Calendaria 2024 - Louise Dumont Farrenc

Louise Dumont Farrenc
Maria Chiara Pulcini


Daniela Godel

 

La Francia della Restaurazione è un ambiente edonistico dove l’opera lirica e le storie romantiche fanno da padrone: gli spettacoli nei teatri sono regolari ma qualitativamente ripetitivi, segno di una certa arretratezza a livello di gusto musicale; in molti lo notano ma pochi cercano di porvi rimedio, specie quando si prende ispirazione dalla sempre più odiata area tedesca, che stava vivendo un vero e proprio rinascimento grazie a musicisti come Beethoven e Schumann. È in questo clima che Jeanne-Louise Dumont nasce il 31 maggio del 1804. È figlia d’arte: suo padre, Jacques-Edme, è discendente di una dinastia di scultori di successo, mestiere che passerà al figlio Augustine-Alexandre, meglio conosciuto col nome Auguste; da parte della madre Marie-Elisabeth-Louise Curton proviene dai Coypel, ritrattisti e ritrattiste di corte. La famiglia Dumont è ben nota negli ambienti culturali parigini e non passa molto tempo prima che Louise abbia il suo battesimo artistico: a sei anni inizia a prendere lezioni di pianoforte da Cecile Soria, allievo del maestro Muzio Clementi, mostrando ben presto un incredibile talento.

Louise Farrenc ritratta da un artista anonimo. © Bibliothèque Nationale de France Louise Farrenc ritratta da Luigi Rubio (1835)

Continua i suoi studi col virtuoso pianista Ignaz Moscheles, futuro direttore del Conservatorio di Lipsia, e col compositore Johann Nepomuk Hummel, compagno di Beethoven e allievo anch’egli di Clementi; con loro Dumont si mostra versata anche nella composizione, fatto che porta i genitori a cercare di iscriverla al Conservatorio di Parigi all’età di soli 15 anni. Qui la ragazzina affronta purtroppo la prima vera discriminazione causata dal proprio sesso: il Conservatorio ammette solo uomini e nonostante le sue innegabili abilità non fa eccezione per lei, costretta quindi a prendere lezioni private per poter proseguire il suo percorso. Il suo insegnante è Anton Reicha, uno dei professori di musica più quotati dell’epoca. Fa amicizia con un flautista, Aristide Farrenc, di lei dieci anni più grande e che si esibisce regolarmente alla Sorbona poco distante da casa sua; non passa molto prima che tra i due scocchi la scintilla. Louise ha 17 anni quando si sposano nel 1821, sigillando un’unione che sarà felice e all’insegna del mutuo rispetto; prende il cognome del marito, per il quale interrompe gli studi per poterlo accompagnare nei tour in giro per l’Europa dove si esibisce anche lei. Aristide, però, sentendo che quello stile di vita errabonda non fa per lui, torna con la moglie a Parigi e fonda la casa editrice Éditions Farrenc, diventando presto uno dei punti di riferimento per la pubblicazione di musica in Francia.

Louise Dumont, ora Farrenc, riprende e completa i suoi studi con Reicha; nel 1826 dà alla luce Victorine, l’unica figlia, anche lei un precoce prodigio del pianoforte, che di frequente si esibirà con la madre pure durante cerimonie importanti. Ricomincia ad andare in tournée in giro per l’Europa, suonando e componendo e ottenendo fama di abile musicista in poco tempo. Aristide è completamente coinvolto nella sua carriera, convinto sostenitore del suo talento: non solo la finanzia ma organizza gli eventi in cui si esibisce, pubblica e diffonde per tutto il continente le sue produzioni. Un’unione, la loro, felice e feconda, una rarità per numerose musiciste contemporanee di Farrenc. Ella compone solo per pianoforte fino agli anni Trenta dell’Ottocento, guadagnandosi le lodi di importanti figure del panorama musicale di allora come Robert Schumann. Inizia poi a scrivere brani di musica per orchestra – due overture che non verranno mai pubblicate – e da camera; quest’ultima tipologia è quella che le fa guadagnare più successo e la critica non esita a compararla – pur con molte reticenze e spesso in modo paternalistico – ad altri celebri compositori dell'epoca.

Diventa talmente conosciuta da venire chiamata a insegnare pianoforte al Conservatorio di Parigi nel 1842, incarico che accetta volentieri. Non solo è l’unica donna nel corpo docente – e lo sarà per tutto il XIX secolo – ma è anche la più famosa e una delle più capaci, descritta dai suoi studenti come una docente brillante che ha portato molti di loro a vincere premi prestigiosi e ad avviare la relativa carriera. Nonostante questo, è la meno pagata in virtù del suo sesso. Farrenc terrà la cattedra per trent’anni, fino al 1873. Solo dopo i primi dieci anni prenderà lo stesso stipendio dei suoi colleghi, dopo lo straordinario successo di Nonetto in mi bemolle maggiore, op. 38: alla premiere dell'opera, a cui partecipa anche il famoso violinista Joseph Joachim, Farrenc pretende che la sua paga sia alzata, una richiesta che il direttore del Conservatorio Daniel Auber accontenta. Nel 1859 l'amata Victorine viene a mancare dopo una lunga malattia e con lei muore anche la vena creativa di Farrenc, che non comporrà più; si getta anima e corpo nell’insegnamento e nell’attività di ricerca, aiutando il marito e la sua casa editrice.

Grazie alla sua musica da camera viene premiata ben due volte dall’Accademia delle Belle Arti con il prestigioso “Prix Chartier”, nel 1861 e nel 1869. Oltre all’insegnamento e alle tournée Farrenc e il marito si dedicano alla musica antica, ritrovando vecchi spartiti per clavicembalo e ripubblicandoli; curano e pubblicano Le Trésor des Pianistes, una raccolta di oltre due secoli di spartiti per clavicembalo e piano di ben 23 volumi. Quando Aristide muore nel 1865 Louise continua a pubblicare da sola i restanti 11 volumi, reggendo l’attività fino alla morte avvenuta nel 1875. Nonostante l’enorme successo in vita, la Francia la dimentica molto presto: il suo Nonetto le sopravvisse per qualche anno, permettendole di apparire in libri di musica come Pianistes célebrès di Antoine Françoise Marmontel. Tuttavia, il suo stile assai vicino a quello di Beethoven e al romanticismo tedesco, in un’epoca in cui la sconfitta per mano prussiana nel 1870 brucerà per decenni, contribuirà a farla cadere nell’oblio. Questo fino al XX secolo, quando un rinnovato interesse per le compositrici riporta alla luce il suo lavoro e la sua influenza sulla musica francese.

Come già detto per molto tempo Farrenc ha composto solo per pianoforte e solo dagli anni Trenta inizia a sperimentare con la musica da camera e da orchestra, mostrando sempre un alto livello di indipendenza e versatilità. Discostandosi dai suoi contemporanei preferisce comporre sonate e sinfonie, generi non più coltivati in Francia dalla Rivoluzione; il suo stile è fortemente influenzato dalla musica di Vienna, dove hanno studiato i suoi maestri: ciò l’ha allontanata dal gusto musicale francese dell’epoca, portandola a un genere più astratto, privo di un peso narrativo. Si rifà spesso a lavori del XVII e XVIII secolo, non mera imitazione ma invito a chi ascolta a ricordare la musica del passato, di norma snobbata dai contemporanei. Scrive per strumenti a fiato, archi e ovviamente per pianoforte; tra i suoi pezzi più famosi Quintetto per pianoforte op. 30 e 31, Sestetto per pianoforte e fiati op. 40, Trio per pianoforte op. 33 e 34, Nonetto per fiati e archi op.38, Trio per clarinetto, violoncello e pianoforte op. 44. Il Concerto per pianoforte in B minore è forse la sua opera più audace e lontana sia dal suo stile che da quello francese, di cui tuttavia rimane solo un manoscritto incompleto. La sua Terza sinfonia op. 36 è stata eseguita alla Société des concerts du Conservatoire nel 1849 riscuotendo enorme successo. In tutto la musicista ha scritto 49 composizioni. Stranamente non ci sono opere liriche nonostante il genere fosse molto in voga in Francia. Dalle fonti sappiamo che non è stato per volontà di Farrenc, che anzi ha provato a sperimentare anche in questo campo: tuttavia, essendo donna, non le è stato mai concesso un libretto su cui lavorare.

Copertina di un manoscritto autografato dei 30 Études(Op. 26) di Louise Farrenc. © Bibliothèque Nationale de France
La prima registrazione completa al mondo della musica sinfonica di Louise Farrenc, pubblicata su cd nel 2021

L’insegnamento è stato la sua più grande passione, il suo metodo sobrio e diretto è stato tramandato a lungo. Il suo Trenta studi in tutte le chiavi maggiori e minori, una raccolta per pianoforte sia musicale che pedagogica, continuerà ad essere stampata decenni dopo la morte dell'autrice. Oltre al perfezionamento della tecnica, Farrenc fornisce una lezione di storia introducendo lo/la studente a una pletora di diversi stili di scrittura musicale, da Bach fino all’epoca a lei contemporanea. Un’opera preziosa che mostra sia l’abilità di docente sia la sua indipendenza, il suo rifiuto di ancorarsi alle mode e la sua passione di ricercatrice.


Traduzione francese

Ibtisam Zaazoua

 

La France de la Restauration était un environnement hédoniste où l’opéra et les récits romantiques dominaient : les spectacles dans les théâtres étaient réguliers mais qualitativement répétitifs, signe d’un certain retard au niveau du goût musical. Beaucoup le remarquaient, mais peu cherchaient à y remédier, notamment lorsque l’inspiration venait de la zone germanique de plus en plus détestée, qui vivait une véritable renaissance grâce à des musiciens comme Beethoven et Schumann. C’est dans ce climat que Jeanne-Louise Dumont est née le 31 mai 1804. Elle était fille d’artistes : son père, Jacques-Edme, descendait d’une dynastie de sculpteurs renommés, métier qu’il transmit à son fils Augustine-Alexandre, mieux connu sous le nom d’Auguste. Du côté de sa mère, Marie-Élisabeth-Louise Curton, elle descendait des Coypel, portraitistes de cour. La famille Dumont était bien connue dans les cercles culturels parisiens, et il ne fallut pas longtemps avant que Louise ait son baptême artistique : à six ans, elle commence à prendre des cours de piano auprès de Cécile Soria, élève du maître Muzio Clementi, et montre rapidement un talent extraordinaire.

Louise Farrenc interprétée par un artiste anonyme. © Bibliothèque Nationale de France interprétée par Luigi Rubio (1835)

Elle poursuit ses études avec le pianiste virtuose Ignaz Moscheles, futur directeur du Conservatoire de Leipzig, et avec le compositeur Johann Nepomuk Hummel, compagnon de Beethoven et également élève de Clementi. Avec eux, Dumont démontre une aptitude remarquable pour la composition, ce qui pousse ses parents à tenter de l’inscrire au Conservatoire de Paris à l’âge de seulement 15 ans. Là, la fille fait face à sa première véritable discrimination due à son sexe : le Conservatoire n’admettait que des hommes, et malgré ses compétences indéniables, il ne fait pas d’exception pour elle. Elle doit donc prendre des leçons privées pour continuer son parcours. Son professeur était Anton Reicha, l’un des enseignants les plus respectés de l’époque. Elle se lie d’amitié avec un flûtiste, Aristide Farrenc, de dix ans son aîné, qui se produisait régulièrement à la Sorbonne, non loin de chez elle. Très vite, une étincelle naquit entre eux. Louise avait 17 ans lorsqu’ils se marièrent en 1821, scellent une union heureuse et fondée sur le respect mutuel. Elle prit le nom de son mari et interrompit ses études pour l’accompagner dans ses tournées à travers l’Europe, où elle jouait également. Cependant, Aristide, sentant que ce mode de vie nomade ne lui convenait pas, retourna avec son épouse à Paris et fonda la maison d’édition Éditions Farrenc, qui devint rapidement une référence en matière de publication musicale en France.

Louise Dumont, désormais Farrenc, reprend et achève ses études avec Reicha. En 1826, elle donne naissance à Victorine, leur fille unique, également prodige précoce du piano, qui se produisait souvent avec sa mère lors d’événements importants. Louise recommence à tourner à travers l’Europe, jouant et composant, et acquiert rapidement une renommée en tant que musicienne talentueuse. Aristide s’investit pleinement dans sa carrière, convaincu de son génie : il finançait ses projets, organisait ses événements, publiait et diffusait ses œuvres dans tout le continent. Une union qui a été heureuse et fructueuse, une rareté parmi les nombreuses musiciennes contemporaines de Farrenc. Elle compose uniquement pour piano jusqu’aux années 1830, recevant les éloges de grandes figures musicales de l’époque, comme Robert Schumann. Elle commence ensuite à écrire des pièces pour orchestre – deux ouvertures qui n’ont jamais été publiées – et de la musique de chambre, genre qui lui apporte le plus de succès. La critique n'hésite pas à la comparer, bien que souvent de manière réticente et paternaliste, à d’autres compositeurs célèbres de son époque.

Elle devient si connue qu’elle est appelée à enseigner le piano au Conservatoire de Paris en 1842, poste qu’elle accepte avec plaisir. Non seulement elle était la seule femme dans le corps professoral – et le resterait tout au long du XIXe siècle – mais elle était aussi la plus célèbre et l’une des plus compétentes. Ses élèves la décrivaient comme une enseignante brillante qui les menait à remporter des prix prestigieux et à lancer leur carrière. Malgré cela, elle était la moins payée en raison de son sexe. Farrenc conserve son poste pendant trente ans, jusqu’en 1873. Ce n’est qu’après dix ans qu’elle obtient le même salaire que ses collègues, grâce au succès extraordinaire de son Nonetto en mi bémol majeur, op. 38. Lors de la première de cette œuvre, où participait également le célèbre violoniste Joseph Joachim, Farrenc exige une augmentation de salaire, demande à laquelle le directeur du Conservatoire, Daniel Auber, accède. En 1859, sa chère Victorine meurt après une longue maladie, emportant avec elle la créativité de Farrenc, qui ne compose plus jamais. Elle se consacre entièrement à l’enseignement et à la recherche, aidant son mari dans sa maison d’édition.

Grâce à sa musique de chambre, elle a été récompensée deux fois par l’Académie des Beaux-Arts avec le prestigieux “Prix Chartier” en 1861 et 1869. Outre l’enseignement et les tournées, Farrenc et son mari s’intéressèrent à la musique ancienne, retrouvent d’anciens manuscrits pour clavecin et les rééditent. Ils publièrent Le Trésor des Pianistes, une collection de plus de deux siècles de partitions pour clavecin et piano en 23 volumes. Lorsque Aristide mourut en 1865, Louise continua seule à publier les 11 volumes restants, maintenant l’activité jusqu’à sa mort en 1875. Malgré le succès énorme qu’elle avait connu de son vivant, la France l’oublia rapidement : son Nonetto survit quelques années, ce qui lui permit d’apparaître dans des ouvrages musicaux comme Pianistes célèbres d’Antoine François Marmontel. Cependant, son style, très proche de celui de Beethoven et du romantisme allemand, dans une époque marquée par la défaite contre les Prussiens en 1870, contribue à la faire tomber dans l’oubli. Ce n’est qu’au XXe siècle, grâce au renouveau de l’intérêt pour les compositrices, que son travail et son influence sur la musique française sont redécouverts.

Comme mentionné précédemment, Farrenc compose pendant longtemps uniquement pour le piano, et ce n’est qu’à partir des années Treintes qu’elle commence à expérimenter avec la musique de chambre et orchestrale, faisant toujours preuve d’un haut niveau d’indépendance et de polyvalence. En se démarquant de ses contemporains, elle préfère composer des sonates et des symphonies, des genres qui n’étaient plus cultivés en France depuis la Révolution. Son style est fortement influencé par la musique de Vienne, où ses maîtres ont étudié : cela l’a éloignée du goût musical français de l’époque, l’amenant à un genre plus abstrait, dépourvu de charge narrative. Elle s’inspire souvent de travaux des XVIIe et XVIIIe siècles, non pas pour les imiter, mais pour inviter l’auditeur à se souvenir de la musique du passé, habituellement dédaignée par ses contemporains. Elle écrit pour des instruments à vent, des cordes, et bien sûr pour le piano. Parmi ses œuvres les plus célèbres figurent le Quintette pour piano op. 30 et 31, le Sextuor pour piano et vents op. 40, le Trio pour piano op. 33 et 34, le Nonette pour vents et cordes op. 38, et le Trio pour clarinette, violoncelle et piano op. 44. Son Concerto pour piano en si mineur est peut-être son œuvre la plus audacieuse et la plus éloignée de son style habituel ainsi que du style français. Malheureusement, il ne reste qu’un manuscrit incomplet de cette pièce. Sa Troisième Symphonie op. 36 a été exécutée à la Société des concerts du Conservatoire en 1849, rencontrant un énorme succès. Au total, la musicienne a écrit 49 compositions. Étonnamment, il n’y a aucune œuvre lyrique, bien que ce genre fût très en vogue en France à l’époque. D’après les sources, ce n’est pas par manque de volonté de Farrenc, qui a effectivement essayé de s’aventurer dans ce domaine. Cependant, en tant que femme, il ne lui a jamais été permis de recevoir un livret sur lequel travailler.

Couverture d'un manuscrit dédicacé des 30 Études (Op. 26) de Louise Farrenc. © Bibliothèque Nationale de France
Le premier enregistrement complet au monde de la musique symphonique de Louise Farrenc, sorti sur CD en 2021

L’enseignement a été sa plus grande passion, et sa méthode sobre et directe a été transmise pendant longtemps. Son Trente études dans toutes les tonalités majeures et mineures, une collection pour piano à la fois musicale et pédagogique, a continué d’être publiée des décennies après sa mort. En plus de perfectionner la technique, Farrenc offre une leçon d’histoire en introduisant l’élève à une multitude de styles d’écriture musicale différents, de Bach jusqu’à son époque contemporaine. Une œuvre précieuse qui reflète à la fois ses talents de pédagogue, son indépendance, son refus de se conformer aux modes, et sa passion pour la recherche.


Traduzione inglese

Syd Stapleton

 

Restoration France was a hedonistic environment where opera and romantic stories ruled the day. Performances in theaters were regular but qualitatively repetitive, a sign of a certain backwardness in musical taste. Many noticed this but few sought to remedy it, especially when inspiration was taken from the increasingly hated Germany, which was experiencing a true renaissance thanks to musicians such as Beethoven and Schumann. It was in this climate that Jeanne-Louise Dumont was born on May 31, 1804. She was a daughter of art - her father, Jacques-Edme, was a descendant of a dynasty of successful sculptors, a trade that she would pass on to her son Augustine-Alexandre, better known by the name Auguste. Her mother, Marie-Elisabeth-Louise Curton came from the Coypels, who were court portrait painters. The Dumont family was well known in Parisian cultural circles, and it was not long before Louise had her artistic baptism. At the age of six she began taking piano lessons from Cecile Soria, a pupil of the master Muzio Clementi, and soon showed incredible talent.

Louise Farrenc portrayed by an anonymous artist. ©Bibliothèque Nationale de France Louise Farrenc portrayed by Luigi Rubio (1835)

She continued her studies with the virtuoso pianist Ignaz Moscheles, future director of the Leipzig Conservatory, and with the composer Johann Nepomuk Hummel, Beethoven's companion and also a pupil of Clementi. With them Dumont also showed herself versed in composition, a fact that led her parents to try to enroll her at the Paris Conservatory when she was only 15. Here the young girl unfortunately faced her first real discrimination caused by her gender - the Conservatoire admited only men, and despite her undeniable abilities, there was no exception for her, thus forcing her to take private lessons in order to pursue her passion. Her teacher was Anton Reicha, one of the most highly regarded music professors of the time. She befriended a flutist, Aristide Farrenc, who was ten years her senior and performed regularly at the Sorbonne not far from her home. It was not long before sparks fly between the two. Louise was 17 when they married in 1821, sealing a union that would be happy and marked by mutual respect. She took her husband's surname, and she interrupted her studies so she could accompany him on tours around Europe where she also performed. Aristide, however, feeling that a wandering lifestyle is not for him, returned with his wife to Paris and founded the publishing house Éditions Farrenc, soon becoming one of the benchmarks for music publishing in France.

Louise Dumont, now Farrenc, resumed and completed her studies with Reicha. In 1826 she gave birth to Victorine, her only daughter, also a precocious piano prodigy, who would frequently perform with her mother at important ceremonies. She began touring again around Europe, playing and composing, and gaining fame as a skilled musician in a short time. Aristide was completely involved in her career, a convinced supporter of her talent. He not only financed her but also organized the events at which she performed, and published and disseminated her productions throughout the continent. Their union, happy and fruitful, was a rarity among many of Farrenc's contemporary musicians. She composed only for piano until the 1830s, earning the praise of important figures on the musical scene at the time such as Robert Schumann. She then began to write pieces of music for orchestra - two overtures that would never be published - and chamber music. The latter type earned her the most acclaim, and critics did not hesitate to compare her - though with much reticence and often patronizingly - to other celebrated composers of the time.

She became so well known that she was called to teach piano at the Paris Conservatory in 1842, a position she gladly accepted. Not only was she the only woman on the teaching staff - and she would be throughout the 19th century - but she was also the most famous and one of the most capable, described by her students as a brilliant teacher who led many of them to win prestigious prizes and launch related careers. Despite this, she was the lowest-paid, by virtue of her gender. Farrenc would hold the professorship for thirty years, until 1873. It was only after the first ten years that she was able to obtain the same salary as her colleagues, after the extraordinary success of Nonetto in E-flat Major, Op. 38. At the premiere of the work, which was also attended by the famous violinist Joseph Joachim, Farrenc demanded that her pay be raised, a request that Conservatory director Daniel Auber acceded to. In 1859 her beloved Victorine passed away after a long illness, and with her died Farrenc's creative vein Composing no longer, she threw herself heart and soul into teaching and research, helping her husband and his publishing house.

Thanks to her chamber music she was twice awarded the prestigious "Prix Chartier" by the Academy of Fine Arts, in 1861 and 1869. In addition to teaching and touring, Farrenc and her husband devoted themselves to early music, finding old harpsichord scores and republishing them. They edited and published Le Trésor des Pianistes, a 23-volume collection of more than two centuries of harpsichord and piano scores. When Aristide died in 1865 Louise continued to publish the remaining 11 volumes on her own, holding up the business until her death in 1875. Despite her enormous success in her lifetime, France soon forgot her. Her Nonetto survived her for a few years, allowing her to appear in music books such as Pianistes célebrès by Antoine Françoise Marmontel. However, her style - very close to that of Beethoven and German Romanticism, at a time when defeat at the hands of Prussia in 1871 would burn for decades - contributing to her falling into oblivion. That was until the 20th century, when a renewed interest in women composers brought her work and her influence on French music back to light.

As mentioned above, for a long time Farrenc composed only for piano and only from the 1930s did she begin to experiment with chamber and orchestral music, always displaying a high level of independence and versatility. Departing from her contemporaries, she prefered to compose sonatas and symphonies, genres no longer cultivated in France since the Revolution. Her style was strongly influenced by the music of Vienna, where her masters studied. This distanced her from the French musical taste of the time, leading her to a more abstract genre, lacking narrative weight. She often drew on works from the 17th and 18th centuries, not mere imitation but an invitation to listeners to remember the music of the past, usually snubbed by contemporaries. She wrote for wind instruments, strings and of course for piano. Among her most famous pieces are Quintet for piano op. 30 and 31, Sextet for piano and winds op. 40, Trio for piano op. 33 and 34, Nonetto for winds and strings op.38, Trio for clarinet, cello and piano op. 44. The Piano Concerto in B minor is perhaps her most daring work and far removed from both her own and the French style, of which, however, only an incomplete manuscript remains. Her Third Symphony Op. 36 was performed at the Société des concerts du Conservatoire in 1849 to enormous acclaim. In all, the musician wrote 49 compositions. Strangely, there are no operas despite the fact that the genre was very much in vogue in France. We know from sources that this was not at the behest of Farrenc, who rather tried to experiment in this field as well. However, being a woman, she was never given a libretto to work on.

Teaching was her greatest passion. Her sober and direct method has long been handed down. Her Thirty Etudes in All Major and Minor Keys, a collection for piano both musical and pedagogical, would continue to be printed decades after the author's death. In addition to perfecting technique, Farrenc provides a history lesson by introducing the student to a plethora of different styles of music writing, from Bach to her contemporary era. A valuable work that shows both her skill as a teacher and her independence, her refusal to anchor herself in fashions and her passion as a researcher.

Cover of an autographed manuscript of the 30 Études (Op. 26) by Louise Farrenc. © Bibliothèque Nationale de France
The world's first complete recording of Louise Farrenc's symphonic music, released on CD in 2021

Traduzione spagnola

Francesco Rapisarda

 

La Francia de la Restauración es un entorno hedonista donde la ópera lírica y las historias románticas dominan: los espectáculos en los teatros son regulares, pero cualitativamente repetitivos, señal de un cierto retraso en el gusto musical; muchos lo notan, pero pocos intentan remediarlo, especialmente cuando se toma inspiración de la cada vez más odiada área alemana, que estaba viviendo un verdadero renacimiento gracias a músicos como Beethoven y Schumann. En este clima nace Jeanne-Louise Dumont el 31 de mayo de 1804. Es hija del arte: su padre, Jacques-Edme, es descendiente de una dinastía de escultores de éxito, oficio que pasará a su hijo Augustine-Alexandre, más conocido con el nombre de Auguste; por parte de su madre, Marie-Elisabeth-Louise Curton, desciende de los Coypel, retratistas de corte. La familia Dumont es bien conocida en los círculos culturales parisinos y no pasa mucho tiempo antes de que Louise tenga su bautismo artístico: a los seis años comienza a tomar clases de piano con Cecile Soria, alumno del maestro Muzio Clementi, mostrando muy pronto un talento increíble.

Louise Farrenc retratada por un artista anónimo. ©Biblioteca Nacional de Francia Louise Farrenc interpretada por Luigi Rubio (1835)

Continúa sus estudios con el virtuoso pianista Ignaz Moscheles, futuro director del Conservatorio de Leipzig, y con el compositor Johann Nepomuk Hummel, compañero de Beethoven y alumno de Clementi; con ellos Dumont se muestra también versada en la composición, hecho que lleva a sus padres a tratar de inscribirla en el Conservatorio de París con sólo 15 años de edad. Desgraciadamente aquí la niña se enfrenta a la primera discriminación causada por su sexo: el Conservatorio sólo admite hombres y a pesar de sus innegables habilidades no hace una excepción para ella, por lo tanto se ve obligada a tomar clases particulares para poder continuar su camino. Su profesor es Anton Reicha, uno de los profesores de música más cotizados de la época. Entabla amistad con un flautista, Aristide Farrenc, diez años mayor que ella y que actúa con regularidad en la Sorbona, a poca distancia de su casa; no pasa mucho antes de que los dos sientan la chispa. Louise tiene 17 años cuando se casan en 1821, sellando una unión que será feliz y estará basada en el respeto mutuo; toma el apellido de su marido, por lo que interrumpe los estudios para poder acompañarlo en las giras por Europa donde ella también actúa. Sin embargo, Aristide, sintiendo que ese estilo de vida errático no es para él, regresa con su esposa a París y funda la editorial Éditions Farrenc, convirtiéndose pronto en uno de los puntos de referencia para la publicación de música en Francia.

Louise Dumont, ahora Farrenc, reanuda y completa sus estudios con Reicha. En 1826 da a luz a Victorine, su única hija, también ella un prodigio precoz del piano, que a menudo actuará con su madre, incluso durante ceremonias importantes. Vuelve a hacer giras por Europa, tocando y componiendo, y en poco tiempo adquiere fama de ser una música hábil. Aristide está completamente involucrado en su carrera, es partidario convencido de su talento: no sólo financia, sino que también organiza los eventos en los que ella se exhibe, publica y difunde sus producciones por todo el continente. Una unión, la suya, feliz y fecunda, una rareza para muchas músicas contemporáneas de Farrenc. Ella compone sólo para piano hasta los años treinta del siglo XIX, ganándose los elogios de importantes figuras del panorama musical de entonces como Robert Schumann. Luego comienza a escribir música para orquesta –dos oberturas que nunca se publicarán– y para cámara; este último género es el que le proporciona más éxito y la crítica no duda en compararla –aunque con muchas reticencias y a menudo de manera paternalista– con otros compositores famosos de su época.

Se hizo tan famosa que la llamaron para enseñar piano en el Conservatorio de París en 1842, cargo que aceptó gustosamente. No sólo fue la única mujer en el cuerpo docente –y lo fue durante todo el siglo XIX– sino también la más famosa y una de las más capaces, descrita por sus estudiantes como una brillante profesora que llevó a muchos y muchas a ganar prestigiosos premios y a iniciar su propia carrera. A pesar de eso, era la menos pagada a causa de su sexo. Farrenc ocupará la cátedra durante treinta años, hasta 1873. Sólo después de los primeros diez años percibirá el mismo salario que sus colegas, después del extraordinario éxito de Nonette en mi bemol mayor, op. 38: en el estreno de la ópera, en la que participa también el famoso violinista Joseph Joachim, Farrenc exige que se le suba el sueldo, petición que el director del Conservatorio Daniel Auber acepta. En 1859 la amada Victorine fallece después de una larga enfermedad y con ella muere también la vena creativa de Farrenc, que ya no volverá a componer; se dedicará a la enseñanza y a la investigación, ayudando a su marido y a su editorial.

Gracias a su música de cámara es galardonada dos veces por la Academia de Bellas Artes con el prestigioso Prix Chartier, en 1861 y en 1869. Además de la enseñanza y de las giras, Farrenc y su esposo se dedican a la música antigua, recuperando viejas partituras para clavicémbalo y publicándolas; editan y publican Le Trésor des Pianistes, una colección de más de dos siglos de partituras para clavicémbalo y piano de 23 volúmenes. Cuando Aristide muere en 1865, Louise sigue publicando sola los 11 volúmenes restantes, manteniendo la actividad hasta su muerte en 1875. A pesar de su enorme éxito en vida, Francia la olvida muy pronto: su Nonette le sobrevive durante algunos años, permitiéndole aparecer en libros de música, como en Pianistes célebrès de Antoine Françoise Marmontel. Sin embargo, su estilo muy cercano al de Beethoven y al romanticismo alemán, en una época en la que la derrota prusiana de 1870 dolerá durante décadas, contribuirá a hacerla caer en el olvido. Esto hasta el siglo XX, cuando un renovado interés por las compositoras saca a la luz su trabajo y su influencia en la música francesa.

Como ya se ha dicho, durante mucho tiempo Farrenc sólo compuso para piano y sólo a partir de los años treinta comenzó a experimentar con la música de cámara y orquesta, mostrando siempre un alto nivel de independencia y versatilidad. Distanciándose de sus contemporáneos, prefiere componer sonatas y sinfonías, géneros que en Francia ya no se cultivaban desde la Revolución; su estilo resulta fuertemente influenciado por la música de Viena, donde estudiaron sus maestros: esto la alejó del gusto musical francés de su época, llevándola a un género más abstracto, carente de un peso narrativo. Ella se remite a menudo a obras de los siglos XVII y XVIII pero no se trata de mera imitación, sino que invita a quien escucha a recordar la música del pasado, por lo general despreciada por sus contemporáneos. Escribe para instrumentos de viento, arcos y, por supuesto, para piano; entre sus piezas más famosas, Quinteto para piano op. 30 y 31, Sexteto para piano y viento op. 40, Trío para piano op. 33 y 34, Nonette para cuerdas y arcos op. 38, Trío para clarinete, violonchelo y piano op. 44. El Concierto para piano en B menor del que sólo queda un manuscrito incompleto, es quizás su obra más atrevida y alejada tanto de su estilo como del francés. Su Tercera Sinfonía op. 36 fue dirigida en la Société des concerts du Conservatoire en 1849 con gran éxito. En total, esta música escribió 49 composiciones. Por extraño que parezca, no hay óperas líricas a pesar de que el género estaba muy de moda en Francia. Por las fuentes sabemos que no fue por voluntad de Farrenc, quien intentó experimentar también en este campo. Sin embargo, como mujer, nunca se le concedió un libreto para trabajar.

La enseñanza fue su mayor pasión, su método sobrio y directo se transmitió durante mucho tiempo. Sus Treinta estudios en todas las claves mayores y menores, una colección para piano tanto musical como pedagógica, se seguirá imprimiendo décadas después de la muerte de la autora. Además de perfeccionar la técnica, Farrenc ofrece una lección de historia presentando a su estudiante una plétora de diferentes estilos de escritura musical, desde Bach hasta su época contemporánea. Una obra valiosa que muestra tanto la capacidad de docente como su independencia, su rechazo de las modas y su pasión por la investigación.

Portada de un manuscrito autografiado de los 30 Estudios (Op. 26) de Louise Farrenc. © Biblioteca Nacional de Francia
La primera grabación completa del mundo de la música sinfónica de Louise Farrenc, lanzada en CD en 2021