Tanti anni dopo quelle parole avrebbero trovato un riscontro nella realtà, sebbene gli esordi della carriera di Julia Margaret Cameron non siano stati dei più rosei.
C’era chi definiva le sue fotografie orrende, imprecise, carenti dal punto di vista tecnico, al contrario di altri che, come Victor Hugo, stimavano l’artista per le sue opere sublimi e per gli effetti plastici ottenuti.
Oggi le fotografie della Cameron sono apprezzate in tutto il mondo, anche se molti non sanno che è stata la prima donna fotografa della storia.
Nata a Garden Reach (Calcutta) l’11 giugno 1815, Julia Margaret Pattle era figlia di un ufficiale della British East India Company e di una giovane aristocratica francese. Ancora in tenera età i genitori la mandarono prima a Parigi e poi a Londra, dove trascorse parte della sua giovinezza ricevendo un’adeguata istruzione ed educazione, dedicandosi alla poesia e alla letteratura. All’età di 21 anni, mentre era in convalescenza a Capo di Buona Speranza, incontrò l’uomo che sarebbe diventato il suo compagno di vita e di viaggi: Charles Hay Cameron, giurista e uomo di lettere, già vedovo e molto più grande di lei, che sposerà due anni dopo a Calcutta.
Mentre la signora Cameron si fa spazio nell’alta società anglo-indiana, tra etichette troppo strette ed ambienti poco stimolanti per la sua esuberante personalità, lo stimato consorte viene chiamato a ricoprire la carica di legislatore nel Consiglio dell’India. Dieci anni dopo e dodici figli più tardi, la famiglia Cameron torna in Inghilterra e dopo vari spostamenti si stabilisce a Londra: è qui che la sorella le aprirà le porte dei salotti culturali dove, ancora ignara dalla sua futura passione per l’apparecchio fotografico, incontrerà molti dei modelli che sfileranno anni dopo davanti al suo obiettivo: Charles Darwin, William Michael Rossetti, Robert Browning, Alfred Lord Tennyson.
Nel 1860 un nuovo trasferimento porta i coniugi Cameron sull’isola di Wight, e proprio lì, Julia scoprirà per la prima volta la sua passione e il suo talento ancora nascosti. Annoiata e senza obiettivi, avendo cresciuto ormai tutti e dodici i suoi figli, la Cameron attraversa un periodo di profonda crisi interiore. Era il 1863 e una delle figlie, stanca di vedere la madre triste e malinconica, decide di offrirle una distrazione, regalandole un piccolo apparecchio fotografico: all’età di 48 anni Julia Margaret Cameron inizia un lungo percorso di ricerca e sperimentazione. Allestisce nel pollaio di casa la sua personalissima camera oscura, la “Glass House”, cacciando via le galline e installando pareti a vetri e tendaggi. Inizia lunghe e sfiancanti sessioni di posa con giovani modelle e bambine che frequentavano la casa, premiate a fine lavoro con dolcetti e giocattoli. Il primo risultato fu il ritratto della piccola Annie, nel 1864: da quel momento in poi Cameron non smise più di scattare.
Fanciulle eteree, ma anche ritratti di uomini illustri, volti immortalati in espressioni di mestizia o tormento, effetti plastici e perfezione nelle composizioni e nelle pose: furono questi gli elementi del successo delle sue fotografie ma anche il motivo delle critiche, a volte troppo aspre, con le quali la Cameron dovette scontrarsi. In un’epoca in cui i fotografi erano uomini e l’arte della fotografia era lo specchio della realtà in tutti i suoi dettagli e il metodo di perfetta aderenza al reale, le immagini di Julia Margaret vennero spesso denigrate, non comprese, alle volte definite “orribili” per le imperizie tecniche. Ma la realtà, nell’idea di Cameron, doveva passare attraverso l’obiettivo sotto forma di immagini che riproducessero la grandezza interiore dei soggetti. Fu questa l’idea che la mosse controcorrente, senza curarsi della ricerca del consenso e della commercializzazione della fotografia, eliminava il superfluo e coglieva, intense emozioni.
Fu la prima donna ammessa alla Royal Photographic Society. Nel 1865 le sue opere furono esposte nello Studio Colnaghi a Londra e alla French Gallery e nel ’74 illustrò con i suoi ritratti le opere del poeta Tennyson. L’ultimo trasferimento di Cameron avvenne nel ’75 a Ceylon, dove morì per un’influenza quattro anni dopo.
Oggi critici d’arte e fotografi di tutto il mondo celebrano le sue fotografie e la prendono a esempio per nuove tecniche e nuove ricerche a cavallo fra passato e futuro.
Resta un museo a lei dedicato sull’isola di Wight, il luogo in cui Julia Margaret Cameron scattò la sua prima fotografia, dove un piccolo obiettivo catturò in un istante il talento, la passione e la grandezza della prima donna fotografa, artista, libera.
Da “Le mille i primati delle donne” dell’Associazione Toponomastica Femminile a cura di Ester Rizzo