Ōtagaki Rengetsu
Cinzia Boschiero
Caori Murata
Ōtagaki Rengetsu (大田垣 蓮月) non ebbe una vita facile. Poeta, calligrafa, ceramista, si manteneva con la produzione di bellissime tazze e teiere, su cui incideva, oppure scriveva sullo smalto, i suoi waka. Con il termine waka (和歌 letteralmente "poesia giapponese") si intende una forma poetica in 31 sillabe divise in 5 versi di 5-7-5-7-7 sillabe rispettivamente. Nacque il 10 febbraio 1791 a Kyot e nella medesima città morì il 10 dicembre 1875. Pare sia stata figlia segreta di una geisha, e quando sia la madre che il fratellastro morirono, fu adottata da una famiglia di samurai. Trascorse la sua prima infanzia nel tempio principale della scuola Jōdo e a dieci anni si trasferì nella zona di Hirado, dove lavorò come dama di corte. Sposò Mochihisa, un giovane samurai adottato dal padre e, nell’anno successivo al matrimonio, diede alla luce tre bambini, che però morirono di lì a poco. Il marito era dedito all’alcol e non le era fedele. Si separarono dopo poco tempo, e in seguito rimase vedova.
Fino all’età di sedici anni visse nel castello di Kameoka come dama di corte; durante la sua permanenza, Otagaki eccelse nella poesia waka, in quanto era un modo classico di comporre versi particolarmente popolare tra le donne durante il periodo Edo. Quando anche il secondo marito e i due figli nati dal loro matrimonio morirono, divenne una monaca buddhista. Proprio nella notte in cui morì il secondo marito, lei si tagliò i capelli, palesando, in tal modo, la decisione di dedicarsi alla vita monacale e di non sposarsi mai più. Aveva trentatré anni e aveva perso tutti i suoi cinque figli; affranta decise di prendere il nome di Rengetsu, Loto di Luna, e divenne monaca della setta buddista della Terra Pura. Non a caso scelse tale nome visto che il significato spirituale del fiore di loto è purezza, gentilezza, compassione, buon cuore e illuminazione del sentiero spirituale. Il fiore di loto cresce al di sopra di un'acqua fangosa, granulosa e sporca e questo parallelismo con la sua esistenza cupa evidenzia come lei volesse superare le difficoltà vissute, elevarsi e rifiorire nel suo animo proprio come un fiore di loto. Le radici si sviluppano in acque impure, ma la bellezza del fiore rimane intatta.
Conosciuta per le sue, diciamo così, “tre dimensioni”: monaca buddhista, poeta e ceramista, è ricordata come una delle più straordinarie figure del panorama artistico giapponese del diciannovesimo secolo. Il suo stile di ceramica, detto Rengetsu, è diventato molto popolare dopo la sua morte e si è tramandato fino a oggi, la superficie è ruvida e irregolare e lei modellava principalmente vasi, tazze per il tè e bottiglie di sakè incidendovi versi sparsi con kana rotondeggianti che infondevano a ogni opera uno stile unico e che tendeva a una semplicità intensa. Amava la natura e da essa traeva emozioni che condivideva. Lo testimoniano diverse sue opere e scritti. Ne ricordiamo uno ad esempio sui ciliegi, alberi tanto legati alla cultura giapponese:
«I fiori di ciliegio
cadono all’apice della loro bellezza
per insegnare in questo mondo
ai nostri cuori
a liberarci dagli attaccamenti».
In quanto alla calligrafia sulle tazze e nei tanzaku possiamo senz’altro dire che rispecchia pienamente il suo caratteristico stile, che unisce eleganza e delicatezza a una rotondità dei tratti che evoca subito un senso di grande apertura. Era un donna molto umile e delicata, sensibile nei rapporti umani. Tra gli esempi c’è una lettera diretta a Tomioka Tessai (1836-1924) che in seguito sarebbe diventato il più famoso letterato di Kyoto, particolarmente capace nella pittura e nella calligrafia, ma che allora era un giovane letterato che Ōtagaki Rengetsu aiutava scrivendo waka su alcuni suoi dipinti, e nella lettera gli scrive: «Ti immagino molto occupato, ma ti prego lo stesso di dipingere per me su questi cinque fogli. Mi rammarica sapere che non ne ricaverai molto, comunque mi auguro che tu possa accontentare la mia richiesta. Ti pregherei di dipingere bambù e pini sui fogli contrassegnati e dei kinuta sui due fogli non contrassegnati. Verrò a trovarti presto».
Rengetsu, ormai avanti con gli anni, aveva conquistato più fama di quanta ne desiderasse, mentre Tessai era ancora uno sconosciuto. In queste poche righe traspare quanta delicatezza lei avesse nel lasciar intendere che fosse lui a fare un piacere a lei! Le sue opere sia in ceramica che negli scritti risultano assai delicate e sofisticate, con calligrafie leggere che non rispecchiano affatto la durezza della vita dell’artista anzi sembrano quasi volerla esorcizzare. Nella sua poetica, Rengetsu prediligeva la celebrazione di ciò che sperimentava nella vita di tutti i giorni, univa gli aspetti spirituali con quelli tangibili. Molto della sua peculiarità si deve all'istruzione poliedrica: infatti imparò fin da adolescente le arti marziali come l'uso di spada, lancia, falce e catena, ma anche letteratura, poesia, calligrafia, ikebana, la cerimonia del tè. Come ceramista fu autodidatta. Amava conoscere il mondo e si procurava da sola l’argilla per creare le sue ceramiche da lavorare proprio durante i suoi viaggi. Così come Bashō e altri poeti itineranti, Rengetsu accettava le difficoltà di ogni viaggio e rimaneva colpita dalla magnificenza della natura, che la ispirava; questo traspare soprattutto nelle sue poesie. Rengetsu cercò di guadagnarsi da vivere come insegnante, ma per la sua natura solitaria, preferì rinunciarvi.
Il suo aspetto fisico pare fosse talmente bello che, nonostante la veste monacale, veniva spesso importunata dagli uomini. Al fine di rendersi meno attraente, intorno ai quarant’anni prese la drastica decisione di estrarsi tutti i denti. Tomioka Tessai fece un ritratto di Rengetsu come monaca anziana nella primavera del 1877, circa due anni dopo la sua morte, con questa iscrizione: «Dall’infanzia era saggia, brava nelle poesie giapponesi e imparò le arti militari». Durante la sua travagliata esistenza la poeta perse pure due fratelli adottivi; nelle sue opere dunque espresse spesso intensa malinconia dovuta a queste perdite durante l’arco come in questi dolenti versi:
«I miei figli...
Io ero solita accarezzare
I loro capelli dormienti nel mattino
Sdraiata sulla mia manica –
La rugiada bianca sui fiori di rosa».
Nel 1832, quando Rengetsu aveva 42 anni, Saishin, l'unico padre che avesse mai conosciuto, morì all'età di 78 anni. Rengetsu, pur affranta dal dolore e, sola, in una cultura nipponica del tutto maschilista, dovette mettersi in gioco ancora per potersi mantenere. Dai suoi scritti, sia da monaca che come artista, emerge nonostante tutto una insita capacità di autoironia, molta onestà di intenti e uno stile semplice sia di vita che di contenuti che traspare pure nella linearità delle sue ceramiche. Visse in umiltà, vendeva le sue opere ovunque potesse, come espresso in questa poesia:
«Come un passatempo
Portare goffo
Cose fragili da vendere
Mercato di Uruma –
Che sola!»
Persone di ogni ceto sociale seppero apprezzare le sue opere, tanto che l’artista dovette muoversi costantemente per evitare di avere il suo lavoro interrotto dalle richieste, e decise di trascorrere la maggior parte del tempo nel distretto di Okazaki vicino alle montagne orientali di Kyoto. Non a caso perché molti dei grandi forni di Kyoto (come Kiyomizu e Awataguchi) erano abbastanza vicini. Di conseguenza, collaborò con diversi noti ceramisti, tra cui Kuroda Kouryou del forno Koryouzan e Kinkouzan VI (1824-1884). Anche la sua abilità con il pennello negli anni crebbe. La sua delicatezza di linee iniziò ad assumere un ritmo magistrale e a riflettere la grazia e l’energia interiore della sua vita. Incise i dipinti di molti famosi pittori di Kyoto, in particolare quelli della scuola Shijou, una linea fondata da Matsumura Goshun (1752-1811) e Maruyama Okyo (1733-1795). Tra loro c'era Tomioka Tessai (1837-1924), con il quale aveva una relazione straordinariamente stretta, Wada Gozan (1800-1875), Nakajima Raisho (1796-1871), Mori Kansai (1814-1894), Kishi Chikudo (1826-1897), Hasegawa Gyokuho (1822-1879), Shiokawa Bunrin (1801-1877) e Reizei Tamika (1823). Divenne anche ben nota nei circoli ecclesiastici, viaggiando in molti templi per riunioni e brevi soggiorni. Era un'avida corrispondente e sono a noi pervenute oltre trecento lettere conservate in vari luoghi.
Dai suoi scritti emerge che era filo-monarchica. Non era affezionata allo shogunato Tokugawa e nutriva grande simpatia per l'imperatore, sperando che avrebbe preso di nuovo il timone degli affari di governo. Soprattutto era una pacifista, che sosteneva il rispetto reciproco e la gentile persuasione nella risoluzione dei conflitti. Passò alla storia come lei si prodigò e implorò alla moderazione il generale Shimazu Tadayoshi (1840-1897). L’artista infatti credeva nella bontà dell’essere umano e promuoveva il dialogo come mezzo per risolvere controversie. Celebre è l’episodio in cui prega Shimazu Tadayoshi, daimyō di Satsuma, di evitare la violenza vista la rivolta in atto. Lei nascose un monarchico, che aveva fatto arrabbiare lo Shogun ed era in fuga. La sua dolce fede nella buona volontà umana è evidente in questa poesia, composta intorno all'arrivo delle navi nere dell'ammiraglio Perry nel 1853 e al suo ritorno nel 1854:
«In arrivo
Come la pioggia di primavera che cade
L'America sarà gentile
Come umidità per la terra
Per il bene della nostra gente».
Traeva ispirazione per le sue opere da ogni situazione, ogni fiore, animale o persona incontrati sulla sua strada che le era preziosa. Il risultato sono poesie e opere d'arte che non risultano essere puramente decorative o di qualità estetica apprezzabile, ma che trasmettono forza e sono infuse di energia, rappresentano lo spirito di chi ha visto e sperimentato la vita con tutto il suo essere. Con l’avanzare degli anni, l’artista iniziò ad esprimere, a volte comicamente, a volte malinconicamente, le difficoltà, fisiche ed emotive, dell’invecchiamento. In questa poesia mostra la sua continua sorpresa mentre ogni nuovo anno arriva, richiedendole, come dice l'usanza, di mangiare più fagioli (uno per ogni anno) a Setsubun, un festival intorno all'inizio della primavera.
«Quando ho visto i fagioli
Riempire i miei palmi
E fuoriuscire
Ho dovuto chiedermi: -
È stato per qualcun altro?»
Nella seguente Renegstu lamenta l'invecchiamento del proprio corpo:
«Quante volte devo dormire
Prima che arrivi la primavera?
Conto sempre i giorni sulle dita
Ma ora, alla fine di un altro anno
La mia schiena è più piegata di loro».
Intorno ai 75 anni, Rengetsu sapeva che i suoi lunghi periodi di viaggio e i suoi movimenti costanti avrebbero dovuto cedere il passo a una vita più tranquilla. Fu così che l'abate Wada Gozan (1800-1870), noto anche come Gesshin (Luna Mente), le offrì di stare nel suo santuario. Nel 1865 si stabilì in una piccola capanna nei recinti di Jinkou’in (Tempio della Luce Celeste), nel piccolo villaggio di Nishigamo, a poca distanza da Kyoto, dove visse fino al decesso o meglio da lei chiamato “passaggio” nel 1875. Gli ultimi dieci anni dell'esistenza sono stati di gran lunga il periodo più artisticamente produttivo: lavorava con poche interruzioni in un luogo remoto, tranquillo, spirituale, circondato da pini, uccelli e stagni. Collaborò con Gozan che era un pittore e poeta, e quando lui morì nel 1870, lei soggiornò a Jinkou’in con il patrocinio di suo figlio, Wada Chiman (1835-1910). L’artista, in tutti i luoghi dove è stata, ha lasciato un buon ricordo, ma soprattutto a Nishigamo, era stata molto amata, dove aveva vissuto per un decennio e aveva prestato particolare attenzione a bambine e bambini del villaggio, usando le sue risorse per alleviare la sofferenza e fornire insegnamento a molti. La sua morte fu motivo di grande dolore tra gli abitanti del villaggio, che si prodigarono per la preparazione del suo corpo per la sepoltura. Ancora oggi è comunque rammentata come una delle “luci più brillanti” del XIX secolo di Kyoto. Tuttora nella processione annuale del Jidai Matsuri (Festival delle Ere) si presenta un attore in costume che interpreta la giovane Rengetsu. I suoi atti di carità sono anche ricordati, come quando lei e Wada Gozan hanno prodotto 1.000 immagini di Kan’non, Bodhisattva della Misericordia, e li hanno venduti per raccogliere fondi per le vittime delle inondazioni. Le sue opere sono diffuse ampiamente e sono state esposte nel corso degli anni e i sacerdoti di Jinkou’in sono tradizionalmente utilizzati per la loro perizia di autenticatori. Vi sono diverse leggende e storie su di lei pure attraverso la tradizione orale di Kyoto e la leggenda narra, ad esempio, che una volta ogni famiglia locale avesse un esemplare di una sua opera d'arte.
Più di 900 poesie sono disponibili in inglese e giapponese nel database di ricerca online (www.rengetsu.org). Sono in corso piani per tradurle in altre lingue nei prossimi anni, a partire dal tedesco e dall’italiano, e aggiungerle alla banca dati. La Fondazione evidenzia: «crediamo che il suo spirito rimanga accessibile… tenendo una delle sue ciotole da tè, le persone possono sentire, con la punta delle dita, le impressioni che Rengetsu ha lasciato di e con sé quando lo ha modellato. Leggere una sua lettera su una visita in un giardino ricorda un modo di pensare prevalente nella storia umana, ma quasi perso in questa epoca moderna: l’assunto che le nostre vite siano intrecciate con la natura. Infine, le sue poesie continuano a offrire il semplice piacere del verso e la dimostrazione di un’idea profonda: che la sofferenza e la gioia, prese insieme, ci danno la capacità di vedere con amore».
Traduzione francese
Angela Incorvaia
Ôtagaki Rengetsu (大田垣 蓮月) n'a pas eu une vie facile. Poète, calligraphe, céramiste, elle subvenait à ses besoins produisant de très belles tasses et théières, sur lesquelles elle gravait ou bien elle écrivait sur l’émail, ses waka. Le terme waka (littéralment cela signifie poesie japonaise ), ça veut dire forme poètique en 31 syllabes partagées en 5 vers, respectivement de 5-7-5-7-7 syllabes. Elle est née le 10 février 1791 à Kyoto et elle est morte dans la même ville le 10 décembre 1875.Il semble qu’elle était la fille secrète d’une geisha et quand la mère et son demi- frère sont morts, elle fut adoptée par une famille de samourai. Elle a passé sa petite enfance dans le temple principal de l’école Jõdo et à 10 ans elle a déménagé dans la région de Hirado, où elle a travaillé comme dame de la cour. Elle épousa Mochihisa, un jeune samourai adopté par son père et l’année après son mariage elle a donné naissance à 3 enfants, qui malheureusement sont morts peu de temps après. Son mari était alcolique et infidèle. Ils se sont séparés peu de temps après et par la suite était restée veuve.
Jusqu’à l'âge de 16 ans elle a vécu dans le château de Kameoka comme dame de la cour; pendant son séjour, Otagaki excellait dans la poésie waka, car c’était un moyen classique de composer des vers particulièrement populaires parmi les femmes pendant la période Edo.Quand le deuxième mari et les 2 emfants nés par leur mariage sont morts, elle est devenue une religieuse bouddhiste. La nuit même où son deuxième mari est mort, elle se coupa les cheveux, pour exprimer de cette manière, la dêcision de se consacrer à la vie monastique et de ne plus jamais se remarier. Elle avait 33 ans et avait perdu tous ses 5 enfants; le coeur brisé de prendre le nom de Rengetsu, Lotus Lunaire, et elle devint religieuse de la secte bouddhiste de la Terre Pure.C'è n’est pas un hasard qu’elle choisit tel nom étant donné que la signification spirituelle de la fleur de l'opus est la pureté, la gentillesse, la compassion, le bon coeur et l’illumination du sentier spirituel. La fleur de lotus pousse au- dessus d’une eau boueuse, granuleuse et sale et ce parallélisme avec sa sombre existence; ceci met en évidence comment elle voulait surmonter les difficultés vécues, s’élever et refleurir dans son âme propre comme une fleur de lotus. Les racines se développent dans les eaux impures, mais la beauté de la fleur de lotus reste intacte.
Comme pars es, "disons ainsi", trois dimensions: religieuse bouddhiste, poète et céramiste; elle est considérée comme une des figures les plus extraordinaires du panorama artistique japonais du XIX siècle. Son style céramique, appelé Rengetsu , est devenu très popolaire après sa mort et cela a été transmis jusqu’à aujourd’hui; la surface est rugueuse et irrégulière et elle modelait principalement des Vases, des tasses de thé, des bouteilles de saké où elle y gravait des vers dispersés avec des kana arrondis qui a imprégné dans chaque oeuvre un style unique et qui tendait vers une simplicité intense. Elle aimait la nature et elle en tirait des émotions qu’elle a partagées.Ses oeuvres variées et ses écrits en témoignent.On se souvient d’ un écrit, par exemple, sur les cerisiers, des arbres très liés à la culture japonaise:
«les fleurs de cerisiers
tombent au sommet de leur beauté
pour enseigner à ce monde,
à nos coeur de nou libérer des attachements».
En ce qui concerne la calligraphie sur les tasses et dans les tanzaku nous pouvons certainement dire qu’elle reflète pleinement son style caractéristique, qui unit élégance et dêlicatesse a une rondeur des traits qui évoque tout de suite un sens de grande ouverture. C’était une femme très humble et délicate, sensible aux rapports humains. Parmi les exemples il y a une lettre adréssée à Tomioka Tessai qui par la suite serait devenu l’écrivain le plus fameux de Kyoto. Il était particulièrement doué en peinture et en calligraphie, mais à l’époque c’était un jeune homme de lettres que Ôtagaki Rengetsu aidait en écrivant waka sur certaines de ses peintures, et dans la lettre elle lui écrit: «je t’imagine très occupé, mais je te prie quand même de peindre pour moi sur ces 5 feuilles. Je suis désolée d’apprendre que vous n’en tirerez pas grand chose; de toute façon je souhaite que tu puisses répondre à ma demande. Je te prierais de peindre des bambù et des pins sur des feuilles marquées et des kinuta sur 2 feuilles qui ne sont pas marquées. Je viendrai te rendre visite bientôt».
Rengtsu, maintenant avancée en âge, avait acquis plus de renommée qu’elle ne le souhaitait, pendant que Tessai était encore plus inconnu.Dans ces quelques lignes on voit combien de délicatesse elle avait à faire comprendre que c’était lui qui lui rendait service! Ses oeuvres tant qu’en céramique que dans les écrits sont très délicates et sophistiquées, avec une légère calligraphie qui ne reflète pas du tout la dureté de la vie de l’artiste, au contraire, elle semble presque vouloir l’exociser. Dans sa poétique Rengtsu privilégie la célébration de ce qu’elle vit tous les jours; elle unissait les aspects spirituels avec les aspects tangibiles. Une grande partie de sa particularité est dùe à l’éducation multiforme: en effet elle a appris dès son adolèscence les arts martiaux tels que l’utilisation de l’épée, de la lance, de la faucille, de la chaîne, mais elle s’est interessée aussi à la littérature, la poésie, la calligrahie, Ikebana et la cérémonie du thé. Comme céramiste, elle était autodidacte. Elle aimait découvrir le monde et toute seule elle se procurait l’argile pour créer ses céramiques qu’elle travaillait pendant ses voyages. Ainsi, comme Bashò et d’autres poètes itinérants, Rengetsu acceptait les difficultés de chaque voyage et elle a été frappée par la magnificence de la nature, qui l’inspirait; tout cela transparaît surtout dans ses poèmes.Rengetsu a checché de gagner sa vie comme enseignante mais à cause de sa nature solitaire, elle a préféré y renoncer.
Son aspect physique était tellement beau que malgrè l’habit monastique, elle était souvent harcelée par les hommes. Afin de se rendre moins attirante, vers l’âge de 40 ans, elle a pris la décision de se faire arracher toutes les dents. Tomioko Tessai a fait un portrait de Rengetsu devenue une ancienne religieuse au printemps 1877, environ deux ans après sa mort, avec comme inscription. «Depuis l’enfance elle était sage, douée pour les poésies japonaises et elle a appris les arts militaires». Pendant son existence troublée, elle a aussi perdu 2 frères adoptifs; donc dans ses oeuvres elle exprimait une profonde mélancolie dùe à ces pertes pendant l’arc de sa vie commedans ces vers douloureux:
«Mes enfants...
J'avais l’habitude de caresser
leurs cheveux endormis le matin
allongée sur ma manche -
La rosée blanche sur les fleurs roses»
En 1832, quand Rengetsu avit 42 ans, Saishin, le seul père que j’avais jamais connu, était mort à l’âge de 78 ans.Rengetsu , bien que accablée de chagrin et seule dans une culture japonaise entièrement dominée par les hommes et qui a quand même besoin d’avancer pour pouvoir se maintenir. D’après ses écrits comme religieuse et comme artiste, malgré tout cela on remarque une capacité inhérente à l’auto- ironie et une grande honnêteté. Une honnêteté d’intention et un style de vie et de contenu simple qui transparaît aussi dans la linéarité e ses céramiques. Elle a vécu dans l 'humilité et elle vendait ses oeuvres partout où elle pouvait comme elle l’exprimait dans ce poème:
«comme un passe- temps
à porter maladroitement
des choses fragiles à vendre
Marché de Urama -
Quel gaspillage!»
Des gens de chaque niveau social ont apprécié ses oeuvres à tel point qu’elle a dù se déplacer constamment pour éviter une intérruption de son travail malgré les demandes. Elle décide de passer plus de temps dans le quartier de Okazaki, près des montagnes orientales de Kyoto; et ce n’est pas par hasard parce que de nombreux forse de Kyoto ( comme Kiyomizu et Awataguchi ) étaient assez près. Par conséquent, elle a collaboré avec plusieurs célèbres céramistes comme Kuroda Kouryou du four de Kouyouzan et Kinkouzan VI (1824- 1884). Dans les années, ses compétences se sont également améliorées. La délicatesse de ses lignes s’est transformée en un rhytme magistral tout en reflètant la grãce et l’énergie intérieure de sa vie. Elle a gravé les peintures de nombreux artistes célèbres de Kyoto, en particulier ceux de l’école Shijou, une ligne fondée par Matsumura Goshun (1752-1811) et Maruyama Okyo (1733 -1795). Parmi eux il y avait Tomioka Tessai (1837- 1924), avec lequel elle avait une relation extraordinairement étroite, Wada Gozan (1800- 1875) Nakajima Raisho (1796-1871), Mori Kansai (1814-1894)Kishi Chikudo (1826-1897) Hasegawa Gyokuno (1822-1879), Shiokawa Bunrin (1801-1817) et Reizei Tamika (1823). Elle est également devenue célèbre dans les associations ecclésiastiques, voyageant et visitant de nombreux temples; participant aussi aux réunions et aux brefs séjours. C’était une correspondante passionée et plus de 300 lettres bien conservées dans divers lieux nous sont parvenues.
D’après ses écrits on se rend compte qu’elle était pro- monarchiste. Elle n’aimait pas le shogunato Tokugawa et elle avait une grande sympathie envers l’Empereur, en espèrant qu’il aurait de nouveau pris la barre des affaires du gouvernement.C 'était surtout une pacifiste, qui soutenait le respect réciproque et la douce persuasion pour la résolution des conflits. Elle est entrée dans l’histoire parce qu’elle a fait de son mieux et parce qu’elle a supplié une modération de la part du général Shimuzu Tadayoshi (1840-1897). En fait l’artiste croyait en la bonté de l’être humain et elle a insisté pour promouvoir le dialogue pour résoudre enfin les conflits. Dans un célèbre épisode elle prie Shimazu Tadayoshi, daimyó de Satsuma d’éviter la violence étant donné l’émeute en cours.Elle avait caché un monarchiste, qui avait mis en colère le Shogun et qui était en fuite.Sa douce foi envers la bontà humaine est évidente dans ce poème composé à l’arrivée des bâteaux noirs de l’amiral Perry en 1853 et à son retour en 1854:
Comme la pluie du printemps qui tombe
L'Amérique sera gentille
comme humidité pour la Terre
pour le bien de nos gens».
Elle s’est inspirée de ses oeuvres pour chaque situation, chaque fleur, chaque animal ou chaque personne rencontrés sur son chemin; tout cela lui était prècieux. Le résultat sont les poésies et les oeuvres d’art qui ne sont pas vraiment décoratives ou d’une qualitativi esthétique appréciée, mais qui transmettent une certaine force et beaucoup d 'énergie. Tout cela représente l’esprit de celui qui a vécu et a expérimenté la vie de tout son être. Au fil des années, l’artiste a commencé à s’exprimer, parfois de façon comique et parfois avec mélancolie; on apercevait déjà les difficultés physiques et émotives du vieillissement. Dans cette poésie, elle démontre une surprise continue au fur et à mesure que une nouvelle année arrive, lui demandant, comme dit I' une coutume de manger plus de haricots ( un pour chaque année) à Setsubun, un festival organisé au début du printemps.
«Quand j’ai vu les haricots
remplir mes paumes
et déborder
J'ai du me demander: -
c’est pour quelqu’un d’autre?».
Dans ce qui suit Rengtsu se plaint du vieillissement de son corps:
«Combien de fois je dois dormir
Avant que le printemps arrive ?
Je conpte les jours sur les doigts
Mais maintenant, à la fin d’une autre année
Mon dos est encore plus plié que le leur»
Vers ses 75 ans, Rengtsu savait que ses longs voyages et tous ses mouvements auraient dù céder le pas à une vie plus tranquille. C 'est ainsi que I’abbé Wada Gozan( 1800-1870 )connu aussi comme Gesshin (Lune Esprit), lui a offert de vivre dans son sanctuaire. En 1865 elle s’établit dans une petite cabane dans les enclos de Jinkou’In (Temple de la lLumière Celeste), dans le petit village de Nishigamo, pas très loin de Kyoto, où elle a vécu jusqu’à son décés ou bien comme elle l’appelait "passage" en 1875. Les dernières années de son existence ont été de très loin la période la plus productive du côté artistique: elle travaillait dans un endroit éloigné et avec peu d’interruptions; c’était un lieu tranquille, spirituel, entouré de pins, d’oiseaux et d’étangs. Elle a collaboré avec Gozan qui était un peintre et poète, et quand il est mort en 1870, elle a séjourné à Jinkou'In en collaboration de son fils, Wada Chiman (1835-1910). Dans tous les endroits où elle a vécu, elle a laissé un bon souvenir d’elle, mais surtout à Nishigamo où elle était très aimée et où elle a habité pendant une dizaine d’années. Elle s’occupait attentivement et en particulier des enfants du village en utilisant ses ressources pour soulager leur souffrance et pour fournir des enseignements à ces nombreuses personnes. Sa mort fut une cause de grande tristesse pour les habitants du village, qui cosacrèrent leus éffots à la préparation de son corps pour l’enterrement.on se souvient encore aujourd’hui d’elle comme une des "lumières très brillantes" du XIX siècle de Kyoto. Toujours à la procession annuelle du Jidai Masturi ( Festival des Àges ) un acteur en costume se présete et interprète la jeune Rengtsu. On se rappelle encore de ses actes de charité, òu elle a produit avec son ami Wada Gozan 1000 images de Kan’non, Bodhisattva de la Miséricorde , et ils les ont vendu pour recueillir des fonds pour les victimes des inondations. Ses oeuvres sont largement diffusées et elles ont été exposées au fil des années. Les prêtes de Jinkou 'In comme par tradition sont utilisés pour leur expertise de certifications authentiques. Il y a plusieurs légendes et histoires qui parlent d’elle et surtout à travers la tradition orale de Kyoto; la légende raconte par exemple qu’autrefois chaque famille avait un exemplaire d’une de ses oeuvres d’art.
De nos jours, il existe 2 éditions, 2 volumes particuliers qui ont été publié sur son travail: À Poetry Album of Ladies (Rengetsu Shikibu Nijo Wakashuu), publié par Kinbyoudou en 1868 et qui contient 99 poèmes, 48 de Rengetsu et 51 de son ami Takabatake. Shikibou (1785-1881) et Seaweed Diver’Harvest (Ama no Karumo ), publié par San’eidou, c 1871, et qui contient 310 poèmes. Ses poèmes recoivent des éloges encore aujourd'hui et sont importants parmi les précurseurs de Tanka ( vers moderne en mètre traditionnel ) et même aussi du shousetsu waka kushi (i.novel).Comme ces formes littéraires, en effet le poème de Rengetsu repousse les limites du vocabulaire traditionnel, de la syntaxe et de la forme, souvent utilisant l’expérience émotive de l’auteur comme sujet. Les maîtres modernes et pratiquants de la céré monie du thé continuent à utiliser des ustensiles et des parchemins.Et récemment sa poésie et ses ouvrages ont rejoint la scène internazionale. Les Musées en Australie et aux Etats Unis ont accueilli des expositions de son travail et d’autres sont programmées en Europe, en Amérique Latine et en Afrique. La Fondation Rengetsu a traduit toutes ses oeuvres publiées et queles nouvelles poésies découvertes sur ses mêmes oeuvres d’art.
Plus de 900 poèmes sont dsponlibles en anglais et en japonais dans les bases de données de recherche online www.rengetsu.org. Il y a en projet de les traduire dans d’autres langues dans les prochaines années surtout en allemand et en italien afin de les ajouter à la base de données.la Fondation met en évidence:«nous croyons que son esprit reste accessibile...en tenant un de ses bols de thé, les personnes peuvent sentir, à la pointe des doigs, les impréssions que Rengetsu a laissé d’elle quand elle les a moulé. Lire une letrre de Rengetsu où elle visite un jardin nous rappelle une façon de penser répendue dans l’histoire humaine mais presque disparue dans cette époque moderne: l’hypothèse selon laquelle nos vies sont étroitement liées à la nature. À la fin ses poèmes continuent à nous offrir un simple plaisir du vers et la démonstration d’une idée profonde: que la souffrance et la joie mises ensemble, nous donne la capacité de tout voir avec amour».
Traduzione spagnola
Francesco Rapisarda
Ōtagaki Rengetsu (大田垣 蓮月) no tuvo una vida fácil. Poeta, calígrafa y ceramista, se mantenía elaborando hermosas tazas y teteras, sobre las cuales grababa o escribía con esmalte sus waka. Con el término waka (和歌, literalmente "poesía japonesa") se hace referencia a una forma poética de 31 sílabas, divididas en 5 versos de 5-7-5-7-7 sílabas respectivamente. Nació el 10 de febrero de 1791 en Kioto y en esa misma ciudad falleció el 10 de diciembre de 1875. Se dice que fue hija secreta de una geisha, y cuando tanto su madre como su hermanastro murieron, fue adoptada por una familia de samuráis. Pasó su primera infancia en el templo principal de la escuela Jōdo y, a los diez años, se mudó a la zona de Hirado, donde trabajó como dama de la corte. Se casó con Mochihisa, un joven samurái adoptado por su padre, y al año siguiente del matrimonio dio a luz a tres hijos, que murieron poco tiempo después. Su esposo era alcohólico y no le era fiel. Se separaron al poco tiempo y más tarde quedó viuda.
Hasta los dieciséis años vivió en el castillo de Kameoka como dama de la corte; durante su estancia allí, Ōtagaki se destacó en la poesía waka, que era una forma clásica de componer versos muy popular entre las mujeres durante el período Edo. Cuando también fallecieron su segundo marido y los dos hijos nacidos de ese matrimonio, se hizo en monja budista. Justo la noche en que murió su segundo marido, ella se cortó el cabello, manifestando así su decisión de dedicarse a la vida monástica y de no volver a casarse nunca más. Tenía treinta y tres años y había perdido a sus cinco hijos; desolada, decidió tomar el nombre de Rengetsu, que significa “Loto de Luna”, y se hizo monja de la secta budista de la Tierra Pura. No eligió ese nombre por casualidad, ya que el significado espiritual de la flor de loto es pureza, gentileza, compasión, buen corazón e iluminación del camino espiritual. El loto crece por encima de aguas fangosas, turbias y sucias, y este paralelismo con su sombría existencia evidencia cómo ella deseaba superar las dificultades vividas, elevarse y florecer nuevamente en su interior, tal como lo hace una flor de loto. Sus raíces se desarrollan en aguas impuras, pero la belleza de la flor permanece intacta.
Conocida por sus, digamos, “tres dimensiones”: monja budista, poeta y ceramista, es recordada como una de las figuras más extraordinarias del panorama artístico japonés del siglo XIX. Su estilo de cerámica, llamado con su nombre, Rengetsu, se volvió muy popular tras su muerte y se ha transmitido hasta hoy. La superficie de sus piezas es rugosa e irregular, y ella moldeaba principalmente jarrones, tazas para el té y botellas de sake, en las que grababa versos dispersos con kana de trazos redondeados que infundía a cada obra un estilo único, tendente a una intensa simplicidad. Amaba la naturaleza, y de ella extraía emociones que luego compartía. Esto lo demuestran varias de sus obras y escritos. Por ejemplo, recordamos uno dedicado a los cerezos, árboles profundamente ligados a la cultura japonesa:
«Las flores del cerezo
caen en el punto culminante de su belleza
para enseñar a nuestros corazones,
en este mundo,
a liberarse de los apegos».
En cuanto a la caligrafía que realizaba sobre las tazas y en los tanzaku, podemos decir sin duda que refleja plenamente su estilo característico: una fusión de elegancia y delicadeza con una redondez en los trazos que inmediatamente evoca una gran apertura espiritual. Fue una mujer muy humilde y delicada, sensible en las relaciones humanas. Un ejemplo de ello es una carta dirigida a Tomioka Tessai (1836–1924), quien más tarde se convertiría en el literato más célebre de Kioto, especialmente destacado en pintura y caligrafía, aunque en ese entonces aún era un joven escritor. Ōtagaki Rengetsu lo ayudaba escribiendo waka sobre algunas de sus pinturas, y en la carta le escribe: «Te imagino muy ocupado, pero aun así te ruego que pintes para mí en estas cinco hojas. Lamento saber que no obtendrás mucho por ello, sin embargo, espero que puedas complacer mi petición. Te pediría que pintaras bambúes y pinos en las hojas marcadas, y unos kinuta en las dos hojas no marcadas. Iré a visitarte pronto».
Rengetsu, ya en edad avanzada, había alcanzado más fama de la que deseaba, mientras que Tessai aún era un desconocido. En estas pocas líneas se percibe cuánta delicadeza tenía ella al insinuar que era él quien le estaba haciendo un favor a ella. Sus obras, tanto en cerámica como en escritura, resultan sumamente delicadas y sofisticadas, con caligrafías ligeras que en absoluto reflejan la dureza de la vida de la artista; al contrario, parecen casi querer exorcizarla. En su poética, Rengetsu prefería celebrar aquello que experimentaba en la vida cotidiana, uniendo los aspectos espirituales con los tangibles. Mucho de su singularidad se debe a su educación polifacética: desde adolescente aprendió artes marciales como el uso de la espada, la lanza, la hoz y la cadena, pero también literatura, poesía, caligrafía, ikebana y la ceremonia del té. Como ceramista, fue autodidacta. Amaba conocer el mundo y recolectaba personalmente la arcilla con la que elaboraba sus piezas durante sus viajes. Al igual que Bashō y otros poetas itinerantes, Rengetsu aceptaba las dificultades de cada viaje y se maravillaba por la grandeza de la naturaleza, que la inspiraba profundamente; esto se refleja especialmente en sus poemas. Rengetsu intentó ganarse la vida como maestra, pero debido a su naturaleza solitaria prefirió renunciar a ello.
Se dice que su aspecto físico era tan bello que, a pesar de vestir hábito monacal, era con frecuencia acosada por los hombres. Para volverse menos atractiva, hacia los cuarenta años tomó la drástica decisión de arrancarse todos los dientes. Tomioka Tessai realizó un retrato de Rengetsu como anciana monja en la primavera de 1877, aproximadamente dos años después de su muerte, con esta inscripción: «Desde la infancia fue sabia, buena en la poesía japonesa y aprendió las artes marciales». Durante su angustiada existencia, la poeta también perdió a dos hermanos adoptivos; por ello, en sus obras expresó a menudo una intensa melancolía provocada por estas pérdidas a lo largo de su vida. Como en estos dolientes versos:
«Mis hijos…
Solía acariciar
su cabello dormido por la mañana
acostada sobre mi manga –
El rocío blanco sobre las flores de rosa».
En 1832, cuando Rengetsu tenía 42 años, Saishin, el único padre que había conocido, murió a los 78 años. Rengetsu, afligida por el dolor y sola en una cultura japonesa profundamente machista, tuvo que reinventarse una vez más para poder mantenerse. De sus escritos, tanto como monja como artista, emerge —a pesar de todo— una congénita capacidad de autoironía, mucha honestidad en sus intenciones y un estilo de vida y de expresión simple, que también se refleja en la sobriedad de sus cerámicas. Vivió con humildad y vendía sus obras dondequiera que podía, como expresa en este poema:
«Como un pasatiempo
llevar torpemente
cosas frágiles para vender
al mercado de Uruma –
¡Qué sola!»
Personas de todas las clases sociales supieron apreciar sus obras, tanto que la artista se veía obligada a desplazarse constantemente para evitar que las solicitudes interrumpieran su trabajo. Decidió entonces pasar la mayor parte del tiempo en el distrito de Okazaki, cerca de las montañas orientales de Kioto. No fue una elección casual: muchos de los grandes hornos de cerámica de Kioto (como los de Kiyomizu y Awataguchi) estaban lo suficientemente cerca. Como resultado, colaboró con varios ceramistas conocidos, entre ellos Kuroda Kōryō del horno Kōryōzan, y Kinkōzan VI (1824–1884). También su habilidad con el pincel fue mejorando con los años. La delicadeza de sus líneas comenzó a adquirir un ritmo magistral, reflejando la gracia y la energía interior de su vida. Grabó poemas en las pinturas de muchos artistas famosos de Kioto, especialmente los de la escuela Shijō, una corriente fundada por Matsumura Goshun (1752–1811) y Maruyama Ōkyo (1733–1795). Entre estos artistas se encontraban:
- Tomioka Tessai (1837–1924), con quien mantenía una relación extraordinariamente estrecha;
- Wada Gozan (1800–1875);
- Nakajima Raishō (1796–1871);
- Mori Kansai (1814–1894);
- Kishi Chikudō (1826–1897);
- Hasegawa Gyokuho (1822–1879);
- Shiokawa Bunrin (1801–1877);
- Reizei Tamika (1823).
También se hizo muy conocida en los círculos religiosos, viajando por numerosos templos para reuniones y breves estancias. Fue una ávida correspondiente, y hoy en día se conservan más de trescientas cartas suyas en diversos lugares. De sus escritos se desprende que era pro-monárquica. No sentía afecto por el shogunato Tokugawa y tenía gran simpatía por el emperador, con la esperanza de que este volviera a tomar las riendas del gobierno. Sobre todo, fue una pacifista, que promovía el respeto mutuo y la persuasión gentil como medios para la resolución de conflictos. Pasó a la historia por haberse esforzado e incluso suplicado por la moderación al general Shimazu Tadayoshi (1840–1897). Esta artista creía firmemente en la bondad del ser humano y fomentaba el diálogo como vía para resolver las disputas. Es célebre el episodio en el que le ruega a Shimazu Tadayoshi, daimyō de Satsuma, que evite la violencia ante una revuelta en curso. Rengetsu incluso escondió a un partidario del emperador que había enfurecido al shōgun y estaba huyendo. Su dulce fe en la buena voluntad humana se refleja claramente en este poema, compuesto en torno a la llegada de los barcos negros del almirante Perry en 1853 y su regreso en 1854:
«Al llegar,
como la lluvia de primavera que cae,
América será amable,
como la humedad para la tierra,
por el bien de nuestro pueblo».
Rengetsu encontraba inspiración para sus obras en cada situación: cada flor, animal o persona que encontraba en su camino era valiosa para ella. El resultado son poemas y obras de arte que no son meramente decorativos o estéticamente agradables, sino que transmiten fuerza, están impregnados de energía y representan el espíritu de alguien que ha visto y experimentado la vida con todo su ser. Con el paso de los años, la artista empezó a expresar —a veces con humor, a veces con melancolía— las dificultades físicas y emocionales del envejecimiento. En este poema muestra su continua sorpresa al llegar cada nuevo año, que según la costumbre japonesa debe celebrarse comiendo un frijol por cada año de vida durante el festival de Setsubun, que marca el inicio de la primavera:
«Cuando vi los frijoles
llenar mis palmas
y desbordarse,
tuve que preguntarme: —
¿Eran para otra persona?»
«¿Cuántas veces debo dormir
antes de que llegue la primavera?
Siempre cuento los días con los dedos,
pero ahora, al final de otro año,
mi espalda está más encorvada que ellos».
Alrededor de los 75 años, Rengetsu sabía que sus largos periodos de viaje y sus movimientos constantes debían dar paso a una vida más tranquila. Fue entonces cuando el abad Wada Gozan (1800–1870), también conocido como Gesshin ("Mente de Luna"), le ofreció hospedarse en su santuario. En 1865 se estableció en una pequeña cabaña dentro del recinto del Jinkō’in ("Templo de la Luz Celestial"), en el pequeño pueblo de Nishigamo, a poca distancia de Kioto, donde vivió hasta su fallecimiento —o, mejor dicho, como ella lo llamaba, su “pasaje”— en 1875. Los últimos diez años de su vida fueron, sin duda, su periodo más productivo artísticamente: trabajaba sin casi interrupciones, en un lugar apartado, sereno y espiritual, rodeada de pinos, aves y estanques. Colaboró con Gozan, quien también era pintor y poeta, y tras su muerte en 1870, Rengetsu permaneció en Jinkō’in con el patrocinio de su hijo, Wada Chiman (1835–1910). En todos los lugares donde vivió, la artista dejó un grato recuerdo, pero especialmente en Nishigamo, donde fue profundamente querida. Allí vivió una década, dedicándose especialmente a niñas y niños del pueblo, usando sus propios recursos para aliviar sufrimientos y brindarles enseñanza. Su muerte causó gran tristeza entre los habitantes, quienes se esforzaron en preparar con esmero su cuerpo para el entierro. Aún hoy, Rengetsu es recordada como una de las “luces más brillantes” del siglo XIX en Kioto. En la procesión anual del Jidai Matsuri (“Festival de las Eras”), un actor vestido con ropas tradicionales interpreta a la joven Rengetsu. También se recuerdan sus actos de caridad, como cuando, junto a Wada Gozan, produjeron mil imágenes de Kan’non, el Bodhisattva de la Misericordia, para venderlas y recaudar fondos en favor de las víctimas de las inundaciones. Sus obras son muy conocidas y han sido expuestas a lo largo de los años. Los sacerdotes del Jinkō’in han sido tradicionalmente reconocidos por su experiencia en la autenticación de sus piezas. En Kioto circulan muchas leyendas y relatos orales sobre Rengetsu, y una de ellas dice que cada familia local llegó a poseer una de sus obras de arte.
Hasta hoy se han publicado dos volúmenes destacados de su obra:
- A Poetry Album of Two Ladies (Rengetsu Shikibu Nijō Wakashū), publicado por Kinbyōdō en 1868, que contiene 99 poemas —48 de Rengetsu y 51 de su amigo Takabatake Shikibu (1785–1881);
- A Seaweed Diver’s Harvest (Ama no Karumo), publicado por San’eidō, alrededor de 1871, que contiene 310 poemas.
Sus poemas siguen siendo valorados en la actualidad, y Rengetsu es considerada una precursora tanto del tanka moderno (verso moderno en métrica tradicional), como del shōsetsu watakushi (i-novel, o novela del yo). Como estas formas literarias, la poesía de Rengetsu expande los límites del vocabulario, la sintaxis y la forma tradicional, utilizando con frecuencia la experiencia emocional del propio autor o autora como tema central. Las maestras y los maestros actuales de la ceremonia del té y quienes la practican siguen utilizando sus utensilios y pergaminos. Y recientemente, su poesía y sus obras artesanales han alcanzado la escena internacional. Museos en Australia y en Estados Unidos han albergado exposiciones de su trabajo, y otras están programadas en Europa, América Latina y África. La Rengetsu Foundation ha traducido todas sus obras publicadas y también algunos poemas nuevos descubiertos en las propias piezas de arte.
Más de 900 poemas están disponibles en inglés y japonés en la base de datos de investigación en línea (www.rengetsu.org). Hay planes en curso para traducirlos a otros idiomas en los próximos años, comenzando por el alemán y el italiano, y añadirlos al archivo digital. La Fundación destaca: «Creemos que su espíritu sigue siendo accesible… al sostener una de sus tazas de té, las personas pueden sentir, con la yema de los dedos, las impresiones que Rengetsu dejó de sí misma y consigo misma al modelarla. Leer una de sus cartas sobre una visita a un jardín evoca una forma de pensar prevalente en la historia de la humanidad, pero casi perdida en esta época moderna: la suposición de que nuestras vidas están entrelazadas con la naturaleza. Por último, sus poemas continúan ofreciendo el sencillo placer del verso y la manifestación de una idea profunda: que el sufrimiento y la alegría, en conjunto, nos otorgan la capacidad de ver con amor».
Traduzione inglese
Syd Stapleton



































