Roma. Memorie femminili a Villa Sciarra

 

di Barbara Belotti

Villa Sciarra, prezioso polmone verde del quartiere Monteverde Vecchio non lontana dalla più vasta e celebre Villa Pamphili, conserva tracce di figure storiche femminili assolutamente insospettabili, un filo continuo che dal mondo antico giunge fino al XX secolo.

Villa Sciarra, prezioso polmone verde del quartiere Monteverde Vecchio non lontana dalla più vasta e celebre Villa Pamphili, conserva tracce di figure storiche femminili assolutamente insospettabili, un filo continuo che dal mondo antico giunge fino al XX secolo.

Il parco era in passato il Lucus Furrinae, un bosco sacro dedicato a Furrina, una delle prime divinità di Roma. Legata probabilmente alle acque sotterranee e ai pozzi utilizzati per il loro sfruttamento, le era dedicata una fonte sacra qui e una ad Arpino, ricordata anche da Cicerone, e il suo culto si celebrava il 25 luglio con le Furrinalia.

Il nome di Furrina, che per assonanza fu anche associato alle Furie, si trasformò presto tanto che cominciò a essere ricordato con il plurale Furrinae o nymphae Forrinae; in età imperiale il culto si era già disperso probabilmente assorbito dal quello per il dio Nettuno. 

Gran parte del parco costituiva gli Horti di Cesare, la villa suburbana in cui venne ospitata Cleopatra, insieme al figlio Cesarione, durante il soggiorno a Roma tra il 46 e il 44 a. C. 

La regina d’Egitto, di vasta e raffinata cultura, trasformò gli Horti in una vera corte, realizzando opere edilizie sfarzose, sontuosi mosaici pavimentali e affreschi parietali ispirati a temi mitologici. Quelli che dovevano essere campi coltivati vennero mutati da Cleopatra in giardini delle delizie e la villa ospitò cenacoli intellettuali in cui si parlava greco, si discuteva di filosofia e si declamavano versi. Sallustio, Orazio ancora molto giovane e un altrettanto giovane Virgilio furono fra i letterati ammessi a questa “corte imperiale”.

Se nel Medioevo la villa fece parte dei possedimenti del convento di san Pancrazio, in seguito appartenne a numerose e importanti famiglie romane, Frangipane e Mignanelli per esempio, che ebbero la fortuna di veder realizzate, proprio durante il periodo di loro possesso, le Mura Gianicolensi; grazie alla nuova cinta muraria crebbe il valore economico della proprietà che, protetta da un bastione, si trasformò da villa suburbana in villa urbana. L’accresciuto valore consentì a Alessandro Mignanelli di assegnare il possedimento alla figlia Margherita che, nel 1647 sposò Domenico Vaini. Donata dal Vaini al cardinale Antonio Barberini “vita natural durante”, dopo la morte del cardinale nel 1671, la tenuta fu oggetto di contesa fra le due famiglie per circa un anno, quando tornò nelle mani della legittima proprietaria come si legge nell’atto di concordia stipulato tra Margherita Mignanelli, il cardinale Francesco Barberini e il principe Maffeo Barberini nel dicembre 1672.

Nel 1849 le vicende storiche hanno trasformato Villa Sciarra in uno degli scenari dello scontro fra garibaldini e truppe francesi durante i giorni di resistenza della Repubblica Romana. A ricordo di quelle giornate, il viale che inizia dall’entrata di via Dandolo ricorda Margaret Fuller Ossoli, giornalista americana e prima donna degli Stati Uniti a ricoprire il ruolo di corrispondente dall’estero che, abbracciate le idee mazziniane, si impegnò con coraggio in difesa della Repubblica Romana e divenne responsabile del servizio di ambulanza e regolatrice dell’ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina.

La villa fu seriamente danneggiata da quei combattimenti e gli interventi di restauro sulle costruzioni e sul parco si devono a Carolina d’Andrea di Pescopagano, moglie di Maffeo Barberini Colonna di Sciarra proprietario della tenuta. Fu lei a inserire nel giardino elementi esotici, secondo il gusto di fine Ottocento, come un padiglione cinese e la creazione di serre in vetro e ghisa. 

In questo parco Gabriele D’Annunzio, amico di Maffeo II figlio della principessa Carolina, ambientò il duello fra Andrea Sperelli e Giannetto Rutolo de Il Piacere. 

Al giovane rampollo Maffeo II si deve invece il declino della proprietà che, dopo una fallita speculazione edilizia e il passaggio alla Banca Tiberina e alla Banca d’Italia, molto ridimensionata nell’estensione, fu acquistata nel 1902 dal diplomatico statunitense George Washington Wurts. 

George e sua moglie Henriette Tower, appassionati dell’Italia e della sua arte, vollero riportare la proprietà ai fasti passati conferendole un aspetto eclettico. Henriette, ricchissima ereditiera della Pennsylvania, appassionata di arte e di botanica, contribuì sensibilmente, e non solo in termini economici, alla nuova sistemazione. Furono inserite nel verde numerose statue settecentesche in arenaria, realizzate da Giovanni Ruggeri e provenienti dal Palazzo Visconti di Brignano Gera d’Adda, in Lombardia, come la bella Fontana dei Satiri alla cui sommità sono riprodotti un biscione ondulante e un fanciullo, simboli dello stemma dei Visconti; di fronte alla fontana si erge una grande voliera in ferro realizzata per l’allevamento dei pavoni bianchi. 

Questa parte del parco ha un aspetto che richiama la tradizione del giardino all’italiana, con sculture, aiuole, siepi e vialetti dall’impianto regolare. 

Due di questi viali sono dedicati ad altrettanti figure femminili: Rosa Vagnozzi e Antonietta Klitsche. 

Rosa, nata a Roma nel 1857, era una giovane colta e intelligente che si laureò in Lettere dedicandosi in seguito all’insegnamento in una scuola magistrale. Come educatrice pensò a una letteratura rivolta alle giovani e ai giovani e scrisse racconti e romanzi storici. Collaborò con l’Osservatore Romano e con altri periodici cattolici firmando i suoi interventi con lo pseudonimo “Myrmica parva” (piccola formica). Fece parte, come socia, dell’Accademia Tiberina, una prestigiosa istituzione fondata a Roma nel 1813 con lo scopo di studiare e promuovere “le scienze e le belle lettere”. Rosa Vagnozzi è morta a Roma nel 1935. 

Anche Antonietta Klitsche de la Grange collaborò con l’Osservatore Romano. La sua carriera letteraria vanta più di 100 titoli, fra romanzi, racconti storici e saggi. Nata a Roma nel 1832, Antonietta venne nominata dal Comune di Allumiere Ispettrice delle scuole elementari femminili. Fece parte dell’Arcadia firmando i suoi contributi letterari con il nome di Asteria Cidonia. Antonietta Klitsche de la Grange morì nel 1912.

Il Casino Nobile ospitò numerosi ricevimenti della coppia Wurts-Tower fino al 1914 quando, durante la Prima Guerra mondiale, la villa fu utilizzata come ospedale per i militari affetti da disturbi psichici. 

Nel 1930 l’intera proprietà fu donata da Henriette Tower allo Stato Italiano, insieme alla somma di 50.000 dollari per il suo mantenimento; unica condizione posta dalla ricchissima americana fu che Villa Sciarra-Wurts diventasse un parco pubblico aperto alla cittadinanza; l’anno successivo il Casino nobile fu consegnato all’Istituto Italiano di Studi Germanici, che ancora oggi ha qui la sua sede. 

Una lapide sul muro esterno della Casino Nobile ricorda la donazione e i nomi di George Wurts e di sua moglie Henriette, morta a Lucerna nel 1933 e seppellita nel Cimitero acattolico di Testaccio accanto a suo marito.