A Tina Merlin l’intitolazione del nuovo Centro Culturale del Comune di Quarto d’Altino
Martedì 20 gennaio, Quarto d’Altino riunisce la Commissione nominata per decidere l’intitolazione del nuovo Centro Culturale con annessa biblioteca. Della Commissione fanno parte, oltre alla Sindaca, la responsabile dei Servizi alla Persona Vania Moras, il bibliotecario Roberto Cesaro, lo storico altinate Piero Calza, lo storico Sergio Sbalchiero, Simona Da Re dirigente del plesso scolastico e la sottoscritta, referente di Toponomastica femminile.
Nel Comune nessuna strada è intitolata a donne tanto che l’Amministrazione, con a capo la Sindaca Silvia Conte, riconoscendo lo squilibrio ha messo tra gli obiettivi delle proprie azioni quello di intitolate edifici e sale pubbliche a figure femminili degne di nota, attraverso un percorso culturale che chiama in gioco l’intera cittadinanza.
La prima cittadina di Quarto d’Altino si era già distinta anche per essere stata la pioniera del linguaggio di genere tra le pubbliche amministrazioni. Dopo pochi mesi dalla sua elezione dispose con decreto che in tutti gli atti del Comune venisse adottato un uso rispettoso del genere, tale da rendere visibile la presenza delle donne nelle cariche istituzionali: una necessità di distinguere e dare dignità all’agito femminile nella sfera pubblica.
Lo scorso ottobre viene bandito il concorso di idee dal titolo “La cultura parte in Quarto – Diamo un nome al nuovo Centro Culturale” con il patrocinio di ANCI Veneto e la collaborazione di Toponomastica femminile. Il bando invita la cittadinanza a proporre la candidatura di una donna che si fosse distinta per scelte, azioni, attività letteraria, artistica e scientifica, nel campo economico, per l’impegno umanitario e sociale, o per aver concorso nell’ambito della comunità locale a migliorare la qualità della vita. Il concorso si chiude raccogliendo una cinquantina di candidature corredate da dettagliate motivazioni.
Nelle proposte figurano numerose donne di penna: la poetessa Alda Merini, le scrittrici italiane Grazia Deledda, Oriana Fallaci, Elsa Morante; presenti le letterate straniere – Isabelle Allende, Elisabetta Caminer (scrittrice, editrice e tipografa del ‘700), Anna Frank, Olympe De Gouges – la giornalista Ilaria Alpi, Tina Merlin e Dacia Maraini. Tra le donne di scienza emergono i nomi di Rita Levi-Montalcini, Margherita Hack, Maria Montessori, Maria Sklodowska-Curie e la futura direttrice del CERN Fabiola Gianotti. Non mancano le artiste, quali le pittrici Artemisia Gentileschi ed Emma Ciardi esponente del vedutismo veneto, e figure di altri ambiti, come Teresa Sarti co-fondatrice della ONG Emergency, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, Madre Teresa di Calcutta, Cleopatra. La cittadinanza suggerisce inoltre donne di rilevanza locale: Luigia Molinelli che promosse nella seconda metà dell’800 tre asili rurali nella zona e la maestra elementare Maddalena Perazza che insegnò a metà del ‘900 a leggere e a scrivere alle bambine e ai bambini del paese.
La commissione esprime parere unanime scegliendo la figura di Tina Merlin, nata a Trichiana il 19.08.1926 e morta a Belluno il 22.12.1991, complici le due motivazioni allegate alla proposta:
“una donna di straordinaria tenacia e libertà intellettuale, che seppe comprendere in anticipo sui tempi il valore della salvaguardia del territorio e l’importanza della protezione ambientale. La memoria del suo comportamento contribuisce a far sì che nel nostro comune, in cui l’acqua ha un valore fondamentale, non si smarrisca il legame con il fiume, con i molti canali che irrigano la terra, con i principi di libertà che Tina Merlin ha sempre invocato e praticato” (Enrico Cerni);
“una donna che ha lottato con caparbietà e ostinazione per mettere in luce la verità sul disastro ambientale e umano della diga del Vajont. Una donna coraggiosa, in un mondo dominato da uomini, che ha dimostrato che gli interessi economici prevaricano qualsiasi altro sentimento” (Rosanna Carrettin).
Motivazioni che comprendono il tema forte della salvaguardia del territorio, del suo legame con l’acqua, l’attualissimo tema dell’attività di giornalista e del diritto di informazione, l’aspetto della personalità di questa giornalista ex partigiana, tenace e coraggiosa che ha lottato pagando di persona: viene messa sotto processo per direttissima con l’accusa di “diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico” poiché il 5.11.1959 scrive che “i montanari si sentono minacciati da un grave pericolo per l’esistenza del paese di Erto dove si sta costruendo un bacino artificiale di 150 milioni di metri cubi di acqua”. Viene assolta il 30.11.1960 perché “nell’articolo in questione non si trovano notizie né false, né esagerate, né tendenziose, dato che l’autore si è limitato a riportare uno stato d’animo di preoccupazione e di ansia diffuso fra gli abitanti e che trova la sua giustificazione nelle circostanze” scrive la commissione giudicante. Il disastro del Vajont avviene il 9.10.1963. Il suo libro sulla vicenda dal titolo Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont, trova un editore solo nel 1983, dopo vent’anni.
La commissione sente inoltre il bisogno di parlare approfonditamente delle figure segnalate dalla cittadinanza. Ecco che riaffiorano ricordi, presenze, incontri e collaborazioni… e si sovviene di quando durante l’estate, la maestra Maddalena Perazza trasformava un’aula della scuola in biblioteca, incoraggiava le piccole e i piccoli studenti a leggere, metteva a disposizione i suoi libri, mentre d’inverno creava in casa sua il primo gabinetto di lettura del paese. Prende forma il pensiero condiviso di ricordare in un luogo pubblico questa maestra che si è dedicata a far crescere intere generazioni trasmettendo loro il piacere della lettura e il significato della cultura. La direttrice del plesso scolastico Simona Da Re propone di intitolarle l’Aula Magna della scuola: decisione condivisa e partecipata.
Una bella esperienza collegiale.