Lina Bo Bardi
Roma è il luogo dove, nel 1939, Lina si laurea in Architettura, ma Milano è l’ambiente dove avvia la sua carriera, negli anni difficili del conflitto mondiale. Attiva politicamente durante la Resistenza, partecipa al Movimento di Studi per l’Architettura presente nel dibattito sulla ricostruzione della città meneghina nel dopoguerra. La svolta decisiva della sua carriera avviene quando nel 1946, col marito Pietro Maria Bardi, assume l’incarico della progettazione del Museo d’Arte di San Paolo (MASP) in Brasile, paese che diventa la sua patria d’adozione. Emblematici per esemplificare la sua visione del rapporto fra progetto e luogo sono la Casa de Vidro, ben inserita nella natura circostante, e lo stesso MASP.
L’edificio, realizzato ex-novo per ospitare le collezioni dell’originario Museo, diventato col tempo inadeguato, è arditamente sospeso in modo da lasciare, a livello del suolo, la fruizione di uno spazio pubblico. La sua spiccata sensibilità verso il sociale la porta a concepire un Museo d’arte popolare a Bahia, una delle zone più depresse del Brasile, con lo scopo di avviare laboratori per la produzione di oggetti di design ispirati all’artigianato tradizionale.
Coniugare architettura e natura, rendere utilizzabili per la collettività le strutture sono gli imperativi che dettano anche la sua ultima progettazione, il Municipio di San Paolo, concepito come “casa del popolo” e arricchito da uno splendido giardino verticale.
di Roberta Schenal
Elena Luzzatto
La donna è estranea all'architettura proclama Mussolini nel 1927, sottolineando una volta di più le sue convinzioni sull'inferiorità intellettuale femminile, incapace di sintesi e di progettualità. Ignorava il duce che due anni prima Elena Luzzatto, nata nel 1900 ad Ancona, era stata la prima donna a laurearsi presso il Regio Istituto Superiore di Architettura di Roma. E se le mogli e le madri esemplari del fascismo potevano solo sognare la casa ideale, Elena Luzzatto riesce a costruirla. Subito dopo la laurea il suo lavoro è intenso: come libera professionista progetta, per l'Ufficio Tecnico del Comune di Roma, chiese, scuole, mercati e restauri di edifici. Fino al 1934 affianca questa attività con quella di assistente volontaria alla Facoltà di Ingegneria.
Quante volte avete ammirato il monumentale mercato coperto di piazza Alessandria? O avete passeggiato osservando le case dell’Incis di viale Romania ai Parioli o i villini di Ostia, fermandovi davanti a quella del ministro fascista Giuseppe Bottai? O siete entrate nel cimitero militare o in quello di Prima Porta a Roma? Portano tutte la firma di Elena Luzzatto, geniale architetta che si cimentò anche nella costruzione di strutture ospedaliere. Dopo la guerra, negli anni della ricostruzione, le abitazioni restano il suo pallino e dal 1958 al 1964 è capogruppo per l'Istituto INA-CASA nella realizzazione di case popolari nel sud d’Italia.
Muore a Roma nel 1983.
di Cinzia Romano
Charlotte Perriand
La vita di Charlotte Perriand (Parigi, 1903 - 1999) è stata segnata da un tempo lungo e denso, animato da grandi successi nei campi dell’architettura e del design contemporaneo, che contribuì a fondare con le sue coraggiose innovazioni. Tra il 1927 e il 1937 fu collaboratrice di Le Corbusier e presso l’atelier dell’architetto svizzero realizzerà alcuni degli arredi più incisivi nella storia della progettazione del mobile, come la poltroncina con schienale ribaltabile e la notissima Chaise longue.
Nel 1930 un viaggio in Russia le consentirà di avvicinarsi al movimento culturale del costruttivismo, che rifiutava l’arte nel senso ristretto di culto della forma e ne sosteneva di contro l’imprescindibile finalità sociale. Forte di quest’adesione, continuerà a sperimentare l’utilizzo di materiali facilmente fruibili come il metallo e l’acciaio, ipotizzando un’arte funzionale da prodursi in serie e destinata a tutti, a debita distanza dalla selettività del lusso. In Giappone, dove si recò nel 1940 durante l’invasione tedesca della Francia, svolse seminari sulle nuove tendenze del design, lavorando in équipe con giovani studenti e realizzando progetti sofisticati e di indiscutibile originalità.
Al ritorno in Francia, nel 1946, realizzò anche spazi di emergenza sociale, come gli alloggi studenteschi e le case popolari, dotandoli di una elegante sobrietà. Fino alla fine della sua vita, pur rallentando i ritmi della sua attività creativa, perseguì un ideale di architettura “al servizio della collettività”.
di Stefania Ricchiuto