Ripensare una strada significa allargare le maglie dell’universo simbolico della nostra mente
Nelle Memorie di Adriano, Marguerite Yourcenar fa dire all’Imperatore: ”Mi era noto ogni miglio delle nostre strade, forse sono il più bel dono che Roma abbia fatto alla terra.”
Le strade sono stratificazioni. Di materia, di sostanza. La materia risponde ad un criterio di solidità, la sostanza all’imprescindibilità della relazione perché percorrere strade cambia la vita, infrange abitudini, smentisce pregiudizi.
Ripensare una strada, uno spazio urbano, un luogo pubblico soddisfa una esigenza complessa: cooperare alla costruzione del mondo. Farlo attraverso intitolazioni femminili, oggi ancora tanto minoritarie, significa allargare le maglie dell’universo simbolico della nostra mente, dare testimonianza di scelte e trasformazioni, nel segno della continuità o della discontinuità, affermare la supremazia degli ideali di humanitas, felicitas e libertas, che informano esempi eccellenti del nostro passato.
Il Gruppo di Toponomastica femminile è tornato a parlarne alla Libera Università di Alcatraz, in Umbria, sede – dal 18 al 20 settembre 2015 – del IV Convegno Nazionale “Lavoratrici in piazza”; teatro di esibizione ideale dell’importanza di costruire itinerari della memoria sotto l’egida della Madre Terra e sotto quella della Grande Madre, che, lì, ha le sembianze di Franca Rame e che è stata generatrice di approfondimento scientifico; e, infine, scuola dell’”Educazione al sentimento”, la lezione-spettacolo, con cui Jacopo Fo ha introdotto il tema del contrasto alla violenza.
Le oltre 60 toponomaste d’Italia intervenute hanno interpretato la loro motivazione più urgente – tradurre il riconoscimento del ruolo delle donne in un atto di riconoscenza – declinando la loro vocazione di ricerca-azione intorno a due macro-aree: la didattica di genere, nazionale e internazionale, nella quale rientra il bando di concorso Sulle vie della parità, rivolto alle scuole di ogni ordine e grado, agli atenei e a enti e centri di formazione; e il lavoro femminile, che, all’interno delle giornate di studio, ha trovato espressione anche nei percorsi cittadini di Perugia (Laboratorio di tessitura Giuditta Brozzetti e Laboratorio di vetrate artistiche Moretti Caselli) e di Terni (Museo Archeologico, biblioteca comunale e Casa delle Donne) dedicati all’imprenditoria e alla classe operaia femminile, alle protagoniste della mostra fotografica Donne e Lavoro e a quelle che, oggi, nel loro quotidiano, agiscono per i pari diritti.
Dopo il convegno, la consueta redazione degli atti, uno degli strumenti di rin-tracciabilità delle attività del gruppo, che ha già iniziato a sperimentare e a proporre altre forme narrative delle donne: le Guide delle città al femminile (primo volume: Albano Laziale) e il libro Camicette Bianche. Oltre l’8 marzo di Ester Rizzo – presentato alla vigilia del convegno presso la biblioteca di Terni e il Museo Regionale dell’Emigrazione di Gualdo Tadino -, tentativo riuscito di restituire un tempo, un luogo e una presenza alle vittime della Triangle Waist Company a New York City.