Lucrezia de’ Medici primogenita di Lorenzo il Magnifico e Clarice Orsini, ma fu una vera donna di casa ‘Medici’.
Nata nel 1470, sin da piccola visse il vivace clima culturale voluto dal padre, beneficiando anche lei degli insegnamenti che Poliziano impartiva al fratello Piero; è soprattutto la nonna, la potente Lucrezia Tornabuoni di cui la piccola porta il nome, a curare la sua educazione, ben oltre quella che si concedeva a molte giovani nobildonne dell’epoca.
Come succedeva al tempo, anche Lucrezia non rimase a lungo fuori dai giochi di potere medicei e, quando era solo un’adolescente, i parenti iniziarono a cercare per lei un matrimonio vantaggioso per il futuro della casata.
Di certo non erano pochi gli uomini che avrebbero voluto imparentarsi con una famiglia così potente: tra questi vi fu persino il cardinale Giuliano della Rovere, futuro papa Giulio II, che fece la proposta di far convolare a nozze con Lucrezia il fratello Giovanni.
Lorenzo de’ Medici però non assecondò le mire del cardinale rifiutando l’offerta e preferì un matrimonio in grado di consolidare la sua posizione ‒ e quella della famiglia ‒ all’interno di Firenze. Dopo la congiura dei Pazzi, infatti, appariva strategica l’idea di intrecciare alleanze familiari con i più ricchi e potenti casati della città per scongiurare altri complotti futuri e garantire stabili equilibri interni. Fu per questo motivo che i disegni dinastici si orientarono su Jacopo Salviati, parente di quel Francesco Salviati arcivescovo di Pisa che fu tra i partecipanti alla congiura, nel corso della quale era rimasto ucciso Giuliano de’ Medici, fratello di Lorenzo e zio di Lucrezia. Questo gesto apparve come un chiaro segnale di perdono e di magnanimità da parte della famiglia Medici, un gesto di apertura volto proprio a riconquistare la fiducia dei rivali. Dal punto di vista di casa Salviati il matrimonio fu un vero affare, i legami con il Magnifico non potevano certo nuocere; anzi quella parentela così potente giovò agli affari di famiglia e alla carriera politica di Jacopo.
Il matrimonio avvenne nel 1486: Lucrezia aveva sedici anni, per la mentalità dell’epoca era pienamente in età da marito e diventava anche lei, a pieno titolo, una pedina nello scacchiere fiorentino.
In realtà, almeno all’inizio, la giovane sposa prese poco parte alla vita di casa Salviati; visse spesso nel palazzo di famiglia vicino ai genitori e fu al loro capezzale sino alla loro morte. La dedizione di Lucrezia verso la famiglia e la sua intelligenza sono evidenti nel modo in cui si curò dei figli e delle figlie, facendoli istruire dalle migliori menti dell’epoca. Nella sua visione di alleanze matrimoniali e strategie di carriera, iniziò a pianificare matrimoni, alleanze e vocazioni religiose che favorissero la sua discendenza diretta ma al tempo stesso mantenessero alto il ruolo della sua famiglia d’origine, i Medici. Anche quando il fratello Piero venne esiliato, lei non abbandonò Firenze né smise di agire in favore del ritorno al potere della sua stirpe, fino a provare l’onta dell’arresto e il dramma della tortura. Per lei il nome e il prestigio dei Medici venivano prima di tutto.
Fu quindi logico che al momento dell’elezione al soglio pontificio del fratello Giovanni ‒ Leone X ‒ Lucrezia decidesse di trasferirsi a Roma per proseguire nell’intento di rafforzare le sorti medicee. Nella storia della famiglia non c’era più solo il potere a Firenze, la nuova scena politica era ora Roma e era necessario consolidare qui il proprio ruolo.
Lo fece attraverso matrimoni combinati (il figlio Lorenzo sposò Costanza Conti, rampolla di una potente famiglia di baroni romani) e promuovendo presso il fratello papa l’elezione a cardinale del figlio Giovanni. Pensò però che ciò non bastasse e che il potere politico della famiglia dovesse essere affiancato da un solido potere economico. Cominciò quindi ad acquistare beni immobili: due case nel rione Sant’Eustachio, non lontano dal palazzo di famiglia, ora noto come Palazzo Madama; poi terreni (una vigna vicino alla chiesa di Santa Maria Maggiore e un’altra presso Porta Settimiana), il feudo di Sant’Angelo vicino a Tivoli, un casale nella campagna romana; nel 1533, alla morte del marito Jacopo, comprò insieme al figlio cardinale una parte del palazzo Della Rovere, in parte già acquistato anni prima. La ricchezza poteva costituire una concreta salvaguardia per la famiglia, questo Lucrezia lo sapeva bene. A conferma della lungimiranza delle sue azioni, quando Leone X morì, nel 1521, il prestigio e gli interessi della famiglia non subirono contraccolpi e furono ancor più rinforzati dalla nomina successiva di un altro Medici al soglio pontificio, Clemente VII.
Solo nel 1538 la fortuna sembrò abbandonare l’anziana donna quando Paolo III Farnese, prese le parti di Margherita d’Austria contro la famiglia Medici nelle controversie ereditarie, le tolse il palazzo di famiglia e l’allontanò forzatamente da Roma.
Di lei ci rimane un vasto carteggio, i giornali di spese tenuti meticolosamente tra il 1515 e il 1536 (conservati nella Biblioteca apostolica Vaticana) e un Libro d’ore, dono di nozze del padre Lorenzo, ora conservato presso la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco.
Il codice, preziosamente rilegato in argento dorato e cesellato e arricchito da smalti e pietre preziose, aveva le pagine scritte in modo mirabile dal maggiore copista del tempo, Antonio Sinibaldi, e presentava eleganti miniature caratterizzate da immagini sacre e simboliche riferite alle famiglie Medici e Salviati.
Lucrezia rimase fino in fondo una Medici e per la sua famiglia combatté una tenace lotta che durò l’intera vita. Il nome della nonna le portò fortuna, poche seppero condurre così abilmente i giochi di potere senza essere penalizzate dal loro esser donne.
Ebbe una vita lunga, morì all’eccezionale età (per i tempi) di 83 anni, nel 1553. Nel suo testamento, redatto quindici anni prima della morte, aveva lasciato metà del suo palazzo all’Arciconfraternita della SS. Annunziata in S. Maria sopra Minerva precisando, nelle disposizioni testamentarie, di far costruire una cappella dedicata a san Giovanni e di essere sepolta nella stessa chiesa.
Il testo è tratto dalla ricostruzione storica pubblicata su “Memorie” nel sito www.toponomasticafemminile.com