Caterina Segurana
Nata nel 1506, di mestiere lavandaia, è ricordata come un'eroina della resistenza nizzarda all'assedio turco del 1547, sostenuto dal Re di Francia Francesco I, interessato a sottrarre il dominio su Nizza al Duca di Savoia.
Popolana tutt'altro che remissiva, soprannominata Maufaccia (“Malfaccia”) per via delle fattezze non proprio piacevoli, passò alla storia per aver impedito a un turco di piantare in cima alla breccia la bandiera della vittoria. Punto di riferimento per tutti i suoi concittadini, lottò con tenacia impetuosa per organizzare la riscossa contro gli invasori. Respinse gli assalti dei nemici con l’uso di armi raccolte sul campo di battaglia, denigrando con epiteti piuttosto scurrili quanti si erano dati alla fuga e riservando loro, a mo’ di ulteriore oltraggio, l'esibizione di una parte carnosa della sua anatomia.
Considerata dai filofrancesi una figura solo leggendaria, la sua effettiva esistenza è comprovata da fatti inconfutabili: un busto eretto sulle mura, il suo nome che compare in documenti dall'indiscussa autenticità e svariate opere, poetiche e pittoriche, che la celebrano come fonte d'ispirazione per il sentimento fortemente patriottico che le sue gesta espressero.
Donna dai modi forse dozzinali ma senza dubbio arditi, di lei non si conosce la data della scomparsa.
di Stefania Ricchiuto
Corinna, Erinna, Telesilla
Tre poetesse della Grecia antica hanno lasciato molti enigmi riguardanti la loro biografia e la produzione poetica.
Corinna nacque in Beozia e in quella regione visse. Delle sue opere ci è pervenuto solo qualche frammento.
Le fonti antiche dicono che fu contemporanea di Pindaro (VI/V sec. a.C.) e almeno una volta vinse il famoso collega in agone poetico. Secondo la critica moderna visse invece nel IV secolo e la sua vittoria su Pindaro rientra nella leggenda.
Certo è che Pausania (II sec. d.C.) narra di aver visto una statua in suo onore e sappiamo che in Grecia, nell'antichità, le furono dedicati svariati ritratti. All'inizio dell'Ottocento Canova la raffigura intenta a scrivere versi e M.me de Staël sceglie il suo nome per la protagonista del romanzo Corinna ovvero l'Italia, dando origine alla definizione di corinne per le donne che poetavano.
Anche di Erinna si sa poco. Tale mistero è probabilmente riconducibile alla precocità della sua morte, avvenuta a diciannove anni.
Nacque forse nella seconda metà del IV sec. a.C.; poco prima della morte scrisse la Conocchia, poemetto dedicato all'amica Bauci, morta anch'ella giovanissima. Di Erinna si persero le tracce fin dall'antichità: pur molto ammirata dagli alessandrini, dopo il II sec. d.C. cadde nell’oblio fino al ‘900 quando venne trovata un'edizione su papiri delle sue opere.
Erinna canta con nostalgia i giochi e gli affetti fanciulleschi. Colpisce che abbia potuto collocarsi con tanta rilevanza nel mondo letterario dell'epoca, pur avendo vissuto tanto brevemente.
Telesilla fu poetessa e guerriera.
Visse ad Argo nella prima metà del V sec. a.C.; fu assai amata dalle donne, alle quali probabilmente insegnava poesia corale. Della sua opera resta qualche frammento di inni a divinità. Le vengono attribuite anche poesie bellico-esortative. E questo ci porta al secondo motivo per cui Telesilla divenne famosa: dopo la disfatta dell'esercito di Argo, ella armò le donne contro il re di Sparta Cleomene e, alla loro testa, mise in fuga i nemici salvando la città.
Secondo Polieno (II sec. d.C.), gli argivi le rendevano onore indossando, al novilunio del mese Ermeo, le donne chitoni e clamidi maschili, gli uomini pepli femminili. Ancora Pausania ci descrive una stele, ad Argo, in cui la poetessa era raffigurata mentre, gettati i libri a terra, alza l'elmo nell'atto di indossarlo.
Oltre a queste scarne tracce biografiche e poetiche, cosa ci resta di loro? L'immagine di figure affascinanti e significative, donne dell'antichità che si confrontano alla pari sul piano artistico con il mondo maschile, donne affermate, maestre nella loro arte.
di Silvia Enzi
Calypso
Calypso, ovvero la nasconditrice, è una ninfa figlia di Atlante: così ce la presenta Omero nell'Odissea, quando ci dice che da sette anni la dea tratteneva Odisseo negli antri profondi dove lei aveva la sua dimora.
La stessa Athena, nel corso di un'assemblea divina, dovrà convincere Zeus a far sì che la potente ninfa si decida a lasciare libero il protagonista del poema che aveva accolto da naufrago; e così, allo scopo di recapitarle il messaggio e persuaderla al volere degli dei, il divino Hermes raggiungerà l'isola di Ortigia, ai confini del mondo. Ecco ciò che gli si presenta, quando arriva alla grande spelonca, dove la ninfa trecce belle abitava [...]: gran fuoco nel focolare bruciava e lontano un odore di cedro e di fissile tuia odorava per l'isola, ardenti; lei dentro, cantando con bella voce e percorrendo il telaio con spola d'oro, tesseva. Un bosco intorno alla grotta cresceva, lussureggiante: ontano, pioppo, e cipresso odoroso. Qui uccelli dall'ampie ali facevano il nido [...]. Si distendeva intorno alla grotta profonda una vite domestica, florida, feconda di grappoli. Quattro polle sgorgavano in fila, di limpida acqua [...] ma in parti opposte volgendosi Intorno molli prati di viola e di sedano erano in fiore; a venir qua anche un nume immortale doveva incantarsi guardando...
Alla fine Calypso cede, anche se protesta per il trattamento riservato alle dee, quando si trovano un mortale di loro gradimento: a malincuore annuncia ad Odisseo la sua decisione, gli permette di costruirsi la zattera per riprendere il mare, lo provvede del necessario per il viaggio e di tutte le indicazioni di navigazione, non senza aver trascorso un'ultima notte con il mortale che dovrà lasciar partire.
di Paola Mazzei