Subiaco e Rocca Santo Stefano - Le vie delle donne

A una settantina di chilometri dalla capitale, inerpicato su una rupe calcarea che domina l’alta valle dell’Aniene, il borgo medioevale di Subiaco presenta una struttura urbanistica a corona circolare: al centro la rocca abbaziale, separata dal nucleo insediativo da una fascia verde; a est, oltre l’anello edificato, una fitta area boschiva; nelle altre direzioni, in forte pendenza, l’espansione dell’abitato e, a valle, il borgo medievale degli opifici. Sul versante meridionale corre sinuoso il fiume, a cui Subiaco deve nome e fama. Oggi, dal fiume traggono giovamento piccole centrali idroelettriche, ma per secoli esso ha alimentato una delle più antiche cartiere d’Europa e attratto popoli e attività economiche diverse, tra cui mulini, ferriere, lanifici.

Subiaco-Santo-Stefano fullDapprima gli Equi e poi i Romani furono conquistati da queste terre generose d’acqua che consentirono di erigere ben quattro acquedotti: l’Anio Vetus e Novus, l’Aqua Marcia e l’Aqua Claudia. Nerone volle realizzarvi una villa imponente e scenografica, collocata su tre laghetti artificiali (i Simbruina Stagna) ottenuti dallo sbarramento dell’Aniene: Sublaqueum era dunque il nome dato ai luoghi che si trovavano “sotto i laghi” dell’imperatore.

A seguito della scelta di San Benedetto, la vallata, divenne un vivaio di santi e il sito ideale per monasteri e conventi, ma ancora una volta fu la presenza del fiume a renderla unica e indimenticabile. Quando Konrad Sweynheim (tedesco) e Arnold Pannartz (ceco) arrivano in Italia per impiantare una tipografia, scelsero il monastero di Santa Scolastica, benedetto dall’Aniene, per stampare il primo libro: si trattava di una grammatica latina per bambini di Donato, Donatus pro puerulis, di cui non rimane traccia, ma a seguire, prima di trasferirsi nella città eterna, i due monaci si cimentarono nella pubblicazione de il De oratore di Cicerone (1465), un'antologia di Lattanzio e il De civitate Dei di S. Agostino (1467).

Impronte prevalentemente maschili nel passato di Subiaco ma caratteri maschili anche nella gestione del presente: il sito del Comune segnala una Giunta composta da cinque uomini e la presenza di due sole donne su tredici partecipanti al Consiglio. Anche il vicino Comune di Rocca Santo Stefano esclude le donne dalla Giunta, ma è più accogliente in Consiglio, dove la presenza femminile è paritaria. Il legame tra i due paesi è molto stretto. Simili la struttura medioevale, con strade montanti e scalette, e la storia; diverse la realtà demografica e la situazione socio-produttiva: poco più di un migliaio di anime roccatane – di cui un 51% maschili - quasi diecimila le sublacensi, a maggioranza femminile; fascia provinciale di reddito medio-alta, grazie al turismo, per Subiaco (49° posto), entrate nettamente inferiori a Rocca Santo Stefano (sestultimo posto), un tempo grande produttrice di botti e barili, ma oggi attiva per lo più nei settori dell’amministrazione e dei servizi, con qualche modesto contributo occupazionale nell’allevamento bovino e nello sfruttamento forestale.

di Maria Pia Ercolini

 

 

Donne di fede e di passsione

RoccaS.Stefano SMariaQuasi si guardano Subiaco e Rocca Santo Stefano.

Da secoli i due centri dell’alta valle dell’Aniene condividono lo scorrere della storia. Rocca Santo Stefano, a lungo territorio legato all’abbazia sublacense, ha sentito, fra varie vicissitudini, l’influenza di Subiaco come un elemento costante. Ora condividono una toponomastica femminile volta soprattutto a ricordare la Madonna e i suoi tanti appellativi differenti: sei strade a Subiaco e una a Rocca Santo Stefano.

Una sola via, a Subiaco, si distingue dalle altre, quella dedicata a Santa Scolastica, importante figura del Cristianesimo e del monachesimo tra V e VI secolo. Scolastica forse è sorella gemella di San Benedetto da Norcia, lo segue nelle sue scelte di eremitaggio, di povertà e preghiera.

La ricostruzione della sua storia si basa su quanto scritto da San Gregorio Magno che, pur riportando aneddoti sulla vocazione e sulla santità di Scolastica, la colloca all’ombra del fratello Benedetto. Lei, fin da piccola vuole per sé una vita di fede, abbandona la casa paterna e gli agii di una vita benestante per rifugiarsi nel silenzio e nella preghiera. Segue il fratello prima a Subiaco e poi a Montecassino e qui dà vita al ramo femminile dell’ordine Benedettino, prima forma di monachesimo per le donne in Occidente. La sua è una vita di rinunce ma anche di affermazione della propria volontà, in un periodo in cui il destino delle donne era scritto da altri fin dalla nascita. Un esempio di indipendenza anche quello di Santa Chelidonia che a Subiaco è vissuta molti anni, ma che la toponomastica locale non ricorda.

 

 

Subiaco SantaScolasticaIl nome Chelidonia, che significa rondinella, a volte viene indicato anche come Cleridona, ossia dono della sorte; in entrambi i casi si riferisce ad una donna vissuta tra il 1077 e il 1151/2, giunta a Subiaco in giovane età per vivere in un eremo, in assoluta solitudine e in totale povertà, ricevendo talvolta aiuto dalla popolazione locale, che già in vita la riteneva santa per le grandi virtù dimostrate e per gli atti miracolosi attribuiti; Chelidonia sceglie di consacrarsi a Dio, di non tradire la regola del digiuno, della preghiera e dell’isolamento; solo per un breve periodo lascia l’eremitaggio per recarsi in pellegrinaggio a Roma. Al rientro prende gli ordini nel Monastero di Santa Scolastica indossando il velo delle benedettine. È lei la santa patrona di Subiaco.

Due donne di Chiesa, che vivono senza mezzi termini e con intensità di sentimenti la fede, entrambi capaci di indirizzare la strada della propria esistenza.

Non è così per altre due donne famose, ritratte con tinte più fosche dalla storiografia, il cui destino appare segnato dalla volontà e dai disegni politici degli uomini a loro più vicini. Sono madre e figlia Giovanna Cattanei, detta Vannozza, e Lucrezia Borgia; sono i terribili maschi di casa Borgia i loro padri/padroni. Vannozza è l’amante del cardinale Rodrigo, futuro papa Alessandro VI, quando, nel 1480 nella rocca di Subiaco, mette al mondo la piccola Lucrezia.

Alla madre e alla figlia vengono scelti i mariti, vengono stabiliti i piani di vita, vengono cancellati desideri e passioni. I tempi sono tormentati, le vicende politiche intricate e risolte molto spesso da matrimoni concordati e strategie di alleanze familiari, le donne usate come pedine dei giochi di potere. La storiografia ce le ha tramandate come donne di peccato, intriganti e manipolatrici, senza ricordare quanto manipolate siano state le loro vite. Lucrezia, in particolar modo, dipinta a tinte cupe e marchiata a fuoco come donna incestuosa, delitto morale per eccellenza. L’odonomastica evidentemente ne ha tenuto conto se la sua figura, e quella della madre, non appaiono nelle targhe stradali.

Non solo pedine comunque. Vannozza riuscì a “sfruttare” il legame importante con Rodrigo Borgia e si dimostrò persona abile negli affari, anche spregiudicata. Le ricchezze che è capace di accumulare derivano dall’acquisto di immobili, poi affittati, dall’apertura di locande, dove si praticava anche la prostituzione, dall’usura, pratiche largamente presenti nella vita quotidiana della fine del XV secolo. Lucrezia dimostrerà di essere una donna di acume politico e profondità culturale. Quando sarà signora di Ferrara, moglie di Alfonso d’Este, promuoverà le arti, si circonderà di artisti ed intellettuali, curerà per il marito i rapporti con la cittadinanza, accogliendo e seguendo le istanze dei sudditi, e avrà funzioni di rappresentanza per la Signoria. Madre e figlia avranno un comune destino anche nell’ultimo periodo delle loro travagliate esistenze. Si rifugeranno entrambe nella fede, sottraendosi alla vita mondana e preferendo quella spirituale, la morigeratezza e la carità. Lucrezia diventa infine monaca laica per il terzo ordine francescano e fonda a Ferrara, verso il 1510, il monastero di San Bernardino. Se Vannozza muore a settantasette anni, avendo attraversato tutta l’esistenza, Lucrezia muore giovane, a trentanove anni, vittima di un’infezione derivata dal parto, l’ennesimo. Vicolo Arquati, a Subiaco, ricorda un cognome celebre della storia Risorgimentale, quello di una famiglia che ha pagato duramente l’impegno politico nelle lotte per l’unità italiana. Dietro a quel cognome rimane nascosta una delle protagoniste, Giuditta Tavani, uccisa insieme al marito e al figlio Antonio durante un attacco armato degli zuavi. Ora una lapide commemorativa, posta nel 2011 sulle mura dell’edificio in cui è vissuta con la famiglia, le ridà visibilità e onore.

di Barbara Belotti