Adriana Pincherle
C’è stata a lungo, intorno alle donne dell’arte, una sorta di barriera del silenzio che ora lentamente sta cedendo. Anche se in vita hanno avuto riconoscimenti e successo, di loro si perde rapidamente la memoria e le tracce lasciate sono deboli e imprecise.
Non fanno eccezione le artiste del XX secolo. Le donne che dipingono o scolpiscono a Roma nella prima metà del ‘900 sono poco conosciute al vasto pubblico. Sono più famosi gli artisti, molto spesso loro compagni e mariti, come se la loro arte fosse più importante e significativa. Eppure le donne erano numerose e brave.
Fra queste Adriana Pincherle (Roma, 1909 - Firenze, 1996) le cui opere apparivano –come disse Roberto Longhi– plastiline intrise di colori violenti.
A partire dagli anni Trenta sono diverse le esposizioni a cui partecipa: alla Galleria di Roma, alla Galleria della Cometa, alla Seconda Quadriennale d’Arte Nazionale del 1935, alla Galerie de la Jeune Europe di Parigi.
Il soggiorno a Parigi, nel 1933, le consente di studiare Matisse e gli impressionisti, decisivi per la sua ricerca pittorica. Il percorso professionale appare però segnato dal “peso” degli uomini che l’hanno accompagnata nella vita: il fratello Alberto Moravia e il pittore Onofrio Martinelli che sposa nel 1941 e con il quale si trasferisce a Firenze. Un doppio cono d’ombra che l’ha lasciata a lungo in una posizione culturale subordinata.
di Barbara Belotti
Leonetta Cecchi Pieraccini
Allieva di Fattori, amica di Spadini, ammiratrice di Ferrazzi, non fu né pittrice macchiaiola, né fauve, ma parlò una propria lingua aderendo al tonalismo.
Nell’Illustrazione italiana del marzo 1938 così viene presentata la sua pittura: «Raccolta in un’intimità affettuosa [...] guadagna a essere riveduta. Allora si arricchisce d’un calore impreveduto».
Nata a Poggibonsi nel 1882, nel 1902 entrò all'Accademia di Belle arti di Firenze. Nel 1906 alla Promotrice fiorentina iniziò la sua carriera espositiva che continuò tra le Secessioni e le Quadriennali romane e le Biennali di Venezia. A Firenze conobbe Emilio Cecchi che sarebbe presto divenuto un affermato critico letterario e che sposò nel 1911. La giovane coppia si trasferì subito a Roma dove lei proseguì la sua carriera di pittrice tra paesaggi e ritratti in cui raffigurò i maggiori intellettuali italiani, frequentatori del salotto della loro casa, organizzato ogni domenica pomeriggio. Gli invitati erano Sibilla Aleramo, immancabile presenza, malinconicamente sensuale nel ritratto di Leonetta, Cardarelli, Pirandello, Ungaretti, raffigurato con un ghigno diabolico, gli intimi Spadini, Amerigo Bartoli, Rosina Pisaneschi Spaini, traduttrice di Goethe.
La maggior parte della sua vita, come ricorda nelle memorie pubblicate dal 1952, cui seguirono Vecchie agendine (1960) e Agendina di guerra (1964), si svolse tra una serrata produzione pittorica ed espositiva e la vita domestica accanto ai tre amati figli, ritratti di frequente nei suoi quadri.
Morì a Roma nel 1977.
di Alessandra Uguccioni
Antonietta Raphael Mafai
Sorella di latte dello Chagall: così la definirà Longhi, quasi fosse una costola d'Adamo del pittore russo. Chi è in realtà Antonietta Raphael Mafai (1895-1975)?
Un'artista instancabile ed energica, che lotta contro le discriminazioni razziali (è ebrea), tenace nell’affermare il suo linguaggio artistico che sarà la chiave di volta dell'arte romana tra le due guerre.
Nata a Kowno, in Lituania, nel 1895, emigra presto a Londra, dove studia musica, e poi a Parigi. Arriva a Roma negli anni Venti con un vasto background culturale. Qui conosce il pittore Mario Mafai e dal loro matrimonio nascono Miriam (recentemente scomparsa), Simona e Giulia. Dal sodalizio con Mario e Scipione (Gino Bonichi) prenderà vita la Scuola Romana o di via Cavour.
Antonietta Raphael è una donna che non cucina, ma viaggia, disegna, dipinge e scolpisce la pietra. La sua espressione artistica è impregnata della realtà che la circonda, con uno sguardo affettuoso alle figlie che crescono; ma la terra d'origine resta punto di riferimento, con le sue atmosfere magiche e le sue ferite. Con la perfetta fusione dell'universo russo e parigino, mescolato ai colori mediterranei, trascina dentro le sue opere temi classici, suggestioni orientali insieme ai ritratti familiari.
Si è consegnata ai posteri nell'Autoritratto con violino: volto austero, segnato da occhi orientali e da una chioma di colore fulvo, immagine di una donna eccezionale.
di Anna De Fazio