Margherita De Colmar
Le sue ragazze si distinguevano perché erano sempre socievoli e sorridenti come la loro mamma, vestite col grembiule bianco, sempre presenti a scuola e a messa.
Margherita era nata nel 1888 in Francia da nobile famiglia, ma svolse a Roma la sua opera di carità. Qui fondò e diresse dal 1925 al 1957 la Parva domus pacis, che ospitava bambine e bambini delle vicine campagne, offrendo loro un’istruzione, con l’aiuto di giovani maestre che davano gratuitamente la loro opera, e un avvio al lavoro. Alcune bambine poi, abbandonate o affidatele dalla Questura, divennero le sue figlie e rimasero con lei fino alla sua morte. Finanziava l’attività con offerte di nobili famiglie e di alti prelati, con sovvenzioni pubbliche, ma anche col suo lavoro di insegnante di lingue e con i proventi dei concerti che organizzava. La casa, sorta nel quartiere della Balduina, fu trasferita a Ostia, poi a Valmontone e infine nel 1942 a Monte Mario. Gli anni della guerra furono difficili: le offerte scarseggiavano, spesso non c’era da mangiare, mentre i piccoli e le piccole ospiti aumentavano. I problemi economici sembrarono finiti quando un’attrice americana, Linda Darnell, colpita dalla generosità dell’anziana signora, fece costruire sulla via Trionfale un moderno collegio. Margherita accettò l’offerta titubante, ma poi si ritirò delusa quando fu imposta una retta alle ragazze, che continuò a ospitare a casa sua. Morì nel 1968 e sulla sua tomba al Verano non manca mai un fiore.
di Livia Capasso
Clara Francia Chauvet
Fu maestra e direttrice scolastica (1841-1873), vissuta a Roma dal 1841 al 1918. Di lei si hanno fugaci notizie, collegate al marito Costanzo Chauvet (1844-1918), personaggio controverso e direttore de “Il Popolo Romano”, giornale che si trovò implicato nello scandalo della Banca Romana. Clara lo aveva sposato in giovane età e da lui ebbe una figlia.
Insigne educatrice delle masse popolari durante il periodo risorgimentale, si preoccupò in particolare dell’educazione delle fanciulle, per cui auspicava un’educazione professionale che le rendesse autonome e artefici del proprio destino.
Diresse la prima Scuola Elementare femminile romana, inaugurata dal Comune il 16 dicembre 1870 nell'attuale via del Teatro di Marcello (allora via Tor de' Specchi), a Palazzo Colonna. La Scuola Elementare maschile fu avviata lo stesso giorno in via dei Fienili 42, diretta dal maestro Bernardino Bolasco.
Fu la legge Casati del 1859 a imporre l’obbligo che in ogni Comune ci fosse almeno una scuola, “nella quale verrà data l’istruzione elementare del grado inferiore ai fanciulli, ed un’altra per le fanciulle”, prevedendo per le strutture femminili anche l’insegnamento dei lavori donneschi.
Nel centenario della ricorrenza, nel 1970, in loro ricordo è stata posta una lapide. Più tardi, con la stessa delibera del Consiglio Comunale n. 240 del 14/02/1978, una strada veniva intitolata a Clara Francia Chauvet e un’altra al maestro Bolasco.
di Giulia Penzo
Maria Malibran
Ricordata dalla toponomastica dell’urbe con il cognome del marito, Maria Felicita Garcia, nata a Parigi il 24 marzo 1808, morì a soli ventotto anni per i postumi di una caduta da cavallo.
Da quando esordì sulle scene teatrali nel 1825 al King’s Theatre di Londra nei panni di Rosina, nel Barbiere di Siviglia di Rossini, grazie anche alla sua eccezionale estensione vocale, la sua carriera divenne inarrestabile.
Dopo aver suscitato grande entusiasmo anche sulle scene newyorkesi come interprete rossiniana, ricoprì ruoli da protagonista sia nelle opere di repertorio che in quelle dei grandi compositori a lei contemporanei: Bellini fra gli altri ne rimase affascinato.
La prematura scomparsa e la vita appassionata sembrano una perfetta espressione dell’epoca romantica.
Oltre a una solida formazione culturale e a un animo artistico, che non si espresse solo nel canto, Maria padroneggiava ben quattro lingue: il francese, l’inglese, lo spagnolo e l’italiano, che perfezionò durante i soggiorni in Italia. Fra questi mi piace citare la breve permanenza a Roma, nell’ottobre del 1832, durante la quale Maria incontrò l’artista Ernest Legouvé, che la descrisse, nella cornice di Villa Medici e di Villa Pamphili, come una giovane donna emancipata e poliedrica, capace sia di ricamare e conversare amabilmente, sia di infervorarsi discutendo sulle liriche di Byron.
di Leila Zammar