Nadia Gallico Spano

NADIA GALLICO SPANO

Di Sonia Gallico

Nadia Gallico è nata a Tunisi nel 1916 in una famiglia laica di ebrei italiani residente nel Paese dalla prima metà dell’Ottocento e appartenente alla dinamica borghesia attiva nel campo delle professioni e dell’intellettualità.

Alla vigilia della seconda guerra mondiale sposa il comunista, rivoluzionario di professione, Velio Spano, esule sardo originario del centro minerario di Guspini, ricercato dalle polizie di tutta Europa e circondato dal mito di eroe imprendibile.

Italiani e francesi, maltesi, ebrei e musulmani, reduci della guerra civile spagnola, comunisti e gollisti, suore e liberi pensatori convivono nella Tunisi multietnica, dove Nadia e Velio cominciano la loro vita in comune che non si arrende all’avanzata del nazismo; resistono e combattono nella clandestinità, subiscono, con i loro compagni, tra i quali i fratelli e la sorella di Nadia, Loris, Ruggero e Diana, processi e condanne dai tribunali di Vichy; trovano nella solidarietà offerta a tutti i perseguitati politici dalla famiglia Gallico, che da subito si è schierata nelle file dell’antifascismo, un rifugio sicuro.

Nel gennaio del 1944 Nadia raggiunge a Napoli Velio, che vi si trova dall’ottobre del ’43.

La città liberata, con i suoi mille volti della sofferenza umana, laboratorio politico dell’Italia democratica, è la tappa iniziale di una nuova vita.

Dopo la liberazione della capitale lavora per la federazione comunista romana e si occupa in particolare dei problemi delle donne, resi drammatici dalla difficile situazione post-bellica, nelle borgate e nei quartieri.

Nel 1945, ancora in guerra, viene inviata dal partito a fondare in Sardegna le strutture femminili e percorrerà, paese per paese, un’isola famosa per il suo arcaismo in un paesaggio che le ricorda e continua quello tunisino: Cagliari dalla bianca spiaggia del Poetto, Guspini luogo di antichi affetti e Carbonia, la città delle miniere occupate per mesi dagli operai. La Sardegna diventa una seconda patria, una seconda casa.

Il referendum istituzionale e le elezioni per l’Assemblea Costituente sono la prima grande prova politica per le donne italiane: il 2 giugno 1946, Nadia, che quel giorno compie trent’anni, vi viene eletta nelle liste del Partito Comunista, nel quale continua a militare attivamente. La sua iniziativa più notevole in questo periodo è l’organizzazione, in collaborazione con il Comune di Roma e della Croce Rossa Italiana, di quelli che saranno chiamati “treni della felicità”: convogli che trasportano 70.000 bambini meridionali, dalle zone più colpite dalla guerra nelle province del Nord, dove famiglie generose li accolgono, nutrono ed educano ai valori della solidarietà come figli propri.

Nadia e Velio, entrambi costituenti, dal 1948 saranno parlamentari eletti in Sardegna: si incontrano, allevano ed educano le loro tre figlie, che vivono stabilmente sull’isola, tra un aereo e l’altro, tra una riunione politica e un comizio, tra l’occupazione delle terre e il viaggio in Cina che Velio compie inviato del giornale L’Unità in occasione della proclamazione della Repubblica popolare.

Alla conclusione del suo impegno in Parlamento, Nadia continua la sua militanza di comunista assumendo, di nuovo a Roma, diversi incarichi – culturali, politici e sociali – sempre prodigandosi con grande generosità e competenza.

Dirige per vari anni l’associazione Italia- Cecoslovacchia: organizza un’importante mostra itinerante dei disegni dei bambini della città-ghetto di Terezin e segue

le vicende della Primavera di Praga attraverso rapporti istituzionali e di amicizia con intellettuali e politici di quel Paese, prima e dopo la repressione sovietica.

In seguito, per incarico della Sezione Esteri, si occupa delle relazioni del Pci con Paesi e movimenti del terzo mondo: Vietnam, Sud Africa, Africa subsahariana e Paesi arabi.

Resta però forte il legame con la Sardegna, dove campagne elettorali, riunioni, impegni diversi di partito la riconducono di continuo, rafforzando e arricchendo i rapporti di amicizia e di militanza comune che Nadia coltiverà fino alla fine.

Nel 1964 muore il suo compagno, ma il grandissimo dolore non impedisce a Nadia di proseguire nell’opera che con lui aveva intrapreso quasi tre decenni prima.

Il suo inguaribile ottimismo, la volontà e la fiducia nel prossimo trovano, verso la fine della sua vita, un altro forte stimolo per una nuova attività: il 60° anno della Costituzione repubblicana la trova impegnata a percorrere il Paese per entrare nelle scuole e parlare ai giovani con chiarezza e con simpatia della genesi politica di quel documento che oggi garantisce, con il suo linguaggio semplice e lo stile conciso, il carattere della democrazia italiana, e dell’ambiente culturale e sociale in cui esso trova forma.

Nadia Gallico Spano muore il 19 gennaio del 2006, lasciando un libro di ricordi Mabruk, ricordi di un’inguaribile ottimista pubblicato alla fine del 2005 dalla casa editrice sarda AM&D.