Itinerari di genere a Siviglia

Siviglia è una città magica, quasi uno scenario teatrale permanente che rapisce dopo pochi passi tra le sue strade. Sarà che ha ispirato opere liriche celeberrime e dato vita a straordinari personaggi come Carmen, Figaro, Don Giovanni, ma camminando per la città si incontrano scorci e angoli suggestivi indimenticabili. Come spesso accade le vie e i monumenti ricordano soprattutto figure maschili, eroi, condottieri, sovrani, alti prelati, poeti, politici, lasciando in ombra la storia delle donne: una memoria a sghimbescio, parziale e incompleta che consente solo di intravvedere le figure femminili.

Durante un mio breve soggiorno a Siviglia ho provato a incontrare alcune di queste donne, immaginarie e non, guardando anche, ma non solo, le targhe delle vie. Un breve, e certamente non esauriente, itinerario di genere per il centro della città.

Proprio perché la magia dell’opera sembra aspettarmi ad ogni angolo, comincio dall’austero ed elegante complesso della Reale Fabbrica di Tabacco che ora ospita le aule dell’Università di Siviglia. Nell’edificio, che risale al XVIII secolo, lavoravano oltre mille persone e fra queste la fantasia di Mérimée ha immaginato la bella Carmen, eroina resa immortale dalle musiche di Georges Bizet. “Jamais Carmen ne cédera! Libre elle est née et libre elle mourra!” canta Carmen nell’atto IV e il suo spirito libero, la forza della sua danza e della sua passione aleggiano nei vicoli del quartiere Santa Cruz, sotto l’arco della Juderia dove Carmen scappa dai soldati oppure nel Callejón del Agua dove ballava danze gitane.

La Juderia di Siviglia, il quartiere ebraico della città, è stato teatro di molti drammi, quello dell’espulsione delle persone di religione ebraica in primo luogo, avvenuta dopo la promulgazione dell’editto di Granada del 1492 da parte di Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona. La stretta Calle Susona, un tempo denominata Calle de la Muerte, ricorda quel tragico momento. A causa delle conversioni forzate e dello spettro dell’Inquisizione, nella comunità ebraica di Siviglia si cominciò a pensare ad un’azione di ribellione; a capo della sommossa era Diego Suson, la cui bella e giovane figlia Susana frequentava un nobiluomo cristiano. La ragazza, accortasi che in casa sua si stava preparando una rivolta, avvisò il suo spasimante e le conseguenze furono tragiche. Gli arrestati, fra cui il padre di Susana, furono arrestati e giustiziati. Alle vicende storiche si intrecciano due leggende. Una vede Susana, disprezzata e allontanata dalla sua comunità, abbandonata dallo spasimante cristiano, distrutta dal senso di colpa, trovare rifugio nella cattedrale di Siviglia accolta dall’arciprete Reginaldo di Toledo. Dopo essere stata battezzata e assolta dai suoi peccati, la giovane trascorse il resto della sua vita in penitenza tornando al termine della sua esistenza nella vecchia casa paterna. Un’altra leggenda costruisce intorno alla figura di Susana una serie di episodi che la trasformano nello stereotipo della donna immorale, peccatrice e seduttrice: prima una relazione con un vescovo, col quale mette al mondo due figli, quindi una seconda relazione con un mercante. L’espiazione solo dopo la morte: si narra infatti che nel suo testamento fosse scritto che la testa fosse separata dal corpo e appesa, come monito per le giovani generazioni, ad un chiodo della sua vecchia abitazione. La raffigurazione su maioliche di un teschio sta a ricordare l’episodio.

Non lontano dalla vecchia Calle de la Muerte, una grande targa in maiolica bianca con decori e scritte blu ricorda la poetessa Itimad. Il suo vero nome era Rumaikiyya, era una schiava e apparteneva alla casa del mercante di Romaicq.


La leggenda narra che Almotamid, il raffinato re- poeta, ultimo sovrano arabo di Siviglia, una sera ascoltò una voce femminile: si trattava di una improvvisazione poetica in risposta ai suoi versi declamati di getto mentre sostava sulle rive del Guadalquivir. Il sovrano ne rimase affascinato e lo fu ancor di più quando la donna uscì da dietro un gruppo di canne dove era nascosta. Almotamid, conquistato dalla straordinaria bellezza della giovane, dal suo spirito profondo e dalla magia dei suoi versi, la riscattò dallo stato di schiava e la sposò con il nome di Itimad.

Passeggiando per le viuzze del quartiere si giunge a Plaza Doña Elvira, un delizioso slargo ombreggiato da moltissimi alberi d’arancio, e di nuovo riecheggiano note musicali, questa volta dal “Don Giovanni” di Mozart. “Ah! fuggi il traditor! Non lo lasciar più dir; il labbro è mentitor, fallace il ciglio!” così canta Doña Elvira poco prima che Zerlina si allontani con Don Giovanni. Cerca di metterla in gurdia, vuole impedire che la giovane possa cadere vittima delle trame seduttive dell’uomo, come è già successo a lei.
Poco lontano dalla piazza, proprio al termine di Calle Agua, si incontra un altro personaggio femminile della lirica ed è la bella Rosina de Il Barbiere di Siviglia: immaginiamola affacciata dall’altana che guarda verso i giardini di Murrillo, presa dai suoi pensieri sul Conte d’Almaviva o preoccupata dalle parole di Don Basilio.

Il balcone di Rosina

Il balcone di Rosina affaccia sui lussureggianti Giardini di Murrillo, dedicati al grande pittore spagnolo; attraversando i suoi viali, caratterizzati dalla presenza di giganteschi ficus secolari, palme e piante di buganvillea, si giunge al Paseo de Catalina de Ribera e al suo monumento.

Catalina de Ribera è stata una nobildonna andalusa vissuta nella seconda metà del XV secolo e morta nel 1505, fondatrice del Hospital de las Cinco Llagas de Nuestro Redentor, conosciuto anche come Hospital de la Sangre, ora sede del Parlamento dell’Andalusia nella zona della Macarena.

Parlamento dell’Andalusia

Catalina, seconda moglie di Pedro Enríquez de Quiñones, era una donna colta e raffinata cui si devono la costruzione della bellissima Casa de Pilatos, un edificio sontuoso e raffinato, uno dei più prestigiosi dell’epoca, e il Palacio de las Dueñas: in entrambi lo stile mudejar spagnolo si unisce a quello rinascimentale italiano.

 

Casa di Pilatos (cortile interno)

Nel 1895 l’amministrazione comunale decise di dedicarle il Paseo lungo le mura meridionali dell’Alcazar e nel 1921 fu realizzato l’elegante monumento che la ricorda.

Monumento a Catalina de Ribera

Sopra una fontana con tritoni del XVI secolo si trova il ritratto in maiolica di Catalina affiancato da figure allegoriche chiuse in nicchie ad arco.

Dal monumento si torna nuovamente alla sede dell’Università di Siviglia che ha uno degli ingressi su una strada dedicata a Maria di Padilla, amante e in seguito moglie segreta di Pietro I, detto il Crudele, re di Castiglia e Lèon nel XIV secolo.

Nel 1354 Pietro I ripudiò la moglie ufficiale Bianca di Borbone (che poi fece imprigionare e uccidere) e sposò Giovanna De Castro, subito abbandonata. Il legame con Maria però non venne mai spezzato, continuarono a vivere insieme nel castello di Urueña, a circa una cinquantina di chilometri da Valladolid, sino alla morte della donna che avvenne a Siviglia nell’agosto del 1361.
Il re volle onorare il suo ricordo e nel 1362, riunite le Cortes, dichiarò solennemente che la sua prima moglie era stata Maria di Padilla, con cui si era sposato in segreto di fronte a tre testimoni. I tre testimoni, il fratello di Maria, Diego García di Padilla, Giovanni Alfonso de Mayorga, cancelliere del Sigillo Secreto e Giovanni Pérez de Orduña, abate di Santander e suo cappellano, presenti alla riunione giurarono di dire il vero. L’arcivescovo di Toledo si espresse per l’approvazione e le Cortes riconobbero Maria di Padilla regina legittima, le sue tre figlie Beatrice, Costanza e Isabella e il figlio Alfonso riconosciuti discendenti legittimi e Alfonso dichiarato erede al trono. Anche se in una condizione di bigamia Maria di Padilla fu quindi regina consorte di Castiglia e Lèon per circa otto anni.