Toponomastica femminile. Nella storia dell'arte sono assenti le grandi artiste e il problema rimane, anche se oggi molte donne si sono affacciate sul panorama artistico internazionale. La nostra post-modernità è caratterizzata dal disorientamento, dallo spaesamento, dalla perdita di un “dove” certo. Finito il predominio dell'artista maschio, bianco, occidentale, si scoprono le tante artiste del passato, che nella storia dell'arte di Gombrich e dell'Hauser non erano nemmeno nominate. Molte di queste sono state donne viaggiatrici, non sempre volontarie, donne in fuga, donne che sono andate a vivere in un paese diverso dalla loro patria d'origine, dove hanno costruito nuove identità.
Amelia Camboni era nata nel 1913 a Villamassargia, piccolo centro nella provincia di Carbonia-Iglesias, che oggi conta poco più di 3000 abitanti. Orfana a nove anni, conobbe l’esperienza di figliastra; trascorse poi un periodo a Cagliari, dove apprese l’arte dallo scultore Francesco Ciusa, che si ispirava al realismo del Fattori e ai suoi ideali socialisti; qui cominciò ad esporre alla mostra Regionale Sarda e si legò d’amicizia ad un’altra scultrice sarda, Maria Crespellani. Si trasferì nel 1946 a Roma, città in cui lavorò per molti anni in uno studio a Porta Pinciana. Venne nella grande città a percorrere la strada dell'arte, e dette vita ad un'intensa produzione artistica, contrassegnata da opere di grande rilievo, che Enti Pubblici e privati le commissionavano. A quei tempi fare arte per una donna non era facile, richiedeva la capacità di confrontarsi e farsi valere in un mondo dominato dal genere maschile.
Amelia Camboni nel suo lavoro ha saputo relazionarsi con l'umile contadina di Villamassargia, ma anche con i nomi sacri dell'arte e della letteratura italiana: da questi incontri traeva l’ispirazione per realizzare opere che, superato il contesto regionale, si sono posizionate agli alti livelli di uno scenario nazionale. Nelle sue sculture la materia è plasmata con morbidezza, i chiaroscuri sono delicati e modulano con garbo i valori luministici, evitando pesanti linee di demarcazione, anche se a volte emergono prepotentemente tratti decisi ed energici, sia quando l’artista fonde il bronzo che quando modella l’argilla.
Tra le sue opere più conosciute è il busto di Grazia Deledda, un’altra artista sarda, a Roma, al Pincio, inaugurato nel dicembre del 1947 e il ritratto della poetessa Mercede Mundula, zia di Maria Crespellani. Numerose sono state le manifestazioni e rassegne artistiche regionali e nazionali a cui l’artista ha partecipato, tra queste diverse Quadriennali romane. Nel 1948 espose nella “Rassegna Nazionale delle Arti Figurative” insieme ad altri ottocento artisti, in una ricognizione a tutto tondo delle arti figurative in Italia che segnò il distacco dalla cultura del ventennio. Nel 1955 con oltre mille espositori partecipò alla VII Quadriennale Nazionale d'Arte di Roma che riscosse grande consenso di pubblico e di critica. Molte sue opere figurano in collezioni private e in istituzioni pubbliche, in Italia e all’estero.
Nel 1981 scrisse anche una sua autobiografia intitolandola “ I figliastri di Dio: una vita e altre vite”. Amelia è morta a Roma nel 1985. La società Interattiva nel 2000 ha ordinato tutta la collezione delle opere dell'artista sarda, ed ha allestito la mostra a lei dedicata, intitolata "Amelia Camboni Scultrice", con le opere che gli eredi hanno donato al Comune di Villamassargia. Nello stesso comune sardo è intitolata ad Amelia Camboni la Biblioteca Comunale, dove hanno trovato posto le opere del nucleo principale della collezione; nella chiesa parrocchiale sono esposte due formelle in bronzo della Via Crucis, mentre nella scuola elementare c’è una statua, sempre in bronzo, di un bambino a grandezza naturale (Ragazzo pronto alla corsa, 1976).
Nell’aprile 2010, una mostra e un convegno nella sala conferenze di Casa Fenu a Villamassargia hanno ricordato il venticinquesimo anniversario della sua scomparsa, con l’obiettivo di riportare alla memoria la figura di questa scultrice e scrittrice di talento poco conosciuta, nonostante i successi riscossi dalle sue opere. Oltre al maestro Francesco Ciusa ebbero per lei espressioni di apprezzamento Renato Guttuso, Corrado Cagli, Lionello Venturi, Vincenzo Cardarelli. Nel 2003, la capitale ha dedicato alla scultrice un largo nel XII Municipio, in località Mezzocammino, per gran parte adibito a parcheggio: è il solo riconoscimento odonomastico del Paese. Il suo nome, sulle strade sarde, darebbe lustro al gene artistico dell’isola che le ha dato i natali.
*La foto riproduce il ritratto di Mercede Mundula di Amelia Camboni