ELISABETTA CONCI
Leyla De Amicis
Elisabetta, detta Elsa, Conci nasce a Trento il 23 marzo 1895, primogenita di cinque sorelle, figlia di Maria Sandri e dell’avvocato Enrico Conci, futuro deputato alla Dieta di Innsbruck e al Parlamento di Vienna.
L’educazione fortemente religiosa ricevuta dalla famiglia ne segna fortemente la vita. Studentessa esemplare, terminato il liceo raggiunge la sua famiglia confinata a Linz e per questa ragione viene accusata di irredentismo, ma il processo penale a cui dovrebbe sottoporsi si arresta grazie ad una amnistia che segue la morte dell’imperatore Francesco Giuseppe.
Nel 1915 si iscrive alla facoltà di Filosofia dell’Università di Vienna, dove studia per tre anni. Finita la guerra, si trasferisce alla facoltà di Lettere dell’Università di Roma, dove si laurea nel 1920, con una tesi che adattata sarà poi pubblicata su una rivista specializzata.
Durante gli anni universitari partecipa attivamente alla Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci) e più tardi diventa la presidente della sezione romana di questa associazione.
Nel 1920 interviene al Congresso nazionale di Trento della Fuci, presieduto da Alcide De
Gasperi, presentando una relazione su La moralità della giovane, dove esorta alla costituzione
di una formazione morale delle studentesse universitarie per contrastare ogni immoralità nelle Università, considerando le donne particolarmente abili a persuadere i loro compagni di studio, con un modello di comportamento onesto. In questa occasione esalta anche l’operato di diverse sezioni femminili dell’associazione, che hanno contribuito sostanzialmente alla rinascita del Paese nel dopoguerra.
Dal 1923 al 1945 insegna tedesco in due Istituti superiori di Trento. Sin dall’inizio della sua carriera di insegnamento, prende a cuore la vita familiare dei suoi studenti ed organizza un doposcuola privato e gratuito.
Contemporaneamente partecipa all’Azione Cattolica, dove organizza gruppi di ragazze che aiutano i più bisognosi. Sostiene finanziariamente in istituti per l’infanzia due orfani e, talvolta, ospita nella sua casa altri bambini senza genitori.
Nel 1927 le viene offerta una casa più grande per prendersi cura di altri bambini con situazioni familiari ed economiche difficili.
Nel 1933 viene iscritta al Fascio femminile di Trento ma critica aspramente il governo fascista, come rivelano i suoi scritti Cronache 1938-1940, in particolare per le leggi razziali e l’entrata in guerra dell’Italia. Durante la guerra collabora a dare un’assistenza scolastica a numerose persone ed in diversi luoghi.
Conclusasi la guerra entra nel partito della Democrazia Cristiana. Collabora al ripristino dell’Onairc, che supporta l’assistenza all’infanzia, e dell’Istituto professionale femminile. Promuove la costituzione a Trento della Scuola Superiore di servizio sociale. Partecipa al primo Comitato provinciale provvisorio della Dc trentina e al Congresso provinciale del partito, sottolineando che questa è la prima assemblea politica dove viene ascoltata la voce delle donne, ed esalta il lavoro dalle propagandiste democristiane in tutto il territorio trentino. Inoltre critica l’immoralità che vede diffondersi nel dopoguerra ed invita a vietare i balli pubblici, che considera un oltraggio ai reduci dai campi di concentramento e alle famiglie che sono state pesantemente colpite dalla guerra.
Viene eletta delegata al primo Congresso nazionale del partito e il 2 giugno 1946 diventa deputata della Costituente.
Sempre fedelissima al partito e profondamente anticomunista, viene nominata componente della “Commissione dei 18” con l’incarico di coordinare gli statuti speciali regionali di autonomia con la Carta Costituzionale e si mostra disponibile alle rivendicazioni di autonomia degli altoatesini di lingua tedesca, tanto che questi la considerano la loro unica intermediatrice alla Costituente. È riconfermata per tre Legislature nella Dc della circoscrizione di Trento.
Nel 1948 è vice-segretaria del gruppo Dc alla Camera e nel 1952 diventa segretaria del partito. Per il suo attivismo e per il suo attaccamento al partito viene definita la “pasionaria bianca”. Riceve dal Papa Paolo VI la croce “Pro Pontefice et Ecclesia”.
Convinta sostenitrice dell’ideale europeistico, è componente della delegazione italiana al Parlamento europeo di Strasburgo.
Nel 1955 collabora a fondare l’Unione femminile europea, di cui è presidente dal 1959 al 1963; ciò le permette di avere uno scambio con donne di orientamento politico di centro e destra.
Al congresso dell’Unione tenutosi a Roma rifiuta l’incarico di Presidente perché ritiene fondamentale il rispetto del democratico avvicendamento delle cariche.
Nel maggio 1965 si ritira dalla politica a causa di una malattia e si spegne il primo novembre dello stesso anno.