In questi ultimi giorni d’estate il gruppo di Toponomastica femminile è impegnato a documentare, attraverso la fotografia, strade e targhe femminili per creare archivi regionali. Parte del materiale raccolto sarà utilizzato nel Convegno nazionale che si terrà alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, il 6 ed il 7 ottobre prossimi.
Dagli elenchi ufficiali del Comune di Sassari risultano 946 vie, delle quali 488 intitolate a uomini illustri e 421 neutre (relative a città, luoghi geografici, nomi tradizionali, ecc.).
Per la memoria femminile restano soltanto 37 aree di circolazione, pari al 3,91% del totale.
Se si analizzano le denominazioni dedicate a personaggi reali, si scopre che il 92% è maschile. Del restante 8% fanno parte 9 madonne, 10 sante, 4 principesse di casa Savoia e 14 strade dedicate a suore, letterate, artiste, figure storiche.
I numeri, però, non ci parlano della loro distribuzione: al centro cittadino, ad esempio, le uniche presenze odonomastiche femminili celebrano madonne, sante e principesse Savoia. La strada intitolata a Grazia Deledda, prima donna nella viabilità sarda, fa da spina dorsale al quartiere del Monte Rosello, un tempo periferico ma, ormai a pieno titolo, integrato nella città. Due quartieri esterni, nati come nuclei distinti ma cresciuti così tanto da essere oramai quasi fusi senza soluzione di continuità, hanno riferimenti onomastici legati alla sfera femminile ma interessanti e opposte caratteristiche: sono il quartiere del Latte Dolce e quello di Sant’Orsola.
Il primo, che prende il nome dalla mamma per antonomasia, la Madonna del Latte Dolce, si è sviluppato dall'inizio degli anni ‘60 attorno all'omonima chiesetta del 1177, riscoperta tra i rovi solo nel 1882 e da allora divenuta meta di pellegrinaggi. È un quartiere prevalentemente popolare dove solo negli ultimi decenni si sono aggiunti piccoli agglomerati di villette a schiera. In quest’area, dalla toponomastica relativamente recente, oltre alla piazza dedicata alla Madonna del Latte Dolce, c’è una sola strada femminile: è via Madre Teresa di Calcutta, una viuzza anonima fino a pochi anni fa, senza neppure un’abitazione che vi si affacci, ma con un impianto sportivo comunale. Quasi a sottolineare la “modestia” di questa grande donna, che, non dimentichiamolo, è stata insignita del premio Nobel per la pace nel 1979, la stradina è contrassegnata da una piccola targa già rovinata più dai vandali che dalle intemperie.
Le altre vie del quartiere, a parte una decina dedicate a fiumi e laghi, sono tutte maschili: navigatori, esploratori, musicisti e, a sorpresa, J. F. Kennedy.
Il quartiere di Sant’Orsola, ricco di grandi ville monofamiliari, è cresciuto attorno all’omonima chiesa, edificata nel ‘700 dai marchesi Cugia di Sant’Orsola. Ora il nucleo è diventato meno d’élite, si è espanso e ha offerto alla toponomastica cittadina nuove strade da intitolare. Qui oltre all’ovvio viale Sant’Orsola, e a una gran quantità di percorsi maschili –riferiti soprattutto a politici locali e giornalisti– troviamo a poche decine di metri l’una dall’altra, quattro omaggi a donne moderne, vere, con i loro pregi e difetti, e tutte con una storia degna di essere ricordata.
A pochi metri dal campo di Basket c’è il largo Roberta Serradimigni, dedicato all’atleta della nazionale di basket femminile scomparsa nel 1996 a 32 anni. Il quartiere la ricorda perché Roberta ha mosso i primi passi sportivi nel Sant’Orsola Team, la squadra di basket femminile della città. A lei Sassari ha anche dedicato il principale palazzetto dello Sport.
Lungo via Aldo Cesaraccio troviamo le tre viuzze femminili che riportano alla memoria Eufemia Sechi, Edina Altara, Miriam Riccio.
Eufemia fu consigliera regionale e comunale di Sassari, una delle tre donne elette nel 1949 nel primo Consiglio regionale sardo (assieme a Pierina Falchi e Claudia Corona Loddo) che contava in tutto 60 membri. Donna di punta del movimento femminile cattolico, si distinse per l’impegno sociale, soprattutto verso i giovani.
Edina, nata a Sassari nel 1898, è stata un’illustratrice, decoratrice, pittrice e ceramista autodidatta. Ha organizzato mostre con i suoi giocattoli in cartoncino colorato, ha collaborato con numerose riviste e periodici e illustrato una trentina di libri per ragazzi e ragazze. Aveva soli 18 anni quando il suo collage “nella terra degli intrepidi sardi” venne acquistato dal re Vittorio Emanuele III: ora, quella sua primissima opera è esposta al Quirinale. Negli anni 30 si è dedicata alla moda, alla decorazione, alla ceramica. Tra gli anni ‘40 e ‘60 ha invece progettato oggetti d’arredo e design.
Miriam fu invece la prima giornalista sarda iscritta all’albo dei professionisti.
A parte la felice eccezione del quartiere di Sant’Orsola, nelle restanti vie cittadine troviamo pochissime altre donne del Novecento: Rosilde Bertolotti (1904-1975), poetessa sassarese; Ginevra Zanetti, giurista e docente universitaria; Bastianina Musu Martini, antifascista, componente della consulta nazionale (il primo organismo governativo dell’Italia liberata dal fascismo); Marialisa De Carolis, pianista organizzatrice dal 1942 dell’ente concerti che ora porta il suo nome.
Alla luce di quanto esposto, vien da chiedersi per quale ragione Sassari, il comune più esteso della Sardegna (546 kmq) e il secondo per numero di abitanti, presti così poca attenzione alle donne in genere e in particolare alle sue cittadine che le hanno dato lustro. Nello stradario ufficiale, ad esempio, sono totalmente assenti le scienziate, nonostante la presenza di Eva Mameli Calvino (nata a Sassari) o Rina Monti (la prima docente universitaria donna dell’università cittadina e della Repubblica).
Totalmente dimenticate nella toponomastica locale anche Eleonora d’Arborea, Francesca Sanna Sulis, Marianna Bussalai, Ninetta Bartoli (prima donna sindaco), Lina Merlin e Francesca Gallico Spano e un’infinità di altre figure femminili che hanno lavorato e operato nella nostra terra.