Marianna Benti Bulgarelli
Conosciuta al grande pubblico come La Romanina, Marianna, soprano acclamatissima agli inizi del Settecento, cantò in molti teatri d’Italia e d’Europa.
Il suo nome è legato soprattutto alla città di Napoli dove, nel 1721, si esibì come prima donna nella cantata Gli orti esperidi di Pietro Metastasio. Fu lei a scoprire il suo talento: conquistata dalla personalità del poeta, lo persuase a dedicarsi all’attività di librettista e lo incoraggiò nella stesura del primo melodramma, Didone abbandonata, che interpretò con molto successo nel 1724. Fu la sua musa ispiratrice e la perfetta interprete delle opere, ne influenzò le scelte e gli offrì l’opportunità di conoscere i più grandi compositori della scuola operistica napoletana.
Il rapporto fra i due non fu esente da pettegolezzi, soprattutto per il divario di età che separava la più matura cantante dal giovane librettista.
Ritiratasi dai palcoscenici, nel 1728 si stabilì definitivamente a Roma con il marito Domenico Bulgarelli. Due anni dopo Metastasio fu invitato come poeta cesareo alla corte di Vienna; Marianna con il marito lo accompagnarono ma, per ragioni ancora ignote, solo quest’ultimo giunse a destinazione.
L’amicizia fra la cantante e il poeta, però, continuò con un intenso scambio epistolare fino alla morte della soprano avvenuta nel 1734. Marianna nominò erede universale Pietro Metastasio che in seguito rinunciò all’eredità in favore del marito.
di Antonella Sorrentino
Lina Cavalieri
Lina Cavalieri, vero nome Natalina, fu definita da D'Annunzio la massima testimonianza di Venere in Terra.
La sua vita si confonde tra realtà e mito, e lei stessa ha contribuito ad alimentare questa immagine: le sue modeste origini si compensarono con la bellezza, la grazia e l'eleganza donatele dalla natura.
Coltivò una grande passione per il canto, alla quale si dedicò con anni di studio, che la portarono ad affermarsi a Roma come canzonettista nel periodo della bella époque, fino a trasformarsi in una famosa cantante lirica negli anni a seguire. Ella cantò in quasi tutti i maggiori teatri d'opera del mondo e il pubblico la adorava: Lina, anche se timida di carattere, portava una atmosfera di eccitante e raffinata sensualità sulla scena lirica con la sua bellezza e la sua eleganza, suscitando l'adorazione del pubblico.
Il rapporto con la bellezza era per Lina fonte di contraddizione: nonostante grandi autori come Puccini e Leoncavallo le avessero affidato i personaggi delle loro opere, aprendole la strada del successo, l’artista sapeva di essere considerata prima per il suo aspetto e poi per la sua bravura.
Lina si ritirò presto dalle scene, ancora nel pieno della popolarità, e la sua vita si spezzò in una mattina di marzo del 1944, sotto un bombardamento, consegnando al mito la sua leggiadra figura.
di Graziella Rivitti
Gaspara Stampa
Gaspara nacque a Padova (1523) ma visse a Venezia in un periodo in cui la città, immersa in uno splendore culturale di particolare vigore, respirava un’atmosfera di grande libertà intellettuale, dovuta alla circolazione di testi e alla lontananza della censura papale.
Pur essendo escluse da gran parte della vita pubblica, le donne veneziane godevano di un discreto prestigio sociale, economico e giuridico e grazie a questa apertura l’arte femminile poté, in moltissimi casi, trovare espressione.
Di famiglia borghese, Gaspara fu educata alla poesia e alla musica e frequentò i ritrovi letterari, dove conobbe e si innamorò del nobile e poeta Collaltino di Collalto: per la sua ardente passione, ricambiata molto debolmente, fu spesso paragonata a Saffo.
Non è certo che fosse una cortigiana, ma certamente i suoi amori furono diversi, e non ne fece mistero. Frequentò l’Accademia dei Dubbiosi, la cerchia di Pietro Aretino: le sue rime guardano alla tradizione petrarchesca, ma celebrano la supremazia della legge d’amore e del sentimento, una sorta di romanticismo ante-litteram, venato di erotismo, reso con un linguaggio colloquiale e musicale a un tempo. Nei suoi versi la biografia irrompe prepotentemente, donando autenticità agli schemi della poesia amorosa, trasformata in una sorta di raro diario lirico.
Morì appena 31enne e la sua opera restò nell’ombra per due secoli. Riscoperta, fu rivalutata dai romantici. In seguito D’Annunzio ne rese celebre il verso viver ardendo e non sentire il male: una moderna passione, tesa fra gioia e tormento.
di Elena Tomat