Teresa Noce Longo

TERESA NOCE LONGO

Di Fabrizia Gurreri

Nata a Torino nel 1900, poverissima, Teresa Noce comincia a lavorare a sei anni consegnando il pane, poi come stiratrice, sarta e tornitrice alla Fiat.

Nel suo romanzo autobiografico, Gioventù senza sole, pubblicato a Parigi nel 1937, racconta la sua giovinezza torinese, e la perdita del fratello maggiore. «Fu terribile. Non mi rassegnai alla morte di mio fratello. Non potevo e non era giusto. Non avevo che lui. Il dolore, fin da allora, mi si trasformò in furore e in desiderio di lotta».

Autodidatta, militante nella sinistra rivoluzionaria torinese, incontra l’amore in uno studente comunista d’ingegneria, Luigi Longo. Quando nasce il loro primo figlio, Luigi Libero, Teresa lo porta in braccio proseguendo l’attività politica. Madre braccata nella clandestinità fu costretta a dolorose separazioni, come quando il marito nel 1926 parte per Mosca portando con sé il figlioletto di tre anni. «Il giorno della partenza li accompagnai fino al ponte [...] e io vidi il berrettino verde di Gigi scomparire. Quando non lo vidi più, mi sentii male, tanto che dovetti entrare in una farmacia e prendere qualcosa. Era la prima volta che mi capitava un fatto del genere».

Espatriata prima a Mosca poi a Parigi, per anni Teresa fa la spola tra le due città, con frequenti puntate clandestine in Italia, come nel 1931 alla testa della rivolta delle operaie tessili biellesi

e delle mondine di area vercellese e novarese. In Francia, nel 1934 fonda Noi Donne, mensile diretto da Xenia Sereni e, nel 1936, in Spagna Il Volontario della Libertà, destinato agli italiani combattenti nelle Brigate Internazionali.

«Bisognava aiutare specialmente quelli che arrivavano dall’Italia: ex-carcerati, confinati, sorvegliati speciali. Alla vita senza libertà in Italia e alla precaria esistenza dell’emigrato politico in Francia preferivamo quella di combattente in Spagna».

Bloccata in Francia dall’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, mentre i figli Luigi Libero e Giuseppe (nato nel 1929) sono a Mosca e Luigi Longo, arrestato, è consegnato alla polizia italiana, Teresa dirige tra il 1941 e il 1943 le azioni dei Francs-tireurs-et-partisans. Catturata, è internata nel lager di Ravensbruck e poi destinata ai lavori forzati a Holleischen (Cecoslovacchia).

«Per l’8 marzo non potevamo organizzare una festa perché eravamo troppo deboli e affamate, quindi decidemmo di tenere una conferenza» ha scritto Teresa Noce a proposito della sua esperienza nel lager». (Rivoluzionaria professionale, Milano, 1974).

“Estella” (questo il suo nome di battaglia) improvvisa allora un discorso sulle donne che nella storia avevano lottato per la libertà, per i loro ideali e per la fine dello sfruttamento. Parla, finché ha fiato, per infondere coraggio alle compagne del campo di concentramento.

In Italia, dopo la Liberazione, riprende l’attività di dirigente comunista. Per alleviare la drammatica situazione di bisogno dei bambini, con i Gdd (Gruppi di Difesa della Donna) avvia la grandiosa operazione dei “treni della felicità”, con cui si dà ospitalità invernale ad oltre centomila bimbi e bimbe tra il 1945 e il 1952.

Componente della Consulta nazionale, eletta il 2 giugno 1946 alla Costituente con 47.219 preferenze nella circoscrizione di Parma, è nominata con altre quattro donne nella Commissione dei 75.

Al suo straordinario contributo si devono le parole dell’art. 3 della Costituzione: «Tutti i

cittadini [...] sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso», base giuridica per il raggiungimento della piena parità di diritti tra uomo e donna. Nella Commissione Diritti e doveri nel campo economico sociale, propone una stesura dell’articolo 40 analoga a quella francese, per proteggere costituzionalmente il diritto di sciopero.

In dissenso con Togliatti sull’articolo 7, vota contro la ratifica dei Patti Lateranensi. Eletta il 18 aprile 1948 alla Camera, confermata anche nella Seconda Legislatura, promuove la parità e il riconoscimento della differenza femminile. Alla guida del sindacato dei tessili, la Fiot, nel 1947 è la prima firmataria del progetto di legge in difesa delle lavoratrici madri. La sua battaglia si corona in Parlamento con l’approvazione delle leggi (L. 860/1950 e L. 1668/1950) che introducono per motivi etici, giuridici ed umani il tassativo divieto di licenziamento delle madri, gestanti o puerpere, il riposo retribuito per maternità e allattamento, l’assistenza al parto, nidi d’infanzia e sale per l’allattamento nei luoghi di lavoro. Nel febbraio 1952, richiamandosi all’articolo 37 della Costituzione e alla Convenzione sull’uguaglianza delle remunerazioni approvata a Ginevra nel 1951 dall’Oil (Organizzazione Internazionale del Lavoro), presenta una proposta di legge sulla parità di retribuzione per le lavoratrici, approvata in Parlamento nel 1956 (L. 741).

Dopo l’annullamento del matrimonio, si allontana progressivamente dalla vita politica iniziando a scrivere le sue memorie. Muore a Bologna nel 1980.