E' apparso subito chiaro, che Toponomastica femminile andasse ben oltre il laboratorio di rilevamento statistico, per agire come gruppo di consulenza e pressione nei confronti delle amministrazioni locali e come esempio di cittadinanza attiva. La ricerca svela, infatti,le discriminazioni toponomastiche territoriali, verso le quali di solito non si generano resistenze né veti incrociati: apparentemente innocua, porta di fatto a ridiscutere simboli e condizionamenti inconsci. Sante e madonne sono certamente frutto di un’eredità antica, ma ancora oggi persiste la difficoltà a riconoscere il ruolo pubblico e politico delle donne e a tenerne viva la memoria: il più basso indice di femminilizzazione toponomastica dei quindici municipi romani si registra in aree periferiche recentemente urbanizzate. La cancellazione delle figure femminili di prestigio, nella maggior parte dei casi, più che una scelta totalmente consapevole è il riflesso di un immaginario nascosto. Portarlo alla luce significa anche far emergere riflessioni su modelli, aspettative, tabù.
A due anni dalla sua nascita, Toponomastica femminile conta di una pagina-laboratorio su Facebook con 7.000 aderenti, una banca dati che raccoglie gli indici odonomastici di quasi ottomila comuni italiani, alcune migliaia di immagini fotografiche nazionali ed estere, oggetto di mostre itineranti, e un sito in continuo aggiornamento, che propone ricerche biografiche, raccolta firme, collaborazioni editoriali, passeggiate di genere, percorsi didattici e altre attività connesse (www.toponomasticafemminile.it). La disparità di genere contenuta nelle intitolazioni stradali, nella sua estrema semplicità e ovvietà, ha creato un’eco internazionale inaspettata. La BBC ha rilanciato l’iniziativa in territorio britannico dedicando un ampio servizio alle ricerche italiane: ne hanno inoltre parlato altre importanti testate estere (El Pais, The Times, Le Matin, Aljazeera, Forbes, Die Standard, Vanity Fair), radio, e blog di paesi vicini e lontani (Ungheria, Paesi Bassi, Belgio, Croazia, Lettonia, Polonia, Russia, Islanda, U.S.A., Giappone, Benin).
In Italia appena il 4% delle strade è intitolato a donne e ad ogni 100 aree di circolazione maschili se ne contano meno di 8 femminili. Il tema, trattato dai principali quotidiani italiani, sta cominciando a dare i suoi frutti in tema di sensibilizzazione. Le stesse istituzioni hanno iniziato a servirsi della toponomastica come strumento di democrazia partecipativa con sondaggi, concorsi, modifiche ai regolamenti e alle composizioni delle commissioni di consulenza toponomastica. Chioggia, Albano, Torino, Genova hanno creato eventi pubblici ed espongono le mostre del gruppo nei loro palazzi; la commissione delle elette di Roma ha sostenuto la ricerca e mobilitato scuole e biblioteche per individuare, studiare ed esporre le donne del Novecento nelle strade della capitale; Napoli e Padova coinvolgono ufficialmente le referenti locali del gruppo nelle scelte toponomastiche; il Senato e la Regione Lazio offrono il loro patrocinio al concorso nazionale Le vie della parità, rivolto a scuole di ogni ordine e grado. Qualcosa insomma si muove.