Lanuvio, adagiata su un sprone di lava basaltica tra le colline sudoccidentali dei Castelli romani, vanta origini antiche. Le fonti discordano sull’epoca di fondazione, che si fa risalire tra il XII e il IX secolo a.C., ma testimoniano la sua presenza fra i trenta populi della lega latina, che nel VI secolo a.C. si riunivano nel lucus di Diana Nemorense. Oggi, sullo stemma cittadino è riprodotta l’immagine della mitica Giunone Sospita lanuvina e la sigla I.S.M.R. (Iuno Sospita Mater Regina), ma né Diana, né Giunone hanno avuto l’onore di una intitolazione stradale. Su 289 vie, 79 sono dedicate a uomini e 12 a donne, con un indice di femminilizzazione del 15,1%. La componente religiosa è maggioritaria, ma lascia ben sperare la scelta di Campoleone – una zona nuova, costruita vicino alla stazione a uso dei pendolari – dove almeno le ninfe, Ada Negri e Grazia Deledda hanno trovato un proprio spazio urbano. Posta a cavallo tra Colli Albani e Agro Pontino, Velletri, l’antichissima città dei Volsci, fu uno dei pochi liberi comuni del Lazio medioevale. Oggi è il più grande paese dei Castelli, per estensione e popolazione.
Le sue aree di circolazione, 456 in tutto, come indica l’agenzia del territorio, comprendono 127 strade intitolate a uomini e 21 a donne. In termini statistici, l’indice di femminilizzazione (16,5%) risulta superiore alla media nazionale (7,9%), ma a ben guardare solo sei sono le figure laiche ritenute degne di memoria: Ilaria Alpi, Artemisia Mammuccari, Ottavia, Paolina, Virginia Vezzi e la regina Margherita.
Ben diversa la situazione di Lariano, in cui l’indice scende al 4,8%, con 3 sole donne su 62 uomini. Vittoria Colonna è l’unica rappresentante laica del territorio: le sono accanto, in abiti sacri, Sant’Eurosia e Mater Dei. Il Comune, oggi noto soprattutto per il pane semi-integrale a lievitazione naturale, deve il suo nome ai ruderi di un castello arroccato sul monte Artemisio, in posizione dominante sull’Appia e l’Anagnina, detto l’Algido, o l’Ariano. Fonti antiche ricordano la presenza di un tempio dedicato a Diana, ma della dea nessuna traccia nell’odonomastica cittadina.
di Maria Pia Ercolini
“La verità che ognuna in cuor si porta”
Ma tu menti: a te stessa anche tu menti,
menti se piangi, e se sorridi: t'hanno
insegnata la grazia d'una maschera
bella, fin dai sereni anni d'infanzia:
modi, leggi, costumi e fede e dogmi
altri creò per te: solo ti chiesero
d'esser leggiadra: né tu mai dall'intimo
di te stessa traesti, a colpi d'unghia,
la verità che ognuno in cuor si porta.
Questi sono versi dedicati da Ada Negri a una passante, a una donna che cammina come lei in un'anonima strada cittadina. Ci piacciono non certo perché indirettamente richiamano il tema delle vie che ogni giorno percorriamo. Piuttosto ci chiediamo se tra i motivi per cui è stata dedicata ad Ada Negri una strada nel comune di Lanuvio ci sia anche l'attenzione che la scrittrice mostra per il tema della ricerca di un'identità autentica da parte delle donne. “Altri”, come dice la nostra poetessa, hanno creato la femminilità, stabilendone i pregi, le virtù, i confini. E ora “a colpi d'unghia”, con forza e urgenza, bisogna trarre fuori “la verità” dell'essere donna. È una ricerca personale e collettiva, che richiede anche la scelta di rifiutare la gratificante maschera della “leggiadria”, quando questa significa superficialità nascosta sotto il velo dell'eleganza. “Leggiadri” sono sicuramente, e non meno forti e decise, le due donne a cui, vicino al centro storico, Lanuvio ha dedicato una strada: l'archeologa Marianna Candidi Dionigi e sua cognata Teresa Dionigi. Quest'ultima riesce con coraggio e diplomazia a salvare Lanuvio dalla distruzione operata dalle truppe francesi. La cittadina, però, è particolarmente legata a Marianna Candidi Dionigi, nata nel 1757 e morta nel 1826. Il comune sembra veramente averle riconosciuto lo spessore che merita per essere stata archeologa, pittrice, scrittrice e organizzatrice di cultura sia a Roma che nella sua residenza di Lanuvio.
A lei dobbiamo studi interessantissimi, frutto di viaggifaticosi, sulle civiltà preromane presenti nell'antico Lazio. Ma è anche lei che nei suoi testi, con sguardo sensibile, potremmo dire con vera “leggiadria”, ciracconta del fascino che prova osservando il sole quando sorge sulla campagna romana, mentre si avvia per le sue ricerche di archeologa. Forte e decisa era ed è per noi anche Ilaria Alpi, la donna cui è dedicato “un tratto di strada comunale importante”, come leggiamo nella delibera del 2011. La via, infatti, è un anello di congiunzione con Lariano e si fa carico di un notevole traffico viario. Ma ai nostri occhi il suo “carico” è simbolicamente maggiore perché Ilaria Alpi ha preso il posto di Cesare Cesaroni, un ex podestà di Velletri. Forse è possibile che il nome di Ilaria Alpi sia stato sentito come inattaccabile, vista la difficoltà della sostituzione. Anche coloro che vedono in un ex podestà, un politico significativo, un simbolo da ricordare, non possono, almeno pubblicamente, criticare la scelta di celebrare una persona, per giunta donna, che è morta nel tentativo di realizzare un lavoro talvolta impossibile: ricercare la verità. Ma possiamo anche capovolgere il punto di vista e sottolineare invece che questa volta “l'inattaccabile” è una donna; una persona impegnata in un lavoro che nell'immaginario collettivo è più maschile che femminile; una donna che la sua inattaccabilità l'ha scelta e costruita e, come altre donne, l'ha pagata. Spesso il prezzo è la vita. Oppure la solitudine, se si scelgono percorsi difficili per una donna, come Juana Romani, che a Velletri ha una scuola a lei intitolata. Juana decide di abbandonare il suo ruolo di modella perché comprende di dover coltivare il proprio talento che merita attenzione come quello di molti artisti maschi per cui lei posa. Juana - Carolina Carlesimo nasce a Velletri nel 1867; con la madre ed il patrigno si trasferisce a Parigi dove si dedica all'arte. A Velletri ritorna nel 1901 circondata da uomini illustri tra cui uno dei fratelli Lumière ed il poeta Trilussa. Visita la Scuola d'Arte e Mestieri che da allora porta il suo nome. È brillante, indipendente, capace: muore nel 1924 internata in manicomio nella totale dimenticanza. A volte la forza, nelle “leggiadri” donne, si manifesta in modo diverso da come siamo abituati a concepirla. Via Artemisia Mammuccari lo dimostra perché è intitolata ad una donna divenuta simbolo della tragedia di Pratolungo. Nel 1944, infatti, in questa contrada di Velletri, i tedeschi trucidano 13 persone per rappresaglia. Il marito di Artemisia è tra gli uomini presi. Lei aspetta un bambino, ma segue i soldati e i prigionieri. Ha in mente un'idea più vera della giustizia e della forza Artemisia Mammuccari quando chiede ai soldati di fermare quella violenza, insensata, disumana. Ma quell'idea è stroncata da una raffica di mitra. A Lariano possiamo passeggiare più “tranquilli”. Le tre sole vie dedicate alle donne ci riconducono a riflessioni meno impegnative: Vittoria Colonna, la Madre di Dio e Sant'Eurosia. Eppure se cercassimo “la verità che ognuna di loro si porta in cuore”... ma non esageriamo. Diciamo solo che ci auguriamo che le prossime giunte comunali si rendano conto che tre è un numero perfetto ma, in uno stradario, sembra sempre un pochino limitato.
di Mary Nocentini