Le vie delle donne che vorremmo

 

Ersilia Caetani Lovatelli

Ersilia Caetani LovatelliUn giorno un bottaro, fermo col calesse davanti al Colosseo a mostrare i monumenti di Roma, disse: Questo è l'Anfiteatro Flavio, quello è il Foro Romano ...e questa è la contessa Lovatelli.

Donna Ersilia era fra quanto di più illustre la città eterna potesse offrire ai visitatori stranieri. Nata nel 1841, era rampolla di una delle più importanti famiglie della nobiltà romana. Al suo lignaggio si deve l'alta considerazione da parte del gotha dell'archeologia romana, da Lanciani a De Rossi: autodidatta, fu ritenuta l’unica archeologa italiana degna di tal nome, benché fosse piuttosto un'antiquaria e il valore scientifico delle sue opere sia oggi soggetto a critiche e revisioni.
Ma a lei va il merito di aver divulgato le scoperte e le pubblicazioni degli archeologi, fino ad allora inaccessibili al grande pubblico.

Inoltre il suo salotto fu l'ultimo a continuare la tradizione dei salotti romani del ‘700 e ‘800, divenendo punto di incontro degli studiosi italiani e stranieri di passaggio nella nuova capitale.
Ai pranzi archeologici di Palazzo Lovatelli le porte erano sempre aperte per gli archeologi inglesi, francesi e soprattutto tedeschi, fra cui i nomi eccellenti di Mommsen, Helbig ed Huelsen. Innegabile l'importanza di quelle riunioni, in cui studiosi di ogni nazionalità poterono intrecciare relazioni personali, confrontare le proprie esperienze e dar vita ad un fruttuoso scambio di idee.
Il salotto fu chiuso alla morte della contessa nel 1925.

di Laura Nicotra


Lucia Guerrini

Lucia GuerriniLucia Guerrini nacque a Lodi il 31 dicembre 1931.
È stata un’archeologa che ha dedicato una parte consistente dei suoi studi alla città di Roma. Si trasferì nella capitale alla fine degli anni Cinquanta, per diventare assistente alla cattedra di R. Bianchi Bandinelli e redattrice dell'Enciclopedia dell'Arte Antica, e qui si fermò, conducendo la sua carriera universitaria e occupandosi di collezionismo: tra i suoi lavori vi sono diversi volumi dedicati allo studio e alla ricomposizione di contesti di antichità conservati in importanti palazzi romani, come il Quirinale o palazzo Mattei di Giove, sito in via Caetani.
È stata una studiosa duttile, curiosa anche di tematiche legate al mondo egizio, così come a quello greco.

Ed è stata inoltre figura partecipe della vita del suo tempo, quando agli inizi degli anni Sessanta, con un gruppo di giovani studenti romani di archeologia, propose in seno alla Società degli Archeologi Italiani le 13 tesi, ancora attuali, sulla condizione dell'archeologia e dell'archeologo nel nostro Paese. Oppure ancora, quando si iscrisse agli Amici dei “Dialoghi di Archeologia”: fu questa una singolare esperienza di rivista, dove a originali e innovative ricerche di stampo scientifico si affiancarono vivaci e condivisi interventi sulla politica culturale che stava animando il dibattito italiano tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.
Morì a Lodi il 1° novembre 1990.

di Giulia Facchin


Marion Blake

Marion BlakeMarion Blake era un'archeologa: ai tempi in cui esserlo, per un'italiana, era ancora un'eccezione, una giovane americana poteva essere già allieva di un'altra archeologa e Marion, nata nel 1892 a New Britain, in Connecticut, era diventata allieva di Esther Boise Van Deman, già al college. Poi si era laureata a New York, alla Cornell University, e così era cominciata la sua avventura nell'archeologia dell'Italia e di Roma.
Anche a lei, come alla sua maestra, interessavano i muri romani, cioè quanto di più numeroso e comune l'antichità romana ci abbia lasciato: ma Esther aveva inventato un nuovo modo di guardare i muri più tipici dei romani, quelli costruiti con la tecnica del calcestruzzo e della cortina di mattoni, e aveva proposto un nuovo modo per datarli.

Marion, però, non stava soltanto con il naso in aria puntando i suoi occhialini sui muri, guardava molto per terra e studiava i pavimenti e i mosaici: a Roma, a Pompei, in giro per l'Italia.
Quando Marion diventerà ricercatrice a Washington, tornerà ancora in Italia, dal 1937 al 1940, e poi dopo la fine della guerra, dal 1947 al 1961, quando finalmente si dedicherà alla stesura della sua monumentale opera sulla tecnica edilizia romana, dove userà gli appunti della maestra, per la prima parte, ma interpretandoli con il suo personale metodo. E ci sarà un secondo volume, e poi un terzo, portato a termine da una sua allieva, Doris Taylor Bishop, in un inedito passaggio di testimone scientifico da una donna all'altra.

di Paola Mazzei