Distesa tra le pendici del Monte Cavo e le sponde orientali del lago Albano, Rocca di Papa è considerata la prima donna del turismo castellano: nel suo territorio ricadono i rilievi più alti del quadrante orientale della provincia, l'esteso altopiano dei Pratoni del Vivaro, la sede del Parco Regionale dei Castelli Romani, che ne fanno un luogo di vacanza ideale a pochi passi dalla città. Tra Settecento e Ottocento, la cittadina divenne tappa del Grand Tour e ospitò intellettuali d'ogni angolo d'Europa. Nel 1855 anche George Sand la scelse come temporanea residenza, raccontandone la ribellione popolare alla dominazione pontificia e della famiglia Colonna che culminò, il 30 aprile, con la proclamazione dell'effimera Repubblica di Rocca di Papa. Dal censimento toponomastico, tuttavia, non si ricava traccia del suo passaggio, come del resto non vengono ricordate cittadine onorarie di grande rilievo, né donne laiche che vi abitarono nelle diverse epoche: le uniche strade femminili, su un totale di 196 aree di circolazione, sono sei: via Madonna del Tufo, via Madonnella, via Santa Maria Goretti, via Madre Lorenzina, Largo Madre Clelia Merloni e Piazza Regina Margherita. A quale personaggio locale potranno ispirarsi bambine e ragazze di uno dei più popolosi comuni dell’area?
Anche Marino - antico avamposto militare sulle colline dell’Agro Romano e oggi ridente luogo di residenza e villeggiatura noto soprattutto per la sua produzione vinicola - non si dimostra particolarmente generosa con le memorie femminili. L’indice di femminilizzazione è fermo al 8,7% (423 strade totali, 149 intitolate a uomini, 13 a donne), ma qui almeno, accanto a madonne (delle Rose), sante (Anna, Chiara, Lucia – via, vicolo e largo - e Fumia – via nuova e via vecchia), religiose (Rosa Venerini) e serve di Dio (Barbara Costantini) si registrano tre presenze laiche: Anita Garibaldi, che non ha bisogno di presentazioni, Vittoria Colonna, grande poeta del cinquecento nativa di Marino, e Maria Margotti, sindacalista delle mondine, uccisa nel 1949 dalle forze dell’ordine mentre tentava di organizzare uno sciopero. A Ciampino, moderna cerniera di pianura, tra la capitale e i Castelli, qualcosa cambia: non tanto gli indici statistici, che segnalano un decremento delle strade femminili e un indice di femminilizzazione del 7,6% (250 strade totali, 118 intitolate a uomini, 9 a donne), quanto la tipologia delle figure prescelte: non ci sono madonne né sante, ma solo figure simboliche e benemerite al paese e alla nazione. Il panorama delle esperienze femminili, se lo osserviamo senza pregiudizi, è sempre più variegato e complesso di come ci viene trasmesso dai canoni tradizionali.
di Maria Pia Ercolini
Un caleidoscopio di esperienze femminili
Massimo D'Azeglio, trascrivendo i suoi ricordi più cari, affermava che dal balcone di una camera a Rocca di Papa, aveva potuto godere di un panorama, di una vista che offriva spazio “all'immaginazione, alle grandi memorie, al gusto artistico e alla poesia”. Non è l'unico a sottolineare questa particolarità del paese da cui oggi prendiamo le mosse, particolarità che attirava turisti e viaggiatori. Le cronache del posto ci raccontano di un D'Azeglio pittore, allegro viaggiatore a caccia di esperienze, corteggiatore delle bellezze locali che hanno per lui l'attrattiva di essere “popolane”, schiette; insomma all'opposto delle raffinate signore cittadine cui è abituato. Chissà se oggi si meraviglierebbe sapendo che Rocca di Papa ha offerto la cittadinanza onoraria a due donne, ormai scomparse, che rappresentano una femminilità diversa da quella delle due tipologie precedenti. Totalmente immerse nella complessità dell'esistenza, guidate da una continua ricerca di senso, impegnate nella riflessione più profonda come nell'azione generosa, nel rispetto dell'identità di tutte e tutti: Chiara Lubich e Luise Rinser. Sono vissute a Rocca di Papa e hanno lavorato per la ricerca di una “via” che fosse senso all'esistere. La prima è la fondatrice, nel 1943, del Movimento dei Focolari, una donna che inaugura un nuovo periodo di comunione nella Chiesa e che apre strade di dialogo ecumenico mai percorse. La seconda è una scrittrice tedesca che nel 1939 rifiuta l'adesione al Partito Nazista e che, arrestata nel 1944, si salva dalla condanna a morte grazie alla fine del conflitto. Una personalità complessa la sua, difficile da definire dentro schemi precisi e “tranquillizzanti”: combattuta tra azione e contemplazione, tra Chiesa e fede, tra mistica e scienza, sicuramente Luise Rinser è una donna autentica che ha voluto tessere le fila della sua vita senza usare modelli. Se due strade fossero dedicate a queste donne, oltre alla cittadinanza, il loro ruolo sarebbe più visibile.
Sulla scia della rivalutazione del locale sono nate nei Castelli Romani associazioni culturali di vario genere che si concentrano nello sforzo di individuare personaggi legati al territorio. Nasce così a Marino, nel 2009, da un'associazione culturale con interessi storici, la proposta di lasciare un segno visibile che ricordi “Frate Jacopa de' Sette Soli”: il segno è un'effigie commemorativa per Jacopa, nel cuore del centro storico, in prossimità del Museo Civico, in occasione del 770esimo anniversario della sua morte. La piazza antistante il Museo Civico, in completo accordo con l'amministrazione cittadina, ha preso così il nome di “Largo Jacopa de' Sette Soli”. Con questa intitolazione si completa il quadro delle potenti signore di Marino: Jacopa con la sua piazza e Vittoria Colonna col suo corso principale. Diverse fonti storiche mettono in rilievo il legame tra Jacopa e San Francesco, il suo essere sposa e madre esemplare, la sua umiltà pur proveniendo da famiglia aristocratica e ricca, l'essere stata l'unica donna ammessa al trapasso di Francesco. Per la fortezza del suo carattere, qualità considerata virile, il Santo d'Assisi la chiamò appunto “Frate Jacopa”. Ma le testimonianze documentali mettono in rilievo anche il ruolo di Jacopa come signora potente e liberale: è il caso del contratto da lei firmato con il popolo di Marino: “...noi signora Jacopa ed il figlio di lei Giovanni... vogliamo redigere uno strumento pubblico che contenga tanto le norme quanto le consuetudini... stipuliamo un accordo con voi abitanti al fine di conservare e perpetuare le buone consuetudini”. Siamo nel 1237 e l'atto di giuramento pubblico davanti al notaio con le norme e le consuetudini stesse contenute nello statuto proverebbero una certa libertà degli abitanti del castello di Marino, e sicuramente dallo statuto del 1237 Jacopa appare non solo come nobildonna ma anche una decisa e potente signora feudale, una castellana piuttosto liberale nei confronti dei suoi sudditi. E per questo particolarmente degna di nota. Dai colli alla pianura: entriamo a Ciampino. Riceviamo l’impressione che un universo femminile, troppo spesso nascosto, si riversi finalmente nelle strade. Tolte Lucrezia Romana, madre e simbolo della virtù femminile, e la principessa Pignatelli, madre di Granito di Belmonte (vescovo di Albano che si adoperò per la costruzione dell'Istituto Gesù Divino Operaio, un simbolo dello stesso paese), le altre strade femminili sono tutte intitolate a donne che hanno perso la vita nella lotta per l'affermazione della loro dignità. Dignità intesa come libertà dal nazifascismo, diritto alla terra e al lavoro, ai beni comuni come l'acqua, diritto al dissenso, alla sicurezza e alla giustizia. Sette donne falciate da raffiche di mitra mentre lottavano nella Resistenza o mentre attraversavano i campi e le strade su cui quotidianamente consumavano la loro vita e quella dei loro figli. Non sono donne originarie di Ciampino, ma sono molto simili alle tante migranti che hanno cercato in questa nuova città una vita meno povera e umiliante.
di Mary Nocentini