Ripartiamo da un concetto che ci sta molto a cuore: quello della mancanza di modelli al femminile per le giovani donne, mancanza che spesso porta le ragazze a non darsi valore, a sottostimarsi e, magari, a seguire il modello, della donna oggetto, solo corpo, ancora imperante in TV e nella pubblicità.
Inoltre, se nelle targhe delle strade dovessero comparire intitolazioni femminili rivolte alle vittime di femminicidio, si tratterrebbe di nuovo di donne ridotte a corpi, spesso massacrati e violati, ancora una volta donne senza testa che non agiscono, non scelgono, donne relegate per sempre al ruolo di vittime.
Dobbiamo riflettere anche sul fatto che se è vero che esistono strade intitolate a donne uccise, come per esempio nel caso delle partigiane o delle collaboratrici di giustizia nella lotta contro le mafie, queste sono figure che consapevolmente hanno scelto una strada e l'hanno percorsa fino in fondo mettendo in conto la possibilità di pagare con la vita.
Le donne vittime di femminicidio non si sentono invece votate all'estremo sacrificio, credono di potercela fare ad andare via, sperano che il loro uomo non arrivi al gesto estremo, desiderano una vita migliore per se stesse e per i loro figli. Soprattutto loro, che vivono quotidiani maltrattamenti e violenze, hanno necessità di credere a una via d’uscita dall'incubo quotidiano, hanno bisogno di questa speranza, di essere convinte che ci siano anche altre possibilità.
Ci viene quasi da pensare - e abbiamo paura nel farlo - che le eventuali targhe nelle strade a ricordo dei femminicidi possano suonare per loro, e per tutte le donne, come un’intimidazione “restate a casa, abbassate la testa, la prossima volta toccherà a una di voi...”. Il rischio è che alle giovani arrivi il monito a subire in silenzio, a tornare ai ruoli tradizionali, quasi come martiri e sante.
Nelle strade delle nostre città si incontrano tanti nomi di sante e appellativi della Madonna, che spesso gli addetti al settore toponomastico dei Comuni non considerano intitolazioni femminili. “Qui non ci sono vie dedicate a donne” ci è stato scritto spesso, mentre poi leggiamo negli stradari via sant’Anna, piazza santa Caterina, largo santa Rita... Nel passaggio da vittima a martire, a santa, spariscono sangue e dolore della donna uccisa e compare la sua santità.
Questo potrebbe essere il destino - ma ci auguriamo di no - di Elisa Claps. A Potenza, nel 2010 dopo 17 anni, è stato ritrovato in una chiesa il corpo di Elisa barbaramente uccisa da Danilo Restivo. La chiesa della Trinità è a tutt'oggi chiusa e c'è chi, come noi, vorrebbe non fosse mai riaperta; c'è anche chi, invece, sta lavorando per riportare il corpo di Elisa in quello stesso edificio religioso e dare inizio a un processo di beatificazione. Ecco come sparisce la ragazza di 16 anni, che come tutte le sue coetanee aveva una vita sentimentale e semplicemente non voleva Danilo, e in sua vece compare una santa. Per fortuna esiste una delibera comunale che si impegna a dedicare a Elisa, così come a Grazia Gioviale, altra ragazza potentina uccisa, due parchi cittadini, luoghi di riflessione ma anche di vita.
Appoggiando l'iniziativa 8 marzo, 3 donne 3 strade, del gruppo Facebook di Toponomastica Femminile ideato da Maria Pia Ercolini, l’Associazione Telefono Donna di Potenza ha voluto prendere in considerazione figure femminili per quello che avevano fatto e non per ciò che avevano subito.
A Sassari una nuova piazza abbellisce la città. E’ intitolata a una concittadina morta da dieci anni, Monica Moretti, medica, uccisa per stalking. Tutte noi dovremmo essere felici di tale notizia e il sindaco Gianfranco Ganau, assieme alla Consigliera Esmeralda Ughi, sarà certamente fiero di questa scelta, anche se con ciò non ha potuto mantenere la promessa fatta in occasione della giornata della memoria di due anni fa: intitolare la stessa piazza a Luigi Rizzi, sottufficiale sardo deportato a Mauthausen. Nonostante tutto, invece, la decisione lascia molte di noi perplesse: non sarebbe meglio ricordare nella toponomastica le tantissime donne che hanno dato un contributo attivo alla società nel suo complesso? Colpisce, all'interno delle rare intitolazioni femminili attualmente esistenti, la ricorrenza di donne martiri, sacrificate o autosacrificate, a titolo religioso e non. Non è forse ora di volgere lo sguardo altrove e proporre figure non tanto "vincenti", quanto "agenti", che hanno lavorato per migliorare le cose? I casi di femminicidio vanno certamente ricordati, ma la loro memoria potrebbe imboccare altre "vie".
Il Comune di Rimini ha dato esempio. L'8 marzo scorso, poco dopo la morte per percosse della giovane Elena Catalina Tanasa, il Coordinamento donne della città ha scelto di celebrare la "giornata" piantando tre alberi di mimose in un giardino poco distante dalla Casa delle Donne. Maria Pia Ercolini, coordinatrice nazionale di Toponomastica femminile, suggerisce di piantare un albero per ogni vittima di violenza, ponendogli accanto una panchina che ricordi il nome della donna: un’idea di vita e di riflessione insieme. La consuetudine di poltrone e panche alla memoria è presente, seppure con modalità diverse, in molti giardini europei e americani. Applicare questa usanza alle vittime di femminicidio da un lato evita l'oblio, dall'altro sottolinea la volontà di restituire la vita, seppure vegetale, a una di noi. Tanto meglio se l'installazione della panchina rientrasse negli obblighi del reo.
Per sottolineare la brutalità di tali crimini sarebbe incisivo intitolare alle "vittime del femminicidio" un intero parco, con una serie di targhe che ne riportino i nomi o, ancora meglio, con un sedile dedicato ad ogni vittima. E' un po' quello che attualmente già facciamo con i monumenti ai caduti in guerra o alle vittime del lavoro, o che in Sardegna si è fatto nel parco del Limbara che ricorda i volontari e i vigili del fuoco morti nel contrastare gli incendi che devastano la nostra isola.
Quasi nessuno, invece, leggendo Piazza Monica Moretti, medico saprà che volevamo condannare il femminicidio.
Ci sono state donne che hanno saputo vivere consapevolmente la propria vita, che si sono date obiettivi anche elevati e audaci rispetto al periodo in cui vivevano: scienziate, artiste, filosofe, matematiche, politiche, donne che hanno messo a frutto le loro potenzialità, che hanno saputo scegliere, magari anche rinunciare a qualcosa. Questi sono i nomi di donna che vogliamo leggere nelle nostre strade: modelli per le altre donne, incitamenti a sentirsi non vittime ma protagoniste della storia.
* Presidente Telefono Donna, Potenza
** Toponomastica femminile, Sassari