Diverse letture dei dati raccolti sono possibili: con le elezioni di maggio il numero delle sindache siciliane si è quasi triplicato passando da 7 a 19 rispetto alle precedenti amministrative, arrivando al 4,8%; si è avuta insomma, rispetto al passato, una vera valanga al femminile. Una lettura più cauta mette invece in rilievo le resistenze della tradizione di potere maschile che nega alle donne parola e fiducia per la gestione della res publica, in Sicilia come negli altri comuni italiani. E non solo nei Comuni gestiti da uomini, ma anche in quei dodici Comuni da qualche mese gestiti da donne, la presenza femminile e quella maschile non sono equamente distribuite: su 12 giunte solo a quelle di Capri Leone,Lampedusa e Linosa, Montagnareale, Santa Croce Camerina, Sinagra e Marsala va il merito di ave rassicurato equa rappresentanza agli uomini e alle donne. D’altra parte nelle giunte di Siculiana, Giarre, Viagrande e Corleone non compare una sola assessora. Altro dato negativo: nessuna sindaca siciliana si è scelta una vice sindaca donna mentre nelle altre regioni spesso questa situazione si verifica. A chi si chiede perché questo accade si possono dare diverse risposte: necessità di cedere a compromessi partitici, pressioni di potere maschile, disattenzione per le pari opportunità di genere, atavica diffidenza delle donne verso le donne.
Forse la risposta è fatta di tutte queste risposte, diversamente combinate nei contesti diversi. Una cosa comunque è certa: in Sicilia, come nel resto del paese, abbiamo fatto strada ma tanta ancora dobbiamo farne. Lo confermano i risultati dei censimenti siciliani, tristemente allineati con quelli nazionali, realizzati dal gruppo Toponomastica femminile: ancora una volta i numeri parlano di discriminazione serpeggiante ed invisibile, con la quale conviviamo quasi fosse norma naturale, che abbiamo sempre avuto sotto gli occhi senza, però, vederla. Eppure la mobilitazione del gruppo, rapidamente cresciuta anche in Sicilia, conferma chiaramente il desiderio di denuncia e di cambiamento.
Alcuni dati possono dare una visione, per ora incompleta ma egualmente significativa, del quadro toponomastico siciliano, omogeneo per un verso - poiché è il quadro compatto di una evidente situazione di disparità di genere - disomogeneo per un altro –poiché presenta situazioni locali differenti, a macchia di leopardo. Catania e Palermo, le capitali culturali dell’isola, sono significativamente pari anche nella toponomastica femminile che si attesta su un povero3,5% . Sugli stessi valori viaggiano Caltanissetta e Ragusa. Messina raggiunge appena il 3%.Più basso il dato relativo a Siracusa che con le sue 60 intitolazioni su 1830 strade non raggiunge il 3%. Né le cose vanno meglio nei paesi, fra i quali si osservano però significative differenze e oscillazioni: se San Giovanni La Punta (CT), Sant’Agata Li Battiati (CT) e Mazzarino( CL), ad esempio, si attestano sull’1,5%, Belpasso, Bronte e Paternò (CT) raggiungono il 7%. Altrove le cose vanno peggio: ad esempio Vittoria (RG) presenta il 2,3% di strade femminili e Roccavaldina (ME) si attesta su un misero 1%che Mazzara del Vallo (TP) supera, in negativo, con il suo 0,4%.Parrebbe che si sia toccato il fondo, ma non è così perchè si va oltre e in alcune realtà non è mai stata intitolata una strada ad una donna: ad esempio, a Casuzze (RG) su 121 strade non ce n’è una femminile. Il quadro toponomastico dell’isola è triste eppure le cose si muovono: dal mese di gennaio il gruppo siciliano di Toponomastica femminile ha coinvolto amministrazioni e scuole di ogni ordine e grado, nei grandi e nei piccoli centri dell’isola, in un’azione di riflessione sull’assenza e sulle assenze femminili nella odomastica e di impegno a cambiare le cose. La risposta è stata forte soprattutto da parte dalle scuole. C’è ancora tanto da fare: coinvolgere altre amministrazioni, reperire stradari e completare censimenti, sollecitare amministratori già invitare a sostenere l’azione del gruppo, vigilare sulle promesse fatte, promuovere attenzione e desiderio di cambiamento coinvolgendo cittadini e cittadine e soprattutto giovani . C’è un cammino lungo da percorrere e non facile, ma la strada è aperta.