Torino, 03/02/1920 - 12/03/1988 |
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Mandati: |
Assemblea Costituente |
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Progetti di legge presentati: |
42 |
25/06/1946 - 31/01/1948 |
Membro Assemblea Costituente Gruppo comunista 28/06/1946 - 31/01/1948 |
08/05/1948 - 24/06/1953 11/06/1948 - 05/12/1950 05/12/1950 - 24/06/1953 |
I Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 01/06/1948 - 24/06/1953 Membro IV Commissione (Finanze e Tesoro) Membro IX Commissione (Agricoltura e Alimentazione) |
12/06/1958 - 15/05/1963 12/06/1958 - 15/05/1963 30/07/1958 - 15/05/1963 |
III Legislatura della Repubblica italiana (Camera) Gruppo comunista 18/06/1958 - 15/05/1963 Membro XIV Commissione (Igiene e Sanità pubblica) Vicepresidente XIV Commissione (Igiene e Sanità pubblica) |
16/05/1963 - 04/06/1968 04/02/1964 - 30/06/1965 09/04/1964 - 22/04/1964 23/04/1964 - 04/06/1964 03/07/1963 - 04/07/1963 |
IV Legislatura della Repubblica italiana (Senato) Gruppo comunista 16/05/1963 - 11/03/1968 Membro Consultiva assicurazione obbligatoria Membro VI Commissione permanente (Istruzione pubblica e belle arti) Membro XI Commissione permanente (Igiene e Sanità) (Segretario dal 05/06/1964 al 04/06/1968) Membro X Commissione permanente (Lavoro, emigrazione, prev. sociale) (Vicepresidente dal 05/07/1963 al 08/04/1964) |
05/06/1968 - 24/05/1972 05/07/1968 - 17/07/1968 |
V Legislatura della Repubblica italiana (Senato) Gruppo comunista 05/06/1968 - 24/05/1972 Membro XI Commissione permanente (Igiene e Sanità) (Vicepresidente dal 18/07/1968 al 27/10/1970; dal 29/10/70 al 24/05/72) |
Angiola Minella nasce a Torino nel 1920, in una benestante famiglia borghese. Il padre, direttore generale della Reale Mutua di Assicurazioni, cade vittima di un attentato fascista nel 1932, e il luttuoso episodio segna in modo indelebile la vita di Angiola allora dodicenne. La ragazza frequenta la migliore scuola di Torino (quel liceo D’Azeglio dove fino a pochi mesi prima aveva insegnato l’antifascista Augusto Monti, maestro di una straordinaria generazione di allievi) e intanto coltiva il sogno di diventare medico. Ma non sarà possibile; il progetto incontra la ferma opposizione materna e, dopo essersi diplomata, Angiola deve ripiegare su studi letterari, che preludono a un futuro di insegnante: è un lavoro che agli occhi della madre è più adatto per una donna.
Intanto è scoppiata la guerra e nei primi bombardamenti la casa di Torino viene danneggiata, così Angiola, insieme alla madre e alla sorella minore, nel maggio del 1942 sfolla a Noli; qui la famiglia possiede un alloggio dove da sempre passa le vacanze estive.
Nel ’43 Angiola entra come volontaria nella Croce Rossa, realizzando in qualche modo il suo desiderio di essere utile al prossimo in difficoltà, e nel ’44 aderisce alla Resistenza, prima in un gruppo badogliano del Cuneese, in seguito nella brigate Garibaldi che operano nel Savonese. Il suo nome di battaglia è Lola, il soprannome con cui viene chiamata in famiglia e dagli amici. Anche la sorella Maria Pia, diciassettenne, segue le sue orme e diventa staffetta partigiana.
In questo ambiente la giovane conosce Piero Molinari, l’ispettore Vela, operante presso la prima divisione d’assalto Garibaldi. Terminato il conflitto, Angiola sposa civilmente il suo partigiano, contravvenendo alle abitudini consolidate dell’ambiente da cui proviene e alle aspettative famigliari. Da questo matrimonio nascerà, nel 1950, la figlia Laura.
Nel primo dopoguerra il Paese è a pezzi: molte fabbriche sono distrutte, mancano le case, molti sono gli orfani abbandonati a sé stessi. Ma le energie non mancano: nel clima fervido del momento Angiola Minella si attiva con passione in favore dei minori in difficoltà. Insieme a Nadia Spano promuove una catena di solidarietà e cinquanta bambini di Napoli trovano ospitalità presso famiglie savonesi. Alcuni vi rimarranno.
L’impegno di Angela si esprime anche nell’azione politica: è responsabile della Commissione femminile nella segreteria della federazione del PCI di Savona e consigliera comunale (le prime elezioni amministrative a Savona si tengono nel marzo del ’46), nonché dirigente dell’UDI.
Nel giugno del 1946 viene eletta per la Costituente e si trova così a far parte della piccola pattuglia di donne (ventuno, il 3,7% del totale dei costituenti) che per la prima volta nella storia dell’Italia hanno la possibilità di contribuire a decidere i destini del Paese. Angiola Minella fa parte del gruppo delle nove comuniste; ci sono poi altrettante democristiane, due socialiste, una qualunquista (esponente del partito dell’Uomo Qualunque, che nelle prime elezioni ha ottenuto un certo successo, specie nel Sud Italia).
Nell’assemblea la Minella non interviene, ma presenta insieme ad altri diverse interrogazioni.
E’ l’inizio di una lunga carriera politica: verrà rieletta alla Camera nel ’48 e poi nel ’58, mentre nel ’63 passerà al Senato, dove rimarrà fino al ‘72. Sempre nelle liste del PCI.
Tra i suoi interessi vi fu sicuramente l’impegno a favore delle donne (rappresentò il Movimento femminile democratico italiano nella segreteria della Federazione internazionale femminile a Berlino tra il ’53 e il ’58); successivamente si occupò di problemi riguardanti la sanità, come vicepresidente della Commissione Igiene e Sanità dal ‘58, poi come segretaria della stessa Commissione del Senato nel ’63 e infine come vicepresidente della stessa nel ‘68. A Palazzo Madama si dedicò con particolare impegno alla riforma dell’assistenza sanitaria e ospedaliera e del servizio per l’assistenza alla maternità e all’infanzia. E, se ricordiamo il desiderio frustrato della giovane Angiola di fare il medico, verifichiamo una volta di più che le vere vocazioni trovano sempre la via per realizzarsi in qualche modo...
Angiola Minella Molinari morì il 12 marzo del 1988.
Dalla galleria di foto d’epoca e di filmati che la ritraggono, presenti in rete, emerge l’immagine di una bella donna dal bel viso aperto incorniciato da capelli scuri. Il viso di una donna vera, autentica, per niente artefatta né sofisticata.
Sono immagini che ci ricordano un Paese che non c’è più, concreto, fattivo e produttivo, un Paese che crede in se stesso e si sente proiettato verso il futuro. Immagini che mettono un po’ di malinconia a quelli che, come la scrivente, di quel periodo sono stati testimoni, ma anche, si è costretti ad ammetterlo, una specie di senso di colpa quando ci si chiede come sia potuto avvenire e come abbiamo potuto permettere che lo spirito di quell’Italia si perdesse.
Loretta Junck