Gli studi più recenti di Letteratura di genere, interpretando e confrontando le posizioni relative all’attendibilità della questione, individuano nelle Petrarchiste marchigiane del XIV secolo il primo gruppo letterario composto da donne in Italia.
Esaminate le singole opere – anche alla luce del rapporto con la scrittura tradizionalmente attribuita dalla critica alle donne dell’epoca – e, considerate le relazioni interne al gruppo, nonché le relazioni delle stesse autrici con altri autori del periodo, si può a ragione affermare che ci si trova di fronte ad una “generazione poetica” che, oltre a condividere lo stesso spazio geografico, trattava, attraverso il sonetto o l’epistola in versi, temi comuni: la specificità della condizione femminile – come la contestazione delle norme paterne patriarcali che negavano alle donne l’aspirazione alla scrittura e alla fama letteraria; la spiritualità personale; la deplorevole situazione politica italiana seguita al trasferimento della sede papale ad Avignone e la violenza delle lotte di parte.
In preda alle lotte tra Guelfi e Ghibellini attraverso cui si scontravano le ambiziose mire signorili, i liberi comuni italiani vivevano una stagione di violente contese che trovava eco nell’opera e nelle biografie delle Petrarchiste.
A Fabriano, dove la lavorazione della carta aveva favorito la circolazione delle opere letterarie e l’affermazione di un importante centro culturale nel Due-Trecento e dove i Chiavelli riuscirono a imporre la loro signoria dal 1378 al 1435, vivono, si formano e poetano Ortensia di Gugliemo, Eleonora della Genga e Livia Chiavelli, tutte nobili appartenenti a famiglie potenti della città.
Testimone diretta delle lotte di fazione ad Ascoli fu Elisabetta Trebbiani, guerriera e poetessa, grande estimatrice di Livia Chiavelli.
Elisabetta è ricordata dall’odonomastica cittadina di Ascoli.
A Sassoferrato, che dopo un avvicendamento di signorie diventerà libero comune, visse Giustina Levi Perotti alla quale viene attribuito, contestandolo a Ortensia di Gugliemo, un sonetto diretto a Petrarca e cui lo stesso Petrarca avrebbe risposto.
In tal senso, ” anche se spesso vengono ricordate come petrarchiste … le poetesse marchigiane non sono da considerarsi come delle semplici imitatrici, bensì delle innovatrici. Infatti, pur avendo punti in comune con le liriche del poeta aretino, a differenza delle petrarchiste del Cinquecento, non si occupano della tematica amorosa, che non compare in nessuno dei loro componimenti, sostituita da tematiche civili e politiche”.
Evidenti affinità invece sono riscontrabili tra il Petrarca delle Epistole a Benedetto XII e Clemente VI e il sonetto in cui Ortensia di Guglielmo invoca il ritorno del papa a Roma.
L’esistenza di un gruppo a sé stante di poetesse trova inoltre conferma nella classificazione che cataloga le autrici del Trecento in petrarchiste, erudite e religiose.
Questa prospettiva, oltre a scalzare la visione individualizzata e il carattere di eccezionalità che la critica ha generalmente attribuito alle autrici di testi letterari, porta con sé due importanti conseguenze relative alla collocazione spazio-temporale delle origini della “querelle de femme” in Europa: la sua anticipazione al XIV secolo, rispetto al 1404 (data in cui Christine de Pizan compose La città delle dame) e il suo spostamento dal Veneto alle Marche.
Christine la ritroviamo nell’odonomastica bolognese.
Fin dal XVI secolo, i nomi e i componimenti delle Petrarchiste marchigiane, affiancati a quelli di altre autrici e autori famosi, compaiono, oltre che nella memorialistica locale, in numerose raccolte antologiche di poesia curate da eruditi e studiosi di Letteratura italiana.
Tra queste ricordiamo la Topica poetica di Andrea Gilio da Fabriano del 1580, le Memorie intorno i letterati e gli artisti della città di Ascoli nel Piceno di Giacinto Carboni Cantalamessa del 1835, la Istoria della volgar poesia di Giovanni Mario Crescimbeni del 1698, i Componimenti poetici delle più illustri rimatrici di ogni secolo, di Luisa Bergalli del 1726, i Vestigi della Storia del sonetto italiano dal 1200 al 1800 di Ugo Foscolo del 1816, il Parnaso classico italiano del 1841.
Per sottolineare il ruolo e l’importanza delle petrarchiste marchigiane segnaliamo alcuni aspetti significativi relativi a due delle citate raccolte.
Foscolo dedica a Quirina Mocenni Magiotti, Matilde Dembowski Viscontini e Susetta Füssli le uniche tre copie della sua opera in cui è tracciato “un percorso di scrittura di donne, dall’antichità greca al Rinascimento italiano e, allo stesso tempo, individua un pubblico femminile che potrebbe essere particolarmente interessato a esso, diventando così un precursore ante litteram di un genere di scrittura destinato a un pubblico anche femminile.”
Luisa Bergalli – prima donna a curare un’antologia poetica di sole rimatrici -, nel dedicare la sua opera al cardinal Ottoboni, lamenta l’universal pregiudicio che in noi donne regnar non possa talento e dichiara che i pregevoli componimenti della raccolta dimostrano assolutamente il contrario: siete sicuro di ritrovarvi per entro e stile e concetti, e pensieri capaci di trattener la vostra mente nell’alto ministero occupata, forse al pari di quante raccolte d’uomini, che porgano lustro all’italiana poesia.
Al tempo delle poetesse, l’istruzione rivolta alle donne, quando esisteva, consisteva in una gabbia di precetti che le relegava al di fuori dello spazio pubblico limitandone le azioni e le scelte: non è necessario insegnare loro a leggere e a scrivere, perché dal leggere e dallo scrivere delle donne molti mali sono venuti. Ma entro le grandi istanze di rinnovamento spirituale che si accompagnano al composito e tumultuoso panorama politico sociale europeo e italiano del Trecento, ritroviamo voci dissidenti di donne che non si uniformano ai modelli dominanti, sono le scrittrici mistiche, le erudite legate all’Università e le Petrarchiste marchigiane che dibattono polemicamente sulla condizione femminile e sulla legittima aspirazione delle donne alla gloria poetica.