Torino: i (pochi) giardini delle donne
A Torino esistono tante aree verdi senza denominazione, che ora sono contraddistinte con il nome delle strade che le delimitano, e da qualche tempo, con prudenza, si è iniziato a intitolarne qualcuna alle donne. Poche, per ora, ma la città può vantare un polmone verde consistente, costituito da parecchi parchi (una cinquantina tra urbani, extraurbani, fluviali e collinari) e da una grande quantità di giardini e giardinetti (350), soprattutto nelle periferie. Per lo più i parchi portano un’antica denominazione, e quelli che ricordano nel nome una persona sono una decina in tutto; solo due hanno nomi femminili, il Parco della Maddalena e quello dedicato a Madre Giovanna Francesca Michelotti, la Beata savoiarda fondatrice delle Piccole Suore del S. Cuore di Gesù.
Tra i giardini invece molti sono ancora senza nome, specie in periferia; circa settanta sono dedicati a figure maschili e solo una dozzina per ora hanno intitolazioni femminili, nella maggior parte deliberate o inaugurate negli ultimi quattro anni.
Nello scorso luglio, nell’ambito degli eventi organizzati per celebrare l’anno in corso, in cui Torino è capitale europea dello sport, in un giardino della quinta circoscrizione è stata apposta una targa per ricordareEdera Cordiale, atleta torinese degli anni ’50. Discobola, Edera ottenne la medaglia d’argento nelle Olimpiadi di Londra del 1948 e nel ’50 segnò il record italiano della specialità, che rimase imbattuto fino al 1956. Gareggiava per conto della società sportiva fondata dalla Venchi Unica, a quel tempo regina dell’atletica torinese. Della stessa squadra faceva parte la pesista Amelia Piccinini, anche lei ricordata con una targa apposta ad un piazzale nel centro di Torino nel gennaio di quest’anno.
Nello stesso mese di luglio un altro giardino, nella circoscrizione 10, estrema periferia sud, è stato dedicato alla memoria di Felicita Ferrero, giornalista e cofondatrice del Partito Comunista Italiano. Personaggio emblematico della storia della sinistra torinese e italiana, Felicita viene imprigionata dal fascismo, poi è costretta all’esilio prima a Parigi e poi nell’Unione Sovietica, dove il partito la manda a farsi curare perché è uscita dal carcere gravemente malata. A Mosca guarisce ma incappa nelle purghe staliniane: per uscire libera dalla Lubianka deve accettare di fare l’informatrice, e ne proverà rimorso per tutta la vita. Torna in Italia, nella sua Torino, solo alla fine della guerra, e inizia a lavorare per il quotidiano L’Unità, ma dopo i fatti d’Ungheria sta dalla parte degli insorti, perde il lavoro e l’anno seguente decide di uscire dal partito che aveva contribuito a fondare. Muore nel 1984, in dignitosa povertà. A distanza di più di vent’anni l’intitolazione torinese giunge finalmente a rinverdire il ricordo di una donna coraggiosa.
Ci auguriamo che alla delibera segua, prima o poi, l’apposizione della targa e che non rimanga anche questa un’intitolazione “fantasma” come è accaduto per quella in onore di Emilia Mariani – emancipazionista, sindacalista e giornalista torinese attiva tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo seguente – scelta parecchi anni fa per un giardino della Circoscrizione 2 e mai andata a buon fine.
Non è chiaro quali fattori intervengano per accelerare o bloccare l’iter delle intitolazioni dopo la delibera della Commissione toponomastica: a volte è velocissimo, talora dura anni. Mentre Emilia Mariani si è arenata non si sa dove né perché, un’altra intitolazione femminile, deliberata contestualmente e approvata dalla Giunta nel 2008, è arrivata felicemente in porto, quella per Camilla Ravera, figura di spicco nel panorama politico italiano e prima donna ad essere nominata senatrice a vita. Corsia preferenziale, poi, per Natalia Levi Ginsburg, che ha dato il nome a un piccolo giardino prima denominato “Aiuola Donatello”, e posto davanti alla casa dove la scrittrice visse a lungo, nel quartiere San Salvario, in una zona semicentrale della città. Inaugurata recentemente, dopo anni di attesa, la targa deliberata per ricordare il lavoro di migliaia di donne nella periferia Nord di Torino, le Operaie della Fabbrica Superga, nell’area verde che occupa una parte di quella in cui sorgeva la grande fabbrica, abbattuta da tempo e sostituita da case di abitazione: ne rimangono le malinconiche tracce nella palazzina direzionale, che si iniziava a costruire giusto cent’anni fa, e che da tempo aspetta una degna riutilizzazione.
Il 25 Novembre del 2014, in un giardino della terza circoscrizione, è stata inaugurata la targa con cui si è voluto ricordare le Vittime di femminicidio, mentre quelle dedicate a Maria Goretti e alla psicologaAngiola Massucco Costa, deliberate contestualmente nel 2014, ancora non sono comparse. La scienziata Marie Curie ha invece una targa in un giardino della periferia Ovest, alla magistrataFrancesca Morvillo è stata intitolata un’area verde nella seconda circoscrizione e all’imprenditriceMarisa Bellisario si è dedicato un piccolo giardino nella zona Nord di Torino. Chissà se si troverà una zona cittadina per ricordare in modo degno le 21 donne dell’Assemblea Costituente? La richiesta, presentata da Toponomastica femminile e Snoq?Torino in occasione dell’8 Marzo scorso, è stata accolta dall’organo competente, ma ancora non è stata individuata un’area opportuna.
A Napoli, nel regolamento della Commissione toponomastica è stata inserita una clausola che prevede obbligatoriamente, per le nuove intitolazioni, il criterio del riequilibrio di genere. Se nel capoluogo piemontese si seguisse questo esempio, le zone verdi della città potrebbero assumere i nomi di tante donne meritevoli di ricordo, a parziale risarcimento del lungo oblio che ha oscurato la memoria dell’azione femminile. L’Italia ancora nel 2015 vivacchia al 41° posto nella classifica del Global Gender Gap Index, a grande distanza non solo da Islanda, Norvegia e Finlandia, i Paesi più impegnati a ridurre le differenze di genere, ma anche da Rwanda, Filippine e Slovenia, molto meglio piazzati di noi in questo campo. Se imboccasse la strada intrapresa a Napoli l’Amministrazione torinese darebbe prova di voler veramente contribuire per questa via ad un cambiamento culturale non più prorogabile.