È trascorso un anno dalla nascita dei “Giardini delle Giuste e dei Giusti in ogni scuola”, con tante storie di memoria affidate agli alberi piantati da donne e uomini, ragazze e ragazzi di buona volontà, ma anche con aiuole intitolate qualche volta devastate e ri-devastate da vandali distratti o arrabbiati o ignavi, poi ripiantate da giovani che hanno scelto la via della resistenza al vandalismo.
C’è, però, una terza categoria di persone che da un anno vedo all’opera e che meritano attenzione e racconto. Anche loro modello per tutti noi. Sono i ricostruttori silenziosi che donano il loro tempo e il loro intervento generoso, breve o lungo, ad una causa che condividono come cittadine e cittadini perbene, senza chiedere nulla in cambio, giusto per il piacere civico e nobile di fare cose giuste.
Non li conosco ma vedo i segni del loro passaggio: hanno ricollocato una targa cadente annodando un fazzoletto; hanno raccolto i rami di un alloro sbattuto dal vento con un filo di corda che passa attraverso gli occhielli di tre scope capovolte; hanno fissato ad un bastone rudimentale una ginestra alta e flessuosa, che si era piegata su se stessa; hanno dato l’acqua agli alberi nel periodo estivo con il bidoncino portato da casa. Si sono fermati a rimettere in sesto il bastone della targa o l’arbusto piegato.
Vedere i segni del loro passaggio dà gioia ed emoziona.
Sono benefattrici e benefattori dell’umanità che fanno piccole-grandi cose per la gioia di fare, gratuitamente.
Qualcuno l’ho visto all’opera: era la ragazza che ripiantava la targa insieme al ragazzo che portava a passeggio il cane. Si sono fermati un attimo per fare anche questo. Sorridevano, facevano, poi hanno ripreso le loro strade.
Di altri non so nulla. Su di loro ho chiesto informazioni ad una giovane madre che porta i bimbi a giocare attorno all’aiuola delle Giuste, poi ad un’anziana donna e alla sua badante che frequentano abitualmente il” Giardino delle Giuste e dei Giusti” a Piazza Borgo e siedono sulla panchina accanto agli alberi di alloro intitolati a Malala e a Piersanti Mattarella.
Mi hanno parlato di un uomo anziano che la sera mette a posto, “come se fosse casa sua”, della ragazza riccioluta che spesso dà l’acqua come se fosse il suo giardino, del ragazzo che si trova a passare e si ferma a rimettere a posto il bastone divelto dal vento o da qualche passante incauto.
I nostri sconosciuti ”eroi“ operano con la leggerezza di chi fa un’azione normale e giusta, non per sé ma per tutti, senza nessuna voglia di apparire, senza selfie e pubblicità, di nessun genere.
La ragazza, il ragazzo, l’anziano signore vorrei conoscerli poiché rappresentano lo straordinario ordinario: mi piacerebbe che ci raccontassero la loro idea di mondo e di relazioni umane, la loro bellissima normalità che vorrei fosse un modello per noi.
O forse no: è bello che restino mito, nel mistero delle loro identità e nella concretezza del loro operato. “Giuste e giusti” anche loro, arricchiscono con un tocco diverso l’idea di mondo che il progetto coltiva.