Maria
Barbara Belotti
Giulia Canetto
Il termine ricamo deriva dall’arabo raqam, ossia disegno, segno; si realizzava con il lavoro ad ago, impiegando filati di seta, di cotone, di lino, fili d’oro e d’argento, talvolta inserendo pietre preziose e perle. Il genere artistico del ricamo è stata un’espressione in cui le donne hanno avuto un posto significativo fin dai secoli più antichi, grazie al loro tradizionale legame con i mestieri della filatura e della tessitura e al fatto che la perizia nel ricamare è stata a lungo considerata un tratto fondante dell’educazione e della formazione femminile.
![]() |
Francesco Del Cossa, Il Trionfo di Minerva, part., 1468-1470, affresco, Ferrara, Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi |
Dalla creatività, dall’abilità e dalla pazienza di numerose donne sono nati bellissimi e delicati ricami, straordinarie opere d’arte che spesso servivano a impreziosire gli arredi ecclesiastici e i paramenti sacri dei prelati. Moltissime di queste artiste ‒ perché così dobbiamo considerarle ‒ sono però rimaste nascoste nelle pieghe del tempo trascorso e poche sono riuscite a vincere il buio dell’anonimato. Il loro contributo allo sviluppo della storia dell’arte non è facilmente ricostruibile perché molti dei manufatti sono andati perduti, opere troppo fragili e soggette all’usura dei secoli, più delle pagine miniate di un manoscritto. Alcuni nomi sono però giunti fino a noi e uno di questi è quello di Maria, abile ricamatrice vissuta in Catalogna nel X secolo, che con l’ago ha scritto il proprio nome sull’orlo della Stola di San Narciso, conservata nella chiesa di San Feliu a Girona. Un atto forte e determinato il suo, nel quale si può leggere tutta la consapevolezza di sé e la fierezza per il lavoro svolto; un gesto audace per l’epoca, capace di sfidare il tempo e i limiti della propria condizione femminile, di porla tra le prime protagoniste nella genealogia dell’arte tessile dell’Europa occidentale.
![]() |
![]() |
Maria, La Stola di San Narciso, part., X secolo |
Girona, La chiesa di San Feliu
|
Le ricamatrici più abili sono state molto spesso donne aristocratiche o monache, quest’ultime figlie comunque di famiglie facoltose e di rango che, proprio per l’appartenenza a classi privilegiate, potevano perfezionare ed esprimere il proprio talento restando lontane dalle incombenze quotidiane e dalle necessità della vita familiare. Erano donne benestanti, quando non ricche, la cui raffinata cultura trovava adeguata espressione nei manufatti realizzati. Anche se Maria ha voluto “firmare” con il suo nome la Stola di San Narciso, su di lei si hanno poche informazioni e più che i riferimenti documentali sono le ipotesi, a volte affascinanti, a prevalere. Una di queste cerca di assegnarle un ruolo di prestigio all’interno della comunità monastica di Santa Maria de les Puelles di Girona, convento probabilmente sorto in seguito al lascito testamentario della viscontessa Riquilda di Narbonne, figlia di Wifredo II conte di Barcellona e di Garsenda, che nel 962 destinò parte dei suoi beni affinché, nel giro di due anni, venisse costruito a Girona un monastero in onore di Santa Maria; trent’anni dopo un suo cugino, il conte Borrell II di Barcellona, con un lascito in favore del convento di Santa Maria de les Puelles, attestò che la comunità monastica era effettivamente sorta.
La storia del monastero femminile non durò molto, già conclusa nel secondo decennio del secolo successivo. Un segno però è restato ed è particolarmente intrigante: una lastra sepolcrale, risalente al X secolo, in cui si ricorda la badessa Maria «di venerabile ricordo, che si è impegnata ogni giorno della sua vita in sante opere e nei comandamenti; perseverante, assolutamente, nelle elemosine, molto devota alle memorie e orazioni dei santi, conservando con cura estrema la regola del monastero, rimane nella verginità di Dio». Questo fu inciso sulla lastra tombale in ricordo della badessa Maria, devota nella preghiera e solerte nell’aiuto al prossimo, pia e consacrata per la vita a Dio. E se la badessa e l’abile maestra del ricamo della Stola di San Narciso fossero la stessa persona? L’ipotesi non ha trovato fino a oggi conferme certe, ma neanche decise smentite.
Maria era valente nel ricamo, tanto da essere definita la “brodadora exquisida” (la squisita ricamatrice), ed era anche una donna colta: infatti sulla Stola di San Narciso, recuperata nel 1936 all’interno del sarcofago del Santo, compaiono sia un frammento appartenente alle Laudi, intonate nelle cerimonie di incoronazione dei sovrani carolingi, che la benedizione episcopale impartita al termine di una funzione sacra; oltre al nome, sull’orlo della stola si legge la frase: «… amice, Maria me fecit; qui ista stola portaverit super se ora pro me si Deum abead a[tiutorem] (amico, Maria mi fece, chi porterà questa stola su di sé, interceda per me affinché Dio mi aiuti)». La formula “Maria me fecit”, tradizionalmente utilizzata per indicare un atto artistico e creativo, apre all’interessante ipotesi che la “brodadora exquisida” non abbia solo concepito la stola ma abbia anche patrocinato la sua realizzazione, esprimendo attraverso di essa un’offerta sacra e spirituale a Dio. Se i ricami erano considerati utili strumenti per l’espressione della fede e la comunicazione di essa verso le comunità religiose e il mondo dei/delle fedeli, allora la badessa Maria va considerata come una figura ben più complessa della semplice esecutrice di un’opera.
![]() |
Le parti che compongono la Stola di San Narciso, X secolo, Girona, Chiesa di San Feliu
|
La stola è formata da tre pezzi di stoffa bianca contornati da bordi con iscrizioni bianche su sfondo rosso. Nella parte centrale della fascia più estesa è collocata la raffigurazione a ricamo della Madonna in posizione frontale, con la veste d’oro e la scritta «Ora pro nobis»; alle estremità di una delle parti corte sono applicati due ricami trapezoidali raffiguranti la scena del martirio di San Lorenzo e del battesimo di Cristo, immagini caratterizzate dall’uso di colori vividi. Il lino e la seta sono i tessuti prevalenti della stola, i cui ricami sono stati eseguiti con filo bianco, rosso, blu e oro su taffetà di lino bianco. Un lavoro di grande perizia e pazienza quello della “brodadora exquisida” Maria e, come quello di tantissime altre ricamatrici rimaste anonime, eseguito nel silenzio delle mura conventuali, con le spalle e il capo chini sul telaio che teneva ferma e distesa la stoffa; il gesto di infilare l’ago e tirare il filo, ripetuto migliaia di volte, avveniva al baluginio delle candele o alla poca luce proveniente da piccole finestre, con gli occhi ben fissi sul proprio lavoro, attenti a dar forma e colore all’inesprimibile, all’intangibile, al divino. Un’orazione intensa e profonda fatta di piccoli punti.
![]() |
![]() |
![]() |
La raffigurazione di Maria, X secolo |
Il martirio di San Lorenzo, X secolo |
Il battesimo di Cristo nel fiume Giordano, X sec.
|
Traduzione francese
Maria Pia Ercolini
Le mot broderie est dérivé de l'arabe raqam, qui signifie dessin ou signe. La broderie était réalisée à l'aiguille, avec des fils de soie, de coton et de lin, des fils d'or et d'argent, et parfois des pierres précieuses et des perles. Le genre artistique de la broderie est un genre dans lequel les femmes ont joué un rôle important depuis les premiers siècles, en raison de leur lien traditionnel avec les métiers du filage et du tissage et du fait que la maîtrise de la broderie a longtemps été considérée comme un élément fondamental de l'éducation et de la formation des femmes.
![]() |
Francesco Del Cossa, Le triomphe de Minerve, détail, 1468-1470, fresque, Ferrare, Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi
|
La créativité, l'habileté et la patience de nombreuses femmes ont donné vie à de belles et délicates broderies, des œuvres d'art extraordinaires qui étaient souvent utilisées pour embellir le mobilier ecclésiastique et les vêtements sacrés des prélats. Cependant, beaucoup de ces femmes artistes ‒ car c'est ainsi qu’elles devraient être considérées ‒ sont restées cachées dans les plis du temps et peu ont réussi à surmonter l'obscurité de l'anonymat. Leur contribution au développement de l'histoire de l'art n'est pas facile à reconstituer parce que beaucoup d'objets ont été perdus, des œuvres trop fragiles et soumises à l'usure des siècles, plus que les pages enluminées d'un manuscrit. Cependant, certains noms nous sont parvenus, comme celui de Maria, une habile brodeuse qui vivait en Catalogne au Xe siècle et qui a écrit son nom à l'aiguille sur l'ourlet de l'Étole de Saint Narcisse, conservée dans l'église de San Feliu, à Gérone. Un acte fort et déterminé, dans lequel on peut lire une affirmation de soi et l’orgueil du travail accompli; un geste audacieux pour l'époque, capable de défier le temps et les limites de sa condition féminine, qui la place parmi les premières protagonistes de la généalogie de l'art textile de l’Europe occidentale.
![]() |
![]() |
Maria, L’ Étole de Saint Narcisse, détail, Xe siècle |
Gérone, L’église de San Feliu
|
Les brodeuses les plus habiles étaient très souvent des femmes de l'aristocratie ou des religieuses, ces dernières cependant filles de familles riches et de haut rang qui, précisément parce qu'elles appartenaient à des classes privilégiées, pouvaient perfectionner et exprimer leur talent tout en restant loin des tâches quotidiennes et des besoins de la vie familiale. C'étaient des femmes aisées, voire riches, dont la culture raffinée trouvait une expression adéquate dans les objets qu'elles produisaient. Même si Maria ait voulu “signer” de son nom l’Étole de Saint Narcisse, il existe peu d'informations à son sujet et, plutôt que des références documentaires, ce sont les hypothèses, parfois fascinantes, qui prévalent. L'une d'entre elles tente de lui attribuer un rôle prestigieux au sein de la communauté monastique de Santa Maria de les Puelles à Gérone, un couvent probablement né du legs testamentaire de la vicomtesse Riquilda de Narbonne, fille de Wifredo II, comte de Barcelone et de Garsenda, qui, en 962, a affecté une partie de ses biens pour que, dans les deux ans, un monastère en l'honneur de Santa Maria soit construit à Gérone; trente ans plus tard, un de ses cousins, le comte Borrell II de Barcelone, avec un legs en faveur du couvent de Santa Maria de les Puelles, attesta que la communauté monastique était réellement née.
L'histoire du monastère féminin n'a pas duré longtemps, puisqu'elle s'est achevée dans la deuxième décennie du siècle suivant. Un signe, cependant, subsiste et il est particulièrement intrigant: une pierre tombale, datant du Xe siècle, qui rappelle l'abbesse Maria «de vénérable mémoire, qui s'est consacrée chaque jour de sa vie aux œuvres saintes et aux commandements; persévérante, absolument, dans les aumônes, très dévouée aux mémoires et aux oraisons des saints, conservant avec un soin extrême la règle du monastère, demeurant dans la virginité de Dieu». Cette inscription a été gravée sur la pierre tombale en mémoire de l'abbesse Maria, dévouée à la prière et diligente à aider son prochain, pieuse et consacrée pour la vie à Dieu. Et si l'abbesse et l’habile brodeuse de l’Étole de Saint Narcisse étaient une la même personne? L'hypothèse n'a pas encore été confirmée avec certitude, mais elle n'a pas non plus été réfutée de manière décisive.
Maria était douée pour la broderie, à tel point qu'on l'appelait la “brodadora exquisida” (la brodeuse exquise), et elle était aussi une femme cultivée: en effet, sur l'Étole de Saint Narcisse, récupérée en 1936 à l'intérieur du sarcophage du Saint, apparaissent à la fois un fragment appartenant aux Laudes, chantées lors des cérémonies de couronnement des souverains carolingiens, et la bénédiction épiscopale donnée à la fin d'une service religieux; en plus du nom, sur l'ourlet de l'étole, on peut lire la phrase: «... amice, Maria me fecit; qui ista stola portaverit super se ora pro me si Deum abead a[tiutorem] (ami, Maria me créa, qui portera cette étole sur lui, intercède pour moi afin que Dieu puisse m’aider)». La formule “Maria me fecit”, traditionnellement utilisée pour indiquer un acte artistique et créatif, ouvre l'hypothèse intéressante que la “brodadora exquisida” n'a pas seulement conçu l'étole, mais qu'elle en a aussi patronné la réalisation, exprimant à travers elle une offrande sacrée et spirituelle à Dieu. Si la broderie était considérée comme un outil utile à l'expression de la foi et à sa communication aux communautés religieuses et au monde des fidèles, l'abbesse Maria devrsit être considérée comme une figure beaucoup plus complexe que la simple exécutante d'une œuvre.
![]() |
Les parties qui composent l'Étole de Saint Narcisse, Xe siècle, Gérone, Église de San Feliu
|
L'étole est composée de trois pièces de tissu blanc entourées de bordures avec des inscriptions blanches sur fond rouge. Dans la partie centrale de la plus grande bande se trouve la représentation brodée de la Madone en position frontale, vêtue d'une robe dorée et portant l'inscription «Ora pro nobis»; aux extrémités de l'une des pièces courtes se trouvent deux broderies trapézoïdales représentant la scène du martyre de Saint Laurent et le baptême du Christ, des images caractérisées par l'utilisation de couleurs vives. Le lin et la soie sont les tissus dominants de l'étole, dont la broderie est réalisée avec des fils blancs, rouges, bleus et or sur un taffetas de lin blanc. Un travail de grande habileté et de patience que la “brodadora exquisida” Maria, comme tant d'autres brodeuses restées anonymes, réalisé dans le silence des murs du couvent, les épaules et la tête penchées sur le métier qui maintenait le tissu immobile et tendu; le geste d'enfiler l'aiguille et de tirer le fil, répété des milliers de fois, s'est déroulé à la lueur des bougies ou dans la faible lumière provenant des petites fenêtres, les yeux fermement fixés sur leur travail, attentifs à donner forme et couleur à l'inexprimable, à l'intangible, au divin. Une prière intense et profonde faite de petits points.
![]() |
![]() |
![]() |
La représentation de la Vierge Marie, Xe siècle |
Le martyre de Saint Laurent, Xe siècle |
Le baptême du Christ dans le Jourdain, Xe siècle
|
Traduzione spagnola
Maria Carreras i Goicoechea
El término “bordado” deriva del latín medieval brusdus, que significa “dibujo que se hace en una tela pespunteado con una aguja”; se realizaba con trabajo de aguja, empleando hilos de seda, algodón, lino, oro y plata, y en ocasiones insertando piedras preciosas y perlas. El bordado ha sido una expresión artística en la que las mujeres han tenido un papel significativo desde la antigüedad, gracias a su relación tradicional con los oficios de la hilatura y el tejido y al hecho de que la destreza en el bordado fue considerada durante mucho tiempo un rasgo fundamental en la educación y formación femenina.
![]() |
Francesco Del Cossa, El Triunfo di Minerva, detalle, 1468-1470, fresco, Ferrara, Palacio Schifanoia, Salón de los Meses |
De la creatividad, habilidad y paciencia de numerosas mujeres nacieron hermosos y delicados bordados, extraordinarias obras de arte que a menudo servían para embellecer los ornamentos eclesiásticos y las vestiduras sagradas de los prelados. Muchas de estas artistas —porque así debemos considerarlas— han permanecido ocultas en las sombras del tiempo y pocas han logrado vencer el anonimato. Su contribución al desarrollo de la historia del arte no es fácil de reconstruir, ya que muchas de sus obras se han perdido, siendo demasiado frágiles y más sujetas al desgaste de los siglos que las páginas iluminadas de un manuscrito. Sin embargo, algunos nombres han llegado hasta nosotros, y uno de ellos es el de Maria, hábil bordadora que vivió en Cataluña en el siglo X y que con su aguja escribió su nombre en el borde de la Estola de San Narciso, conservada en la iglesia de San Feliu en Girona. Su acción fue fuerte y determinada, reflejando toda su conciencia de sí misma y el orgullo por su trabajo; un gesto audaz para su época, capaz de desafiar el tiempo y las limitaciones de su condición femenina, situándola entre las primeras protagonistas de la genealogía del arte textil en Europa occidental.
![]() |
![]() |
Maria, La Estola de San Narciso, detalle, siglo X |
Girona, La iglesia de San Feliu |
Las bordadoras más hábiles solían ser mujeres aristocráticas o monjas, estas últimas, también hijas de familias adineradas y de alto rango, que debido a su pertenencia a clases privilegiadas podían perfeccionar y expresar su talento sin estar atadas a las tareas cotidianas y las necesidades de la vida familiar. Eran mujeres acomodadas, cuando no ricas, cuya refinada cultura encontraba una adecuada expresión en los objetos que creaban. Aunque Maria quiso "firmar" con su nombre la Estola de San Narciso, disponemos de pocas informaciones sobre ella, y más que referencias documentales, predominan las hipótesis, algunas de ellas fascinantes. Una de estas teorías le atribuye un papel de prestigio dentro de la comunidad monástica de Santa Maria de les Puelles en Girona, convento que probablemente surgió tras la donación testamentaria de la vizcondesa Riquilda de Narbona, hija de Guifré II, conde de Barcelona, y de Garsenda, quien en 962 destinó parte de sus bienes para que en el plazo de dos años se construyera en Girona un monasterio en honor a Santa María. Treinta años después, un primo suyo, el conde Borrell II de Barcelona, con otra donación a favor del convento de Santa Maria de les Puelles, confirmó la existencia de la comunidad monástica.
La historia del monasterio femenino no duró mucho, ya que terminó en la segunda década del siglo siguiente. Sin embargo, quedó una huella particularmente intrigante: una lápida sepulcral del siglo X que recuerda a la abadesa Maria como "de venerable memoria, que se dedicó cada día de su vida a obras santas y a los mandamientos; perseverante en las limosnas, muy devota en la memoria y oraciones de los santos, conservando con extremo cuidado la regla del monasterio, permaneciendo en la virginidad de Dios". Este fue el epitafio en la lápida en recuerdo de la abadesa Maria, devota en la oración y diligente en la ayuda al prójimo, piadosa y consagrada a Dios por toda su vida. ¿Podrían la abadesa y la hábil maestra del bordado de la Estola de San Narciso ser la misma persona? La hipótesis no ha sido confirmada hasta hoy, pero tampoco ha sido refutada. Maria era una bordadora excepcional, hasta el punto de ser llamada la brodadora exquisida ("la exquisita bordadora"), y también era una mujer culta: en la Estola de San Narciso, recuperada en 1936 dentro del sarcófago del Santo, aparecen un fragmento de las Laudes, entonadas en las ceremonias de coronación de los soberanos carolingios, y la bendición episcopal impartida al final de una función sagrada. Además del nombre, en el borde de la estola se puede leer la frase: “… amice, Maria me fecit; qui ista stola portaverit super se ora pro me si Deum abead a[tiutorem]” (amigo, María me hizo, quien lleve esta estola sobre sí, que interceda por mí para que Dios me ayude).
La fórmula "Maria me fecit", utilizada tradicionalmente para indicar un acto artístico y creativo, abre la interesante hipótesis de que la brodadora exquisida no solo concibiera la estola, sino que también patrocinara su realización, expresando a través de ella una ofrenda sagrada y espiritual a Dios. Si los bordados eran considerados herramientas útiles para la expresión de la fe y su comunicación hacia las comunidades religiosas y el mundo de los y las fieles, entonces la abadesa María debe considerarse una figura mucho más compleja que la de la simple ejecutora de una obra.
![]() |
Las partes que componen la Estola de San Narciso, siglo X, Girona, Iglesia de San Feliu |
La estola está compuesta por tres piezas de tela blanca bordeadas con inscripciones blancas sobre fondo rojo. En la parte central de la franja más extensa se encuentra la representación bordada de la Virgen María en posición frontal, con un vestido dorado y la inscripción "Ora pro nobis". En los extremos de una de las partes cortas se han aplicado dos bordados trapezoidales que representan la escena del martirio de San Lorenzo y el bautismo de Cristo, imágenes caracterizadas por el uso de colores vivos. El lino y la seda son los tejidos predominantes de la estola, cuyos bordados fueron realizados con hilo blanco, rojo, azul y dorado sobre tafetán de lino blanco. Un trabajo de gran destreza y paciencia el de la brodadora exquisida Maria, al igual que el de muchas otras bordadoras anónimas, realizado en el silencio de los conventos, con la espalda y la cabeza inclinadas sobre el bastidor que mantenía firme y extendida la tela. El gesto de ensartar la aguja y tirar del hilo, repetido miles de veces, ocurría a la luz parpadeante de las velas o con la escasa iluminación de pequeñas ventanas, con los ojos fijos en su labor, atentos a dar forma y color a lo inefable, lo intangible, lo divino. Una oración intensa y profunda hecha de pequeñas puntadas.
![]() |
![]() |
![]() |
La representación de María, siglo X |
El martirio de San Lorenzo, siglo X |
El bautismo de Cristo en el río Jordán, siglo X |
Traduzione inglese
Syd Stapleton
The term for embroidery in Italian comes from the Arabic raqam, meaning drawing, design. It was done by needlework, employing silk, cotton, linen, gold and silver threads, sometimes inserting precious stones and pearls. The artistic genre of embroidery has been an expression in which women have had a significant place since the earliest centuries, due to their traditional connection to the crafts of spinning and weaving, and to the fact that expertise in embroidery has long been considered a foundational feature of female education and training.
![]() |
rancesco Del Cossa, The Triumph of Minerva, 1468-1470, fresco, Ferrara, Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi |
From the creativity, skill and patience of numerous women came beautiful and delicate embroideries, extraordinary works of art that often served to embellish ecclesiastical furnishings and the sacred vestments of prelates. A great many of these female artists - for this is how we should consider them - have, however, remained hidden in the folds of the past, and few have managed to overcome the darkness of anonymity. Their contribution to the development of art history is not easily reconstructed because many of the artifacts have been lost - works that are too fragile and subject to the wear and tear of centuries, more so than the illuminated pages of a manuscript. Some names, however, have come down to us, and one of them is that of Maria, a skilled embroiderer who lived in Catalonia in the 10th century and wrote her name with her needle on the hem of the Stole of Saint Narcissus, preserved in the church of San Feliu in Girona. It was a strong and determined step to complete this work, in which one can read all the self-awareness and pride for the work done. A daring gesture for the time, capable of defying time and the limits of her own female condition, of placing her among the first protagonists in the genealogy of textile art in Western Europe.
![]() |
![]() |
Maria, The Stole of St. Narcissus, 10th century |
Girona, The Church of San Feliu
|
The most skilled embroiderers were very often aristocratic women or nuns, the latter daughters in any case of wealthy families of rank who, precisely because they belonged to privileged classes, were able to perfect and express their talents while staying away from the daily chores and necessities of family life. They were wealthy women, whose refined culture found adequate expression in the artifacts they made. Although Mary wanted to "sign" the Stole of St. Narcissus with her name, little information is available about her, and rather than documentary references it is sometimes fascinating hypotheses that prevail. One of these seeks to assign her a prestigious role within the monastic community of Santa Maria de les Puelles in Girona, a convent that probably arose as a result of the testamentary bequest of the viscountess Riquilda of Narbonne, daughter of Wifredo II, count of Barcelona and Garsenda, who in 962 earmarked part of her property so that, within two years, a monastery in honor of St. Mary would be built in Girona. Thirty years later a cousin of hers, Count Borrell II of Barcelona, with a bequest in favor of the convent of Santa Maria de les Puelles, attested that the monastic community had indeed sprung up.
The history of the women's monastery did not last long, already ending in the second decade of the following century. One sign, however, has remained and is particularly intriguing: a tomb slab, dating from the 10th century, which records the abbess Maria "of venerable memory, who committed herself every day of her life to holy works and commandments; persevering, absolutely, in alms, very devoted to the memories and prayers of the saints, preserving with extreme care the rule of the monastery, she remains in the virginity of God." This was engraved on the tombstone in memory of Abbess Maria, devoted in prayer and diligent in helping her neighbor, pious and consecrated for life to God. What if the abbess and the skilled embroidery master of the Stole of St. Narcissus were the same person? The hypothesis has not been firmly confirmed to date, but neither has it been decisively disproved.
Maria was skilled in embroidery, so much so that she was called the "brodadora exquisida" (the exquisite embroiderer), and she was also an educated woman. In fact, on the Stole of St. Narcissus, recovered in 1936 inside the saint's sarcophagus, appear both a fragment belonging to the Lauds, intoned in the coronation ceremonies of Carolingian sovereigns, and the episcopal blessing given at the end of a sacred service. In addition to the name, on the hem of the stole we read the phrase: "... amice, Maria me fecit; qui ista stola portaverit super se ora pro me si Deum abead a[tiutorem] (friend, Maria made me; whoever will bear this stole upon himself, intercede for me that God may help me)." The formula "Maria me fecit," traditionally used to denote an artistic and creative act, opens to the interesting hypothesis that the "brodadora exquisida" not only conceived the stole but also sponsored its making, expressing through it a sacred and spiritual offering to God. If embroideries were considered useful tools for the expression of faith and the communication of it to religious communities and the world of the faithful, then Abbess Maria should be considered as a figure far more complex than the mere executor of a work.
![]() |
The parts that make up the Stole of Saint Narcissus, 10th century, Girona, Church of San Feliu |
The stole consists of three pieces of white cloth outlined by borders with white inscriptions on a red background. In the central part of the largest band is placed the embroidered depiction of Our Lady in a frontal position, wearing a golden robe and the inscription "Ora pro nobis." At the ends of one of the short parts are applied two trapezoidal embroideries depicting the scene of the martyrdom of St. Lawrence and the baptism of Christ, images characterized by the use of vivid colors. Linen and silk are the prevailing fabrics of the stole, the embroidery of which was done with white, red, blue, and gold thread on white linen taffeta. It was a work of great skill and patience, that of the "brodadora exquisida" Maria and, like that of so many other embroiderers who have remained anonymous, was executed in the silence of the convent walls, with her shoulders and head bent over the loom that held the fabric steady and spread out. The gesture of threading the needle and pulling the thread, repeated thousands of times, took place in the flicker of candles or in the little light coming from small windows, eyes firmly fixed on their work, attentive to giving form and color to the inexpressible, the intangible, the divine. An intense and profound prayer made up of small dots.
![]() |
![]() |
![]() |
The depiction of Mary, 10th century |
The Martyrdom of St. Lawrence, 10th century |
The Baptism of Christ in the River Jordan, 10th cent. |