Un’aula della Facoltà di Lettere dell'università di Catania intitolata a Stefania Noce, vittima del femminicidio.
“Nessuna donna può essere proprietà oppure ostaggio di un uomo, di uno Stato, né, tanto meno, di una religione”.
Sono parole tratte dall’articolo che ha come titolo “Ha ancora senso essere femministe?” pubblicato sul giornalino dell’Università di Catania , La Bussola.
Ne è autrice Stefania Noce, studentessa poco più che ventenne di Licodia Eubea, uccisa dall’ ex fidanzato incapace di accettare la sua decisione di interrompere il rapporto che li legava.
Oggi la facoltà di Lettere dell’Università di Catania intitola a Stefania, la sala Due del Monastero dei Benedettini, assicurando memoria ad una giovane donna intelligente e battagliera, che pensava, anzi sognava, un futuro di libertà e di uguaglianza, vittima del femminicidio che ha già falciato 120 vite in un solo anno.
Ritorniamo alle sue parole: Stefania riflette sulle radici della sottocultura della differenza, le ritrova nella cultura patriarcale, nella svalutazione del corpo e della dignità femminile. La sua indagine è lucida e adulta: sembra essere nutrita di letture e di studi ma, sicuramente, letture e studi sono maturati su un vissuto che Stefania ha chiaramente decifrato, senza riuscire però a liberarsene.
La sua vicenda conferma che il femminicidio ha radici subdole e ingannevoli, si manifesta anche in luoghi evoluti, insospettabili, è sempre il frutto criminale di un abisso della sottocultura di genere, della cultura malintesa del patriarcato e del potere maschile che le donne non devono osare incrinare e mettere in discussione. La storia di Stefania ci spaventa e ci fa meditare. L’aula Due del Monastero dei Benedettini, ora Aula Stefania Noce, aiuterà a tenere viva la sua memoria e la sua lezione .