Il nome di Jenny Cardon Peyronel, valdese, staffetta partigiana GL caduta in Val Pellice, compare nell’unica targa femminile di Torre Pellice. Per ricostruirne la storia non ho trovato che un sintetico profilo tra i dati recuperati e archiviati dalla Commissione femminile dell’Anpi. Inizia così: “Jenny Cardon, nata a Torre Pellice (Torino) l’11 marzo 1917 da Luigi e Margherita Piastre. Operativa dal 1 dicembre 1944 … con la formazione Val Pellice, V Divisione Alpina Toia, si segnalava in particolare per le delicate operazioni di collegamento…”
Si descrive poi il momento in cui fu colpita, “in regione Rio Gros”, proprio “mentre infuriava l’ultima battaglia”, il 23 aprile 1945. Altrove però ho trovato un’altra data per la sua morte: 26 aprile. E questa compare anche sulla lapide nel cimitero di Torre Pellice. Chissà se Jenny seppe della Liberazione… Ho fatto delle ipotesi, su quei tre giorni di differenza: ho immaginato che, ferita gravemente durante quello scontro fatale, Jenny sia poi morta a casa sua, vicino ai suoi. Aveva 28 anni, Jenny, un marito, dei parenti … probabilmente erano vivi i suoi genitori. Aveva magari anche figli piccoli, oggi forse ancora viventi, e ci saranno dei nipoti, chissà, che di questa nonna mai conosciuta potrebbero conservare comunque qualche ricordo di famiglia, qualche istantanea, e certamente quella Croce di bronzo che le venne data alla memoria.
Forse proprio perché non ho trovato né una fotografia né altre notizie in rete, quei tre giorni di scarto hanno messo in moto la mia immaginazione facendomi venire voglia di seguire le tracce di questa storia sconosciuta, di questa realtà umana che rischia di perdersi e sprofondare nel passato. Forse avrò modo di farlo, prima o poi. Troppo spesso e troppo facilmente la memoria femminile viene cancellata dal tempo, e invece è giusto ricordare. Perché il sacrificio di Jenny e l’impegno attivo di tutte quelle che come lei parteciparono attivamente alla Resistenza a fianco degli uomini (35.000 in tutta Italia, più di 1000 cadute in combattimento, oltre 2000 fucilate o impiccate) non solo hanno contribuito alla lotta al nazifascismo, ma hanno cambiato il destino delle donne, sovvertendo le regole della tradizione che le aveva confinate in casa in un ruolo subalterno e portandole di diritto alla ribalta della storia. Non più solo mogli, madri e figlie, ma cittadine.