Canicattì onora le vittime della tragedia della Triangle Waist

 

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“A tutte le donne operaie e migranti morte il 25 Marzo del 1911 nell’incendio della fabbrica Triangle Waist di New York” così recita la targa che è stata apposta in una rotonda a Canicattì. Per non dimenticare il sacrificio di tutte quelle donne che più di un secolo fa persero la vita nel grattacielo dell’Ash Building, dove all’ottavo, nono e decimo piano era ubicata una fabbrica che produceva camicette bianche. Erano tutte migranti, erano approdate, dopo estenuanti viaggi, nell’America del sogno, nella terra dove finalmente non avrebbero sofferto più la fame e dove avrebbero potuto condurre una vita dignitosa. Morirono in 129 di cui 38 italiane. Di quest’ultime è stato accertato che ben 24 provenivano dalla Sicilia.
 
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Gli studenti dll’Istituto “Gangitano” di Canicattì coadiuvati dal dirigente Ivan Cappucci e dai docenti Annarita Alù, Leonarda Ginex, Salvino Marrali e Totò Seggio hanno ricordato questo triste evento che si commemora, fra l’altro, ogni anno in occasione della giornata Internazionale della donna, con lavori di cartellonistica, con musiche e performance teatrali.

All’incontro hanno inoltre partecipato l’avvocata Lidia Macaluso e la scrittrice Marinella Fiume, autrice del testo della canzone di Piero Romano “Camicette Bianche”.

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Grazie all’impegno dell’assessora Chiara Farruggio, dopo l’incontro nella sede scolastica, docenti ed alunni, si sono recati presso la rotonda sita nella circonvallazione di Canicatti per inaugurare la nuova intitolazione. All’assessora ed ai docenti dell’ Istituto Gangitano i ringraziamenti ufficiali dell’Associazione Toponomastica femminile per avere accolto con grande sensibilità l’appello lanciato per ricordare concretamente nei territori queste sfortunate vittime del lavoro, stritolate dalla corsa sfrenata verso il profitto.

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Onorarne la memoria significa tramandare alle nuove generazioni il concetto che nessuna ricchezza è lecita quando si raggiunge calpestando la dignità altrui e serve anche a far riflettere come cento anni fa eravamo noi italiani ad emigrare verso terre sconosciute dove spesso si pagava con la vita la ricerca di un posto al mondo dove tentare di migliorare la propria esistenza e quella dei propri figli.