La comunità montana dell'Aniene raccoglie, in 31 Comuni, un grande patrimonio culturale e ambientale, che spazia dalle necropoli degli Equi alle ville imperiali, dai monasteri benedettini ai santuari francescani, dalle faggete secolari ai paesaggi carsici, dalle strade del vino ai parchi protetti. Il tessuto economico è soggetto a profonde trasformazioni: il pendolarismo è in forte crescita, le pratiche agricole tradizionali lasciano posto alle colture specializzate dell’olivo e della vite, con produzioni DOP e DOC, e l’artigianato locale, basato su tessitura, ricamo e lavorazioni di ferro, rame, legno, marmo, cerca soprattutto nel turismo una sua nuova ragion d’essere.
Manca ancora, tuttavia, una radicale modernizzazione della struttura sociale che riconosca alle donne un ruolo paritario nella sfera decisionale. Nonostante lo studio di fattibilità condotto nel 2008 per l’introduzione del bilancio di genere nella Comunità montana, il suo governo è tuttora affidato a un presidente e una giunta interamente maschili e a un consiglio comunitario formato da 88 uomini e 10 donne.
La toponomastica, come spesso accade, dà un’immediata percezione della disparità: nei tre Comuni presi oggi in esame – Camerata Nuova, Cervara, Agosta - la memoria del mondo femminile è relegata al solo ambito religioso. Né patriote, né letterate, né donne di scienza sulle strade di Camerata Nuova, ma solo madonne a conferma della diffusa tendenza a nascondere ogni protagonismo femminile. L’antica cittadina, distrutta da un incendio verso la metà del 1800, sorgeva su una rupe calcarea inespugnabile, a 1.250 metri di quota, dove oggi si elevano le rovine del castello.
Fu Pio IX a decretarne la ricostruzione più a valle e la gente del luogo, operosa e fortemente legata alla terra a riedificare l’abitato, con un lavoro duro e tenace di uomini e donne, per cominciare, insieme, una nuova vita nella piana sottostante. Nessuna figura femminile laica nell’odonomastica di Cervara, che pure ha fatto delle sue donne, ritratte da Pinelli in abiti tradizionali, l’icona laziale del Grand Tour; e sono state le donne a gestire la comunità per gran parte dell’anno, quando la transumanza ne allontanava la popolazione maschile. Panorami suggestivi che hanno attratto pittori e modelle, scalinate scolpite da artisti internazionali, murales dipinti sulle case di pietra, poesie incise sulla roccia fanno di Cervara un museo all’aperto unico nel suo genere: vorremmo leggere, sulle originali targhe in ceramica e legno dipinto un gesto di democrazia paritaria che aggiunga un’ulteriore ragione di visita. A 380 metri sul livello del mare, con poco meno di duemila abitanti, Agosta, è una cittadina silenziosa e quieta affacciata sulla via Sublacense, dove una corona di rilievi preappenninici la preserva dai ritmi affannosi delle aree urbane. Le pendici boscose dei monti Ruffi, Affilani, Ernici e Simbruini le regalano castagne, funghi, tartufi e asparagi selvatici, mentre le colline terrazzate e le fertili pianure hanno permesso in passato raccolti agricoli generosi, oggi penalizzati dal forte pendolarismo della popolazione attiva. Ma l’amore per i luoghi natii e per gli spazi comuni è ancora molto radicato nella cittadinanza se una delibera comunale del 2012 introduce l’adozione di aree pubbliche e arredi urbani da parte di ogni singola anima che voglia renderli più fruibili e decorosi. E chissà, se impegnate in quest’opera di cura, le agostane, dimenticate dalla storia e dalla toponomastica, riusciranno a restituire al paese una visibile impronta femminile.
di Maria Pia Ercolini
Protagoniste invisibili
La valle dell'Aniene occupa uno dei territori più affascinanti del Lazio dove eccezionali documenti dell'antichità si accostano a memorie medievali. Tra i tantissimi piccoli comuni rappresentanti di questa storia millenaria, sorge, alle falde dei monti Simbruini, la piccola cittadina di Agosta, dominata dalle grandiose costruzioni degli acquedotti romani preposti al convoglio delle acque dell'Aniene verso Roma. Nella sua toponomastica, dedicata in larga parte a battaglie risorgimentali, a città e nazioni, ci sono dieci strade dedicate a uomini e nessuna alle donne.
Ricercando nella storia di Agosta non si incontrano tracce di personaggi femminili degni di nota, anche se troviamo storie di donne in racconti più o meno leggendari, come quello della 'Madonna del passo dell’Austa'. Racconta Tito Berti nel Dizionario dei paesi del circondario di Roma, 1882: questa Madonna ha tanta rinomanza fra quei paesani che non posso lasciare di farne ricordo:anzi dei miracoli che questa Immagine si benignò di compiere, fu stampata una relazione, nel 1615, dove si racconta che un certo Domenico Cira, canonico nella collegiata di S. Maria di Trevi, avesse sorprendente facoltà di compiere l’esorcismo specialmente sopra individui di sesso diverso dal suo. Però, contro il consueto, trovò un giorno ribelle ai suoi scongiuri una ossessa, che nelle smanie da cui era presa parve accennasse al desiderio di esser condotta nella direzione dell’Agosta. Fu accontentata, e giunta presso il paese si soffermò e non volle proseguire il cammino: allora frugando fra i rovi trovarono dipinta su di un masso l’Immagine che ora si venera. Questo episodio è espresso sopra una tela (stendardo) che vien recata in processione nelle feste religiose degli Agostani.
Parlando con gli storici della cittadina, tutti uomini, sembra che ad Agosta, le donne abbiano condotto una vita semplice, da contadine, madri di famiglia, per molto tempo sottomesse agli uomini. Tra i poeti del luogo però, è citata, nel sito del Comune, una poetessa ancora vivente Teresa Panimolle, donna semplice, nata in una famiglia contadina poverissima, che dopo aver trascorso un'infanzia felice, fu costretta da giovane a venire a Roma per trovare lavoro come donna delle pulizie, e qui si sposò. Alla morte dei suoi cari, Teresa è tornata al suo paese, dove ancora scrive, benché poco apprezzata dall'illustre letterato suo cugino, lo storico Giuseppe Manipolle, che ha pubblicato molti libri sul paese e sulla resistenza nella valle dell'Aniene.
A pochi chilometri di distanza troviamo Cervara di Roma, posta a 1050 metri di altitudine, su uno sperone di roccia il cui orizzonte spazia fino ai Monti della Sabina. Il borgo, fino agli anni Cinquanta, era raggiungibile solo a dorso di mulo. “Una scultura nel cielo, che al cielo volerebbe se l’aria la sostenesse” come l’ha definita il poeta Rafael Alberti. Rinomato per la vita artistica e culturale, nel XVIII secolo il paese fu meta di numerosi artisti che decisero di immortalare la cittadina e le sue donne, destino questo molto antico delle donne della valle dell'Aniene, come si racconta nel saggio di Ginevra Diletta Tonini Masella Il buon nome delle donne - Matrimonio, professione e reputazione nella Roma dell’Ottocento. Molte fanciulle si recavano a Roma a fare le modelle; questa categoria atipica di lavoratrici era costituita principalmente da ragazze, non originarie di Roma ma provenienti dal distretto, che in inverno scendevano dai piccoli paesi della valle dell’Aniene per posare e mantenere, con i soldi degli ingaggi, la propria famiglia d’origine.
Anche a Cervara non si trova traccia di donne nella toponomastica che non siano Madonne (S. Maria, S. Maria Libertà) o sante (Santa Elisabetta). Eppure, diverse sono le strade intitolate ai padri risorgimentali della patria, come Cavour, Mazzini, Garibaldi, o a uomini politici come Gramsci, Moro, De Gasperi, La Malfa: cosa ha impedito alle giunte comunali di ricordare le tante donne che hanno lottato nel Risorgimento, e dedicare una strada ad esempio ad Anita Garibaldi? Oppure alle nostre Costituenti? Se ricordiamo De Gasperi, perché non Nilde Jotti che è stata la prima donna Presidente della Camera?
All’estremo lembo nord-occidentale del territorio del Parco dei Simbruini, sorge l’abitato di Camerata Nuova, a 810 metri di altitudine. Il nucleo centrale del paese, sorto nel secolo scorso, all’indomani di un rovinoso incendio, è costruito a ridosso del campanile della chiesa parrocchiale. Caratteristiche le stradine su cui si affacciano i portali in marmo bianco delle case. Di queste viuzze, solo due sono intitolate a donne, o meglio a madonne (Madonna delle Grazie, Madonna). Parlando con la proloco del paese abbiamo scoperto che esiste anche un sentiero di montagna che porta ai ruderi di Camerata Vecchia denominato via delle femmene (donne in dialetto), ma è una mulattiera non segnata. Anche qui le vie intitolate a uomini sono dedicate agli eroi del Risorgimento, a qualche letterato (come Dante e Manzoni) e a qualche santo. Vale il discorso fatto per Cervara, perché non intitolare qualche strada anche alle donne del Risorgimento e alle letterate?
La storia scritta dagli uomini non si è interessata alle donne? Sembrerebbe così, anche leggendo le considerazioni del sito sulla Resistenza nella valle dell'Aniene, dove si dice, tra l'altro, che nei nove mesi di occupazione nazifascista, ci fu una resistenza “passiva”, che contribuì alla liberazione dal nazifascismo, portata avanti da larghi settori della popolazione – giovani e donne contadine in particolare. Donne che non hanno un nome nella storia, ma che ne sono state protagoniste a tutto titolo.
di Alessandra Ciotti