Aretha Franklin
Mauro Zennaro


Marika Banci

 

Qui, nella periferia dell’Impero, è sempre stato difficile farsi un’idea di quello che succedeva fuori e che ci arrivava come pallida eco piuttosto confusa. Così le poche persone che nel 1963 ascoltavano Rita Pavone cantare Datemi un martello non immaginavano che quella canzoncina buffa e ballabile, dal testo piuttosto stupido ma consono ai tempi, era la versione italiana di un memorabile brano politico di Pete Seeger, e chi ascoltò anche la versione di Aretha Franklin pensò che la cantante statunitense era in effetti piuttosto brava, quasi come la Pavone nazionale. Ma allora non la sentì quasi nessuno perché Franklin, all’epoca, era piuttosto sconosciuta anche negli Stati Uniti. La storia di Aretha è emblematica e assomiglia a quella di tante altre cantanti afroamericane. Come da copione, era figlia di un pastore battista e di una pianista e cantante gospel, Barbara Vernice Siggers, una delle migliori del Paese, ammirata anche dalla grande Mahalia Jackson. Il pastore in questione, Clarence LaVaughn Franklin, nonostante l’educazione rigida che tentò di dare alle tre figlie e al primo figlio di Barbara, non era esattamente uno stinco di santo e la moglie lo lasciò nel 1948 per poi morire d’infarto nel 1952 a trentaquattro anni. Quando la mamma se ne andò, Aretha, nata a Memphis il 25 marzo 1942, aveva sei anni.

Aretha Franklin (a sinistra) con il padre C.L. Franklin e la sorella Carolyn nel 1965

La famiglia si trasferì a Detroit, dove il pastore Franklin divenne ministro di una grande comunità religiosa e le sorelle furono impegnate a cantare durante le funzioni. Aretha suonava anche il pianoforte. La sua voce era già calda e potente, e il repertorio che cantava era ovviamente quello religioso: il gospel. A partire dai dodici anni cominciò a seguire il padre, predicatore di grande fascino e successo (era chiamato “La voce da un milione di dollari”), nei suoi viaggi di predicazione e anche a essere notata da agenti e impresari. A quattordici anni aveva anche già subito due stupri e affrontato due gravidanze ma questo, diversamente dalla sua voce, non era considerato poi così eccezionale. Casa Franklin, comunque, era frequentata da molti personaggi del mondo musicale, da cui la giovane Aretha prendeva ispirazione. A sedici anni seguì l’amico di famiglia Martin Luther King e cantò nelle manifestazioni in cui lui parlava in favore dei diritti civili.

Ma proprio la voce e le sue figure di riferimento, le grandi cantanti gospel, furono paradossalmente ciò che le impedì di raggiungere prima il successo: era bravissima, ma non abbastanza originale. Nel 1960, a diciotto anni, convinse il padre a tentare la sorte a New York con l’amico Sam Cooke, già stella di prima grandezza, e il reverendo Franklin acconsentì e finanziò alcune incisioni demo. Così le fu proposto un contratto con la casa discografica Columbia, ma questa le impose un repertorio che non la valorizzava. Tra il 1960 e il 1966 incise ben cinque album e alcuni 45 giri, tra cui il brano già citato di Pete Seeger, un pezzo bellissimo rovinato da un arrangiamento mediocre. Nonostante un discreto successo, il repertorio pop che la Columbia le imponeva non era nelle sue corde e, nonostante i circa centomila dollari annui di guadagno, Aretha aveva bisogno di una casa discografica che rendesse giustizia alla sua vena musicale afroamericana che, nata dal gospel, si stava evolvendo nel rythm and blues, la faccia moderna del vecchio blues nero. Inoltre si trovò perfino a dover restituire del denaro alla Columbia perché, a dispetto degli anticipi ricevuti e dei complimenti, le vendite restavano piuttosto fiacche. E il suo rapporto con l’uomo che aveva sposato nel 1961, il musicista e manager Ted White, si andava deteriorando: cosa ovvia, dato che lui si era dimostrato un violento. Alla scadenza del contratto, Aretha si trasferì all’Atlantic Records. Descrisse così il suo ingresso all’Atlantic: «Mi fecero sedere al pianoforte e i successi cominciarono ad arrivare».

Aretha Franklin con Wexler, produttore dell’Atlantic Records, nel 1966

Il suo nuovo produttore, Jerry Wexler, aveva finalmente capito la personalità di Aretha: era semplicemente un’artista impossibile da imbrigliare. Dava il meglio di sé improvvisando, facendo di testa sua in piena libertà interpretativa. Dal 1967 al 1970 Aretha incise i pezzi più celebri della sua carriera, tra cui Respect, di Otis Redding, che trasformò in un inno femminista, e (You Make Me Feel) A Natural Woman, di Carole King, il brano che nel 2015 cantò a Washington davanti al presidente Barack Obama, alla first lady Michelle LaVaughn Robinson e all’autrice Carole King visibilmente commossa. Il successo, finalmente. Ma non la serenità. La fatica degli anni precedenti, le molestie subite, la violenza di cui una giovane donna nera era circondata e vittima non le permisero di godersi la libertà artistica e la celebrità. D’altro canto depressione e ricorso ad alcol e sostanze varie erano tipici dell’ambiente, una scorsa alle biografie delle grandi artiste afroamericane lo può confermare. Come altre prima, anche Aretha fu insignita da pubblico e critica di un titolo nobiliare: Lady Soul, la regina della musica soul. Fu la prima artista nera a conquistare la copertina della rivista Time e la prima donna accolta, il 3 gennaio 1987, nella leggendaria Rock ’n’ Roll Hall of Fame di Cleveland (il che la dice lunga sulla considerazione che tale istituzione ha delle musiciste).

Aretha restò all’Atlantic per un decennio riportando un successo altalenante. I gusti e le mode musicali cambiavano velocemente e il trionfo della disco music non le giovò. Le solide radici religiose e civili della sua musica non potevano convivere con le atmosfere da discoteca che cominciavano a imperversare e che il mercato imponeva. La sua produzione appareva confusa ma non mancarono le perle, come Young Gifted and Black, di Nina Simone, divenuta un inno dell’orgoglio nero, e il periodico ritorno al gospel, come l’album Amazing Grace che la riportò alla musica delle origini. Il trionfo definitivo arrivò nel 1980 con il film The Blues Brothers di John Landis, in cui Aretha interpreta una piccola parte di grande impatto cantando Think!, del 1968. Il film, in cui appaiono altri grandi musicisti, sia nella band dei fratelli Blues che come comprimari, divenne leggendario. Aretha, la cui canzone è un inno alla libertà, in realtà non fa una parte particolarmente brillante: interpreta la moglie del chitarrista Matt “Guitar” Murphy che vuole impedire al marito di unirsi alla band e farlo rimanere a gestire la loro rosticceria: un’immagine pedante e conservatrice, anche se l’interpretazione è meravigliosa.

Ormai celebre in tutto il mondo, Aretha Franklin proseguì a incidere dischi, concentrandosi sulla musica più adatta alla sua personalità e in duetti spesso sorprendenti, come quelli con Whitney Houston ed Elton John, né mancarono esibizioni per alcuni versi sconcertanti, come l’interpretazione di Nessun dorma, da Turandot di Giacomo Puccini, alla cerimonia di consegna dei Grammy Awards del 1998, in sostituzione di Luciano Pavarotti malato: un brano non adatto a lei, che però lo esegue, come sempre, affondando la voce nel blues.Il nuovo secolo rivelò una Aretha Franklin diva irrequieta, le apparizioni sul palco si rarefecero – anche a causa del suo rifiuto di viaggiare in aereo, che la terrorizzava – e anche i dischi apparvero più raramente. Nel 2014 David Ritz, scrittore statunitense specializzato in biografie, pubblicò Respect, versione riveduta e corretta di From These Roots, biografia “ufficiale” di Aretha scritta con lei nel 1999; la nuova versione, a quanto pare, era più c completa e veritiera circa argomenti di carattere personale a suo tempo “censurati” dalla cantante.

Nel 2015 il grande trionfo a Washington sopra ricordato, e poi la malattia. Aretha Franklin morì a Detroit il 16 agosto 2018. Nel 2021 la rivista Rolling Stone dichiarò la sua versione di Respect, fra cinquecento selezionate, la “più grande canzone di tutti i tempi”. La motivazione recitava:

«Aretha non avrebbe mai interpretato la parte della donna disprezzata: il suo secondo nome era “Rispetto”». E proseguiva: «le richieste orgogliose della canzone hanno avuto una forte risonanza con il movimento per i diritti civili e l’emergente rivoluzione femminista, adattandosi a un’artista che ha sostenuto il Black Panther Party e ha cantato al funerale di Martin Luther King Jr. Nel suo libro di memorie del 1999, Franklin scrisse che la canzone rifletteva “il bisogno dell’uomo e della donna media della strada, dell’uomo d'affari, della madre, del pompiere, dell'insegnante: tutti volevano rispetto”. Lo facciamo ancora».


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

 

Ici, dans la périphérie de l'Empire, il a toujours été difficile de se faire une idée de ce qui se passait ailleurs et qui nous arrivait comme un écho pâle et assez confus. Ainsi, les quelques personnes qui, en 1963, écoutaient Rita Pavone chanter Datemi un martello, n'imaginaient pas que cette petite chanson drôle et dansante, au texte plutôt stupide mais adapté à l'époque, était la version italienne d'un mémorable morceau politique de Pete Seeger, et ceux qui ont aussi entendu la version d'Aretha Franklin pensaient que la chanteuse américaine était en fait assez douée, presque comme la Pavone nationale. Mais à l'époque, presque personne ne l'a entendue, car Franklin, à ce moment-là, était plutôt inconnue même aux États-Unis. L'histoire d'Aretha est emblématique et ressemble à celle de nombreuses autres chanteuses afro-américaines. Comme dans un scénario prévisible, elle était la fille d'un pasteur baptiste et d'une pianiste et chanteuse de gospel, Barbara Vernice Siggers, l'une des meilleures du pays, admirée même par la grande Mahalia Jackson. Le pasteur en question, Clarence LaVaughn Franklin, malgré l'éducation stricte qu'il essayait de donner à ses trois filles et au premier fils de Barbara, n'était pas exactement un modèle de vertu, et sa femme le quitte en 1948 pour mourir d'une crise cardiaque en 1952, à l'âge de trente-quatre ans. Quand sa mère est partie, Aretha, née à Memphis le 25 mars 1942, avait six ans.

Aretha Franklin (la sinistre) avec le père C.L. Franklin et Sorella Carolyn en 1965

La famille a déménagé à Detroit, où le pasteur Franklin est devenu ministre d'une grande communauté religieuse, et les sœurs ont été impliquées dans les chants pendant les services. Aretha jouait aussi du piano. Sa voix était déjà chaude et puissante, et le répertoire qu'elle chantait était bien sûr celui religieux : le gospel. À partir de l'âge de douze ans, elle a commencé à suivre son père, un prédicateur très charismatique et à succès (on l'appelait "La voix d'un million de dollars") lors de ses voyages de prédication, et elle a aussi commencé à être remarquée par des agents et des managers. À quatorze ans, elle avait déjà subi deux viols et vécu deux grossesses, mais cela, contrairement à sa voix, n'était pas considéré comme si exceptionnel. La maison Franklin, de toute façon, était fréquentée par de nombreuses personnalités du monde musical, dont la jeune Aretha s'inspirait. À seize ans, elle a suivi l'ami de la famille, Martin Luther King, et a chanté lors des manifestations où il parlait en faveur des droits civiques.

Mais c'est justement sa voix et ses modèles, les grandes chanteuses de gospel, qui l'ont paradoxalement empêchée d'atteindre le succès plus tôt : elle était brillante, mais pas assez originale. En 1960, à dix-huit ans, elle a convaincu son père de tenter sa chance à New York avec l'ami Sam Cooke, déjà une grande star, et le révérend Franklin a accepté et financé quelques enregistrements démo. Ainsi, elle a reçu une offre de contrat avec la maison de disques Columbia, mais celle-ci lui a imposé un répertoire qui ne la mettait pas en valeur. Entre 1960 et 1966, elle a enregistré pas moins de cinq albums et plusieurs singles, dont la chanson déjà mentionnée de Pete Seeger, une belle chanson gâchée par un arrangement médiocre. Malgré un succès modéré, le répertoire pop imposé par Columbia n'était pas dans ses cordes et, malgré un revenu annuel d'environ cent mille dollars, Aretha avait besoin d'une maison de disques qui rende justice à sa veine musicale afro-américaine qui, née du gospel, évoluait vers le rhythm and blues, la version moderne de l'ancien blues noir. En outre, elle a même dû rembourser de l'argent à Columbia, car, malgré les avances reçues et les compliments, les ventes restaient plutôt faibles. Et sa relation avec l'homme qu'elle avait épousé en 1961, le musicien et manager Ted White, se détériorait : une conséquence logique, étant donné que lui s'était montré violent. À la fin du contrat, Aretha a déménagé chez Atlantic Records. Elle a décrit ainsi son entrée chez Atlantic : « Ils m'ont fait asseoir au piano, et les succès ont commencé à arriver.»

Aretha Franklin avec le producteur d'Atlantic Records Wexler en 1966

Son nouveau producteur, Jerry Wexler, avait enfin compris la personnalité d'Aretha : elle était simplement une artiste impossible à contenir. Elle donnait le meilleur d'elle-même en improvisant, en faisant tout à sa manière avec une liberté d'interprétation totale. Entre 1967 et 1970, Aretha Franklin enregistre les pièces les plus célèbres de sa carrière, y compris Respect d’Otis Redding, qu'elle transforme en hymne féministe, et (You Make Me Feel) A Natural Woman de Carole King, une chanson qu'elle chante en 2015 à Washington devant le président Barack Obama, la première dame Michelle LaVaughn Robinson, et l'auteure Carole King, visiblement émue. Le succès, enfin. Mais pas la sérénité. La fatigue des années précédentes, les abus subis, la violence qui entourait et affectait une jeune femme noire ne lui permettent pas de profiter pleinement de sa liberté artistique et de sa célébrité. D’ailleurs, la dépression et le recours à l'alcool et aux drogues étaient fréquents dans cet environnement, comme le montrent les biographies de nombreuses grandes artistes afro-américaines. Comme d'autres avant elle, Aretha reçoit des critiques et du public un titre de noblesse : Lady Soul, la reine de la musique soul. Elle est la première artiste noire à figurer sur la couverture du magazine Time et la première femme à être admise, le 3 janvier 1987, dans le légendaire Rock 'n' Roll Hall of Fame de Cleveland (ce qui en dit long sur la place des musiciennes dans cette institution).

Aretha reste chez Atlantic pendant une décennie, connaissant un succès inégal. Les goûts et les modes musicaux changent rapidement, et le triomphe de la disco ne lui est pas favorable. Ses solides racines religieuses et civiles ne s'accordent pas avec les ambiances de discothèque qui commencent à dominer et que le marché impose. Sa production paraît confuse, mais elle inclut quelques perles, comme Young Gifted and Black de Nina Simone, devenu un hymne de la fierté noire, et des retours périodiques au gospel, comme l'album Amazing Grace qui la ramène à sa musique d'origine. Le triomphe définitif arrive en 1980 avec le film The Blues Brothers de John Landis, où Aretha joue un petit rôle marquant en chantant Think! de 1968. Le film, dans lequel apparaissent d'autres grands musiciens, tant dans le groupe des frères Blues que parmi les seconds rôles, devient légendaire. Aretha, dont la chanson est un hymne à la liberté, ne joue pas un rôle particulièrement brillant : elle incarne l'épouse du guitariste Matt "Guitar" Murphy, cherchant à l'empêcher de rejoindre le groupe et voulant qu'il reste pour gérer leur rôtisserie : une image pédante et conservatrice, même si son interprétation est merveilleuse.

Désormais célèbre dans le monde entier, Aretha Franklin continue d'enregistrer des disques, en se concentrant sur la musique qui correspond le mieux à sa personnalité et en réalisant des duos souvent surprenants, comme ceux avec Whitney Houston et Elton John. Il y a aussi des performances pour le moins surprenantes, comme son interprétation de Nessun dorma de Turandot de Giacomo Puccini aux Grammy Awards de 1998, en remplacement de Luciano Pavarotti malade : une pièce qui ne lui est pas adaptée, mais qu'elle chante néanmoins en y insufflant son style blues. Le nouveau siècle révèle une Aretha Franklin diva agitée, ses apparitions sur scène deviennent plus rares – en partie à cause de sa peur de voyager en avion – et ses disques paraissent aussi moins fréquemment. En 2014, David Ritz, écrivain américain spécialisé en biographies, publie Respect, une version révisée et corrigée de From These Roots, la biographie officielle d'Aretha écrite avec elle en 1999 ; la nouvelle version est, semble-t-il, plus complète et honnête quant à des aspects personnels autrefois censurés par la chanteuse.

En 2015, le grand triomphe à Washington précédemment mentionné, puis la maladie. Aretha Franklin meurt à Détroit le 16 août 2018. En 2021, le magazine Rolling Stone déclare que sa version de Respect, parmi cinq cents chansons sélectionnées, est la "plus grande chanson de tous les temps". La motivation disait:

«Aretha n’aurait jamais joué le rôle de la femme méprisée : son deuxième prénom était “Respect”». Elle poursuivait: «Les revendications fières de la chanson ont résonné fortement avec le mouvement des droits civiques et la révolution féministe naissante, s’adaptant à une artiste qui soutenait le Black Panther Party et chantait aux funérailles de Martin Luther King Jr. Dans son livre de mémoires de 1999, Franklin a écrit que la chanson reflétait "le besoin de l'homme et de la femme moyens, de l'homme d'affaires, de la mère, du pompier, de l'enseignant : tous voulaient du respect". Nous en avons toujours besoin.».


Traduzione inglese

Syd Stapleton

 

Here on the outskirts of the Empire, it was always difficult to get an idea of what was going on inside, other than what came to us as pale, rather fuzzy echoes. So, the few people who heard Rita Pavone sing If I Had a Hammer in 1963 had no idea that that funny, danceable little song, with rather silly lyrics but appropriate to the times, was the Italian version of a memorable political song by Pete Seeger. And those who also heard Aretha Franklin's version thought that the American singer was actually quite good, almost as good as the national Pavone. But hardly anyone heard that version then, because Franklin, at the time, was rather unknown even in the United States. Aretha's story is emblematic and resembles that of so many other African American singers. As per the common script, she was the daughter of a Baptist pastor and Barbara Vernice Siggers, a pianist and gospel singer, one of the best in the country and admired by the great Mahalia Jackson. The pastor in question, Clarence LaVaughn Franklin, despite the strict upbringing he tried to give to his three daughters and Barbara's first son, was not exactly universally popular, and his wife left him in 1948 only to die of a heart attack in 1952 at the age of thirty-four. When her mother died, Aretha, born in Memphis on March 25, 1942, was only six years old.

Aretha Franklin (a sinistra) with the father C.L. Franklin and the sorella Carolyn nel 1965

The family moved to Detroit, where Pastor Franklin became minister of a large religious organization and the sisters were busy singing during services. Aretha also played the piano. Her voice was already warm and powerful, and the repertoire she sang was obviously religious - gospel. From the age of twelve she began to follow her father, a very charming and successful preacher (he was called "The Million Dollar Voice"), on his preaching trips, and she was also noticed by agents and impresarios. By the time she was fourteen, she had also suffered two rapes and faced two pregnancies but this, unlike her voice, was not considered all that exceptional. The Franklin house, however, was frequented by many musical figures, from whom young Aretha took inspiration. At sixteen she followed family friend Martin Luther King and sang at events where he spoke in favor of civil rights.

But her voice and her role models, the great gospel singers, were paradoxically what prevented her from achieving success sooner - she was great, but not original enough. In 1960, at the age of eighteen, she convinced her father to try her luck in New York with her friend Sam Cooke, already a top star, and Reverend Franklin agreed and financed some demo recordings. She was thus offered a contract with the Columbia record company, but it imposed a repertoire on her that didn’t help at all. Between 1960 and 1966 she recorded no less than five albums and a few 45s, including the aforementioned Pete Seeger song, a beautiful piece marred by a mediocre arrangement. Despite a fair amount of success, the pop repertoire that Columbia imposed on her was not in her wheelhouse, and despite making about a hundred thousand dollars a year, Aretha needed a record company that would do justice to her African-American musical heritage, which, born of gospel, was evolving into rhythm and blues, the modern face of the old black blues. She even found herself having to return money to Columbia because sales remained rather sluggish, in spite of her successes and the compliments she received. And her relationship with the man she had married in 1961, musician and manager Ted White, was deteriorating - he had proven to be abusive. When her contract expired, Aretha moved to Atlantic Records. She described her joining Atlantic this way, "They sat me down at the piano and the hits started coming."

Aretha Franklin with Atlantic Records producer Wexler in 1966

Her new producer, Jerry Wexler, had finally figured out Aretha's personality - she was simply an artist impossible to harness. She was at her best improvising, doing her own thing with complete interpretive freedom. From 1967 to 1970 Aretha recorded the most celebrated songs of her career, including Respect, by Otis Redding, which she turned into a feminist anthem, and (You Make Me Feel Like) A Natural Woman, by Carole King, the song she sang in Washington in 2015 in front of President Barack Obama, first lady Michelle Obama and the visibly moved songwriter Carole King. Success, at last. But not serenity. The fatigue of her earlier years, the harassment she suffered, and the violence with which a young black woman was surrounded and victimized didn’t allow her to enjoy artistic freedom and stardom. On the other hand, depression and a resort to alcohol and various substances were typical of the environment - a glance at the biographies of great African American female artists can confirm this. Like others before, Aretha was given a noble title - Lady Soul, the Queen of Soul Music - by the public and critics. She was the first black artist to grace the cover of Time magazine and the first woman inducted, on January 3, 1987, into the legendary Rock 'n' Roll Hall of Fame in Cleveland (which speaks volumes about that institution's regard for female musicians).

Aretha remained with Atlantic for a decade, with fluctuating success. Musical tastes and fashions were changing rapidly, and the triumph of disco music didn’t benefit her. The solid religious and civic roots of her music could not coexist with the disco atmosphere that was beginning to rage and that the market dictated. Her output appeared muddled but there was no shortage of gems, such as Nina Simone's Young Gifted and Black, which became an anthem of black pride, and the periodic return to the gospel, such as the album Amazing Grace, which brought her back to the music of her origins. An enormous triumph came in 1980 with John Landis's 1968 film The Blues Brothers, in which Aretha plays a small, impactful part singing Think! The film, in which other great musicians appear, both in the Blues Brothers band and as supporting players, became legendary. Aretha, whose song is an ode to freedom, did not actually play in a particularly wonderful role. She played the wife of guitarist Matt "Guitar" Murphy, who wanted to prevent her husband from joining the band and have him stay on to run their deli - a pedantic and conservative image - although the performance is wonderful.

Having become world-famous, Aretha Franklin went on to make records, concentrating on music best suited to her personality and in often surprising duets, such as those with Whitney Houston and Elton John, nor were there any lack of performances that were in some ways disconcerting, such as her performance of Nessun Dorma, from Giacomo Puccini's Turandot, at the 1998 Grammy Awards ceremony, replacing the ailing Luciano Pavarotti. It wasn’t a song well suited to her, but she performed it, as always, lowering her voice into the blues. The new century revealed a restless Aretha Franklin as a diva. Stage appearances became rare - partly because of her refusal to travel by air, which terrified her - and even records appeared less frequently. In 2014 David Ritz, a U.S. writer specializing in biographies, published Respect, a revised and corrected version of From These Roots, Aretha's "official" biography written with her in 1999. The new version was apparently more complete and truthful about the personal topics that had been "censored" by the singer in the earlier version.

In 2015 there was the great triumph in Washington, D.C. mentioned above, and then came illness. Aretha Franklin died in Detroit on August 16, 2018. In 2021 Rolling Stone magazine declared her version of Respect, among five hundred selected, the "greatest song of all time." The rationale read,

«Aretha would never play the scorned woman… Her middle name was Respect." It continued, "the song’s unapologetic demands resonated powerfully with the civil rights movement and emergent feminist revolution, fitting for an artist who donated to the Black Panther Party and sang at the funeral of Martin Luther King Jr. In her 1999 memoir, Franklin wrote that the song reflected ‘the need of the average man and woman in the street, the businessman, the mother, the fireman, the teacher - everyone wanted respect. We still do».


Traduzione spagnola

Silvia Cercarelli

 

Aquí, en las afueras del Imperio, siempre ha sido difícil hacerse una idea de lo que ocurría afuera y que nos llegaba como un eco pálido y bastante confuso. Así que las pocas personas que en 1963 escuchaban a Rita Pavone cantar Datemi un martello no se imaginaban que esa canción divertida y bailable, con una letra bastante estúpida pero apropiada a los tiempos, era la versión italiana de una memorable canción política de Pete Seeger, y quienes también escucharon la versión de Aretha Franklin pensaron que la cantante estadounidense era en realidad bastante buena, casi como nuestra Pavone. Sin embargo, casi nadie la escuchaba porque Franklin, en auqle entonces, era bastante desconocida incluso en los Estados Unidos. La historia de Aretha es emblemática y se asemeja a la de muchas otras cantantes afroamericanas. Como de costumbre, era hija de un pastor bautista y de una de las mejores pianistas y cantantes de góspel del país, Barbara Vernice Siggers, admirada también por la gran Mahalia Jackson. El pastor en cuestión, Clarence LaVaughn Franklin, a pesar de la estricta educación que trató de dar a sus tres hijas y al primer hijo de Barbara, no era exactamente un santo y su esposa lo abandonó en 1948. Luego ella murió de un ataque de corazón en 1952, a la edad de treinta y cuatro años. Cuando su madre se fue, Aretha, nacida en Memphis el 25 de marzo de 1942, tenía seis años.

Aretha Franklin (una sinistra) con el padre C.L. Franklin y la sorella Carolyn nel 1965

La familia se mudó a Detroit, donde el pastor Franklin se convirtió en ministro de una gran comunidad religiosa y las hermanas solían cantar durante las funciones. Aretha también tocaba el piano. Su voz ya era cálida y poderosa, y el repertorio que cantaba era obviamente el religioso: el góspel. A partir de los doce años comenzó a seguir a su padre, un predicador de gran encanto y éxito (le llamaban "La Voz de un millón de dólares"), en sus viajes de predicación y también a hacerse notar por agentes y empresarios. A los catorce años también había sufrido ya dos violaciones y se había enfrentado a dos embarazos, pero esto, a diferencia de su voz, no se consideraba tan excepcional. La casa de Franklin, sin embargo, era frecuentada por muchas personalidades del mundo musical, en las que se inspiró la joven Aretha. A los dieciséis años siguió a Martin Luther King, amigo de la familia, y cantó en las protestas a favor de los derechos civiles.

Pero fueron precisamente su voz y sus figuras de referencia, las grandes cantantes de góspel, las que, paradójicamente, le impidieron alcanzar el éxito al principio: era muy buena, pero no lo suficientemente original. En 1960, a la edad de dieciocho años, convenció a su padre para probar suerte en Nueva York con su amigo Sam Cooke, ya una estrella de primera magnitud, y el reverendo Franklin aprobó y financió algunas grabaciones de maquetas. Así que le ofrecieron un contrato con la discográfica Columbia, pero la compañía le impuso un repertorio que no la valoraba. Entre 1960 y 1966 grabó cinco álbumes y unos sencillos, entre ellos la ya mencionada canción de Pete Seeger, una hermosa pieza arruinada por un arreglo mediocre. A pesar de un éxito moderado, el repertorio pop que le impuso la Columbia no era su estilo y, a pesar de los aproximadamente cien mil dólares anuales de ganancias, Aretha necesitaba una compañía discográfica que hiciera justicia a su vena musical afroamericana que, nacida del góspel, estaba evolucionando hacia el rhythm and blues, la cara moderna del viejo blues negro. También tuvo que devolver dinero a la Columbia porque, a pesar de los adelantos y los cumplidos que recibió, las ventas siguieron siendo bastante lentas. Y su relación con el hombre con el que se había casado en 1961, el músico y mánager Ted White, se estaba deteriorando: obviamente, ya que él había demostrado que era un violento. Cuando su contrato expiró, Aretha se mudó a la Atlantic Records. Describió su entrada en la Atlantic de la siguiente manera: "Me hicieron sentar al piano y empezaron a llegar los éxitos".

Aretha Franklin con el productor de Atlantic Records Wexler en 1966

Su nuevo productor, Jerry Wexler, había entendido por fin la personalidad de Aretha: era simplemente una artista imposible de limitar. Daba lo mejor de sí misma improvisando, haciendo lo suyo con total libertad de interpretación. De 1967 a 1970 Aretha grabó las canciones más famosas de su carrera, entre ellas Respect, de Otis Redding, que convirtió en un himno feminista, y (You Make Me Feel Like) A Natural Woman, de Carole King, la canción que en 2015 cantó en Washington frente al presidente Barack Obama, a la primera dama Michelle LaVaughn Robinson y a la escritora Carole King, visiblemente emocionada. Éxito, por fin. Pero no la serenidad. El cansancio de los años anteriores, los abusos sufridos, la violencia por la que una joven mujer negra fue rodeada y victimizada no le permitieron disfrutar de la libertad artística y la celebridad. Por otro lado, la depresión y el consumo de alcohol y diversas sustancias eran propios del ambiente, un vistazo a las biografías de los grandes artistas afroamericanos puede confirmarlo. Al igual que otras anterior a ella, Aretha también fue premiada por el público y la crítica con un título nobiliario: Lady Soul, la reina de la música soul. Fue la primera artista negra en conquistar la portada de la revista Time y la primera mujer recibida, el 3 de enero de 1987, en el legendario Salón de la Fama del Rock 'n' Roll de Cleveland (lo que dice mucho de la estima de la institución por las mujeres músicas).

Aretha permaneció en el Atlántico durante una década y logró un éxito mixto. Los gustos musicales y las modas cambiaron rápidamente y el triunfo de la música disco no la ayudó. Las sólidas raíces religiosas y civiles de su música no podían convivir con los ambientes disco que empezaban a hacer estragos y que el mercado imponía. Su producción parecía confusa pero no faltaron las perlas, como Young Gifted and Black, de Nina Simone, que se convirtió en un himno de orgullo negro, y el regreso periódico al gospel, como el álbum Amazing Grace que la devolvió a la música de sus orígenes. El triunfo definitivo llegó en 1980 con la película The Blues Brothers de John Landis, en la que Aretha interpreta un pequeño papel de gran impacto cantando Think!, de 1968. La película, en la que aparecen otros grandes músicos, tanto en la banda de los hermanos Blues como como actores secundarios, se convirtió en legendaria. Aretha, cuya canción es un himno a la libertad, en realidad no juega un papel particularmente brillante: interpreta a la esposa del guitarrista Matt "Guitar" Murphy que quiere evitar que su esposo se una a la banda y para que se quede para administrar su asador: una imagen pedante y conservadora, aunque la interpretación es maravillosa.

Ya famosa en todo el mundo, Aretha Franklin siguió grabando discos, concentrándose en la música que mejor se adaptaba a su personalidad y en dúos a menudo sorprendentes, como aquellos con Whitney Houston y Elton John, y no faltaron interpretaciones en cierto modo desconcertantes, como la interpretación de Nessun dorma, de Turandot de Giacomo Puccini, en la ceremonia de los premios Grammy de 1998, reemplazando a Luciano Pavarotti que estaba enfermo: una canción no apta para ella, pero la interpretó, como siempre, hundiendo su voz en el blues. El nuevo siglo reveló a una inquieta diva Aretha Franklin, las apariciones en el escenario fueron escasas -también debido a su rechazo a viajar en avión, que la aterrorizaba- e incluso los discos aparecieron más raramente. En 2014 David Ritz, escritor estadounidense especializado en biografías, publicó Respect, una versión revisada y corregida de From These Roots, una biografía "oficial" de Aretha escrita con ella en 1999; la nueva versión, al parecer, era más completa y veraz sobre temas de carácter personal en su momento "censurados" por la cantante.

En 2015 se produjo el gran triunfo en Washington mencionado anteriormente, y luego la enfermedad. Aretha Franklin murió en Detroit el 16 de agosto de 2018. En 2021, la revista Rolling Stone declaró su versión de Respect, entre quinientas seleccionadas, como la "mejor canción de todos los tiempos". La motivación decía:

«Aretha nunca habría interpretado el papel de la mujer despreciada: su segundo nombre era 'Respeto'». Y seguía: «Las orgullosas demandas de la canción resonaron fuertemente con el movimiento por los derechos civiles y la revolución feminista emergente, encajando con una artista que apoyó al Partido Black Panther y cantó en el funeral de Martin Luther King Jr. En sus memorias de 1999, Franklin escribió que la canción reflejaba "la necesidad de los hombres y mujeres de la calle, de los hombres de negocios, de las madres, de los bomberos, de los maestros: todos querían respeto". Todavía lo queremos».