ADELE BEI
di Ilaria Biagioli
Adele Bei (Cantiano, 4 maggio 1904 – Roma, 15 ottobre 1974), padre boscaiolo, terza di undici figli, cresce in un ambiente sensibile alle discussioni politiche. Incontra Domenico Ciufoli, dirigente prima del partito socialista e poi tra i fondatori del partito comunista, che diventa suo marito e padre dei suoi due figli (Angela e Ferrero).
Nel 1923, a causa delle persecuzioni fasciste, lascia l’Italia e inizia, con suo marito, un lungo periodo di esilio prima in Belgio e poi in Lussemburgo e Francia.
Fra il ‘25 e il ‘26, quando entra a far parte dell’organizzazione clandestina del partito comunista, è incaricata di recarsi a Parigi e entrare in contatto con i fuoriusciti italiani in Francia.
Nel 1933, in uno dei suoi numerosi viaggi in clandestinità, è arrestata a Roma, e l’anno successivo, dopo otto mesi di carcere preventivo, condannata dal Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato a diciotto anni di reclusione in quanto “socialmente pericolosissima”.
Scontati otto anni di carcere fra Roma e Perugia, viene confinata a Ventotene, dove resta due anni insieme a Di Vittorio, Terracini, Scoccimarro, Secchia.
Liberata alla caduta del fascismo il 25 luglio 1943, dopo l’8 settembre entra in contatto con le bande partigiane laziali e quindi partecipa attivamente alla Resistenza occupandosi in particolare del contributo delle donne alla lotta di Liberazione.
Alla fine del conflitto, dirigente dell’Unione donne italiane, è l’unica donna nominata alla Consulta nazionale su designazione della Cgil e il 2 giugno 1946 è fra le ventuno donne elette all’Assemblea Costituente, dove si batte perché la Carta Costituzionale affermi l’uguaglianza dei diritti fra donne e uomini.
Eletta senatrice nelle liste del Pci nel 1948, nel decennio successivo è dirigente e quindi segretaria del sindacato delle lavoratrici del tabacco, che guida con passione e competenza.
Nelle elezioni del 1953 e del 1958 viene eletta alla Camera, dove si concentra sui problemi
sociali ed economici della sua regione e della sua provincia d’origine, Pesaro, occupandosi principalmente di politiche del lavoro, della previdenza e delle condizioni degli operai in fabbrica.
Dal 1963, terminato il suo impegno parlamentare, continua a dedicarsi alle lotte in favore delle lavoratrici e dei loro diritti.
Nel 1972 diventa consigliera nazionale dell’Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti.
Luigi Longo ed Enrico Berlinguer, alla sua morte, la ricordano come una delle donne più intrepide del suo tempo, un’apprezzata dirigente sindacale sempre impegnata a difesa delle lavoratrici italiane. Abile organizzatrice, ma insofferente alla disciplina di partito e sindacato, se convinta dell’opportunità di un’iniziativa non si risparmia finché non la vede realizzata.