Calendaria 2022 - Berta Pīpiņa

Berta Pīpiņa
Rossana Laterza



Rita Mota

 

Nel 1939, Zeltene, una delle riviste femminili lettoni più seguite degli anni Trenta, affermò che non sarebbe stato possibile affrontare alcuna questione seria sulle donne lettoni in qualunque settore senza chiamare in causa Berta Pipina, esponente della Lega nazionale femminile e Presidente dell’Unione delle organizzazioni femminili lettoni. La vita di Berta Pipina, «donna energica intelligente e ambiziosa» (articolo del 1926 su Zeltene), figura pubblica di spicco nel periodo fra le due guerre, è strettamente connessa alla storia della Lettonia nella prima metà del Novecento. Incastonata tra mondo slavo e Occidente, la Lettonia, crocevia di culture e conflitti e oggetto di appetiti e spartizioni da parte delle potenze confinanti (Impero Russo, Svezia, Germania), aveva assunto una fisionomia etnicamente composita. Dalla fine del XIX secolo il Paese visse un risveglio culturale e identitario: era nata una nuova letteratura nazionale e, con le scrittrici e attiviste Aspazija e Īvande Kaija, si stava facendo strada una prima coscienza femminista. Berta Ziemele (Pipina da sposata) nacque nel 1883 a Codes Pagast, unità amministrativa di Bauska nella regione di Zemgale «…nel mezzo di una foresta verde, una collina di sabbia su un pendio, sotto un tetto di tegole rosse…» (idem) dove i genitori agricoltori gestivano una taverna. Della numerosa prole sopravvissero solo Berta e altri due fratelli «… forti come tre nostre grosse querce di campagna. La salute era il capitale più grande con cui siamo venuti al mondo».(idem) Si diplomò al liceo di Bauska e per mantenersi agli studi lavorò come insegnante ed educatrice presso una famiglia di Karchov, in Ucraina. Proseguì la formazione da logopedista nella clinica del dott. Liebman a Berlino e nei suoi viaggi in Svizzera e in Russia si applicò allo studio dei sistemi educativi locali da autodidatta e frequentando corsi serali.

Tornata in Lettonia nel 1910 sposò Ermanis Pipins, critico letterario, e dall’unione nacquero due femmine e un maschio. Intanto la Lettonia, coinvolta nella Prima guerra mondiale e poi nella Guerra civile russa, si avviava faticosamente verso l’indipendenza che venne proclamata nel 1918 e le donne lettoni, tra le prime in Europa, ottennero il diritto di voto. Tuttavia l’instabilità dello Stato in cui si scontravano sovietici, tedeschi e nazionalisti lettoni sfociò in una guerra civile che ebbe fine nel 1920 con la liberazione di Riga. Con una popolazione decimata dalle guerre e dalle deportazioni il governo democratico guidato da Ulmanis mise al primo posto il patriottismo e lo sviluppo di una comune identità con l’esaltazione della storia, della cultura, della lingua e delle tradizioni nazionali. Berta Pipina, da sempre interessata alle questioni educative e alle problematiche sociali, volle dare il suo contributo alla vita politica della Lettonia indipendente. Anni dopo in un’intervista, ricordando il sorriso sul volto di suo marito ogni volta che lei alzava la mano per dirgli cosa pensava o cosa la preoccupava, dichiarò che era entrata in politica per sfida: «Giurai che un giorno avrei parlato così bene che nessuno avrebbe mai riso di me» (Dizionario biografico). Un atto di coraggio nella consapevolezza che per una donna proporsi in un ruolo pubblico mettendo in campo il proprio talento sarebbe stato molto più rischioso ed impegnativo che per un uomo. Cofondatrice del Partito democratico di Centro, fu la prima donna eletta al Comitato centrale di un partito. Eletta nel Consiglio comunale di Riga, dal 1918 al 1931 introdusse restrizioni legali sul consumo di alcol nei luoghi pubblici, fu a capo del Dipartimento delle persone indigenti e componente della Commissione di controllo incaricata di monitorare il lavoro di tutti gli uffici della municipalità. Parallelamente tenne conferenze e scrisse articoli per numerosi giornali e riviste su temi quali la pedagogia infantile, la famiglia e il rapporto genitori-prole, l’educazione sessuale, la questione femminile in Lettonia. Nel Paese democratico non si poteva parlare di parità di genere. Disparità salariale e segregazione orizzontale e verticale caratterizzavano il lavoro. Nel diritto di famiglia perduravano leggi patriarcali che, insieme a radicati e diffusi pregiudizi, continuavano a relegare le donne nella sfera privata. Il governo, promuovendo il ritorno alle tradizioni contadine, esaltava la funzione riproduttiva delle donne − chiave per il futuro della nazione − votandole alla cura dell’ambiente domestico, all’accudimento della prole e del coniuge e all’educazione nazionale delle giovani generazioni. Berta Pipina condivise il programma di rinascita nazionale, ma si batté per le pari opportunità nel lavoro e per l’uguaglianza dei diritti. Entrata a far parte della Lega nazionale delle donne lettoni ne mantenne la presidenza dal 1925 al 1931.

«La questione femminile attraversa il mio lavoro pubblico come un filo rosso. Può essere affrontata con forza solo nelle organizzazioni femminili… le donne devono riconquistare le altezze della divina Madonna nella coscienza pubblica. Ma se ora una donna è cacciata fuori dalla sua famiglia per il pane grigio della sua giornata lavorativa possiamo difenderla e sostenerla solo con la nostra forza collettiva… Noi madri portiamo con noi la missione dell’eternità: continuare la vita dell’umanità che si trova sotto di noi e che continuerà all’infinito sopra di noi». (Zeltene, art. cit.) «La Lega provvedeva alle donne in difficoltà, organizzava asili e scuole domenicali per l’infanzia, biblioteche e corsi serali mirando «… a sostenere lo spirito stanco e disperato dei rifugiati… il popolo lettone sparso deve essere unito dalle donne attraverso ideali nazionali in diverse forme».(Dizionario biografico) Nel 1922 affiliatasi all’Icw (International Congress of Women) la Lega entrava nel contesto della politica internazionale di genere e Berta moltiplicò il suo attivismo. Cofondatrice dell’Organizzazione del Consiglio delle donne lettoni, ne fu leader fino al 1935 e l’anno dopo divenne Vice presidente dell’Icw partecipando ai congressi dell’organizzazione a Vienna, Stoccolma, Parigi, Dubrovnik, Edimburgo e ad incontri con gruppi di attiviste in Austria, Urss e Ungheria. Nel 1931, alla quarta legislatura, fu la prima donna a fare il suo ingresso nella Saeima (Parlamento lettone) dove sostenne leggi sociali e paritarie di fronte a colleghi ostili e talvolta sprezzanti come il Primo Ministro e futuro dittatore Ulmanis. La dittatura interruppe il percorso di emancipazione, ma non venne meno la coscienza delle donne: Pipina contribuì a fondare il periodico Latviete (Donna lettone) per combattere gli stereotipi patriarcali e promuovere l’uguaglianza delle donne e la coscienza nazionale e pubblicò il romanzo Lejaskrodzinieka meitas, significativo per i temi legati alla questione femminile e alla sorellanza. Dopo l’occupazione dell’Urss cominciò la persecuzione degli “elementi antisovietici”: nel giugno del 1941 Berta Pipina fu deportata in Siberia dove morì l’anno dopo in un campo di lavoro presso il fiume Ob. Doppiamente occultata come nemica politica e come donna, scomparve dalla memoria del suo Paese per riemergere nella storia politico-sociale e negli studi di genere solo dopo il crollo del regime sovietico. Oggi una lapide la ricorda nel cimitero Pirmie Meza di Riga.

 

FONTI


 

Traduzione francese
Piera Negri

 

En 1939, Zeltene, l'un des magazines féminins lettons les plus populaires des années 1930, déclarait qu'il n’aurait pas été possible d'aborder une question sérieuse sur les femmes lettones dans n'importe quel secteur sans remettre en cause Berta Pipina, représentante de la Ligue nationale des femmes et Présidente de l'Union des organisations féminines lettones. La vie de Berta Pipina, «femme énergique, intelligente et ambitieuse» (article de 1926 sur Zeltene), personnalité publique de premier plan dans la période de l'entre-deux-guerres, est étroitement liée à l'histoire de la Lettonie dans la première moitié du XXe siècle. Nichée entre le monde slave et l'Occident, la Lettonie, carrefour de cultures et de conflits, objet des appétits et des divisions des puissances voisines (Empire russe, Suède, Allemagne), avait pris une physionomie ethniquement composite. Dès la fin du XIXe siècle, le pays connaît un éveil culturel et identitaire : une nouvelle littérature nationale voit le jour et, avec les écrivaines et militantes Aspazija et Īvande Kaija, une première conscience féministe gagne du terrain. Berta Ziemele (Pipina nom d’épouse) est née en 1883 à Codes Pagast, unité administrative de Bauska dans la région de Zemgale «... au milieu d'une verte forêt, une colline de sable en pente, sous un toit de tuiles rouges...» où les parents agriculteurs tenaient une auberge. De la nombreuse progéniture, Berta et deux autres frères seulement ont survécu «… aussi forts que trois de nos grands chênes de campagne. La santé était le plus grand capital avec lequel nous sommes venus au monde.» Elle est diplômée au lycée de Bauska et pour soutenir ses études, elle a travaillé comme enseignante et éducatrice pour une famille à Karchov, en Ukraine. Elle poursuit sa formation d'orthophoniste dans la clinique du Dr. Liebman à Berlin et lors de ses voyages en Suisse et en Russie elle s'est appliquée à l'étude des systèmes éducatifs locaux en autodidacte et en suivant des cours du soir.

De retour en Lettonie en 1910, elle épouse Ermanis Pipins, un critique littéraire, et de l'union deux filles et un garçon sont nés. Pendant ce temps, la Lettonie, impliquée dans la Première Guerre mondiale puis dans la guerre civile russe, lutte pour l'indépendance qui est proclamée en 1918 et les femmes lettones, parmi les premières d'Europe, obtiennent le droit de vote. Cependant, l'instabilité de l'État dans lequel s'affrontaient Soviétiques, Allemands et nationalistes lettons a entraîné une guerre civile qui s'est terminée avec la libération de Riga en 1920. Avec une population décimée par les guerres et les déportations, le gouvernement démocratique dirigé par Ulmanis a mis la première place le patriotisme et le développement d'une identité commune avec l'exaltation de l'histoire, de la culture, de la langue et des traditions nationales. Berta Pipina, qui s'est toujours intéressée aux questions éducatives et sociales, a voulu apporter sa contribution à la vie politique de la Lettonie indépendante. Des années plus tard, dans une interview, rappelant le sourire sur le visage de son mari chaque fois qu'elle levait la main pour lui dire ce qu'elle pensait ou ce qui l'inquiétait, elle déclara qu'elle était entrée en politique par défi : «J'ai juré qu'un jour je parlerais si bien que personne ne se moquerait jamais de moi» (Dictionnaire biographique). Un acte de courage dans la conscience que pour une femme, assumer un rôle public en utilisant son talent aurait été beaucoup plus risqué et exigeant que pour un homme. Co-fondatrice du Parti démocrate du Centre, elle a été la première femme élue au Comité central d'un parti. Élue au conseil municipal de Riga, de 1918 à 1931, elle introduisit des restrictions légales à la consommation d'alcool dans les lieux publics, fut chef du département des pauvres et membre de la commission de contrôle chargée de surveiller le travail de tous les bureaux municipaux. Parallèlement, elle donna des conférences et écrit des articles pour de nombreux journaux et magazines sur des sujets tels que la pédagogie de l'enfant, la famille et les relations parents-enfants, l'éducation sexuelle, la question féminine en Lettonie. Dans le Pays démocratique, on ne pouvait pas parler d'égalité des sexes. L'inégalité des salaires et la ségrégation horizontale et verticale caractérisaient le travail. En droit de la famille, les lois patriarcales perdurent et, conjuguées à des préjugés profondément enracinés et répandus, elles continuent de reléguer les femmes dans la sphère privée. Le gouvernement, en favorisant le retour aux traditions paysannes, exaltait la fonction reproductrice des femmes - clé de l'avenir de la nation - en les consacrant au soin du milieu familial, aux soins des enfants et des conjoints et à l'éducation nationale des plus jeunes générations. Berta Pipina a partagé le programme national de renaissance, mais elle s'est battue pour l'égalité des chances dans le travail et pour l'égalité des droits. Elle a rejoint la Ligue nationale des femmes de Lettonie et en a gardé la présidence de 1925 à 1931.

«La question féminine traverse mon travail public comme un fil rouge. Elle ne peut être abordée avec force que dans les organisations féminines... les femmes doivent regagner les hauteurs de la Vierge dans la conscience publique. Mais si maintenant une femme est expulsée de sa famille pour le pain gris de sa journée de travail, nous ne pouvons la défendre et la soutenir qu'avec notre force collective... Nous, les mères, portons avec nous la mission d'éternité : continuer la vie de l'humanité qui se trouve au-dessous de nous et qui continuera indéfiniment au-dessus de nous ». (Zeltene, art. cit.) La Ligue pourvoyait aux femmes en difficulté, organisait des crèches et des écoles dominicales pour l’enfance, des bibliothèques et des cours du soir visant «... à soutenir l’esprit fatigué et désespéré des réfugiés... le peuple letton dispersé doit être uni par les femmes à travers des idéaux nationaux sous différentes formes ». (Dictionnaire biographique) En 1922, affiliée à l’ICW (International Congress of Women), la Ligue entre dans le contexte de la politique internationale de genre et Berta multiplie son activisme. Cofondatrice de l’Organisation du Conseil des femmes de Lettonie, elle en fut le chef jusqu’en 1935 et l’année suivante elle devint vice-présidente de l’ICW en participant aux congrès de l’organisation à Vienne, Stockholm, Paris, Dubrovnik, Edimbourg et à des réunions avec des groupes d’activistes en Autriche, URSS et Hongrie. En 1931, à la quatrième législature, elle fut la première femme à faire son entrée dans la Saeima (Parlement letton) où elle défendit des lois sociales et paritaires face à des collègues hostiles et parfois méprisants comme le Premier ministre et futur dictateur Ulmanis. La dictature a interrompu le parcours d'émancipation, mais la conscience des femmes ne faibilit pas : Pipina a aidé à fonder le périodique Latviete (Femme lettone) pour lutter contre les stéréotypes patriarcaux et promouvoir l'égalité des femmes et la conscience nationale. Elle a aussi publié le roman Lejaskrodzinieka meitas, important pour les questions liées à la question féminine et à la sororité. Après l'occupation de l'URSS, la persécution des "éléments anti-soviétiques" commence : en juin 1941, Berta Pipina est déportée en Sibérie où elle meurt l'année suivante dans un camp de travail près du fleuve Ob. Doublement dissimulée comme ennemie politique et comme femme, elle a disparu de la mémoire de son pays pour ne resurgir dans l'histoire socio-politique et dans les études de genre qu'après l'effondrement du régime soviétique. Aujourd'hui, une pierre tombale la commémore au cimetière Pirmie Meza à Riga.

 

Sources:

 

Traduzione inglese
Syd Stapleton

 

In 1939, Zeltene, one of the most popular Latvian women's magazines of the 1930s, stated that it would not be possible to address any serious question about Latvian women, on any subject, without including Berta Pipina, exponent of the National Women's League and President of the Union of Latvian women's organizations. The life of Berta Pipina, «an energetic, intelligent and ambitious woman» (from a 1926 article in Zeltene), a prominent public figure in the period between the two wars, is closely connected to the history of Latvia in the first half of the twentieth century. Nestled between the Slavic world and the West, Latvia, a crossroads of cultures and conflicts and the object of appetites and divisions among the neighboring powers (the Russian Empire, Sweden, Germany), had assumed an ethnically composite physiognomy. From the end of the nineteenth century, the country experienced a cultural and national awakening: a new national literature was born and, with the writers and activists Aspazija and Īvande Kaija, a first feminist consciousness began gaining ground. Berta Ziemele (Pipina was her married name) was born in 1883 in Codes Pagast, administrative unit of Bauska in the Zemgale region «... in the middle of a green forest, a sand hill on a slope, under a red tile roof...» (Zeltene) where her farming parents also ran a tavern. Of the numerous offspring only Berta and two other brothers survived, «…as strong as three of our large country oaks. Health was the greatest capital with which we came into the world.» (Zeltene) She graduated from the high school in Bauska, and to continue her studies she worked as a teacher and educator for a family in Karchov, Ukraine. She trained as a speech therapist with Dr. Liebman in Berlin, and on her travels to Switzerland and Russia she applied herself to the study of local education systems, self-taught and also attending evening classes.

Returning to Latvia in 1910, she married Ermanis Pipins, a literary critic, and from the union two girls and a boy were born. Meanwhile, Latvia, involved in the First World War and then in the Russian Civil War, was struggling towards independence - which was proclaimed in 1918 - and Latvian women, among the first in Europe, obtained the right to vote. However, the instability of the state in which the Soviets, Germans and Latvian nationalists clashed resulted in a civil war that ended in 1920 with the liberation of Riga. With a population decimated by wars and deportations, the democratic government led by Ulmanis put in first place patriotism and the development of a common identity, along with an exaltation of Latvian history, culture, language and national traditions. Berta Pipina, who was always interested in educational and social issues, wanted to make her contribution to the political life of independent Latvia. Years later in an interview, recalling the smile on her husband's face every time she raised her hand to tell him what she thought or what worried her, she declared that she had entered politics out of defiance: «I swore that one day I would speak so well that no one would ever laugh at me.» (Biographical Dictionary). It was an act of courage, given the fact that for a woman to take on a public role on the basis of her own talents was much more risky and demanding than for a man. As a co-founder of the Center Democratic Party, she was the first woman elected to the Central Committee of a party. Elected to the Riga City Council, from 1918 to 1931 she introduced legal restrictions on alcohol consumption in public places, was head of the Department of the Poor People and a member of the Control Commission in charge of monitoring the work of all the offices of the municipality. At the same time, she lectured and wrote articles for numerous newspapers and magazines on topics such as child pedagogy, the family and parent-offspring relationships, sex education, and the issue of women's status in Latvia. Despite Latvia being a democratic country at the time, there was no question of gender equality. Wage inequality and horizontal and vertical segregation characterized the workplace. In family law, patriarchal laws persisted which, together with deep-rooted and widespread prejudices, continued to regard women’s issues as private matters. The government, by promoting the return to peasant traditions, exalted the reproductive function of women – as a key to the future of the nation - by relegating them to the care of the home environment, the care of children and spouses and the national education of the younger generations. Berta Pipina shared in the national revival program, but she fought for equal opportunities for women in work and for equal rights. She joined the Latvian National Women's League and she held the presidency from 1925 to 1931.

«The women’s question runs through my public work like a red thread. It can only be dealt with forcefully in women's organizations… women must regain the heights of the divine Madonna in the public consciousness. But if now a woman is driven outside of her family to earn the gray bread of her working day, we can only defend and support her with our collective strength ... We mothers carry with us the mission of eternity: to continue the life of humanity that is found beneath us and which will continue to the infinity above us.» (Zeltene, op. cit.) The League provided for women in distress, organized Sunday kindergartens and preschools, libraries and evening classes aiming, «...to support the tired and desperate spirit of refugees... the scattered Latvian people must be united by women through national ideals in different forms.» (Biographical Dictionary) In 1922, by affiliating itself with the ICW (International Congress of Women), the League entered the context of international gender politics and Berta extended her activism. Co-founder of the Latvian Women's Council Organization, she was its leader until 1935, and the following year she became Vice President of the ICW, participating in the organization's congresses in Vienna, Stockholm, Paris, Dubrovnik, Edinburgh and in meetings with activist groups in Austria, the USSR and Hungary. In 1931, in the fourth legislature, she was the first woman to enter the Saeima (Latvian Parliament), where she advocated social and equality laws in the face of hostile and sometimes contemptuous colleagues such as the Prime Minister and future dictator Ulmanis. The dictatorship interrupted the path of emancipation, but the conscience of women did not fail. Pipina helped to found the periodical Latviete (Latvian woman) to combat patriarchal stereotypes and promote women's equality and the national consciousness, and published the novel Lejaskrodzinieka meitas, significant for issues related to the women’s question and sisterhood. After the occupation by the USSR she suffered persecution as an "anti-Soviet element." In June 1941 Berta Pipina was deported to Siberia, where she died the following year in a forced labor camp near the Ob River. Doubly marked as a political enemy and as a woman, she was erased from the memory of her country, to re-emerge in socio-political history and in gender studies only after the collapse of the Soviet regime. Today a tombstone commemorates her in the Pirmie Meza cemetery in Riga.

 

Traduzione spagnola
Daniela Leonardi

 

En 1939, Zeltene, una de las revistas femeninas más seguidas de Letonia en los años treinta, afirmó que no sería posible abordar ninguna cuestión seria sobre las mujeres letonas en cualquier sector sin tener en cuenta a Berta Pipina, Miembra de la Liga Nacional de Mujeres y Presidenta de la Unión de Organizaciones de Mujeres de Letonia. La vida de Berta Pipina, «mujer enérgica, inteligente y ambiciosa» (artículo de 1926 en Zeltene), figura pública destacada entre las dos guerras, está estrechamente relacionada con la historia de Letonia en la primera mitad del siglo XX. Enclavada entre el mundo eslavo y Occidente, Letonia, encrucijada de culturas y conflictos y ambicionada y desada por parte de las potencias vecinas (Imperio Ruso, Suecia, Alemania), había asumido una fisonomía étnicamente mixta. Desde finales del siglo XIX el país vivió un despertar cultural e identitario: había nacido una nueva literatura nacional y, con las escritoras y activistas Aspazija e Īvande Kaija, se estaba abriendo camino una primera conciencia feminista. Berta Ziemele (el apellido de casada fue Pipina) nació en 1883 en Codes Pagast, unidad administrativa de Bauska en la región de Zemgale «...en medio de un bosque verde, una colina de arena sobre una ladera, bajo un techo de tejas rojas...» (ídem) donde sus padres agricultores dirigían una taberna. De la numerosa prole sobrevivieron sólo Berta y otros dos hermanos «... fuertes como tres grandes robles de campo. La salud era el mayor capital con el que vinimos al mundo». (ídem) Se graduó en el instituto de Bauska y para mantenerse en los estudios trabajó como profesora y educadora en una familia de Karchov, en Ucrania. Continuó la formación de logopeda en la clínica del Dr. Liebman en Berlín y en sus viajes a Suiza y Rusia se aplicó al estudio de los sistemas educativos locales como autodidacta y asistiendo a cursos nocturnos.

Regresó a Letonia en 1910 y se casó con Ermanis Pipins, crítico literario, y de su unión nacieron dos chicas y un chico. Mientras tanto, Letonia, implicada en la Primera Guerra Mundial y después en la Guerra Civil Rusa, se dirigía con dificultades hacia la independencia proclamada en 1918 y las mujeres letonas, entre las primeras en Europa, obtuvieron el derecho de voto. Sin embargo, la inestabilidad del Estado donde se enfrentaban soviéticos, alemanes y nacionalistas letones condujo a una guerra civil que terminó en 1920 con la liberación de Riga. Con una población diezmada por las guerras y las deportaciones, el gobierno democrático dirigido por Ulmanis puso en primer lugar el patriotismo y el desarrollo de una identidad común con la exaltación de la historia, la cultura, la lengua y las tradiciones nacionales. Berta Pipina, desde siempre interesada en las cuestiones educativas y sociales, quiso aportar su contribución a la vida política de la Letonia independiente. Años después, en una entrevista, recordando la sonrisa en la cara de su marido cada vez que levantaba la mano para decirle lo que pensaba o lo que la preocupaba, declaró que había entrado en política por desafío: «Juré que un día iba a hablar tan bien que nadie se reiría de mí» (Diccionario biográfico). Un acto de valentía sabiendo que para una mujer proponerse en un papel público poniendo en práctica su talento habría sido mucho más arriesgado y complicado que para un hombre. Cofundadora del Partido Democrático de Centro, fue la primera mujer elegida en el Comité Central de un partido. Elegida en el Ayuntamiento de Riga, de 1918 a 1931 introdujo restricciones legales al consumo de alcohol en lugares públicos, fue jefe del Departamento de personas indigentes y miembra del Comité de Auditoría encargado de supervisar el trabajo de todas las oficinas del municipio. Paralelamente, dictó conferencias y escribió artículos para numerosos periódicos y revistas sobre temas como la pedagogía infantil, la familia y la relación entre padres y hijos, la educación sexual, la cuestión femenina en Letonia. En el país democrático no se podía hablar de igualdad de género. La desigualdad salarial y la segregación horizontal y vertical caracterizaban el trabajo. En el derecho de familia persistían las leyes patriarcales que, junto con arraigados y difundidos prejuicios, seguían relegando a las mujeres a la esfera privada. El gobierno, promoviendo el regreso a las tradiciones campesinas, exaltaba la función reproductiva de las mujeres –clave para el futuro de la nación–, al tiempo que las sometía al cuidado del ambiente doméstico, de los hijos y del cónyuge y a la educación nacional de las jóvenes generaciones. Berta Pipina compartió el programa de renacimiento nacional, pero luchó por la igualdad de oportunidades en el trabajo y por la igualdad de derechos. Ingresó en la Liga Nacional de Mujeres Letonas y ocupó la Presidencia desde 1925 hasta 1931.

«La cuestión femenina atraviesa mi trabajo público como un hilo rojo. Sólo se puede abordar con fuerza en las organizaciones femeninas... las mujeres deben reconquistar las alturas de la divina Virgen en la conciencia pública. Pero si ahora una mujer es expulsada de su familia por el pan gris de su jornada laboral, sólo podemos defenderla y sostenerla con nuestra fuerza colectiva... Las madres llevamos con nosotras la misión de la eternidad: continuar la vida de la humanidad que se encuentra debajo de nosotras y que continuará hasta el infinito sobre nosotras». (Zeltene, art. cit.). La Liga proveía a las mujeres en dificultades, organizaba guarderías y escuelas dominicales para la infancia, bibliotecas y cursos nocturnos apuntando «... a sostener el espíritu cansado y desesperado de los refugiados... el pueblo letón disperso debe ser unido por las mujeres a través de ideales nacionales en diferentes formas». (Diccionario biográfico) En 1922, afiliada al ICW (International Congress of Women) la Liga entraba en el contexto de la política internacional de género y Berta multiplicó su activismo. Cofundadora de la Organización del Consejo de Mujeres Letonas, fue su líder hasta 1935 y al año siguiente se convirtió en vicepresidente de ICW, participando en los congresos de la organización en Viena, Estocolmo, París, Dubrovnik, Edimburgo y en reuniones con grupos de activistas en Austria, la URSS y Hungría. En 1931, en la cuarta legislatura, fue la primera mujer que entró en el Saeima (Parlamento letón) donde apoyó leyes sociales y paritarias frente a colegas hostiles y a veces despectivos como el Primer Ministro y futuro dictador Ulmanis. La dictadura interrumpió el camino de la emancipación, pero no se perdió la conciencia de las mujeres: Pipina contribuyó a fundar la revista Latviete (Mujer letona) para luchar contra los estereotipos patriarcales y promover la igualdad de las mujeres y la conciencia nacional, y publicó la novela Lejaskrodzinieka meitas, importante por los temas relacionados con la mujer y la hermandad. Después de la ocupación de la URSS comenzó la persecución de los "elementos antisoviéticos": en junio de 1941 Berta Pipina fue deportada a Siberia donde murió al año siguiente en un campo de trabajo cerca del río Ob. Doblemente ocultada como enemiga política y como mujer, desapareció de la memoria de su país para resurgir en la historia político-social y en los estudios de género sólo después del hundimiento del régimen soviético. Hoy una lápida la recuerda en el cementerio Pirmie Meza de Riga.