore. Thus began the journeys that would take her, for her anthropological research, to the most remote places in Chile, there where the original culture could be found by talking to the elderly people, in the telling of their memories, legends, peasant recurrences, festive songs and funerals. Violeta left the duo formed with her sister Hilda and went on alone. She was hired by radio stations to spread the true Chilean tradition and continued to travel the country and collect stories of so many people, especially women, forging her cry for the weakest, for equality and social justice. On her return from a tour in 1959, she fell ill with hepatitis. During her hospitalization she embroidered tapestries and painted works in which she recounted the vicissitudes of the Chilean people, "like painted songs." That same year she participated in the Plastic Arts Fair and, in 1964, became the first Latin American woman to exhibit in a one-person show at the Louvre's Museum of Decorative Arts. Meanwhile, she entered the Chilean cultural imagination, so much so that Neruda dedicated the famous Elegìa para cantar to her. She resumed her travels, this time to Europe. She stayed for a while in Poland and then moved to Paris, where she was appreciated by several French intellectuals, particularly Paul Rivet, anthropologist and director of the Musée de l'Homme, with whom she would record, in the Phonotheque National de la Sorbonne, the record Cantos del Chile. In 1960 she met Swiss musicologist and anthropologist Gilbert Favre, who would become the last and greatest love of her life and to whom she dedicated hundreds of songs. In 1961, accompanied by her children Isabel and Ángel on a long tour, she also performed in Italy.
Back in Chile she decided to set up a large tent on the outskirts of the capital, with the intention of making it a cultural center dedicated to research on Chilean folklore. These were the years of a new ferment and the birth of the musical movement called Nueva canción chilena: artists such as Víctor Jara, founder of the group Quilapayún, Rolando Alarcón, and the duo Isabel and Ángel Parra, who built repertoires of denunciation and social commitment. La Carpa de la Reina, an enterprise to which Violeta committed all her strength and precarious economic resources, was inaugurated in December 1965. The same month Gilbert left for good for Bolivia, an event that left her in great pain and inspired the beautiful Run run se fue pa 'l norte. Despite the ended affair and the stunted start of the project, out of personal suffering Violeta pulled out extraordinary songs still for Chile, recorded on her last album, Las últimas composiciones de Violeta Parra. The album features lyrics of love, struggle, pain, ironic and angry - among them Maldigo del alto del cielo, which seems to foreshadow the future that would shortly hit her country with Pinochet's coup, and Mazúrquica modérnica. One hears the cry of an artist who, perhaps, already has her end in mind. There is also the celebrated Gracias a la vida, considered her spiritual and artistic testament. Mercedes Sosa was the first to launch it, followed by performers such as Joan Baez and, in Italy, Gabriella Ferri.
On Sunday, February 5, 1967, Violeta del Carmen Parra Sandoval decided to end her journey. With a gunshot, in her humble studio apartment, she ended her life. A shot that rumbled like the rumble of lightning that would lead Chile into a darker future. For Violeta is Chile's daughter, but she was also the woman who re-partitioned Chile: traveling into its bowels, she put its soul and roots back into the world. Petite, in simple clothes, without makeup and with signs of the smallpox that had struck her as a child, with her long hair, she remained until the end an indomitable, independent woman, full of love and pain. To the chillaneja, unique, "la Violeta."
Traduzione spagnola