Clara Campoamor
Ina Macina
Viola Gesmundo
Il nome di Clara Campoamor è indissolubilmente legato all’estensione del voto alle donne in Spagna, sancita nel 1931. Le fortissime resistenze contro il suffragio femminile non provenivano solamente dalla ben radicata mentalità maschilista, ma anche dall’interno delle correnti repubblicane cui Clara aderiva e dal movimento femminista stesso che vedevano nella diffusa ignoranza delle donne un pericolo per la repubblica. In buona sostanza, essendo state tenute in uno stato di arretratezza culturale, venivano viste come pericolosamente manipolabili dalle frange più conservatrici o dagli ambienti vicini ad essi. Clara dovette confrontarsi con oppositori esterni e facilmente riconoscibili, ma anche con quelli interni al suo stesso partito, oltre che con quella parte femminismo non solidale su questo punto. La sua convinzione che fosse inaccettabile legiferare includendo le donne come soggetti passivi di cittadinanza la farà distinguere per tenacia, anche se non senza sofferenze, tanto che nel 1935 scriverà le sue memorie circa la questione del voto in un libro significativamente intitolato Il voto delle donne e io: il mio peccato mortale. Tuttavia, sembra giusto ricordare quanto la portata del suo fervente impegno sia andata molto più in là della spinosa (e poi vinta) questione del voto. Sebbene il suffragio universale sia stata la meta più ambita, l’avvocata e deputata spagnola – ferma riformista, statalista e repubblicana – era cosciente del fatto che il raggiungimento di questo diritto andasse supportato da una robusta intelaiatura legale, e in tale direzione indirizzò la sua opera. Fino al fatidico 1931 la condizione giuridica delle donne era sbilanciata a loro sfavore rispetto agli uomini (padri o mariti ne detenevano tutela e averi) o a dir poco contraddittoria: basti pensare che le donne erano eleggibili ma non potevano votare, e Clara stessa non mancò di commentare ironicamente l’articolo 23 che sanciva l’uguaglianza di tutti i cittadini rispetto a classe, posizioni politiche e credo ma omettendo il riferimento al sesso.
In quanto a cultura, l’istruzione di base era prevista per bambini e bambine ma senza troppa promozione per queste ultime che comunque ricevevano una formazione molto più ridotta in contenuti. L’intento di Clara era tutto volto a sanare il passo zoppicante della legge e dunque della società, collocando la propria azione ‘dall’interno’, prima acquisendo gli strumenti necessari – cioè studiando – e poi inanellando una serie di primati prestigiosi: fu la prima a esercitare attivamente l’avvocatura, difendendo in tribunale; la prima delle deputate spagnole; la prima a varcare le soglie del Tribunale Supremo; la prima a far parte del direttivo dell’Ateneo di Madrid; aprendo così la strada a tante, avendo a cuore tutte ma in particolare le più vulnerabili. Proveniente da una famiglia della classe media lavoratrice, nata a Madrid nel 1888, Clara deve molto alla lungimiranza di entrambi i genitori che le inculcarono il senso di giustizia e la dedizione al lavoro. Il padre, un repubblicano che aveva lavorato presso un giornale (come farà la figlia), muore quando la futura attivista è appena adolescente; la madre lavorerà incessantemente come sarta per garantire una vita dignitosa e l’istruzione a Clara e al fratello, coadiuvata dalla giovane. Clara persegue prima di tutto l’indipendenza economica, e la ottiene. La sua sete di sapere e di riscatto, unita all’influenza benefica di amiche e colleghe unite nel raggiungimento dell’emancipazione femminile, la porta a seguire gli studi in legge mentre si mantiene con numerosi lavori: maestra, dattilografa, insegnante per adulti, segretaria di un giornale. Impara da autodidatta il francese e diventa una fine traduttrice per la casa editrice Calpe. E, a 36 anni, si laurea in giurisprudenza. Le sue idee sono state la sua vita, si può dire senza remore che ciò che pensava e professava era riflesso e nutrimento della sua condotta, andando anche oltre l’intento; non solo credeva che l’istruzione fosse fondamentale per essere cittadine e cittadini consapevoli, infatti esercitò come maestra. Non solo voleva godere di diritti e leggi ma divenne deputata, avvocata e legislatrice. Rifiutò l’istituzione del matrimonio per sé mentre regolava in senso più rispettoso e veramente legale i diritti della moglie e della madre (sposata e non). Si mosse per la Spagna per lavoro e per studio; frequenterà anche eventi all’estero in seno al femminismo e al diritto infantile.
Clara Campoamor, una vita di lotta per i diritti delle donne.
Con una forte visione di classe, mai pietistica ma vigorosa e razionale, si vota alla causa femminista e pacifista in una Spagna sulla quale già si ammassavano nuvole di storia nera. Assume una posizione pacifista in merito alla guerra del Rif, alla quale erano inviati giovani spagnoli poveri, dato che i ricchi potevano pagare l’esenzione dal servizio militare. L’adulta Campoamor intesse rapporti internazionali, segue le orme delle donne ispiratrici che l’hanno preceduta, supporta e indica la strada ad altre; sul finire degli anni Venti presenta la proposta di erigere una statua in memoria di una delle sue guide, Concepción Arenal, che effettivamente verrà eretta solo nel 1934 a Madrid. Con una mentalità che potremmo definire moderna attua il concetto di ‘rete’ di collaborazioni, e istituisce a Parigi nel 1929 la Federezione internazionale delle donne giuriste, stabilendo contatti internazionali e creando instancabilmente centri o associazioni di scambio culturale. Nonostante il suo eccelso contributo e una vita esemplare, compromessa la possibilità di rientrare attivamente nella vita politica (Sinistra repubblicana rifiuterà la sua richiesta di militanza nel partito), accusata falsamente prima di agire contro gli ideali repubblicani e poi di appartenere a una loggia massonica, infine, naturalmente malvista dal franchismo, vivrà l’esilio prima in Svizzera, poi in Argentina e nuovamente in Svizzera, dove muore nel 1972, non senza aver cercato di rientrare in Spagna. Durante l’esilio, si dedica all’attività di scrittura.
Traduzione francese
Giuliana Gaudenzi
Le nom de Clara Campoamor est indissolublement lié à l’extension du vote aux femmes en Espagne, consacrée en 1931. Le très fortes résistances contre le suffrage féminin n’émanaient pas seulement de la bien enracinée mentalité machiste, mais elles étaient aussi présentes au sein des courants républicains auxquels Clara adhérait et du mouvement féministe même, qui voyaient dans l’ignorance généralisée des femmes un danger pour la République. En substance les femmes, ayant été tenues dans un état d’arriération culturelle, étaient considérées dangereusement manipulables par les parties les plus conservatrices ou par les milieux proches d’elles. Clara a du se confronter avec des opposants externes et aisément reconnaissables, mais aussi avec ceux à l’intérieur de son propre parti et avec ceux, faisant partie du féminisme, non solidaires avec cet argument. Elle était farouchement convaincue qu’il était inacceptable de légiférer en considérant les femmes comme des sujets passifs de citoyenneté. En 1935 elle écrira un livre de mémoires, concernant le sujet du suffrage, intitulé « Le suffrage des femmes et moi : mon péché mortel ». Toutefois, il faut rappeler que son engagement fervent est allé au-delà de l’épineuse (et ensuite gagnée) question du suffrage, son but majeur : cette avocate et députée espagnole – fervente réformiste, étatiste et républicaine – était consciente du fait que pour atteindre ce but il était nécessaire que ce dernier soit soutenu par une solide structure juridique et elle a agi dans ce sens. Jusqu’au fatidique 1931 le statut juridique des femmes était déséquilibré en faveur des hommes (pères et maris en avaient la tutelle et les biens ) ou pour le moins contradictoire : les femmes étaient éligibles mais elle ne pouvaient pas voter et Clara a commenté d’une façon ironique l’article 23, qui consacrait l’égalité de tous les citoyens par rapport à la classe sociale, aux positions politiques, à la confession de foi, mais en omettant le sexe.
Pour ce qui concerne la culture, la formation de base était prévue pour garçons et filles, mais celle de ces dernières était peu encouragée et beaucoup plus dépourvue d’éléments. L’intention de Clara visait à améliorer la loi - et par conséquent la société - en agissant « de l’intérieur », en apprenant d’abord pour obtenir ensuite une série de prestigieux records : elle a été la première à exercer activement la profession d’avocate de la défense, la première députée espagnole, la première à franchir le seuil de la Cour Suprême, la première à faire partie de la direction de l’Université de Madrid. Elle a ainsi ouvert la voie à beaucoup de femmes, en ayant à cœur toutes mais en particulier les plus vulnérables. Issue d’une famille de travailleurs de la classe moyenne, née à Madrid en 1988, Clara a beaucoup du à la clairvoyance de ses deux parents qui lui ont inculqué le sentiment de justice et le dévouement au travail. Son père, un républicain qui avait – comme le fera sa fille – travaillé dans un quotidien, est mort quand la future activiste était adolescente ; sa mère a travaillé sans relâche en tant que couturière, aidée par Clara, pour donner une vie décente et l’instruction à elle et à son frère. Avant tout, Clara a cherché et obtenu l’indépendance économique. Sa soif de savoir et de rédemption, étant côtoyée d’amies et collègues féministes, l’a amenée à étudier le droit tout en travaillant comme institutrice, dactylo, professeur pour adultes, secrétaire dans un journal. Autodidacte, elle a appris le français et elle est devenue traductrice pour la maison d’édition Calpe. A 36 ans elle a obtenu son diplôme de droit. Ses idées étaient sa vie, on peut affirmer sans hésitation que sa pensée et son engagement se reflétaient sur son comportement et plus encore ; en estimant que l’instruction était fondamentale pour des citoyens et des citoyennes conscients elle a été institutrice. Ne voulant pas seulement bénéficier des lois et des droits, elle est devenue députée, avocate et législatrice. En refusant l’institution du mariage pour soi même, elle s’est occupée des droits des épouses et des mères (mariées ou non). Elle a voyagé en Espagne pour travailler et apprendre. Elle a aussi fréquenté à l’étranger des événements concernant le féminisme et le droit des enfants.
Clara Campoamor, pour une vie de lutte pour les droits des femmes.
Avec une forte vision de classe, jamais piétiste mais vigoureuse et rationnelle, elle s’est dévouée à la cause féministe et pacifiste, alors que l’histoire d’Espagne s’assombrissait dramatiquement. Elle a tenu des propos pacifistes pendant la guerre du Rif, à laquelle on avait envoyé des jeunes espagnols pauvres, puisque les riches pouvaient se payer l’exemption du service militaire. En âge adulte, Campoamor a tissé des liens internationaux, a suivi les traces des femmes qui l’avaient précédée et inspirée, a supporté et montré le chemin à d’autres. Vers la fin des années vingt elle a proposé d’ériger une statue à la mémoire d’une de ses guides, Concepciòn Arenal, qui sera ensuite érigée à Madrid en 1934. Clara avait une mentalité qu’on peut définir moderne : elle a mis en œuvre la notion de « réseau » de collaborations et a créé à Paris en 1929 la Fédération internationale des femmes juristes, en nouant des contacts internationaux et en créant inlassablement des centres ou des associations d’échanges culturels. Malgré son grand engagement et sa vie exemplaire, elle a vu compromise la possibilité de rentrer dans la vie politique active (la Gauche républicaine refusera sa demande de militer pour ce parti), elle a été faussement accusée d’agir contre les idéaux républicains d’abord, d’appartenir à une loge maçonnique ensuite. Enfin, évidemment impopulaire auprès du régime franquiste, elle a vécu l’exile en Suisse, puis en Argentine et à nouveau en Suisse, en se consacrant à l’écriture. Elle est morte en 1972, après avoir en vain essayé de rentrer en Espagne.
Traduzione inglese
Emiliana Russo
Clara Campoamor’s name is inextricably linked to the recognition of the women’s right to vote in Spain in 1931. At the beginning of the 20th century, vehement opposition to the women’s suffrage in Spain came not only from a deep-rooted male chauvinist mentality but also from within the republican factions to which Clara belonged, and the feminist movement itself, which considered the widespread ignorance of women as a danger for the republic. In essence, having been kept in a state of cultural narrowmindedness, women were regarded as dangerously manipulable by the more conservative fringes and close environments. Therefore, Clara had to face external and easily recognizable opponents but also those within her own party, as well as that part of the feminist movement in disagreement with her. Her conviction that it was unacceptable to legislate by including women as passive subjects of citizenship would result in her tenacity standing out - though not without any suffering - to the point that in 1935 she wrote her memoirs on the voting issue meaningfully entitled “Women’s right to vote and I: my mortal sin”. However, it seems only fair to stress that her fervent efforts were not limited to the thorny (and then resolved) voting issue. Although universal suffrage was her principal goal, the Spanish lawyer and Member of Parliament – a firm reformist, statist and republican – was aware that such an achievement needed a strong legal framework and worked to that end. Until the decisive year 1931, the legal status of women was unfavourable to them privileging men (fathers or husbands held women’s protection and their possessions), and even contradictory. Suffice it to say that women were eligible but could not vote, and Clara did not fail to ironically comment on Article 23, which established the equalness of all citizens with respect to class, political views and beliefs but omitted sex.
With reference to culture, basic education was provided to both boys and girls but without too much promotion for the latter, whose school training was then lacking in terms of content. Thus, Clara’s primary aim was to heal the limping law and, as a result, society acting directly from within: first by acquiring the necessary tools – that is by studying – and then by setting a series of records. In fact, she was the first female to actively practise law, defending in court; she was the first female MP; she was the first female to cross the threshold of a Supreme Court. And she was the first female member of the board of the University of Madrid, thereby paving the way for other women and caring for all of them but especially the more vulnerable ones. Born in Madrid in 1888 and raised in a middle-class family, Clara owed to the foresight of both her parents, who instilled in her a sense of justice and devotion to work. Her father, a republican that worked for a newspaper (which Clara would do as well), died when the future activist was barely an adolescent; and her mother worked tirelessly as a seamstress to ensure a decent life and basic education to both Clara and her brother, assisted by the young girl. Clara always prioritized financial independence and obtained it. Her thirst for knowledge and redemption, combined with the beneficial influence of her female friends and colleagues who were united in the pursuit of women’s emancipation, led her to study law while she was working several jobs to earn her living: teacher, typist, instructor for adults, secretary of a newspaper. She learned French as an autodidact and became a fine translator for the Calpe publishing house. At 36 she gained her Law degree. Her ideas were her life. It can be said without hesitation that what she thought and professed was a reflection of nourishment of her conduct, going even beyond intent. Not only did she believe that education was essential for being aware citizens, she also practiced as a teacher. Not only did she want to enjoy rights and laws, but she also became a Member of Parliament, lawyer and legislator. She rejected the institution of marriage for herself, while she regulated the rights of wives and mothers - married or unmarried - more respectfully and truly legally. She travelled around Spain for work and her studies; she also attended events abroad pertaining to feminism and child law.
Clara Campoamor, a life to fight for women's rights.
With a strong vision of class, never pietistic but vigorous and rational, she devoted herself to the feminist and pacifist cause in a Spain on which clouds of history were already heaping up. She adopted a pacifist stance towards the Rif War, to which poor young Spaniards were sent, since the rich could afford the exemption fee for military service. Campoamor interweaved international relations, followed in the footsteps of inspiring women who preceded her, supported and showed the way to others; towards the end of the 1920s she put forward a proposal for the erection of a statue in memory of one of her guides, Concepción Arenal, which would only be built in 1934 in Madrid. With a mentality which can be labelled as modern, she implemented the concept of a “network” of collaborations, in 1929 set up in Paris the international Federation of Women jurists establishing international contacts, and created centres or associations for cultural exchange. Yet, in spite of her excellent contribution and exemplary life, Clara was eventually denied the possibility of actively re-entering political life (the Republican left would reject her request for militancy in the party). Falsely accused first of acting against republican ideals and then of belonging to a Masonic lodge and unpopular with the Franco regime, she would spend the years of her exile years in Switzerland, Argentina and then again in Switzerland, where she died in 1971 but not without trying to return to Spain. During her exile, she devoted herself to writing.